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martes, 12 de julio de 2011

Figli Delle Stelle - Lucio Pellegrini (2010)


TÍTULO Figli delle stelle
AÑO 2010 
SUBTITULOS No
DURACIÓN 102 min.
DIRECTOR Lucio Pellegrini
GUIÓN Francesco Cenni, Lucio Pellegrini, Michele Pellegrini
MÚSICA Giuliano Taviani
FOTOGRAFÍA Gian Enrico Bianchi
REPARTO Pierfrancesco Favino, Edoardo Gabbriellini, Lidia Biondi, Giuseppe Battiston, Claudia Pandolfi, Fabio Volo, Fausto Maria Sciarappa, Paolo Sassanelli, Giorgio Tirabassi, Camilla Filippi, Teco Celio
PRODUCTORA Pupkin Production / ITC Movie / Warner Bros.
GÉNERO Comedia

SINOPSIS Un joven y desgarbado estibador veneciano, un profesor treintañero en paro que trabaja en una pizzería, un investigador universitario que añora la revolución marxista y un hombre sin pasado que acaba de salir de la cárcel deciden secuestrar a un ministro, pedir un rescate y utilizar el dinero para compensar a la familia de una víctima de un accidente de trabajo. Los guía un sentimiento de desilusión, amargura y rabia; también los aires de la anti-política; pero no por ello son menos torpes y terminan por secuestrar por error, implicando de paso a una joven periodista a un subsecretario desconocido que resulta ser el único político honesto. (FILMAFFINITY)


Lucio Pellegrini narra una storia comica e corale, che ha il sapore di una volta, di quelle commedie che tanto facevano ridere, ma lasciavano anche spazio alla riflessione e che, da tempo, mancano nel cinema nostrano. Un film dal sapore fortemente dolceamaro, un po' come Tenco, un po' come gli amanti di Alan Sorrenti.

Ragazzo mio, un giorno ti diranno che tuo padre
aveva per la testa grandi idee, ma in fondo, poi....
non ha concluso niente […]
non devi credere, no, no, no non invidiare
chi vive lottando invano col mondo di domani
(Ragazzo mio, Luigi Tenco)

