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jueves, 27 de enero de 2011

Good Morning Babilonia - Paolo e VittorioTaviani (1987)


TÍTULO Good Morning, Babilonia
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español (Separados)
AÑO 1986
DURACIÓN 115 min.
DIRECTOR Paolo Taviani, Vittorio Taviani
GUIÓN Tonino Guerra, Paolo Taviani, Vittorio Taviani
MÚSICA Nicola Piovani
FOTOGRAFÍA Giuseppe Lanci
REPARTO Vincent Spano, Joaquim de Almeida, Greta Scacchi, Désirée Nosbusch (AKA Désirée Becker), Omero Antonnutti, Charles Dance, Bérangère Bonvoisin
PRODUCTORA Coproducción Italia-Francia-EEUU
GÉNERO Drama | Cine dentro del cine

SINOPSIS Entrada la segunda década del siglo XX, y tras la quiebra de la cantera familiar, los hermanos Nicola y Andrea emigran de Italia a América en busca de fortuna. Ambos acabarán trabajando en Hollywood construyendo decorados para el famoso cineasta D. W. Griffith, y se casarán con dos bellas actrices. Pero la tragedia llega a sus vidas con el estallido de la Primer Guerra Mundial, en la que Nicola y Andrea lucharán en bandos opuestos. (FILMAFFINITY)

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 "Queste mani hanno restaurato le cattedrali di Pisa, Lucca, Firenze... Di chi sei figlio tu ??? Noi siamo i figli, dei figli, dei figli di Michelangelo e Leonardo; di chi sei figlio tu ?"

I Taviani, il cinema dei grandi. Non che ci fosse bisogno, per saperlo, di Good Morning Babilonia, ma la riconferma è folgorante e serve oltre a tutto a chiarire meglio il segreto di due autori che sono di certo fra i poeti più autentici del cinema di oggi, la loro capacità, il loro dono di andare sempre più avanti nel nuovo, nel profondo, indagando in un’arte che ormai dominano da maestri, traendone, come da uno strumento musicale, tutti i suoni possibili e, questa volta, penetrando perfino nel cuore più riposto di questa stessa arte: per dircene l’essenza, e le sue possibilità di mistero.
Un viaggio anche nel cinema, perciò, questo Good Morning Babilonia, che procedendo si trasforma in viaggio iniziatico, per dirci della vita, e di tutto quello che le sta attorno, e le dà un senso, un significato: perfino quando si tratta, o può trattarsi, di sensi oscuri, di significati da decifrare.
Due fratelli artigiani. Nella Toscana del 1913. Nati e cresciuti in una famiglia artigiana. Che restaura cattedrali. Un lavoro a contatto con l’arte che può diventare anche arte. Il padre, però, è costretto a ritirarsi perché i tempi sono difficili e i due fratelli, dopo avere avuto da lui la raccomandazione di restare sempre uniti – e pari, la disparità li metterebbe l’uno contro l’altro – vanno in America a cercare fortuna. Faticano a trovarla poi, quasi per caso, si imbattono nel cinema: quello di Hollywood ai tempi del muto, quello in cui Griffith, entusiasmato da Cabiria di Pastrone e dai successi italiani all’esposizione di San Francisco, cerca artigiani italiani per le costruzioni del suo nuovo film Intolerance. Eccoli al suo fianco, perciò. Coinvolti di nuovo in un’impresa collettiva che, come le cattedrali restaurate da loro ed edificate dai loro antenati, sta assumendo tutti gli aspetti dell’arte.
Ci sono in mezzo, vi partecipano con lo stesso calore e con gli stessi impegni creativi; sempre uniti, come il padre rimasto in Italia aveva loro raccomandato, e uniti non solo dall’affetto reciproco, ma perché quella “cattedrale” che è il cinema si costruisce solo tenendosi stretti tutti insieme e cooperando affiatati alla sua crescita.
Il cinema però può andare da una parte e la vita dall’altra. Nel cinema i due fratelli riescono a rimanere sempre alla pari, la vita invece, all’improvviso, crea fra loro una disparità. Tutti e due sposati e felici, tutti e due stanno adesso per diventare padri. Uno con gioia senza ombre, l’altro funestato, dopo il parto, dalla morte della moglie. Naturalmente il secondo non si mette contro il più fortunato, come il padre temeva, ma gli si allontana, ferito dalla sorte. Torna in Italia, c’è la guerra e nel corso di un combattimento – davanti a una cattedrale – ritrova il fratello, anche lui adesso ritornato e sotto le armi ma con l’uniforme americana. Vengono tutti e due colpiti a morte. La parità si ricompone e possono riunirsi. In più, uno dei due ha con sé la macchina da presa che serviva a filmare la guerra, così si filmano a turno: per trasmettere le loro immagini ai figli. Vincendo la morte. Grazie al cinema.
Il cinema, perciò, come le cattedrali. Frutto di una collaborazione fraterna, e con la possibilità di prolungare la vita come i monumenti di pietra prolungano se stessi nel tempo, dispensando a loro volta la vita, con la lezione dell’ante. Un confronto che i Taviani però ci suggeriscono arrivandovi solo dall’interno di un’opera in cui il simbolo si accompagna, senza mai una frattura, con la più tranquilla evidenza delle cose, in cui il viaggio nel cinema sembra corrispondere sempre ad una favola che si raccontano fra loro i due fratelli compiendolo e in cui il viaggio iniziatico dei due fratelli nella vita, idealmente e strettamente saldato con il resto, si fa ad ogni momento il fulcro dell’azione, ora tutto proiettato verso il passato – la memoria del padre, dell’infanzia – ora alle prese con eventi quotidiani segnati, più che dalla cronaca, dai misteri della sorte, con interrogativi e in aure quasi esistenziali.

