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domingo, 21 de marzo de 2021

Hitler contro Picasso e gli altri - Claudio Poli (2018)

 

TÍTULO ORIGINAL
Hitler contro Picasso e gli altri
AÑO
2018
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
No
DURACIÓN
94 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Claudio Poli
GUIÓN
Sabina Fedeli, Arianna Marelli (Historia: Didi Gnocchi)
MÚSICA
Remo Anzovino
FOTOGRAFÍA
Marco Alfieri, Mateusz Stolecki
REPARTO
Documental, (intervenciones de: Toni Servillo)
PRODUCTORA
Co-production Italia-Francia-Alemania; Nexo Digital, 3D Produzioni
GÉNERO
Documental | Pintura. Nazismo

Sinopsis
En 1937 los nazis empezaron su ataque contra el arte: una cruzada que resultó en más de 600.000 pinturas saqueadas, 100.000 obras perdidas y una búsqueda de muchas más que continúa 70 años después. El trabajo de maestros como Picasso, Matisse, Botticelli, Chagall, Monet y otros fue tildado de ‘degenerado’, y debía ser expropiado y escondido. El actor Toni Servillo presenta cuatro exposiciones que revelan la oscura obsesión de Hitler por el arte y su robo sistemático de los tesoros más grandes de la cultura europea.
 
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“Com’è possibile essere indifferenti agli altri uomini?  La pittura non è fatta per decorare appartamenti. È uno strumento di guerra offensivo e difensivo contro il nemico”  
Pablo Picasso
 

E’ stato il medico ebreo Max Nordau a parlare per la prima volta di “arte degenerata”; era il 1892 e Nordau aveva indagato i comportamenti della decadenza delle classi dirigenti. Sosteneva che gli artisti della sua epoca erano stati sedotti da nevrosi e dalla pazzia dei tempi e le loro opere erano espressioni di quel contagio, che portava a un’arte degenerata.
Il regime nazista di Hitler riparte da questo termine, che qui diventa un paradosso: siccome i mercanti ebrei erano sostenitori delle nuove correnti artistiche, il collegamento diventa evidente.
Il volto serio e tragico e la voce ferma di Toni Servillo raccontano e leggono non sono questo episodio, ma tanti altri in un complesso e preciso documentario, distribuito da Nexo Digital: Hitler contro Picasso e gli altri.
Tra i protagonisti del film anche Simon Goodman (che in scatoloni pieni di vecchie carte e documenti ha scoperto la storia della sua famiglia e della sua magnifica collezione d’arte, che comprendeva opere di Degas, Renoir, Botticelli, nonché il cinquecentesco “Orologio di Orfeo”. Larga parte della collezione era finita nelle mani di Hitler e Goering), Edgar Feuchtwanger (che nel 1929 fu il vicino di casa di Adolph Hitler, qualche anno prima che suo padre fosse deportato a Dachau, mentre dalla loro casa venivano sottratti mobili e libri preziosi) e Tom Selldorff (che è riuscito a recuperare quattordici opere appartenute alla sua famiglia cui furono sottratte negli anni ’30).
Il racconto di Servillo si intreccia a interviste di storici, protagonisti, avvocati, esperti d’arte, ebrei sopravvissuti e loro parenti e a immagini di repertorio. Diretto da Claudio Poli su soggetto di Didi Gnocchi e sceneggiatura di Sabina Fedeli e Arianna Marelli, con musiche di Remo Anzovino, è un documentario prezioso, interessante che tutti dovrebbero vedere.
Chagall, Monet, Picasso, Matisse, Klee, Kokoschka, Otto Dix, El Lissitzky. Artisti messi al bando, disprezzati, condannati eppure anche trafugati, sottratti, scomparsi. Sono trascorsi 80 anni da quando il regime nazista bandì la cosiddetta “arte degenerata”, organizzando, nel 1937 a Monaco, un’esposizione pubblica per condannarla e deriderla e, contemporaneamente, una mostra per esaltare la “pura arte ariana”, con “La Grande Esposizione di Arte Germanica”. Proprio in quegli stessi giorni cominciò la razzia, nei musei dei territori occupati e nelle case di collezionisti e ebrei, di capolavori destinati a occupare gli spazi di quello che Hitler immaginava come il Louvre di Linz (rimasto poi solo sulla carta) e di Carinhall, la residenza privata di Goering, l’altro grande protagonista del saccheggio dell’Europa.
L’arte degli -ismi, minaccia estetica del Reich contro l’arte classica.
Nell’agosto del ’45 da un interrogatorio alla segretaria di Goering emerge che che l’uomo selezionava le opere d’arte per sé e per Hitler: tra i suoi compiti c’era quello di compilare elenchi di dipinti, mobili, arazzi sottratti agli ebrei. Gli oggetti venivano poi conservati in rifugi antiaerei. Fino al ’44 quando tutto fu consegnato al mercante d’arte di Goering, W. Hofer che teneva per sé quello che non interessava al luogotenente di Hitler.
Si calcolano: 1376 dipinti; 250 sculture; 168 arazzi provenienti dalle razzie. Seicentomila capolavori sottratti. Il regime depredò la cultura di un popolo. Centomila da ritrovare. Alcuni musei, come in Olanda, ancora non hanno restituito le opere d’arte ai proprietari perché dichiarati tesoro nazionale. Alcuni ebrei cedettero quadri e altri oggetti inestimabili in cambio di un visto per l’espatrio; alcuni lo ottennero, altri finirono comunque nei campi di concentramento. Hofer collaborò poi con gli Amerincani aiutandoli a collegare il tesoro di Goering.
Hitler, rifiutato due volte dall’Accademia di Belle Arti di Vienna, voleva fondare il museo dei musei. ERR era l’unita speciale nazista, guidata da Rosengerb per il saccheggio dei territori occupati.
Ilaria Falcone
https://www.nonsolocinema.com/hitler-picasso-gli-altri-claudio-poli.html

