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domingo, 5 de agosto de 2012

Noi Vivi - Addio Kira - Goffredo Alessandrini (1942)




TITULO ORIGINAL Noi vivi - Addio, Kira
AÑO 1942
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Inglés (Incorporados)
DURACION 198 min.
DIRECCION Goffredo Alessandrini
ARGUMENTO Novela "WE THE LIVING" de Ayn Rand
GUION Goffredo Alessandrini, Corrado Alvaro, Oreste Biancoli, Anton Giulio Majano, Orio Vergani
REPARTO Alida Valli, Fosco Giachetti, Rossano Brazzi, Emilio Cigoli, Giovanni Grasso, Silvia Manto, Gioia Collei, Lamberto Picasso, Guglielmo Sinaz, Annibale Betrone, Sennuccio Benelli, Mario Pisu, Claudia Marti, Evelina Paoli, Bianca Doria, Gina Sammarco, Pia De Doses, Paolo Ferrara, Cesarina Gheraldi, Elvira Betrone 
FOTOGRAFIA Giuseppe Caracciolo
MONTAJE Eraldo Da Roma
MUSICA Renzo Rossellini
PRODUCCION Scalera Film - Era Film
GENERO Drama

SINOPSIS A Pietroburgo, nei primi anni della rivoluzione, Kira e la sua famiglia mal si assoggettano al nuovo regime. Essa si innamora di Leo, giovane aristocratico inviso alla Ghepeù, e i due si incontrano furtivamente. Kira, mentre ritorna da un appuntamento viene arrestata come complice del fuggiasco, ma viene rimessa in libertà da Andrei, fanatico capo della Ghepeù locale, segretamente innamorato di lei. Dopo uno sfortunato tentativo di fuga la salute di Leo è seriamente minacciata e poiché egli non ha denaro, Kira, a sua insaputa, diviene l'amante di Andrei per mantenerlo al sanatorio. Tornato dalla Crimea guarito, Leo si rivela venale e antipatico, si aggrega ad un gruppo di speculatori e si stacca da Kira. A sua volta Andrei che non crede più nella sua idea né nella sua donna, si toglie la vita e Kira viene uccisa mentre tenta di superare il confine dell'infernale e sventurato paese.

 
 
Diviso in due parti: “Noi vivi” (94 min.) e “Addio, Kira” (96 min.). Nella Russia sovietica dei primi anni ‘20 la borghese Kira (A. Valli) s’innamora dell’aristocratico Leo (R. Brazzi), sorvegliato della polizia segreta perché sospettato di attività controrivoluzionarie e traffici loschi. Di Kira s’innamora l’integerrimo commissario Andrej (F. Giachetti) al quale lei si concede per proteggere l’amante, ricoverato in un sanatorio. Leo rivela la sua venalità, Andrej, deluso in amore e nelle idee politiche, si toglie la vita. Kira è uccisa mentre tenta un espatrio clandestino. Tratto da un romanzo (1939) di Ayn Rand, adattato da Corrado Alvaro e Orio Vergani e sceneggiato da Anton Giulio Majano, futuro artefice di teleromanzi popolari, è un melodramma quasi tutto d’interni, cupo, monocorde, affidato al bianconero aspro di Giuseppe Caracciolo che tende a creare un’atmosfera grigia e nebbiosa e punta sui primi piani. Efficace e funzionale la squadra degli interpreti (altro punto a favore della regia) tra cui spiccano un sobrio, intenso Giachetti e la malinconica Valli nel fulgore dei suoi ventun anni. Da un altro romanzo di Ayn Rand, mediocre scrittrice di successo, fu tratto “La fonte meravigliosa” (1949) di King Vidor.(Il Morandini)
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Giarabub, Noi vivi - Addio Kira, Il treno crociato e Quelli della montagna:  propaganda sciagurata e rassicurazioni superflue (1942-43)