Come nella canzone di Tenco, i protagonisti di Figli delle stelle sono personaggi che hanno “per la testa grandi idee”, personaggi che lottano con il presente, incerti riguardo al loro futuro, ma che, nonostante tutto, non si arrendono. L'idea di rapire un ministro e devolvere i soldi del riscatto alla vedova di una delle tante vittime del lavoro, che a volte purtroppo non trovano spazio neanche nella fatidica “pagina quattro” del giornale, si trasforma ben presto in una rocambolesca avventura. Un operaio di Marghera (Fabio Volo), un ex-detenuto dall'animo sensibile (Paolo Sassanelli) e un prof. di educazione fisica che si ritrova a servire patatine all'Autogrill (Pierfrancesco Favino) partono già con il piede sbagliato, rapendo un semplice sottosegretario (Giorgio Tirabassi), anche lui un sognatore, forse ancora più degli altri. Al mix, tra mille sbagli e rocambolesche situazioni, si aggiungono il cugino-compagno Bauer (Giuseppe Battiston), precario assistente di sociologia, e Marilù (Claudia Pandolfi), una giornalista che si lascia coinvolgere un po' troppo dai “casi disperati” che porta in trasmissione.
Una storia comica e corale quella narrata da Lucio Pellegrini, come nella miglior tradizione della commedia all'italiana, ma anche di tanto recente cinema americano indipendente. Una storia che trova la sua forza nel cast, tutti attori che abbracciano perfettamente i loro personaggi, dall'accento ciociaro di Favino alle fissazioni ideologiche di Bauer-Battiston, portandoli in vita con particolare vividezza e permettendo allo spettatore di vedere oltre la superficie del corpo (o in questo caso corpo-voce) comico. È soprattutto nel cambiamento di ambientazione, dalla caotica Roma dell'Esquilino alle bianche montagne della Valle d'Aosta, che alla vena comica si accompagna sempre più un senso di solitudine e di amarezza. È nel confronto con il cinico microcosmo di provincia (fatto di imperdibili personaggi-caratteristi come il gestore del supermarket dal grilletto facile, l'ex-campione olimpico di bob e l'avvinazzato custode dello stabile) che le storie dei protagonisti s'intrecciano sempre di più, si svelano, facendo emergere la loro insoddisfazione nei confronti del presente, le loro insicurezze verso un futuro quantomai incerto, a cui il bianco e il silenzio delle montagne fa da correlativo oggettivo. Il passato è, invece, una sorta di rete di sicurezza: gli abiti un po' vintage e i vecchi successi, sui cui ballano come fossero dei liceali imbranati, sono l'unica certezza, a tratti fin troppo invitante. Ma i nostri eroi vanno avanti, non si arrendono e continuano a sognare, fedeli a loro stessi fino alla fine e, soprattutto, al finale, poetico tanto quanto Ragazzo mio. Un po' come i suoi personaggi, il film di Pellegrini ha il sapore di una volta, di quelle commedie che tanto facevano ridere, ma facevano anche riflettere e che da tempo mancano nel cinema nostrano, tranne qualche rara eccezione. Un film dal sapore fortemente dolceamaro, un po' come Tenco, un po' come gli amanti di Alan Sorrenti.
http://www.sentieriselvaggi.it/290/39024/Figli_delle_stelle,_di_Lucio_Pellegrini.htm
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Un accidente de trabajo mortal y una clase política que no está a la altura dan lugar a un situación surrealista. Un grupo de hombres decide secuestrar a un ministro, para con el dinero del rescate indemnizar a la familia del difunto. El grupo es heterogeneo pues lo integra un estibador, un dependiente de un autogrill, un investigador universtario y un expresidario. A última hora se les une unirá una periodista.
El caso es que una vez que llevan a cabo la acción sucede que entre las prisas y que no son unos profesionales en la materia, no han secuestrado a un ministro, sino a un subsecretario, el cual no saben muy bien qué pinta en la política, lo cual no es óbice para retenerlo igualmente.
Dado que una vivienda en el centro de una ciudad puede resultar un mal escondite, deciden llevarse el rehén, a los apartamentos de una estación de sky en el norte de Italia, frontera con Suiza.
En todo el momento la historia parece no sujetarse de ninguna manera, todo resulta totalmente inverosimil dentro de cierta coherencia, si esto es posible ya que a pesar de que parece muy difícil sacar adelante esta historia de realismo mágico, los personajes sí que se comportan de forma muy natural y realista, no son secuestradores y esto se nota en su relación con el rehén. No sienten ninguna aversión hacia el secuestrado, de ahí que este reciba un trato humano en todo momento. Además al no dedicarse al secuestro de modo profesional deberán conciliar su vida familiar con estos nuevos quehaceres, lo que da lugar a unos momentos hilarantes.
La aparición de la atractiva periodista permite además pergeñar una historia de amor dado que dos de los secuestradores la pretenden o gustan de ella.
El hartazgo hacia la clase política no solo es aplicable a Italia sino a casi todos los países europeos. Secuestrar a un ministro puede resultar una locura, pero a menudo cuando la gente está desesperada, recibe todos los días portazos en las narices, vive instalada en la precariedad típica de este mundo líquido y ve el cinismo como moneda de cambio, es capaz entonces de cometer cualquier aventura descabellada como esta.
Figli delle stelle es una agridulce tragicomedia, crónica de la realidad social y política italiana, que da la palabra a la gente del pueblo. Personas dispuestas a jugársela. El final no puede ser más poético.
http://www.cuak.com/critica/figli-delle-stelle-luicio-pellegrini-2010/