Quella che racconta della spoliazione, da parte di Hitler, della grande bellezza dell’Europa, è una storia di capolavori e di falsari, di collezionisti e mercanti d’arte, di opere nascoste nelle miniere di sale di Altaussee o in quelle di potassio di Merkers, ma anche nei salotti buoni di Berlino, frutto del diabolico tentativo escogitato dal regime, di accaparrarsi l’espressione artistica di una cultura, oltre che la vita di milioni di uomini.

“Un artista è un politico, attento agli eventi strazianti, ardenti o dolci del mondo. Com’è possibile essere indifferenti agli altri uomini? La pittura non è fatta per decorare appartamenti. È uno strumento di guerra offensiva e difensiva contro il nemico”. Tuona come un monito, ma anche come una verità amara, la riflessione di Picasso, che Claudio Poli, giovanissimo regista di  “Hitler contro Picasso e gli altri. L’ossessione dei nazisti per l’arte” affida, al termine del ducumentario, a Toni Servillo, la suprema voce narrante dell’ultimo lavoro prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital, distribuito nelle sale il 13 e il 14 marzo.
Può suonare come assurdo, ma nell'Europa divorata dal nazismo, la vendita di intere collezioni da parte di molte famiglie ebree, per un visto d'espatrio che allora significava la vita, rappresentò un autentico strumento di salvezza.
Perché l’arte, anche quella che Hitler ripudiava - considerata simbolo di deviazione e caos, in contrapposizione a quella ariana “del sublime e del bello, veicolo del naturale e del sano” - svolse da sempre un ruolo centrale nella politica di propaganda del Führer.