“Pensate alle valle del cuneese, dove si reclutano i soldati di una di quelle divisioni che sul fronte del Don sono state distrutte. Su ognuna di quelle case oggi si è abbattuta una catastrofe. Il padre, il figlio, il fratello che Mussolini ha mandato in Russia non torneranno  più.”
P. Togliatti, Discorsi agli italiani (Mosca, 1943)
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Nella seconda metà del 1940 Mussolini conduce la propria “guerra parallela” che naufraga rapidamente sia in Africa, sia nei Balcani cosicché solo l’intervento delle armate naziste nella primavera 1941 riesce a salvare l’esercito italiano da una resa indecorosa. A quel punto ogni velleità “autonomistica” viene sepolta, nelle aree geopolitiche “italiane” (appunto Africa del nord e Balcani) e le truppe fasciste vengono sottomesse ai comandi hitleriani mentre per la Germania scocca l’ora decisiva con l’operazione Barbarossa (giugno 1941). L’attacco alla Russia, preparato da almeno sei mesi, coglie parzialmente impreparato il dittatore sovietico che fino all’ultimo aveva sperato che Hitler non rompesse la fragile ed opportunistica alleanza russotedesca, evitando di aprire un secondo fronte prima di avere realmente sconfitto il pericolo inglese (dietro al quale si prepara l’imponente macchina da guerra statunitense). Nell’autunno 1941 Mussolini, divenuto figura di secondo piano, cerca di rimediare all’immagine già ampiamente compromessa del fascismo intervenendo nello scenario russo con un’armata (dapprima lo CSIR, circa 62000 uomini inviati già nel luglio 1941, poi l’ARMIR, circa 227000 uomini nel giugno 1942) offerta a Hitler (posta sotto i comandi militari germanici) e collocata nello scenario meridionale (Ucraina- Caucaso) della ciclopica battaglia orientale. Il duce cerca ora di riguadagnare credibilità mediante qualche significativa impresa bellica finalizzata a rendere più consistente il contributo italiano alla eventuale vittoria finale, una vittoria alla quale peraltro nell’estate 1942 Mussolini comincia a non credere più.
In ambito mediatico circa un anno dopo l’inizio delle operazioni russe del contingente italiano giunge sugli schermi la scellerata pellicola di propaganda Noi vivi - Addio Kira (settembre 1942; 174 min) del blasonato regista Goffredo Alessandrini (sceneggiato con l’aiuto di Anton Giulio Majano, Corrado Alvaro e Orio Vergani), la quale, a causa dell’ampia durata, viene proposta nelle sale in due distinte parti (primo caso nella storia del cinema italiano). Ispirata al romanzo Noi vivi di Ayn Rand (1939) la prolissa ed uggiosa narrazione ruota intorno al triangolo sentimentale che vede Kira (Alida Valli) amante innamorata dello spostato Loe Kowalevski (Rossano Brazzi) ed amante per necessità di Andrej Tishenko (Fosco Giachetti), implacabile dirigente della GPU (la polizia segreta) nello scenario della Mosca del 1922.
La prima parte dell’opera si concentra sulla descrizione dell’universo bolscevico, dandone la prevedibile immagine di un inferno senza luce ove la gente vive brutalmente ammassata negli appartamenti e nei treni, controllata nei minimi particolari da una polizia politica cui nulla sfugge. L’attività privata è perseguitata, fioriscono il mercato nero e la delazione quale metodo per regolare vendette e per eliminare concorrenti mentre la privilegiata nomenclatura del partito si spartisce le poche risorse e condanna il resto della popolazione ad un’esistenza desolata. Il quadro fosco sembra peraltro ispirarsi più ai recenti anni del grande terrore staliniano (1936-39) che non all’epoca iniziale della rivoluzione bolscevica, anch’essa comunque sanguinosa e segnata da una spaventosa attività di repressione ad opera della Ceka (1917-21) ed in seguito della GPU (dal 1922), entrambe dirette da Dzerzinski.
