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martes, 1 de mayo de 2012

La presa di Roma - Filoteo Alberini (1905)


TITULO ORIGINAL La presa di Roma (Bandiera Bianca - La breccia di Porta Pia)
AÑO 1905
IDIOMA Silente
SUBTITULOS Español (Separados)
DURACION 6 min.
DIRECCION Filoteo Alberini
PRODUCCION Alberini & Santoni
ESCENOGRAFIA Augusto Cicognani
GENERO Histórico
REPARTO Ubaldo Maria Del Colle, Carlo Rosaspina


Filoteo Alberini (Orte, 14 marzo 1865 – Roma, 12 aprile 1937) è stato un regista italiano, uno dei pionieri del cinematografo.
Inizia a lavorare nel suo paese natale come artigiano "factotum", e dopo il servizio di leva presso il Genio Militare viene assunto all'Istituto Geografico Militare di Firenze.
Nel 1894, traendo spunto da un'invenzione di Thomas Edison, il kinetoscopio (una macchina dotata di manovella che azionata permetteva di vedere tramite una lente i movimenti di alcuni fotogrammi posti su una pellicola interna), inventa e brevetta il kinetografo, un apparecchio per la ripresa e la proiezione; tale invenzione avviene un anno prima di quella dei fratelli Lumière, ma, a causa di un intoppo burocratico, il Ministero dell'Industria e Commercio rilascerà il brevetto (n° 245032) un anno dopo la richiesta di Alberini, precisamente nel dicembre 1895, nello stesso mese e anno in cui i Lumière proiettarono per la prima volta L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat.
Affascinato da tale nuova invenzione e forma d'arte, Alberini fonda nel 1905 con l'amico Dante Santoni lo "Stabilimento italiano di manifattura cinematografica Alberini e Santoni", che nel 1906 cambierà nome in "Cines", con sede a Roma, nel quartiere San Giovanni.
Nel 1904 fonda sempre a Roma a piazza Esedra il cinema "Moderno", prima sala di proiezione della capitale.
Nel 1905 gira La presa di Roma, primo lungometraggio italiano a soggetto. Tale pellicola era lunga 250 metri (generalmente all'epoca la lunghezza media era di 60 metri) e costò 500 lire.
http://www.242movietv.com/video/la-presa-di-roma-di-filoteo-albertini
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La presa di Roma, anche conosciuto come Bandiera bianca e La Breccia di Porta Pia, è un cortometraggio di Filoteo Alberini, prima pellicola proiettata pubblicamente in Italia, il 20 settembre 1905, nell'anniversario della presa di Roma.
Lungo 250 metri (una decina di minuti), contro i 40/60 tradizionali, costò ben 500 lire, oggi se ne conservano solamente 75 metri di pellicola, ovvero quattro minuti di proiezione. Per la presentazione ufficiale, Filoteo Alberini ottiene l'autorizzazione a effettuare la proiezione all'aperto su un grosso schermo piazzato proprio dinanzi a Porta Pia. Vi assistono migliaia di persone richiamate da una breve, ma intensa campagna pubblicitaria effettuata mediante la diffusione di volantini.
Come indicato nel bollettino della Alberini & Santoni, La presa di Roma è una "grande ricostruzione storica in sette quadri", di cui l'ultimo a colori, dell'assalto di Porta Pia condotto dai bersaglieri italiani dopo i vani tentativi di mediazione con le truppe pontificie. Alberini sviluppa l'idea di fondo dividendola in una serie di quadri, ognuno costituente una unità narrativa autonoma, che in virtù del montaggio ricostruiscono fatti e personaggi della storia italiana recente.
A tal fine, egli coinvolge Augusto Cicognani nella realizzazione delle scenografie di cartapesta utilizzate per i tre quadri ripresi in teatro di posa che si alternano a quelli girati in esterni dal vero che conferiscono un'inedita autenticità alle scene di massa. In definitiva La presa di Roma unisce il realismo della ricostruzione storica alla spettacolarità delle scene aprendo la strada, dal punto di vista sia formale che tematico, ai kolossal degli anni successivi in cui eccelle l'industria cinematografica italiana.