Dopo la morte di un operaio sul lavoro, e dopo essere intervenuto invano in un talk-show sulle morti bianche, un collega decide di rapire il Ministro del Lavoro per chiedere un riscatto di risarcimento alla vedova. Insieme a lui, un professore di educazione fisica costretto dalla crisi a lavorare all’Autogrill; il cugino di quest’ultimo, un corpulento malinconico delle lotte sociali che ha sposato una coi soldi; e un ex carcerato con giacca di pelle e fare misterioso; il collante, una giovane giornalista combattiva e confusa. Purtroppo i quattro sbagliano persona e rapiscono un povero sottosegretario finito nel posto sbagliato, al momento sbagliato, per la causa giusta.
Con una premessa simile, Figli delle stelle poteva prendere un sacco di direzioni e diventare un sacco di cose – approssimativamente tutte quelle per cui può venire scambiato, come la delicatissima parodia dei film sul terrorismo che il film in realtà non è. Pellegrini mette invece in scena una commedia all’italiana, con tutti i crismi del caso, e un film in cui al centro dell’azione non c’è critica sociale o politica ma il disegno dei personaggi, perseguendo l’idea che siano questi ultimi, da sé, a far fuoriuscire la prima: l’azzardo considerati i temi in ballo è davvero minimo, e nonostante le pistole in scena siano molte gli spari sono pochi. Ma quella di Pellegrini è una direzione coerente, sostanzialmente inattaccabile, perché conscia dei propri limiti – o meglio, dei confini all’interno dei quali vuole narrare la sua storia. Inutile andare al cinema a cercare soluzioni di un altro cinema: tenetelo ben presente, che la tentazione è forte.
Dunque Figli delle stelle funziona, anche se funziona solo a metà. Si apre infatti in modo brillante, sulle immagini di Marghera, sull’incidente improvviso, e ha la trovata intelligente di continuare a intervenire in medias res spezzando di nuovo la narrazione con un’ellissi temporale – evitandoci il fastidio della solita presentazione dei personaggi e lasciando che si presentino da soli con il passare dei minuti. Stesso discorso per le modalità con cui le loro storie si incontrano e per il piano del rapimento: alla sceneggiatura questi dettagli non interessano, li salta a pié pari, e questo giova al ritmo del film. Da lì in poi però il film ingrana a fatica, gli attori sono spinti a calcare sul carattere e sugli accenti, il divertimento viene in secondo piano rispetto alla fatica di far proseguire la narrazione. Tutta la parte del film ambientata in Val D’Aosta, con il beneficio della stasi, è invece decisamente più riuscita, sia per il set inaudito (e la cura visiva che nella prima metà era lasciata a se stessa, potere della neve), sia per il cinismo con cui è dipinta la piccola comunità montana, sia per il coraggio di spingere un po’ di più su tutti i pedali – quello farsesco (il balletto sulla canzone di Sorrenti) quello drammatico (la sequenza minacciosa della “passeggiata”) che quello più classicamente dolceamaro (l’inseguimento sul confine e il finale).
Se ancora una volta Pellegrini non è riuscito a ripetere quell’episodio straordinario che fu E allora mambo!, una delle migliori commedie italiane degli ultimi vent’anni (riflettendoci ce ne sono poche a quel livello, ma fa lo stesso), si conferma quantomeno un buon co-sceneggiatore (abbiamo visto perché, i trucchi del mestiere non mancano, i dialoghi sono buoni e fanno ridere, visto l’andazzo generale è tutto grasso che cola) e un ottimo direttore di attori, con la trovata di dividere nettamente i compiti all’interno del cast in modo piuttosto inusuale ma funzionale: Giuseppe Battiston e Pierfrancesco Favino si beccano le parti comiche, a Fabio Volo e Fabio Sassanelli toccano quelle drammatiche, Giorgio Tirabassi ha questo ruolo intermedio ed è il migliore del gruppo – ma comunque se la cavano tutti egregiamente, chi più chi meno.
Una commedia innocua, tutto sommato: chi ha detto che ci deve dispiacere?
http://giovanecinefilo.kekkoz.com/2010/10/22/figli-delle-stelle-lucio-pellegrini-2010/

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