Questa sgraziata pellicola di propaganda é chiaramente volta a motivare la recente iniziativa bellica (destinata a concludersi in modo disastroso) presso le smarrite masse italiane, le quali, già angosciate da una situazione di crescente miseria sul fronte interno, appaiono ben poco convinte della necessità di un impegno militare italiano in Russia. Il film ottiene un enorme successo commerciale, probabilmente dovuto al carattere insolito dell’argomento, sebbene si tratti di un lavoro di qualità men che mediocre nel quale la ricostruzione della miseria russa avviene secondo i peggiori stereotipi con fanatici bolscevichi indossanti truci giubbotti di pelle nera, onnipresenti immagini di Lenin, gli esterni calati in un’imbarazzante, perenne foschia notturna finalizzata a nascondere l’incapacità degli autori di ricreare verosimili paesaggi urbani moscoviti, appartamenti ed uffici che somigliano tutti a magazzini dismessi. Appare sottinteso che l’arrivo dell’armata nazifascista (per ora accampata alle porte della capitale), portatrice della superiore, armoniosa cultura europea, è quanto di più necessario e desiderabile per risanare una situazione umana tanto compromessa.
Nella seconda parte invece Alessandrini sembra dimenticarsi dell’infernale paesaggio bolscevico e si concentra sul triangolo amoroso all’interno di scenari che appaiono ora più normalizzati, generando un’evidente incoerenza nei confronti della prima parte. La vicenda del doppio amore di Kira è da un lato segnata dai soliti luoghi comuni della fanciulla che immola la propria purezza per salvare l’amato, divenendo una sorta di Tosca accondiscente; dall’altro tutto il racconto è avvolto nel ridicolo poiché il potente Andrei, dirigente della GPU, che conosce i particolari più nascosti delle singole esistenze, ignora tuttavia che la sua amante Kira convive con l’odiato Loe Malinovski. Se ne accorge solo nel finale, quando è costretto ad effettuare una perquisizione in casa di quest’ultimo e poco dopo, sconvolto, si suicida.
Goffredo Alessandrini, nato al Cairo nel 1904, già aiutante di Blasetti in Terra madre (1930), giunge a dirigere questo kolossal fascista al culmine di una carriera, dopo le osannate prove di Cavalleria (1936), Luciano Serra pilota (1938), Abuna Messias (1939) e Giarabub (1941). Il film viene presentato alla mostra di Venezia dove riscuote discreti consensi; a Fosco Giachetti (la cui misurata interpretazione costituisce l’unica qualità della pellicola) viene assegnata la coppa Volpi.
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http://www.giusepperausa.it/_noi_vivi_-_addio_kira__il_tre.html
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La pellicola “Noi vivi – Addio Kira” e’ da intendersi come trasposizione del racconto “Noi vivi” della filosofa e scrittrice Ayn Rand.
Per descrivere il film serve parlare di Ayn Rand in quanto la donna fatta di storia e idee, regge la struttura teorica del soggetto, fondamentale perche’ tolto questo rimane solo un racconto ben costruito come molti altri.
Nata in Russia ma fuggita negli Stati Uniti dopo aver vissuto sulla propria pelle tutto l’orrore del comunismo sovietico, la Rand fu genitrice e paladina di una corrente di pensiero filosofica, l’Oggettivismo, che pone il singolo individuo e i frutti del suo lavoro al centro della societa’.
“La piu’ piccola minoranza al mondo e’ l’individuo” tuonava Ayn Rand contro i collettivismi e i suoi paladini pronti a infiammarsi per ogni causa fuorche’ il bene di ognuno di noi, per intenderci del cittadino e viene da se’ che con queste premesse l’anticomunismo diviene un obbligo prima concettuale, poi morale.
In realta’ su questo aspetto si gioca tutta la travagliata vicenda della pellicola in quanto Alessandrini dopo non poche peripezie, riesce nel 1942 a far uscire il film col beneplacito del governo fascista che vede nell’anticomunismo un’ottima ragione per consentirne la distribuzione, accorgendosi pero’ in un secondo tempo, che la denuncia randiana e’ in realta’ rivolta ad ogni forma di regime che riduca il singolo individuo a suddito senza possibilita’ di esprimere doti e capacita’ per autodeterminarsi e migliorare il proprio stato sociale.
A questo punto la pellicola viene ritirata ma una copia viene salvata e solo nel 1986 ripubblicata negli Stati Uniti con sottotitoli in inglese.
Seppur non autobiografico, il racconto e’ reale nell’ambientazione e nelle situazioni perche’ vissuti in prima persona dall’autrice e sconcerta la consapevolezza di quanto l’inevitabile cultura dominante dei vincitori che dal dopoguerra regola il bene e il male in ogni forma artistica, renda il film una brillante anomalia che abbaglia per lucidita’ e sensazione.
Condannare solo alcuni regimi e’ abominevole quanto il farne parte ed e’ una idea potente che trova soluzione nella forza del singolo e sconfigge le contraddizioni dell’etica occidentale comune incapace di risolvere i dilemmi morali dell’individuo.