Nel 2005 per i cent'anni della pellicola, il film è stato ricostruito e restaurato dal Centro Sperimentale di Cinematografia della Cineteca Nazionale grazie ai duplicati negativi degli anni '30 dell'Istituto Luce comparati con le copie dei fotogrammi della Cineteca Nazionale di Roma, della Cineteca Italiana di Milano, del MOMA di New York e del National Film and Television Archive di Londra. L'ultimo fotogramma è stato fornito da Aldo Bernardini, storico collaboratore di Vittorio Martinelli sulla storia del cinema muto.
http://it.wikipedia.org/wiki/La_presa_di_Roma
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Non è il primo film a soggetto, né il primo girato in un teatro di posa, nemmeno il primo film interpretato da attori professionisti. Al di fuori di tutto questo, La presa di Roma può vantare il primato, insieme a Cabiria di Giovanni Pastrone, del film più ricercato e discusso nella storia del cinema muto italiano.
Come tutti sanno, dei 250 metri di lunghezza dell’originale, non rimangono che pochi frammenti, una cinquantina di metri di pellicola accuratamente restaurati e presentati (finalmente) in DVD dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale, in collaborazione con il Grande Oriente d’Italia, del quale ho già parlato in altro post qualche tempo fa.
Visto che adesso il film è disponibile per tutti, vi propongo una ricerca sulla base di questi pochi metri e qualche testimone cartaceo d’epoca: il bollettino N. 1 del Primo Stabilimento Italiano di Manifattura Cinematografica Alberini e Santoni, con l’indice dei quadri, una fotografia, ed una nota sulla produzione del film. Altre testimonianze, come locandine ed articoli sui giornali possono essere d’aiuto, ma questo bollettino, se letto attentamente, è una risorsa molto utile per una prima ricostruzione.
Cominciamo dai titoli di testa, sempre dalle pagine del bollettino, e riprendiamo la seguente indicazione: “Tutte le pellicole che escono del Primo Stabilimento Italiano di Manifattura Cinematografica Alberini e Santoni, portano impressa la nostra marca di fabbrica, depositata a norma di legge (…) Ogni titolo ha in basso, a destra e a sinistra, la nostra marca di fabbrica e sul principio di ogni pellicola vi è impresso il bollo a secco della Ditta”. Più chiaro di così…(il marchio in questione potete vederlo nel post Alberini e Santoni di questo sito). Inoltre, sempre dal bollettino, e nel caso che la copia del film si trovasse in qualche archivio fuori dall’Italia: “A richiesta dei nostri clienti possiamo eseguire i titoli delle pellicole in qualsiasi lingua”. Questo significa che tutte le copie del film, anche all’estero, dovrebbero aver conservato marchio di fabbrica, bollo a secco, ecc.
Vediamo adesso l’indice dei quadri: 1. Il parlamentario Generale Carchidio a Ponte Milvio; 2. Dal Generale Kanzler – Niente resa!; 3. Al campo dei bersaglieri – All’armi!; 4. L’ultima cannonata; 5. La breccia a Porta Pia – All’assalto!; 6. Bandiera bianca; 7 Apoteosi.
Sotto questo indice, leggiamo la nota sulla realizzazione del film: “Per eseguire questa importante cinematografia si è fatto tesoro dei più minuti particolari storici, desumendoli dai giornali e dalle cronache del tempo. Gli scenari sono stati riprodotti dal Prof. Augusto Cicognini su fotografie eseguite dal Tuminello il 21 Settembre 1870, ed altri dal vero. Il Ministero della Guerra ha gentilmente concorso a questa cinematografia accordando soldati, cavalleggeri, artiglierie, uniformi ed armi. Nulla insomma è stato trascurato perché questa ricostruzione storica riuscisse degna del patriottico soggetto e del nostro stabilimento.”
Le fotografie di Ludovico Tuminello (1824-1907), riproducenti la breccia di Porta Pia, e tutto il materiale del suo studio fotografico, compresi i negativi su vetro e su carta, furono messi all’asta pubblica nel 1903, quindi in parte dispersi. Alcuni negativi su carta, depositati al Gabinetto Fotografico Nazionale, dovrebbero essere alla Fototeca Nazionale. Altro materiale da considerare per una ricostruzione sono i bozzetti di Augusto Cicognini, nel caso, come sempre, di ritrovarli.
E le foto di scena? Che ne esista almeno una non c’è dubbio, è riprodotta sulla prima pagina del bollettino e riproduce la scena corrispondente al quadro n. 4: L’ultima cannonata. Ci risulta che per altri film, come Il terremoto in Calabria (settembre 1905), le riproduzioni fotografiche delle scene più importanti e suggestive facevano parte della pubblicità: “Per comodità di rèclame per i Signori Clienti abbiamo fatto eseguire una artistica riproduzione a colori di m. 1,16 x 0,81 al prezzo di L. 0,40 la copia”.
