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sábado, 20 de agosto de 2011

Lettere dal Sahara - Vittorio De Seta (2006)


TITULO Lettere dal Sahara
AÑO 2006
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 123 min.
DIRECCION Vittorio De Seta
ARGUMENTO Vittorio De Seta
GUION Vittorio De Seta
MONTAJE Marzia Mete
FOTOGRAFIA Antonio Grambone
ESCENOGRAFIA Fiorella Cicolini
PRODUCCION  Metafilm, A.S.P.
MUSICA Fabio Tronco,L'Orchestra di Piazza Vittorio, Mario Tronco
GENERO Drama
INTERPRETES Y PERSONAJESDjbril Kebe (Assane)
Paola Ajmone Rondo (Caterina)
Madawass Kebe (Mactar)
Fifi Cisse (Salimata)
Tihierno NDiaye (Maestro)
Luca Barbeni (Luca)
Stefano Saccotelli (Don Sandro)

SINOPSIS Il viaggio di un ragazzo senegalese, Assane, che costretto a lasciare l'università perchè bisognoso di lavorare, decide di partire per l'Italia, affrontando uno dei tanti viaggi clandestini. Dopo un naufragio e l'approdo a Lampedusa, inizia a lavorare, in nero, nel sud dell'Italia, ma lui vuole altro e decide di trasferirsi a Firenze dove vive la cugina che ha un lavoro regolare ma che ormai ha dimenticato le sue tradizioni e la sua religione, e per questo la convivenza risulta difficile. Parte ancora, verso Torino dove ad attenderlo c'é un altro lavoro in nero, ma fortunatamente dopo un pò di tempo riesce ad ottenere il permesso di soggiorno ed a trovare un lavoro in fabbrica, ma si rende conto che per integrarsi completamente, l'unico modo é quello di rinunciare alla propria cultura... (Filmscoop)


Cronaca di un’odissea moderna
di Francesco Davì

Vittorio De Seta, uno dei più grandi documentaristi italiani, approda a Venezia con una pellicola che racconta il dramma dell’emigrazione clandestina dai paesi africani verso l’Italia. Il film, girato in digitale, si affida ad attori non professionisti e mantiene un impianto documentaristico; le riprese sono fisse, non ci sono virtuosismi, quello che interessa è presentare una storia e dei personaggi, un messaggio allo spettatore. La parabola di Assane che attraversa l’Italia, intraprendendo un “viaggio della speranza”, costantemente in fuga per evitare problemi con la giurisdizione italiana, per le difficoltà legate all’integrazione e per un’ostilità sempre più esplicita e violenta dell’ambiente che lo circonda, è decisamente attuale e necessaria per una riflessione sincera su un tema che ci riguarda da vicino, come la storia recente e gli eventi di quest’ultima estate dimostrano drammaticamente.
Ad ogni tappa del suo viaggio, Assane acquista una maggiore consapevolezza di se stesso e del mondo che lo circonda. Il viaggio, quindi, e l’incontro con un mondo diverso, contribuiscono all’arricchimento della sua personalità, permettendogli di superare le molte difficoltà nella speranza di conquistare una giusta serenità. Ma proprio quando la sua situazione sembra finalmente stabile, lo scontro con l’ignoranza e la violenza che vivono nella nostra società, determinano in lui una profonda crisi che lo porterà a ritornare in Senegal. Il ritorno agli affetti, alla società di cui conosce valori e tradizioni non bastano, però, a calmare il suo malessere, ancora incapace di comprendere il significato delle sue esperienze e di prendere una decisione sul suo futuro. L’incontro con il suo “maestro”, ex professore universitario e guida spirituale della comunità, gli permetterà di aprirsi, di raccontare la sua esperienza, di riscoprire le sua radici e di riacquistare fiducia e speranza. E così l’esperienza del singolo diventa esperienza dell’intera società che deve confrontarsi con la durezza della propria condizione, con il desiderio di fuga e di riscatto, con l’incontro e l’integrazione fra diverse culture; il viaggio e l’incontro sono il travagliato percorso da affrontare per maturare, per acquisire consapevolezza ed avere il coraggio di costruire un mondo meno ingiusto.
Il Senegal è ritratto come un mondo in cui la vita e il lavoro sono duri e faticosi ma vissuti con umiltà e consapevolezza, dove la solidarietà e gli affetti sono i valori che consolidano la società, dove però il desiderio di trovare nuove opportunità è naturale e visto come l’unica alternativa per molti giovani, che vedono in paesi come l’Italia la possibilità di una vita meno dura e più giusta. E’ compito degli anziani o di chi quel viaggio lo ha già intrapreso raccontare la propria esperienza per svelare il mito irreale di una vita facile e la necessità di rimanere umili ma non per questo succubi di una situazione invivibile. L’Italia, raccontata con gli occhi degli immigrati, è una speranza che presto si rivela un mondo ingiusto e difficile, in cui serpeggiano prepotentemente sfruttamento e razzismo, di cui non si comprendono interamente i valori ed integrarsi non è immediato. Ma esiste anche la solidarietà e cambiare la propria condizione è possibile, andando verso una società sempre più tollerante, aperta e multiculturale.
Molto bella ed azzeccata la colonna sonora curata dall’”Orchestra di Piazza Vittorio”, felice sperimentazione nata a Roma, nel quartiere Esquilino, come fusione ed incontro di diversi generi musicali, provenienti da tutto il mondo, come gli artisti che compongono l’eclettica e frizzante orchestra, perfetta per accompagnare la storia di questo viaggio attraverso diverse culture.
http://www.nonsolocinema.com/Lettere-dal-Sahara-di-Vittorio-De.html