Non si confonda cio’ che in apparenza appare divagazione perche’ in realta’ e’ il centro esatto di tutto il lavoro della Rand che soprattutto tramite la novellizzazione ha divulgato il suo pensiero, il solo in grado di dare la giusta chiave di lettura a questa prima parte e sulla seconda con la quale concentrarsi sull’aspetto piu’ prettamente artistico.
Si diceva della protagonista Kira che con la sua famiglia approda a San Pietroburgo o Pietrogrado come fu ribattezzata in un primo tempo dal regime comunista, trovando una citta’ gia’ piegata moralmente e in ginocchio economicamente. Kira sogna di diventare ingegnere ma non c’e’ posto per i non allineati all’ideologia del partito e la sua famiglia scivola lentamente verso la miseria quando e’ impedito al padre di continuare col libero commercio.
Le accade pero’ di innamorarsi di Leo, baldo ribelle figlio di un generale eroe di guerra giustiziato dal regime e solo dopo molte peripezie i due riescono a vivere insieme ma il ragazzo si ammala di tubercolosi e senza tessera di partito ogni cura e’ negata e cosi’ che Kira cede alle avance di Andrei, assassino della GPU, il futuro KGB, garantendo cosi’ al suo amato i mezzi per un ricovero in sanatorio.
Il finale sara’ tragico ma non senza speranza come l’epoca voleva e in fondo come era giusto che dovesse essere.
Bei protagonisti cominciando da Alida Valli che ben incarna l’angelica forza di Kira, occhi che bucano lo schermo e un sorriso che infonde speranza anche nei momenti piu’ difficili. Rossano Brazzi e’ Leo e si capisce come abbia potuto diventare un sex symbol dell’epoca per quanto resti un po’ ingessato in un ruolo che richiedeva piu’ ardore.
Al contrario Fosco Giachetti e’ bravissimo nel duro dal cuore di ghiaccio che solo la protagonista sapra’ sciogliere e nel tentativo di controllare l’amore per Kira, emerge l’anima passionale mostrata ma non esibita come solo una grande interpretazione poteva regalare.
Altro bel personaggio e’ Stephan Tishenko interpretato da Giovanni Grasso, comunista della prima ora ma gettato via dal regime una volta inutile al partito e man mano che la sua figura muta da soldato spietato a povera vittima, anche la sua rappresentazione si addolcisce sino alle porte della profonda pieta’.
Tre ore complessive che scorrono fluide senza ostacoli o intoppi, merito della storia pregna d’accadimenti ma anche della buona regia e dalla buona mano.
Per quanto Alessandrini trovo’ gloria e successo coi “telefoni bianchi”, fu evidentemente influenzato dal cinema espressionista tedesco dal quale mutuo’ luci e inquadrature per accrescere la drammaticita’ del racconto e porre pesanti accenti sulle caratterizzazioni dei personaggi e in questo basta osservare la tetra oscurita’ della casa di Andrei carica di ombre e sovrastata da misteriose quanto minacciose grandi scritte in russo che la presenza di falce e martello gia’ definisce in slogan di qualche tipo.
Tanti i momenti carichi di pathos e nella commistione tra fiction e ideale, la letteratura e’ un mezzo, non fine ed e’ persino sorprendente non trovare tutta quella retorica che ci si aspetterebbe dal momento in cui i buoni hanno i loro egoismi e i cattivi i loro pregi, prerogativa forse non del tutto Randiana ma utile a decretare il collettivismo come solo e unico colpevole, entita’ spettrale che divora la vita di uomini e donne ai quali non resta che soccombere, in un modo o nell’altro.
Kira pero’ resiste e la sua purezza non e’ intaccata neppure dai compromessi nell’idea sempre Randiana che “Il compromesso non e’ fare cio’ che non piace ma cio’ che non si ritiene giusto” ed e’ realmente una eroina, ferma d’intenti come solo i personaggi maschili ci hanno abituato.
Non mente mai, la sua integrita’ avvolge chi gli sta vicino e come un fluido benefico guarisce liberando mente, coscienza e anima donando nuovamente il bene piu’ caro di ognuno di noi: il libero arbitrio.
Ecco quindi che la protagonista diviene prototipo di quel John Galt che venti anni dopo in “La rivolta di Atlante” dara’ corpo e voce alla filosofia Oggettivista della scrittrice.
Bel pezzo di cinema e bell’esempio di come si possano coniugare letteratura, filosofia, politica e idee con la piu’ semplice ma non banale arte popolare.
Un punto di partenza
http://randiano.wordpress.com/opere/film-noi-vivi-addio-kira/

