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sábado, 1 de octubre de 2011

Le affinitá elettive - Paolo e Vittorio Taviani (1996)


TÍTULO Le affinitá elettive
AÑO 1996
IDIOMA Francés 
SUBTITULOS Español (Incorporados)
DURACIÓN 98 min.
DIRECTOR Paolo Taviani, Vittorio Taviani
GUIÓN Paolo Taviani & Vittorio Taviani (Novela: Johann Wolfgang Goethe)
MÚSICA Carlo Crivelli
FOTOGRAFÍA Giuseppe Lanci
REPARTO Isabelle Huppert, Jean-Hugues Anglade, Fabricio Bentivoglio, Marie Gillain, Massimo Popolizio Laura Marinoni, Consuelo Ciatti, Massimo Grigò, Giano Carboni, Stefani Fuggetta, Adelaide Foti
PRODUCTORA Coproducción Francia-Italia
GÉNERO Drama

SINOPSIS Un matrimonio acoge en su casa a una pareja, y el esposo se enamora de la recién llegada, a la vez que la esposa del recién llegado. (FILMAFFINITY)

"Abbiamo commesso una pazzia: ora lo vedo fin troppo bene. Chi, giunto ad una certa età, vuole realizzare sogni e speranze di gioventù, si inganna sempre, giacché nell'uomo ogni dieci anni cambia il concetto delle felicità, cambiano le speranze e le prospettive. Guai a colui che, dalle circostanze o dall'illusione, viene indotto ad aggrapparsi al futuro o al passato! Abbiamo commesso una pazzia. Dovremmo, per una sorta di scrupolo, rinunciare a ciò che i costumi del nostro tempo non ci vietano? In quante cose l'uomo ritorna sui suoi propositi, sulle sue azioni, e non dovrebbe farlo qui, dov'è in gioco tutto e non un dettaglio, dove si tratta non di questa o di quella condizione di vita, bensì della vita in tutto il suo complesso?"
Johann Wolfgang von Goethe, dal romanzo "Le affinità elettive"

Una luce mistica affina l’atmosfera del film “Le affinità elettive” dei fratelli Taviani tratto dall’omonima celebre opera letteraria di Johann Wolfgang von Goethe, romanzo romantico per eccellenza. Il film, le cui scene emanano una freschezza quasi impensabile per un argomento tragico e una luce opalescente di primavera perenne, è raffinato nel suo essere un ritratto della vita di coppia d’inizio Ottocento.
Al di là del romanzo – di per sé molto attuale, forse troppo progressista per essere ottocentesco, ma sappiamo quanto Goethe fosse moderno per i suoi contemporanei – il film dimostra una semplice cura nei dettagli al limite del capriccio bizzarro. Questa vera e propria opera cinematografica vuole essere accessibile a coloro i quali non si compiacciono nel tenere fra le mani un classico dei tempi andati, preferendo al libro – seppur in edizione tascabile - la visione di un lungometraggio onirico per non rinunciare a sorseggiare quell’atmosfera illusoria.
Siamo in piena Età Napoleonica. Due amici di vecchia data non più giovani ed entrambi vedovi, un tempo amanti, Edoardo e Carlotta si ritrovano durante l’esposizione di un’antica statua ritrovata in acqua e riportata alla luce dopo un restauro. Da quell’incontro al matrimonio il passo è breve e la nuova coppia va a vivere in una tenuta. Edoardo invita un vecchio amico, Ottone, per trascorrere una vacanza presso il castello e, per completare il quadro, Carlotta invita Ottilia, la figlia della sua amica morta, di ritorno dal collegio. A rilento e del tutto inconsapevolmente le due coppie si spaccano per formarne di nuove: Edoardo e Ottilia e Carlotta e Ottone. Presto nasce un bambino, figlio di Edoardo e Carlotta che ha stranamente i capelli rossi di Ottone. Durante una passeggiata in barca, il bambino sfugge di mano a Ottilia alla quale Carlotta lo aveva affidato e la tragica morte del piccolo viene interpretata come una punizione divina per aver mandato in frantumi l’equilibrio coniugale e fraterno. Il finale è immancabilmente tragico, ma non lo citiamo per non rovinare una sorpresa che fin dai primi momenti del film è quasi annunciata. Quale sarà la coppia a morire e trovare pace forse in Cielo?
Il film è costruito con grande perizia e "arredato" con informale senso estetico. Una scenografia bucolica e dolcemente primaverile con un malinconico lago sullo sfondo; mobilio Impero che sembra una bottega d’antiquariato; costumi e pettinature fedeli all’epoca. Da notare e apprezzare la voce narrante di Giancarlo Giannini che infonde un tocco accattivante agli eventi. Tutto concorre nel creare un’emozione visiva e sonora che non fa accorgere della tragedia che incombe, quasi fosse insignificante rispetto alle scene che si materializzano davanti ai nostri occhi.
Sabrina Bottaro
http://www.viaggio-in-germania.de/affinitaelettive-film.html