E questo docufilm - che si avvale della sceneggiatura di Sabina Fedeli, Didi Gnocchi e Arianna Marelli - lo testimonia, conducendo lo spettatore in un viaggio storico, ma affatto monotono, tra gli intrecci oscuri, subdoli, diabolici tra regime e arte.
Ed è come assistere a un coro polifonico di voci, racconti, documenti e testimonianze, magistralmente diretto da Remo Anzovino, autore della colonna sonora del film, il cui intento - «comporre una musica in grado di sposarsi con la sceneggiatura e con il linguaggio delle immagini, ma anche dotata di una personalità forte e autonoma, di una propria vita oltre lo schermo», risulta pienamente raggiunto.
Le note, capaci di trasmettere atmosfere ed emozioni diverse - dal senso di annichilimento alla speranza, alla forza di lottare - accompagnano infatti lo spettatore lungo la narrazione, invitandolo ora ad un ascolto pacato, ora a trattenere il fiato, in attesa di un colpo di scena narrativo.
Ma c’è una data dalla quale l’intero documentario si dipana, ed è il 1937, quando, a Monaco, il nazismo mette al bando la cosiddetta “arte degenerata”, organizzando nel parco Hofgarten un’esposizione pubblica per condannarla e deriderla, ma anche per alimentare le casse dello stato mettendo all’asta, con la compiacenza di collezionisti e mercanti, centinaia di capolavori. In prima fila c’erano Chagall, Kandinsky, Picasso, Monet, Matisse, apostrofati come “incompetenti e ciarlatani”. Contemporaneamente aveva luogo La Grande Esposizione di Arte Germanica, finalizzata a promuovere ed esaltare la “pura arte ariana”, simbolica espressione della grande ossessione per l'arte classica, e della quale il Führer si occupò personalmente.
A ripercorrere questa vicenda, ovvero “la storia di come Hitler depredò la grande bellezza dell’Europa e di come rapì non solo vite umane, ma l’espressione artistica di una cultura”, non poteva mancare Charlie Chaplin con il suo dileggio al regime e con la celebre scena de "Il grande dittatore", nella quale Hitler “gioca” con il mondo, con atteggiamento sprezzante.
A provocare l’evidente frattura tra espressionismo, impressionismo, cubismo - l’arte degli “ismi” come la liquidò con disprezzo il Führer, espressione di “deviazione e caos” - e l’arte classica, “rassicurante”, con le “belle opere immortali”, fu l’ossessione, a tratti paradossale, del regime per l’arte, ma anche la volontà di cancellare l’intera cultura del popolo ebraico, mista all’irrefrenabile desiderio di propaganda.
Il racconto chiaro, pacato, affidato a Servillo - lo spettatore ha come l’impressione di trovarsi seduto alla scrivania dell’attore durante una chiacchierata intima - si accompagna alla testimonianza di specialisti, galleristi, storici dell’arte, giornalisti, e ancora a fotografie, immagini di repertorio, filmati - come quelli che ritraggono il Fürher e la sua compagna Eva Braun - fondamentali per proiettarci tra gli eventi incalzanti, che montano silenziosi, fino al loro epilogo drammatico.
E poi ci sono le ambientazioni, come le cime austriache della Stiria, dove, tra le cavità della miniera di sale di Altaussee, nel maggio del 1945 gli americani scoprirono una parte del tesoro di Hitler, 6500 tra quadri - dalla Madonna con Bambino di Michelangelo all’imponente polittico dell'Agnello mistico, dipinto dai fratelli Van Eyck o all'Astronomo di Jan Vermeer, razziato ai Rothschild - oltre a statue, mobili, armi, monete, libri antichi. O come Carinhall, la residenza a 60 chilometri da Berlino, che ospitava la galleria delle meraviglie di Hermann Goering, dove il numero due del regime intratteneva la società aristocratica tedesca e internazionale.
Non manca la miniera di potassio di Merkers, a nord di Francoforte, dove i soldati americani trovarono il deposito d’oro e di valuta della Reichsbank’s, per un valore di oltre 520 milioni di dollari, oltre a 400 dipinti evacuati da alcuni musei berlinesi.