Tornata a Pietrogrado dalla Crimea, dove la sua famiglia borghese s'era rifugiata allo scoppio della rivoluzione, la giovane Kira Argounova riprende gli studi e affronta le difficoltà quotidiane della realtà russa dei primi anni Venti, tra i contraccolpi delle statalizzazioni forzate e il ricorso alla 'nuova politica economica'. Incontra per strada un giovane di origini aristocratiche, Leo Kovalenski, sorvegliato dalla polizia politica, e se ne innamora. Tratta in arresto per sospetta attività antisovietica, Kira viene rilasciata dal commissario Andrei Taganov, colpito dalla sua bellezza e dal suo fiero carattere. Leo, malato, ha bisogno di essere ricoverato in sanatorio, e per assicurargli le cure Kira diventa l'amante di Andrei. Quando Leo, guarito, fa ritorno, Kira va a vivere con lui. Senza lavoro, Leo si lascia attirare in un giro di traffici illeciti per i quali viene arrestato dallo stesso Andrei, che nell'occasione scopre il vero legame di Kira con Leo. Già sconvolto dalla piega oppressiva presa dal regime politico nel quale aveva identificato i propri ideali, e ora deluso anche in amore, Andrei compie un ultimo gesto generoso; fa liberare Leo, poi, prima di essere fucilato per tradimento, si uccide. Leo rinfaccia a Kira di essere stata l'amante di Andrei e la lascia; la donna decide di fuggire clandestinamente dalla Russia, ma alla frontiera, su un campo innevato, viene sorpresa da una guardia che le spara e la uccide.
Nel cinema italiano degli anni Quaranta, che volentieri chiese in prestito idee alla narrativa di vario rango, era inevitabile che l'attenzione cadesse a un certo punto su un romanzo di successo come We the Living di Ayn Rand, una scrittrice americana di origine russa che in quelle pagine aveva raccontato la storia di una giovane donna tormentata dall'amore per due uomini sullo sfondo della Pietrogrado dei primi, convulsi anni di regime comunista. C'era nel libro materia non soltanto per un mélo sentimentale e tragico di facile presa, ma anche per un'operazione di contingente propaganda antisovietica (nel 1942, l'Italia era in guerra con l'URSS). L'occasione, insomma, era buona per impiantare uno spettacolo di grosso richiamo e, nei fatti, una volta presa la decisione di affidare la riduzione del libro a Corrado Alvaro e Orio Vergani e la regia a Goffredo Alessandrini, neppure privo di ambizioni. Lo sforzo produttivo, del resto, puntava su alcuni dei nomi più in vista nella Cinecittà di allora e su una ricostruzione d'epoca che, se necessariamente privilegiava gli interni, sfoggiava almeno arredi e suppellettili credibili, e striscioni, insegne e giornali meticolosamente in caratteri cirillici, nonché un campionario di autentiche facce russe fra le comparse, attinte alla colonia degli espatriati in Italia al tempo della rivoluzione o subito dopo. Segni distintivi del film sono il procedere lineare del racconto, che privilegia un ritmo lento e largo anche nelle svolte drammatiche della vicenda; la fotografia grigia e fredda, che immerge ambienti e personaggi in un'atmosfera distaccata, a tratti persino irreale, specie là dove s'ingegna a suggerire qualche esterno sfumato dalla nebbia o lambito da una luce glaciale; il copioso ricorso ai dialoghi e ai primi piani. A questo proposito non sorprende che, rivisto decenni dopo, il film sembri anticipare, nella struttura, tanti romanzi e sceneggiati televisivi (forse non è un caso trovare Anton Giulio Majano, che in televisione sarà poi un maestro del 'genere', tra i responsabili della sceneggiatura e collaboratore alla regia).
Lanciato dalle buone recensioni e dal Premio della Biennale che raccolse alla Mostra di Venezia, dove venne presentato nella sua durata complessiva di 3 ore e 50 minuti, e uscito nelle sale, dopo alcuni tagli e ritocchi, in due parti distinte intitolate rispettivamente Noi vivi e Addio Kira, il film ebbe un temporaneo, cospicuo successo: piacquero la sensualità aspra di Alida Valli, il profilo di Rossano Brazzi che bene dissimula il fondo banale ed egoistico del personaggio dietro la morbidezza del tratto, la cupa maschera integerrima di Fosco Giachetti; e piacquero i comprimari, soprattutto Giovanni Grasso, Emilio Cigoli, Guglielmo Sinaz. Per quel che riguarda il risvolto politico, scontata l'adesione di una fascia di pubblico allineato per convinzione alle linee governative antibolsceviche, altri spettatori furono invece portati a sovrapporre al ritratto che il film dà di un sistema totalitario minato da fazioni e corruttibilità certi aspetti della realtà italiana che essi stavano vivendo sotto il fascismo. Si vuole persino che questo aspetto 'controproducente' allarmasse a un certo punto il governo. Ma fu piuttosto il precipitare degli eventi bellici a interrompere la carriera del film. A risollevare la quale non varrà un tentativo di ripresentarlo nel dopoguerra, ché, anzi, la cosa provocò insofferenze e proteste. Curiosamente, buone accoglienze troverà negli Stati Uniti quando, restaurato e condensato in tre ore, a metà anni Ottanta sarà presentato in alcuni festival (Telluride, Miami, Boston) e nei circuiti di New York, Chicago, Los Angeles e altre grandi città, dove la critica loderà il suo respiro da kolossal, il suo taglio 'già televisivo' e le interpretazioni, in particolare quella della Valli. A insistere per vederlo in America era stata Ayn Rand, intenzionata a procedere per vie legali da quando aveva saputo che in Italia, durante la guerra, dal suo libro era stato tratto un film. Ma alla fine la scrittrice unì il suo apprezzamento a quello della stampa e sospese ogni azione.
Piero Pruzzo
http://www.treccani.it/enciclopedia/noi-vivi-addio-kira_(Enciclopedia-del-Cinema)/
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Chiede un discorso a parte Noi vivi / Addio Kira, un film, così io lo vedo, compatto e affascinante nel suo pletorico romanticismo, nella sua monumentale e stordita dolcezza. Alessandrini non denigra il comunismo, ma le degenerazioni staliniste; condanna gli egoismi e le viltà dei nobili, già condannati dalla storia. Vi si potrebbe scorgere, volendo, un apologo sulla dittatura e sul primato della democrazia.
(Francesco Savio, Ma l'amore no, Sonzogno, Milano 1975)