Che fine hanno fatto tutte le copie in nitrato di La presa di Roma? Le copie del film erano ancora in vendita nel 1912, col titolo Bandiera bianca.
L’ultima pista potrebbe essere in 20 anni di arte muta – Cinemateca della produzione filmistica italiana dal 1908 al 1928, un mediometraggio ideato dal Conte Franco Mazzotti Biancinelli, realizzato da Emilio Scarpa, presentato alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia nel 1939. Non so molto sull’attività cinematografica del conte Mazzotti Biancinelli, disperso in un incidente aereo il 14 novembre 1942, e molto poco su Emilio Scarpa, che morì nel campo di concentramento di Mauthausen nel maggio 1945.
Non ho trovato nessuna copia di 20 anni d’arte muta, e quindi non so se il frammento è lo stesso frammento apparso nel quarto numero della rivista Luce, diretta da Corrado D’Errico nel 1935, che è da dove provengono i frammenti dell’attuale versione di La presa di Roma. Il sospetto che non sia lo stesso frammento si basa in un paio di testimonianze (Henry Langlois e Fausto Montesanti), ma sopratutto in una frase pubblicata nel libro-brochure del film 20 anni d’arte muta: “La presa di Roma, film che abbiamo potuto, grazie a pazienti ricerche ritrovare ed inserire”. Cosa significa? Hanno trovato una copia originale del film? E se Emilio Scarpa, nato nel 1895, fosse parente dell’esercente veneto con lo stesso cognome? L’ultima pista su questo pioniere è del 1921, non so altro, per il momento.
Per finire, ripropongo la prova che la scena finale non è un’immagine fissa (lo avevo già fatto mesi fa nella home page del sito). Da notare che a destra compaiono le perforazioni della pellicola. Il fotogramma è pubblicato nel numero dedicato al cinema della rivista Prospettive, diretta da Curzio Malaparte, data di pubblicazione 1937.
Qualche anno dopo, nel 1942, lo storico Roberto Paolella ci propone una scena che per il momento non possiamo vedere: “In esso (nella Presa di Roma) è ammirevole la rapidità con cui Cadorna, sospinto dal ritmo vertiginoso delle riprese, va incontro al Re che gli porge calorosamente la mano; quei pochi metri di pellicola sono un capolavoro di bontà e simpatia umana. Ricordo che una volta la pellicola si strappò proprio in quel punto, e il Re rimase a lungo con la mano in quella di Cadorna, suscitando applausi a non finire. Surrealismo avanti lettera, si direbbe.” E così, ecco un altra testimonianza che l’Apoteosi non è un quadro fisso…
Detto tutto questo, e per quel che mi riguarda, questa è una ricerca in corso. Sono sicura che il film verrà finalmente ritrovato.
http://sempreinpenombra.com/2009/03/26/alla-ricerca-di-la-presa-di-roma-alberini-e-santoni-1905/


A Porta Pia Cento anni fa nasceva il cinema italiano La sera del 20 settembre 1905 fu proiettato «La presa di Roma», primo film a soggetto mai realizzato nel nostro Paese.

Oggi il cinema italiano compie cento anni. Segno zodiacale: Vergine. La prima proiezione pubblica avvenne la sera del 20 settembre, a Roma, esattamente a Porta Pia. E non a caso, visto che il film proiettato si intitola programmaticamente "La presa di Roma". Sottotitolo: 20 settembre 1870.
Non è che prima del settembre 1905 in Italia non si producono film , ma sono «attualità documentarie», dei «dal vero», pochi metri di pellicola che riprendono un fatto o una località, sulla falsariga di quello che gli operatori Lumière facevano in giro per il mondo. I film a soggetto, in Italia, non esistono. Vengono importati dall'estero. Fino a quando Filoteo Alberini, fotografo, inventore (suo il brevetto del Kinetografo), esercente prima a Firenze e poi a Roma, decide di costruire uno stabilimento con teatro di posa in via Appia Nuova. Si apre così, grazie anche ai finanziamenti di Dante Santoni, il «primo stabilimento italiano di manifattura cinematografica», la Alberini Santoni.