In questo avvincente percorso sui binari dell’arte e della politica, lo spettatore viene accolto, ora nelle ambientazioni storiche dominate da bombe e parate, ora nei salotti degli eredi di alcuni dei protagonisti di questa triste vicenda che vede “molti proprietari lottare tuttora per tornare in possesso di quello che una volta era loro”.
Come Charlene von Saher, nipote di Jacques Goudstikker, uno stimato mercante d'arte ebreo di Amsterdam. Quando i nazisti invasero l'Olanda, il 10 maggio del 1940, Goering e il suo mercante Hofer si erano già assicurati 1240 delle sue opere.
Tra i protagonisti viventi di questa triste vicenda c’è anche Simon Goodman che, rovistando in scatoloni pieni di vecchie carte e documenti, ha rinvenuto la storia della sua famiglia e della sua magnifica collezione d’arte - con opere di Degas, Renoir, Botticelli, nonché il cinquecentesco Orologio di Orfeo - finita nelle mani di Hitler e Goering, dopo aver attirato le invidie del Kaiser.
Nel docufilm, la storia del professore di storia, Edgar Fauchwanger, vicino di casa di Hitler a Monaco, nel 1929, si intreccia inoltre a quella di Paul Rosenberg, uno dei più grandi collezionisti e mercanti d’arte di inizio Novecento, parte del cui patrimonio recuperato è al centro della mostra a Parigi.
In questa carrellata attenta, rigorosa, ma mai stucchevole o ridondante, non mancano i capolavori - ciascuno dei quali con una propria storia - che appaiono nel docufilm e accompagnano il racconto, simili a pennellate intense sull’oscura tela dell’Olocausto.
Ed eccola la Danae di Tiziano, La parabola dei ciechi di Bruegel il Vecchio, La flagellazione di Cristo di Caravaggio, la Madonna di Raffaello e Antea del Parmigianino, provenienti dalla collezione di Goering e oggi conservate al Museo di Capodimonte.
Quello diretto da Claudio Poli è anche un viaggio nel presente, tra Parigi, New York - la metropoli che accolse molti dei collezionisti ebrei in fuga dal regime - l’Olanda - uno dei paesi più colpiti dal saccheggio di opere d'arte da parte dei nazisti - e la Germania, attraversato da storie - alcune rimaste silenziose per decenni - che intersecano l’hic et nunc grazie alle quattro grandi esposizioni che in questi ultimi mesi hanno fatto il punto sull’arte trafugata.
Dopo quasi 80 anni alcune delle seicentomila opere d'arte sottratte a privati, musei, chiese e gallerie sono, infatti, al centro di quattro mostre: a Parigi, a Berna, Bonn e Deventer.
Il film è soprattutto un’occasione per entrare in contatto con quadri, sculture, tele, disegni, opere delle quali si erano perse le tracce, come alcuni capolavori di Rodin, Matisse, Monet, Renoir, Kandinsky, Klee, ricomparsi nell'appartamento di Monaco di un anziano signore, Cornelius Gurlitt - figlio di Hildebrand Gurlitt, fidato mercante d'arte del Führer, fermato per caso dalla polizia doganale sul treno Zurigo - Monaco, nel 2010 e rimasto a lungo nell’ombra - adesso al centro della doppia esposizione a Berna e a Bonn.
Distribuito nell’ambito del progetto della Grande Arte al Cinema con i media partner Radio DEEJAY, Sky Arte HD, MYmovies.it e ARTE.it, il documentario si pone come monito e racconto, memoria e, allo stesso tempo, inno alla bellezza che non muore, ma tace silenziosa, quasi sopita dinnanzi al potere distruttivo dell’odio.
Perchè l’arte, come recita in chiusura il film, “spesso è una chiave, un cavallo di Troia, un pennello che aiuta a disegnare e cancellare dittature. Può essere un mezzo e un destino, può salvare e condannare, strumento eversivo e macchina di consenso, espressione di libertà e volto dei totalitarismi”.
SAMANTHA DE MARTIN
http://www.arte.it/notizie/mondo/hitler-contro-picasso-e-gli-altri-la-nostra-recensione-14221 

