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jueves, 9 de mayo de 2013

La vita di Leonardo Da Vinci - Renato Castellani (1971)


TITULO ORIGINAL La vita di Leonardo Da Vinci
AÑO 1971
FORMATO serie TV
CAPITULOS 5
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 320 min.
DIRECCION Renato Castellani
ARGUMENTO Renato Castellani
GUION Renato Castellani
NARRADOR  Giulio Bosetti
INTERPRETES Y PERSONAJES
Philippe Leroy: Leonardo da Vinci
Marta Fischer: Isabella d'Aragona
Renzo Rossi: Sandro Botticelli
Giampiero Albertini: Ludovico il Moro
Ann Odessa: Catherine
Glauco Onorato: Ser Piero da Vinci
Filippo Scelzo: Nonno Antonio
Carlos de Carvalho: Zio Francesco
Mario Molli: Andrea Verrocchio
Riad Gholmie: Francesco I di Francia
Renzo Rossi: Sandro Botticelli
Bruno Cirino: Michelangelo
James Werner: Lorenzo di Credi
Maria Marchi: Mathurine
Alberto Fiorini: Leonardo a 13 anni
Sara Franchetti: Cecilia Gallerani
Marco Mazzoni: Leonardo a 5 anni
Ottavia Piccolo: Beatrice d'Este
Wanda Vismara: Margherita
Christian de Tillière: Luigi XII
Renato Cestiè: Leonardo a 6 anni
Bianca Toccafondi: Isabella d'Este
Marco Bonetti: Marco D'Oggiono

FOTOGRAFIA Toni Secchi
MONTAJE Jolanda Benvenuti
MUSICA Roman Vlad
PREMIOS
1973.Nomination al Premio Emmy: Eccezionale Performance Continuativa di un Attore in un ruolo principale di un film drammatico/commedia a episodi (Philippe Leroy)
1973.Nomination al Premio Emmy: Film drammatico/commedia a episodi (Renato Castellani)
1973.Premio Golden Globe: Miglior Speciale TV (Renato Castellani)
GENERO Biografía

SINOPSIS La vita di Leonardo da Vinci è uno sceneggiato televisivo RAI a sfondo biografico del 1971, scritto e diretto da Renato Castellani. Si basa sulla vita di Leonardo da Vinci ed è andato in in onda in cinque puntate dal 24 ottobre al 21 novembre su Rai 1 (allora Programma Nazionale). Tutte le principali tappe della vita del genio rinascimentale vengono sviluppate nelle cinque ore complessive della fiction. (Wikipedia)

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Commento:
Grande Leroy nella parte di Leonardo e un'ottima fotografia. La puntata che più mi è piaciuta è stata la quarta, quando il Maestro studia il volo e la famosa rivalità con Michelangelo, a Firenze; proprio questa rivalità spinse Leonardo a provare qualcosa di nuovo, dipingendo a olio su una parete e riscaldando il dipinto con bracieri e falò ardenti, sollevati da argani. Purtroppo per lui, i bracieri utilizzati non bastarono ed il dipinto colò irrimediabilmente: questa scena è ben rappresentata, con un sapiente gioco di luci e rende pienamente tutto il dramma artistico. E', comunque, tutto lo sceneggiato ad essere ben articolato, suscitando l'interesse dello spettatore grazie anche alle informazioni di Giulio Bosetti, il narratore, che le descrive con chiare parole: si capisce sin da subito che si vuole cercare di capire chi fosse Leonardo e non un semplice limitarsi alla rappresentazione del suo genio.
Come ho citato più volte in altri topics, da ragazzo non sopportavo Bosetti: in effetti non si limita a narrare, ma è dentro lo sceneggiato ed è vestito con abiti moderni; rivedendolo, a distanza di tanti anni, non mi ha affatto disturbato, anche se in qualche frangente ha interagito con qualche personaggio e la cosa mi ha fatto arricciare il naso. Ecco le "malefatte" 

Seconda puntata:
Si rivolge ad un servitore di corte, poichè doveva entrare nella stanza dove Leonardo dipingeva, così dicendo:
-"Un momento, prego. Vai...vai pure"
ed il servitore lo lascia passare e se ne va.
Si rivolge a due scudieri, che sono di spalle, nella stessa stanza, che ridono per una battuta.
-"Signori...vi prego!"
Questi si voltano, lo guardano e si rigirano ricomponendosi.
Due poeti commentano lo splendido cavallo costruito da Leonardo e lui li interrompe:
-"Grazie.... Grazie...grazie, grazie..." (salutandoli con la mano)

Terza puntata:
Dei bambini novizi si nascondono nel refettorio di una chiesa dove Leonardo sta dipingendo l'ultima cena. Entra Bosetti e dice loro:
-"La porta! Vi siete dimenticati la porta!"
Quando Leonardo se ne va, si rivolge ai bambini:


"...mai più un altro eguale..."

