ESPACIO DE HOMENAJE Y DIFUSION DEL CINE ITALIANO DE TODOS LOS TIEMPOS



Si alguién piensa o cree que algún material vulnera los derechos de autor y es el propietario o el gestor de esos derechos, póngase en contacto a través del correo electrónico y procederé a su retiro.




viernes, 25 de enero de 2013

Le Buttane - Aurelio Grimaldi (1983)


TÍTULO ORIGINAL Le buttane
AÑO 1994 
IDIOMA Italiano (lengua siciliana)
SUBTITULOS No
DURACIÓN 85 min. 
DIRECTOR Aurelio Grimaldi
GUIÓN Aurelio Grimaldi, Claudia Florio (Libro: Aurelio Grimaldi)
MÚSICA  Aurelio  Grimaldi
FOTOGRAFÍA Maurizio Calvesi (B&W)
ESCENOGRAFIA Claudio  Cordaro
VESTUARIO Claudio  Cordaro
MONTAJE Mauro  Bonanni
REPARTO Ida Di Benedetto, Guia Jelo, Lucia Sardo, Sandra Sindoni, Paola Pace, Alessandra Di Sanzo, Marco Leonardi, Adriano Chiaramida 
PRODUCTORA Trio Film
PREMIOS 1994: Cannes: Nominada a la Palma de Oro
GÉNERO Drama 

SINOPSIS Trama Orlanda la napoletana, Liuccia Bonuccia, Milù, Blu Blu, Veronica, sono alcune delle prostitute reperibili nei luoghi più degradati di Palermo o ospitali nelle loro tane nei vicoli. Qualcuna con il bambino in orfanotrofio e più sfrontata e disperata delle altre con tanto di "protettore" a far da avvoltoio, pronte ad amplessi rapidi e a prestazioni con ignoti, giovani o anziani che siano. Orlanda trova in un extracomunitario affetto e gentilezza; poi costui le ammazza con un candeliere il "protettore" violento. C'è anche un altro morto, è un anziano intellettuale e lo uccide il giovane Maurizio che regolarmente lo frequenta a domicilio, vanamente in cerca di denaro. Si alternano turpitudini e botte, patteggiamenti sulle tariffe; in un triste Natale un panettone con champagne viene offerto da un "protettore" in vena di generosità: con una piccola pausa ritmata da una patetica canzone ispirata all'amore, intonate dalle "buttane". Ma nulla cambia nell'automatismo dei gesti, nella sguaiataggine focosa dei clienti e nei destini delle sciagurate a pagamento. (Cinematografo.it)


Questo è un film sulle donne. L'ennesima prova di coraggio di Aurelio Grimaldi che racconta le vite maledette di queste "madri" costrette a prostituirsi per andare avanti. Non ricaveranno nulla daquesta condotta, anzi verranno presto dimenticate...