Alcuni storici la chiamano la “Shoah dell’Arte”: i nazisti infatti misero le mani su svariati capolavori del ‘900 per distruggere e cancellare ogni traccia delle opere cosiddette “degenerate” e, nel contempo, esaltare (e depredare) l’arte classica, vista come più pulita e rassicurante.
Hitler contro Picasso e gli altri conduce lo spettatore in un viaggio che illustra i perversi intrecci tra regime nazista e arte, tra meraviglie assolute e bassezze umane, raccontate dalla voce narrante Toni Servillo.
Negli Anni ’30, per andare incontro alla grande passione del Führer verso le tele d’autore ed il suo irrefrenabile desiderio di propaganda, l’Europa viene fatta oggetto di un sistematico saccheggio di opere d’arte antica e moderna (oltre 16mila in Germania e più di 5 milioni in tutta Europa). E il docufilm compie un viaggio tra Parigi, New York, Olanda, Germania e offre le testimonianze dei protagonisti di quell’epoca: intellettuali e storici dell’arte che conobbero da vicino Hitler.
E, nel ’37, a Monaco, con l’intento di esaltare la “pura arte ariana” viene organizzata “La Grande Esposizione di Arte Germanica”, cui fa da contraltare una manifestazione pubblica e itinerante, vietata ai minori di 18 anni, per condannare e deridere l’Entartete Kunst.
Movimenti come Dadaismo, Cubismo, Espressionismo, Fauvismo, Impressionismo, Nuova Oggettività e Surrealismo vengono messi al bando. Molti Chagall, Otto Dix, Max Ernst, Wassily Kandinsky, Paul Klee, Piet Mondrian, Vincent van Gogh, Pablo Picasso, Henry Matisse ed Eduard Monet, solo per citare i più noti, vengono messi al rogo sulla pubblica piazza.
In contemporanea, nei musei dei territori occupati e nelle case di collezionisti ed ebrei, inizia la razzia di opere d’arte destinate al fantomatico Louvre di Linz e alla residenza privata di Goering.
Ma «Hitler contro Picasso e gli altri», non parla solo di arte messa all’indice o trafugata. «Hitler contro Picasso e gli altri» mette a fuoco il senso politico della dichiarazione di guerra del Führer verso all'arte degenerata. Un tema che - drammaticamente - ricorda anche la cronaca più recente. Ad iniziare dalla distruzione dei Buddha di Bamyan, in Afghanistan, per proseguire con quella della Moschea di Sidi Yahya, a Timbuctù; della Moschea d’Oro, in Iraq; delle tombe e dei santuari sufi, in Somalia; della Moschea di Sidi Yahya, in Mali; dei siti archeologici di Hatra e di Nimrud, in Iran. E, nella sola Siria, della Tomba del Profeta Giona e di statue e bassorilievi mesopotamici nel Museo di Mosul; della Chiesa memoriale del genocidio armeno; del mosaico bizantino a Raqqa; dei resti della città assira di Nimrod, del Tempio di Palmira. Uno scempio conclusosi con la decapitazione di Khaled al-Asaad.
Lorenzo Di Palma
https://www.sorrisi.com/tv/news-e-anticipazioni/su-focus-hitler-contro-picasso-e-gli-altri/
 

2 comentarios:

  1. Qué descubrimiento, amigo. Mil gracias por tu trabajo. Y ya llegaran los subtítulos... esperemos
    Abrazos!

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  2. He descubierto este documental gracias a este blog y me he quedado de piedra. Me ha parecido magnífico, de visión obligatoria a todos los que amamos el arte, y estoy muy agradecido a quien se encarga de seleccionar el material en este blog por la sensibilidad, el buen gusto y las ganas de compartir obras como ésta que de otra manera seguirían desconocidas. Consultar esta dirección es llevarse una alegria casi diaria. Mille grazie

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