Noi vivi era un romanzo che proprio in quei mesi là era uscito in Italia, scritto da Ayn Rand, scrittrice americana di origine russa. Era un libro che aveva questo sfondo interessantissimo della rivoluzione russa e questi tre personaggi a mia opinione perfetti da un punto di vista cinematografico. Cioè questa ragazza appartenente a una famiglia agiata; il commissario serio e impegnato; e un giovane primo amoroso che era figlio di un ammiraglio. I due maschi così diversi, ma così interessanti comunque, e in mezzo a loro una giovane innamorata di uno per la sua bellezza, per il lato romantico, innamorata dell'altro, cioè del commissario, per la serietà da missionario che aveva nel vivere la sua vita politica. […] Il film […] è stato presentato al Festival di Venezia e durava quasi quattro ore, tre ore e cinquanta minuti. Devo dire che molto stranamente, e me ne sono molto compiaciuto, in quelle tre ore e cinquanta minuti non si è alzato nessuno. Ed è stato accolto con frenetici applausi. Noi vivi, è stato diviso dopo.[…]Poi comunque Scalera ha fatto un'edizione che durava un'ora e mezzo, delle tre e cinquanta, soltanto Noi vivi si chiamava, e poi tra parenteso c'era scritto Addio Kira, come sottotitolo. […] Ero stato costretto a farlo tutto alla Scalera, anche l'inverno, anche la neve era finta; e Pietroburgo era fatto tutto quanto lì dentro, anche i ponti. Quindi il film ha risentito forse di questo modo di girare. Ma comunque ne è venuto fuori uno stile che ancora non s'era fatto da noi, cioè una descrizione che oggi oserei dire è perfettamente televisiva, perché erano tutti in primo piano.
(Goffredo Alessandrini, da Francesco Savio, Cinecittà anni trenta. Parlano 116 protagonisti del secondo cinema italiano (1930-1943), Bulzoni, Roma 1979)
http://www.cinetecadibologna.it/socialismo_utopia/ev/noivivi




7 comentarios:

  1. I links 4-5-6 del CD2 non funzionano.

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  2. Files 4-5-6 del CD 2 (does not exist on this server).
    Pregiatissimo Amarcord puoi cortesemente ripristinarli?
    Ciao e grazie per il tuo meritorio lavoro.

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  3. Hola Amarcord, los enlaces 4-5-6 de esta maravillosa obra se encuentran actualmente desactivados, es posible activar nuevamente los enlaces en cuestion? Seria muy importante, muchas gracias por tu trabajo en el desarrollo y conocimiento del Cine Italiano.

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  4. Hola Amarcord, es posible activar los enlaces 4-5-6 del CD 2 de esta pelicula? Seria muy importante para mis estudios, gracias de nuevo.

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    1. Febo
      Cambié todos los enlaces. Espero que puedas verla.
      Un abrazo.

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    2. Rapido y eficiente como siempre Amarcord, tu trabajo en este blog es realmente importante y apreciado. Nos vemos en la proxima, gracias.

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