E’ uno sceneggiato televisivo di trenta anni fa, quando si chiamavano, appunto, sceneggiati, che è un bel nome significativo, e non fiction, che invece è un bel nome orrendo e non significa nulla.
Vita di Leonardo da Vinci, 1971, di Renato Castellani, con Philippe Leroy nella parte del genio di Vinci.
Ne scrivo oggi perché, memore della meraviglia a puntate vissuta da bambino, ho cercato e finalmente trovato una magnifica versione in DVD, restaurata e di qualità eccellente.
L’ho rivisto ancora convinto di ricordarlo come un capolavoro, essenzialmente perché mi aveva molto colpito da bambino.
Errore. Era esattamente il contrario: mi aveva molto colpito da bambino perché è un capolavoro. Inevitabile la prima, desolante constatazione: fra questo e la migliore “fiction” attuale c’è un abisso. Un abisso di attenzione, di accuratezza, di rigore storico, di originalità, di trovate narrative. La celeberrima invenzione del narratore (Giulio Bosetti), che in giacca e cravatta entra in scena e commenta, legge le testimonianze storiche, attenua o esalta, interagisce con gli oggetti e perfino con alcune comparse, è davvero un colpo di genio degno del personaggio che racconta, e permette alla sceneggiatura di essere sempre rigorosa senza cedere mai alla noia storiografica, di essere spettacolare senza mai tradire la verità storica.
Così, ad esempio, la morte di Leonardo fra le braccia di Francesco I, il re dei pittori che muore fra le braccia di un Re, viene rappresentata in tutta la sua spettacolarità drammatica addirittura riproducendo la composizione del famoso quadro di Ingres, per poi, solo dopo averci fatto emozionare come si conviene, rettificare con la dovuta correttezza che si tratta di un episodio leggendario e non autentico. Allo stesso modo per la “festa del paradiso” allestita per Lodovico il Moro ci viene offerta tutta la ricostruzione spettacolare della rappresentazione, e solo al termine il narratore con una educazione quasi commovente ci dice “nulla purtroppo ci è rimasto dei disegni e dei progetti di Leonardo per queste macchine sceniche, e questa ricostruzione si basa sulle meravigliate testimonianze dell’epoca. Dell’inevitabile arbitrio della nostra ricostruzione vi chiediamo perdono”.
Lo sceneggiato riesce così, con una infinità di trovate narrative, a raccontarci cose altrimenti irraccontabili dando loro un senso, spiegandocene le ragioni umane e storiche e al tempo stesso caricandole di emozione. Il lavoro immenso e intimissimo del Cenacolo, il significato profondo e personale della sperimentazione e dell’incompiutezza della maggior parte dei suoi lavori, la commozione di Raffaello alla vista della Gioconda, l’immane disastro dell’affresco per la Battaglia di Anghiari, l’entusiasmo provocato in lui dalle incredibili intuizioni e la malinconia provocata dal vedere frustrate le sue ambizioni per motivi banalmente pratici, guerre, burocrazia, mancanza di una tecnologia adeguata alla sua mente.
In questa partecipata e al tempo stesso rigorosa ricostruzione di un personaggio grandissimo ma anche difficile e controverso, una citazione obbligatoria va alla straordinaria interpretazione di Philippe Leroy, Leonardo perfetto e insostituibile. Impossibile da allora immaginare qualcun altro in quei panni.
E ci sono anche altre notevoli interpretazioni, soprattutto uno scoppiettante Giampiero Albertini nella parte di Lodovico il Moro, tanto rozzo e istintivo quanto inevitabilmente affascinato dalla grandezza delle arti del maestro.
Sceneggiatura di valore e quasi impeccabile, e in alcuni momenti anche di notevole sottigliezza, tanto che anche la sospettata ma mai definitivamente accertata omosessualità del genio è trattata in modo che non sia mai esplicitata direttamente, com’era ovvio visti i tempi e la destinazione televisiva, ma facendo comunque in modo che i fatti, i rapporti e le situazioni la suggeriscano, tanto da instillare un autonomo dubbio anche in chi non ne avesse mai sentito parlare.
E collaborazioni sempre del massimo livello allora disponibile. Tanto per dirne qualcuna, dai miei studi artistici del liceo ho riconosciuto parola per parola un commento al cenacolo tratto dal libro di testo di Giulio Carlo Argan, e poi Roman Vlad che compose la colonna sonora in stile rinascimentale musicando le parole dello stesso Leonardo, riascoltabili anche sui titoli di coda cantate da Ornella Vanoni (“Movesi l’amante per la cosa amata, se la cosa amata è vile l’amante si fa vile. Quando l’amante è giunto all’amata, là si riposa”)
E ancora, meraviglie di costumi, scenografie e ricostruzioni, perché sarà pure uno sceneggiato, perfino pedagogico, ma di kolossal si tratta. Ambienti, strade, mobili e vestiti del ‘400 e del ‘500. Macchine interamente ricostruite da artigiani del legno, e interi affreschi ricreati da veri artigiani del pennello. All’epoca, evidentemente, si potevano spendere, e si spendevano, anche tanti soldi anche per uno sceneggiato “culturale”, e ho idea che il termine non suonasse come una parolaccia.
Insomma è così che, arrivati in fondo alla visione (che personalmente consiglio a puntate, perché pensata a puntate e perché così fu trasmessa, con la possibilità, in dvd, di dividerci le puntate secondo il nostro gusto), dopo quasi cinque ore di pensieri, di storia, di immagini sublimi, di tormenti, di ricerche, di intuizioni, di vittorie e sconfitte, di continui viaggi in luoghi geografici e mentali, si può arrivare alla lettura dell’annuncio della morte dato dal suo allievo Francesco Melzi, sentendolo finalmente risuonare con tutta la sua giusta retorica come un qualcosa non di forzato né di adulatorio, ma come una semplice e quasi banale verità: “…un omo sì grande che non v’è concesso a la Natura crearne mai più un altro eguale…” .
Alessandro Borgogno - 2/12/2005
http://www.parolae.it/film/051202_Borgogno_VitaDiLeonardo.htm


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