Conquistando, affascinando, facendo perfino versare lacrime, con una poetica intensità di effetti e di immagini in cui tutto, anche il dato più concreto e più semplice, è sublimato e esaltato. L’occhio dei due fratelli sull’America, intanto: prima incantato, un grattacielo illuminato che con la mente li fa tornare all’albero di Natale della loro infanzia, poi disperato, le prime durissime prove per farsi strada (custodi di porci in un deserto di sassi dominato dagli avvoltoi),quindi giovanile e quasi festoso in quella città del cinema in miniatura che è la Hollywood del muto, vista come un giocattolo; per incupirsi e offuscarsi dopo quando la sfortuna colpisce uno dei due, in ospedali che sanno di brutto sogno, di incubo.
Non solo l’America, però, ma l’infanzia del cinema, e il ritratto un po’ magico di Griffith, e l’incontro fra lui e il padre, venuto apposta dall’Italia per il matrimonio dei figli. Anche qui il film risplende ed abbacina e trova modo, per la nostra gioia, di regalarci pagine stupende – La Vergine degli Angeli dalla Forza del destino cantato in coro in pieno deserto nel momento in cui le difficoltà dei due fratelli sono da ultima spiaggia, la costruzione clandestina in un bosco dell’elefante da proporre a Griffith per Intolerance, metà lirismo metà angoscia, la suggestiva ambivalenza tra luce reale e luce visionaria con l’occasione di una ripresa in studio con le tecniche di allora, la morte insieme su un prato, la guerra attorno, la cattedrale di fronte, con la possibilità, con il cinema, di arrestare il tempo, di fermare la vita – ci sono penò anche dei valori che vanno oltre tutto questo, più in profondo, nel cuore stesso di un linguaggio: in quella costruzione narrativa che, mentre lo disegna, esce tutta dall’animo dei due protagonisti; in quel ritmo che, salvo volutamente ad impennarsi al momento del dramma che colpisce uno dei due, fluisce limpido come il pensiero, in equilibrio tra passato e presente, disteso ma anche rapido, sciolto; in quelle immagini in cui la realtà si professa reale, ma vibra sempre di echi altri, dalla favola al sogno; in quegli sfondi sonori e musicali che, come sempre nel cinema dei Taviani, si aggiungono al racconto, lo integrano, a volte addirittura vi suppliscono misurati ed asciutti anche quando, con un ricorrente “tema del padre”, ci guidano verso l’emozione.
Un’opera maggiore, perciò, di cui è parte integrante e conseguente una interpretazione sempre sapientemente tenuta – più si elevano i toni – nei limiti dimessi della quotidianità. Quella dei due fratelli, Vincent Spano e Joaquim de Almeida, delle loro donne, Greta Scacchi Désirée Becker, e di Omero Antonutti nelle vesti del padre. Quella di Charles Dance, invece, chiamato a ridirci di Griffith, è tenuta tutta, intenzionalmente, su note più alte. Per arrivare, suo tramite, anche ad un omaggio al cinema un po’ fatato e dichiarato e scoperto. Come del resto è già tutto il film. Cui da oggi il cinema dovrà molto. Anche più di quello che già doveva ai Taviani dopo La notte di San Lorenzo.
Gian Luigi Rondi
Da Il Tempo, 18 settembre 1987


7 comentarios:

  1. Muy buen blog. Gracias. Saludos.

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  2. Complimenti per il tuo lavoro da un amico italiano!
    Riccardo

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  3. Amarcord, tu blog es un vicio!!!
    lástima que algunos links aislados están caidos,
    por las dudas te aviso.
    1,000 gracias y un abrazo!
    Juancho Orensanz

    Link 5
    Good Morning Babilonia - Paolo e VittorioTaviani (1987)

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  4. Juancho
    Gracias por estar atento e informarme pero, acabo de revisarlos y están todos en línea.
    Pasa con Mediafire que por momentos algunos enlaces están fuera de línea. Hay que intentar descargarlos en otro momento y están nuevamente disponibles.
    El motivo: ¿?
    Un abrazo

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  5. Hola Amarcord: ningún enlace funciona (invalid or deleted file). Saludos

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  6. Lamentablemente todos los links estan muertos. Sera posible re-subirla? Agradecido.

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