L'attualità in presa diretta offre un variegato corredo di riflessioni personali e personalistiche. Tra politici canterini, sexgates con certificazione made in Italy, crisi socio-economiche invocate da statistiche apocalittiche e media finto - indignati, e allettanti soubrettes sul set di qualche cinepanettone, assistiamo alla catastrofe degli immigrati maghrebini in fuga dalle rivoluzioni anti - dittature. Orde di profughi che trascinano altresì sventurati provenienti dal Sud Sahariano verso le coste italiane, in particolar modo verso quell'isola di Lampedusa che, per sua fortuna/sfortuna, si erige a ponte geografico/culturale tra tre continenti.
Analizzare socio-empiricamente tali dinamiche equivale a produrre in massa volumi e volumetti di sofisticata retorica, a volte interessante e coinvolgente, in altre occasioni esuberante e noiosa. Occasioni in cui le parole divengono troppe e vane e, pertanto, una immagine emblematica ed una storia strategicamente redatta su basi realistiche sono in grado di stilizzare con efficienza ed efficacia una contemporaneità più volte sottoposta ad interpretazioni discrezionali e arbitrarie.
"Lettere dal Sahara" non delinea affatto una blanda favoletta bonaria nella quale i buoni sconfiggono i malvagi persecutori del genere umano. Sotto forma di reportage/documentario sociologico, l'opera narra le vicende di Assane Kebe, giovane senegalese in fuga dalla miseria del suo Paese verso terre più proficue. Sottoposto ad una vera e propria tratta schiavistica sotto l'egida di mafie e altre organizzazioni a delinquere, Assane giunge a Lampedusa. Consapevole di una futura forzatura al rimpatrio da parte delle autorità italiane, il giovane fugge dal controllo delle forze dell'ordine: inizia così l'odissea di un reietto che sogna l'America del XXI secolo. E si illude di trovarla.
Assane tenta, per primo, la carta del Napoletano, essendo costretto a riparare in territori nei quali possa trovare contatti utili ad una possibile integrazione (corredata di lavoro, permesso di soggiorno e quant'altro indispensabile per la "legittimazione" del suo stato di fuggitivo). La scelta si rivela, purtroppo, infruttuosa, per via della camorra, alla quale è vincolato un suo collega compatriota. Tuttavia, neanche Firenze, seconda meta dell'Ulisse moderno, pone fine a cotanta fatica: Assane rimane deluso dal nuovo stile di vita della cugina, modella di successo, abdicante Dio e le tradizioni senegalesi per l'Occidental Style.
L'ultima speranza è, dunque, l'industriale Torino. Il capoluogo piemontese sembra ripagare il profugo dai dolori di un viaggio infinito: dapprima venditore ambulante e operaio metallurgico irregolarmente assunto, riesce a guadagnarsi il permesso di soggiorno lavorando come badante di un ragazzo problematico, oltre che a partecipare a programmi scolastici e cultural-formativi promossi dai servizi sociali. L'integrazione inizia a far sentire i suoi effetti positivi fino a quando una cricca di ragazzi xenofobi abbrancano Assane ed un suo amico all'uscita di un locale, malmenandoli violentemente e costringendoli a precipitare nel Po, disavventura che riporta nella mente del ragazzo le terribili visioni degli esuli compagni gettati in mare dagli scafisti.
Fallisce il sogno di una nuova esistenza, pacifica e conviviale, nel continente Europeo: Assane ritorna nel Senegal, accolto dai parenti, dagli amici e dal suo vecchio professore d'Università la cui invettiva (di stampo post - coloniale) contro le barbarie razziste occidentali conclude le vicende.
Il film è un lucido, sebbene leggermente stereotipato, ritratto dell'Italia popolare di fronte all'immigrazione clandestina: da un lato l'odio e il disprezzo della componente xenofobo - razzista, esaltata persino dalle correnti politiche locali (e non), dall'altro lo sfruttamento impietoso dei profughi, costretti non solo a lavorare illegalmente nelle grandi fabbriche, ma anche a stipulare infelici trattative con le mafie (accordi destinati al sopruso, alla minacce ed alle violenze delle cosche). Nel mezzo dei due mali stanno la virtù e la benemerenza dei servizi sociali, dediti a prendersi cura, anche singolarmente degli immigrati, attraverso l'inserimento pacifico e cordiale degli stessi nella vita culturale -sociale delle città (vedi i centri multietnici e le scuole serali per stranieri).
La principale idea comunicativa del lungometraggio risulta essere la rappresentazione drammatica dell'immigrato, inserito in un frame (cornice di fondo) del tutto, o quasi, negativo. Con l'intento di sollevare l'indignazione popolare davanti alla problematica dei clandestini, il regista illustra contesti degradati, oscuri, tristi, pietosi: l'archetipo/stereotipo dell'immigrato concerne la mancata integrazione (divergenza tra superficialità "profana" occidentale e tradizione sacrale/conviviale/sociale senegalese-africana), vista come un fallimento talmente grave da abbandonare la terra promessa e tornare in Patria, inizialmente inferno terrestre da quale fuggire, poi ri-divenuto l'Eden di Dio, della dignità, dell'umiltà che, sebbene soggiogate dalla miseria, non intendono omologarsi con coloro che fanno della materia la loro ragion d'essere.

4 comentarios:

  1. ¿Se pueden renovar los vínculos?
    Muchísimas gracias.

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  2. Perdón, se me había olvidado asociarme.
    ¿Se pueden renovar ahora los vínculos?
    Gracias y enhorabuena por el blog.

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  3. Estimado Amarcord, nuevamente están caidos estos enlaces. Gracias y Saludos!

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