Vessilliferi delle passioni e non della passione, cantori del sentimento e non dei sentimenti, Paolo e Vittorio Taviani erano probabilmente i cineasti meno indicati per portare a termine una trasposizione filmica de "Le affinità elettive" (1809), capolavoro della maturità goethiana e della letteratura del primo `800.
Nel raccontare le storie d'amore, una reale l'altra platonica, fra una coppia coniugata e due giovani in visita, l'autore di Faust intendeva andare al di la' del testo: ad esempio, inserirsi nel dibattito (aperto dall'affermazione universalistica dell'uguaglianza, contenuto nei sacri principi del 1789) all'epoca assai vivo in Germania sul problema dell'identità e della differenza tra uomo e donna.
Se Charlotte poteva configurarsi come l'essere femminile proposto da Schlemacher, Eduard pareva essere l'elemento maschile quale paventato da Schiller: qualcosa, certamente, di più e di diverso dei semplici personaggi rappresentati.
Nulla di tutto ciò, purtroppo, trapela dalle immagini del film: sceverata dalle preoccupazioni di cui sopra, relegate sullo sfondo, la mera fabula necessitava di una chiave di lettura o quanto meno di un empito romantico che i registi non riescono ad infondere in essa. Quel che resta è un succedersi di sequenze a volte belle (il ballo all'aperto, la morte di Ottilia), a volte sospese fra manierismo e ritualità (la discussione sul significato di affinità, affascinante nel libro e qui inutilmente pedante): dall'insieme della pellicola, promana un sentore di inanità, un'impressione di pleonasmo per nulla mitigati da eccellenti contributi tecnici e certamente accresciuti da attori inadeguati alla bisogna (segnatamente Bentivoglio, clamoroso esempio di miscasting).
Si finisce per rimpiangere la pulizia e l'eleganza formale dell'adattamento zeffirelliano di "Jane Eyre" ; e crediamo che ciò sia bastevole a dar conto dell'opacità di quest'ultima prova degli autori de "La notte di San Lorenzo".
Francesco Troiano
http://www.tempimoderni.com/1996/affi.htm