Primo film in produzione: La presa di Roma , «grande ricostruzione storica in sette quadri», lungo 250 metri (contro i 40/60 tradizionali), costo per i cinema: 500 lire (a quei tempi i film non si noleggiano, si comprano le pizze e l'esercente ne fa quello che vuole. Anche tagliarle, a volte). Regia e fotografia: Filoteo Alberini. Sfortunatamente di quei sette quadri, che raccontavano l'abboccamento al ponte Milvio del generale Carchidio con gli emissari papalini, il rifiuto del generale pontificio Kanzler di arrendersi, l'arrivo dei bersaglieri italiani sul campo di battaglia, l'ultima cannonata che apre la breccia di Porta Pia, l'assalto dei bersaglieri, la bandiera bianca che per ordine di Pio IX si alza su San Pietro e l'apoteosi dell'Italia «una, libera e indipendente», di quei 250 metri ne sono rimasti solo 75, quattro minuti di proiezione (restaurati insieme dalla Cineteca Nazionale e da quella Italiana di Milano) che questa sera verranno proiettati dalla Cineteca di Bologna al cinema Lumière 2.
Eppure, nonostante le parti mancanti, La presa di Roma è un film che ha ancora molto da dire sul cinema italiano. Soprattutto sui suoi fini «pedagogici» e sulle sue ambizioni «popolari». Non è un caso che il primo titolo sia proprio dedicato alla ricostruzione dell'episodio che chiude il Risorgimento e segna la fine del potere temporale del Papa. Come ha spiegato molto bene lo storico Giovanni Lasi, «Alberini non si limita ad affrontare un argomento storico ma piuttosto rinvigorisce e rivifica un episodio vitale per l'esistenza stessa dello Stato italiano... Più che volgersi verso il passato, Alberini si preoccupa del futuro del proprio Paese».
A muoverlo non c'è solo l'entusiasmo risorgimentale, ma soprattutto la fede massonica. Alberini è un maestro di III grado della loggia massonica «La Concordia» di Firenze e in quegli anni la massoneria, che nel 1905 ha tra i suoi affiliati lo stesso presidente del Consiglio, Alessandro Fortis, e tre ministri (tra cui Leonardo Bianchi, titolare dell'Istruzione), è molto attiva sul fronte della propaganda anticlericale. L'anno prima, di fronte ai primi grandi scioperi socialisti, Pio X ha ufficiosamente sospeso il Non expedit (che proibisce ai cattolici di partecipare alla politica) per favorire la rielezione di Giolitti, considerato un baluardo antisocialista. E la massoneria si preoccupa seriamente della rinata influenza politica della Chiesa.
Che cosa meglio del nuovo «cinematografo» per fare propaganda a favore del laicismo? L'ipotesi storica avanzata da Lasi ha altri tasselli a suo favore: le «simpatie» del generale Ettore Pedotti, ministro della guerra nel 1905 e sostenitore del film (a cui concede «soldati, cavalleggeri, artiglierie, uniformi e armi»), che diventerà presidente della Società nazionale di Storia del Risorgimento, voluta proprio dalla massoneria. E poi l'attivismo dei membri del Comitato di Festeggiamenti per l'anniversario della presa di Roma. Tra i più accesi sostenitori della proiezione pubblica del film ci sono proprio i massoni. A cominciare dall'onorevole Guido Baccelli, ex ministro dell'Istruzione per tre mandati (è il politico che più a lungo ha tenuto questa carica in Italia: sette anni), che minaccia apertamente di ritorsioni il sindaco di Roma se non permetterà la proiezione proprio a Porta Pia. Esattamente secondo le direttive del massone Nathan che teorizza l'uso delle feste pubbliche e dei ritrovi popolari per propagandare il verbo laico.
Così, se si ricorda che, per il 35° anniversario della presa di Roma, centomila persone affollano nel 1905 le vie di Roma, sempre sotto la lungimirante organizzazione del Comitato filomassonico, e che le proiezioni del film di Alberini proseguono anche nei giorni successivi (con grande successo popolare), è difficile dubitare, per usare le parole di Lasi, che « La presa di Roma non fosse parte organica di un "piano di pedagogia laica" che si sforzava di radicare nella popolazione una coscienza nazionale e un forte senso di comunione con i valori del Risorgimento». E della massoneria.
Paolo Mereghetti (20 settembre 2005)
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Spettacoli/2005/09_Settembre/20/mereghetti.shtml

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