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"Un film perfetto come 'Le affinità elettive', in cui lo stile di Paolo e Vittorio Taviani si fa tanto coerente, essenziale, depurato d'ogni sovraccarico e ricco di densità poetica da costituire in se stesso la maggiore emozione per lo spettatore, pone un interrogativo. A chi può parlare oggi il gran romanzo scritto da Goethe sessantenne nel 1808-1809, racconto del conflitto tra ragione e passione, progetto e natura, nell'intrecciarsi di due coppie? Magari ai ragazzi, a un loro bisogno di sentimenti autentici, di personaggi incorrotti, di integrità amorosa. Magari ai non giovani che in passato hanno usato come alibi romantico per l'adulterio quel romanzo cruciale come pochi altri per il fatto d'offrire anche una teorizzazione sull'amore sono stati assunti come esemplari che hanno influenzato la vita dei loro lettori. (...) Nella perfezione dello stile, alcune sequenze sono straordinarie: la festa campestre, il dinamismo esatto e ansioso della morte di Ottilia, il procedere parallelo delle bare scoperte con gli amanti giacenti, lo stupendo finale in cui la servetta bambina perduta nel grande paesaggio grida e grida, come un uccello ferito". (Lietta Tornabuoni, 'L'Espresso', 23 maggio 1996) "Non basterebbe un articolo di 10.000 battute per analizzare i ritocchi, gli spostamenti, le compressioni con cui i Taviani hanno condensato un romanzo di 278 pagine in un film di cento minuti, film che ha l'incalzante progressione di una tragedia di Racine, lo splendore geometrico di un diamante, la raffinatezza cromatica e scenografica di un pittore rococò del '700 combinata col nitore neoclassico e i primi brividi del romanticismo. Pur avendo riequilibrato il peso dei quattro personaggi, laddove, invece, attraverso le pagine del suo diario, Goethe privilegia l'ottica di Ottilia che 'inventa' la morte e realizza il suo amore di là dal reale conoscibile, anche i Taviani non sono sfuggiti al fascino della più giovane del quartetto, colei che Thomas Mann definì 'ondina' e Walter Benjamin leggeva come la personificazione dell'elemento demonico naturale". (Morando Morandini, 'Il Giorno', 25 maggio 1996) "Nelle 'Affinità elettive' i Taviani assecondano - più che controllarlo come avveniva in altri loro film - lo spazio emotivo dei personaggi che è delimitato dal sentimento amoroso e non tanto da accadimenti storici, qui quasi cancellati. Valorizzato, quasi esaltato, dal paesaggio e dall'ambiente toscano che pare il risultato di secolari attività di distillazione, di purificazione giunti alla quinta essenza, questo spazio si apre all'inizio a un'armonia assoluta, voluta però, ricercata come progetto; poi viene assalito da tremore e turbamento; infine si ricompone quando il fenomeno delle affinità elettive perviene ai suoi esiti ultimi. Qui nelle 'Affinità elettive' è evitato il pericolo - altra volta presente nei Taviani - di uno sguardo distaccato fino a dare l'impressione dell'indifferenza, di un eccesso di bella scrittura. E il film vive, in un'aura però non astratta non premeditata, come fuori dal tempo". (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 24 maggio 1996)
"Un film perfetto come 'Le affinità elettive', in cui lo stile di Paolo e Vittorio Taviani si fa tanto coerente, essenziale, depurato d'ogni sovraccarico e ricco di densità poetica da costituire in se stesso la maggiore emozione per lo spettatore, pone un interrogativo. A chi può parlare oggi il gran romanzo scritto da Goethe sessantenne nel 1808-1809, racconto del conflitto tra ragione e passione, progetto e natura, nell'intrecciarsi di due coppie? Magari ai ragazzi, a un loro bisogno di sentimenti autentici, di personaggi incorrotti, di integrità amorosa. Magari ai non giovani che in passato hanno usato come alibi romantico per l'adulterio quel romanzo cruciale come pochi altri per il fatto d'offrire anche una teorizzazione sull'amore sono stati assunti come esemplari che hanno influenzato la vita dei loro lettori. (...) Nella perfezione dello stile, alcune sequenze sono straordinarie: la festa campestre, il dinamismo esatto e ansioso della morte di Ottilia, il procedere parallelo delle bare scoperte con gli amanti giacenti, lo stupendo finale in cui la servetta bambina perduta nel grande paesaggio grida e grida, come un uccello ferito". (Lietta Tornabuoni, 'L'Espresso', 23 maggio 1996) "Non basterebbe un articolo di 10.000 battute per analizzare i ritocchi, gli spostamenti, le compressioni con cui i Taviani hanno condensato un romanzo di 278 pagine in un film di cento minuti, film che ha l'incalzante progressione di una tragedia di Racine, lo splendore geometrico di un diamante, la raffinatezza cromatica e scenografica di un pittore rococò del '700 combinata col nitore neoclassico e i primi brividi del romanticismo. Pur avendo riequilibrato il peso dei quattro personaggi, laddove, invece, attraverso le pagine del suo diario, Goethe privilegia l'ottica di Ottilia che 'inventa' la morte e realizza il suo amore di là dal reale conoscibile, anche i Taviani non sono sfuggiti al fascino della più giovane del quartetto, colei che Thomas Mann definì 'ondina' e Walter Benjamin leggeva come la personificazione dell'elemento demonico naturale". (Morando Morandini, 'Il Giorno', 25 maggio 1996) "Nelle 'Affinità elettive' i Taviani assecondano - più che controllarlo come avveniva in altri loro film - lo spazio emotivo dei personaggi che è delimitato dal sentimento amoroso e non tanto da accadimenti storici, qui quasi cancellati. Valorizzato, quasi esaltato, dal paesaggio e dall'ambiente toscano che pare il risultato di secolari attività di distillazione, di purificazione giunti alla quinta essenza, questo spazio si apre all'inizio a un'armonia assoluta, voluta però, ricercata come progetto; poi viene assalito da tremore e turbamento; infine si ricompone quando il fenomeno delle affinità elettive perviene ai suoi esiti ultimi. Qui nelle 'Affinità elettive' è evitato il pericolo - altra volta presente nei Taviani - di uno sguardo distaccato fino a dare l'impressione dell'indifferenza, di un eccesso di bella scrittura. E il film vive, in un'aura però non astratta non premeditata, come fuori dal tempo". (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 24 maggio 1996)
http://cinema.ilsole24ore.com/film/le-affinita-elettive/


4 comentarios:

  1. Il film non è in italiano ma in francese
    Ciao

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  2. Amarcord: Todos los enlaces están borrados (Invalid or deleted file). Saludos

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  3. Hola,

    Siento decirlo, pero los links de mediafire están caídos, podrían resubirse cuando sea posible?

    Muchas gracias,

    Un saludo.

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