Ogni giorno a precorrere quella stessa strada. Ogni santo giorno a calpestare quelle stesse pietre, a cercare le stesse orme, a riconoscerle tra tante, senza correre il rischio di dimenticarle e arrovellarsi per ritrovarle. Ma chi se le scorda quelle tracce. Specialmente per chi le percorre sullo stesso viale o sullo stesso pavimento. Si vedono ad occhio nudo.
Chi sono Orlanda, Minuccia, Blu Blu, Veronica, Liuccia "Bonuccia"? Sono nomi d'arte. Sprigionati da una fantasia squallida o suggeriti da un cliente in vena di velleità poetiche, in cerca di sperduti apostrofi rosa da piazzare a qualche parte. E chi è Kim, il transessuale? O Maurizio l'insospettabile professore gay? Poveri amanti. Anime perse costrette ad errare in un mondo oscuro fatto di annunci su giornale e occhi arbitrariamente indiscreti.
Anime costrette a contare tutte le volte in cui il loro campo sterminato è stato arato da anonimi contadini. Neanche una canzone d'amore riesce a smorzare la rigidità di uno stato d'animo troppe volte ferito. Il tempo di un ritocco, un filo di trucco o un po' di rossetto di scarso valore. Tanto non possono baciarmi perché non lo permetto e quindi almeno lui mi rimane fedele tutto il giorno. Quella pelle bianca velata da calze infilate al solo scopo di invogliare la versatile bestia. Quel poliedrico animale che muta sembianze in pochi minuti. Una volta è pulito, curato un'altra volta magari no. Può assumere sembianze che paradossalmente mi fanno innamorare. In maniera effimera almeno. Ma il più delle volte non è così. Quante volte inghiottisco aria pesante. Quegli ammassi molli che si appiccicano alle mie cosce color madreperla, come avrebbe detto qualcuno. Il tempo di distendere quei muscoli ripetutamente, intensamente strofinati e lui ha già cambiato forma. Ancora un altra. Ancora un altro.
E quei "siiii" biascicati a forza, come una ridondante, stanca, sospirata intermittenza al silenzio. Quanto mi duole ripetere quella sillaba fallace. Solo così questi stupidi rimangono contenti. Lo sanno anche loro che fingo ma a me non importa. Sono costretta a trascinare quella sensazione morta, a dissimulare lo schifo, altrimenti rischio che non vengono più. Nell'uno e nell'altro senso. E a me i soldi servono per campare.
Orlanda è quella più ostica, forse un pizzico razzista ma, forse la più desiderata. Ha anche un protettore che la importuna in continuazione. Con Orlanda devi mostrare subito i bigliettoni e devi essere soprattutto pulito. In caso contrario è previsto un opprimente lavoro manuale. Sarà proprio un inferiore a salvarla dalle spire del magnaccio. Kim non possiede tutte le entrate ma può offrirti molto di più rispetto a ciò che può farti una donna. Lui sa i punti che deve colpire con la lingua. E Maurizio si accontenta di accarezzare una pelle simile alla sua, uno stesso odore, uno stesso sospiro, uno stesso ciuffo di peli o capelli arruffati. Liuccia è spregiudicata, spontanea. Rischia. Quanti rischi corrono queste madri sventurate. Quanti rosari sgranano con la speranza che il prossimo viandante non sia un assassino. Quante lacrime piangeranno pensando a quel figlio all'orfanotrofio o toccandosi gli incisivi che hanno dovuto assaggiare cuoio grasso impolverato, stese sul freddo selciato di una terra bruciata dai copertoni.
Perché lo fanno le buttane, o volgarmente pulle, come se il termine puttana non bastasse a schiacciarle sul fondo dell'umanità. Quelle di Grimaldi hanno un'anima, in molti casi un grande cuore ed in altri sono stanche senza poter andare altrove. Le sue, di puttane, non percorrono scorciatoie. Non otterranno meriti o encomi. Andranno avanti, continuando ad essere solcate da quegli anonimi aratri fino a sanguinare. Fino a quando il sangue si trasformerà in lacrime. Neanche a Natale si potrà sorridere, se non ubriache e di fronte ad un povero panettone sbocconcellato tra un putrido canto d'amore urlato di fronte ad un dildo di gomma.
L'opera di Grimaldi, riveduta e corretta in base ad un libro da lui scritto, come sempre è provocatoria e non a caso a Cannes sono stati in molti a storcere il naso. Il coraggio è tanto e la regia esiste ma per l'ennesima volta finisce sul patibolo conficcato dagli strali della critica, alla San Sebastiano maniera. Maurizio Calvesi ci regala l'ennesima splendida fotografia in bianco e nero. Un bianco e nero che oserei definire amniotico, come se volesse partorire un mostro che squarci ogni sequenza. Poca musica, qualche rumore. Inutile declamare la bravura già riconosciuta di Ida Di Benedetto, l'ostica, Guia Jelo, la spontanea e Lucia Sardo, la sanguigna. Bravissima Paola Pace.
Enzo Barbato
http://www.storiadeifilm.it/drammatico/drammatico/aurelio_grimaldi-le_buttane(trio_film-1994).html
---
Un paesaggio stratificato, un deserto urbano in cui convivono l’uno sull’altro commissionati i reperti di una società rurale, fatta di case di pietra, viottoli, cortili, e le strutture già in abbandono, simboli di un fallimento precoce, quello della selvaggia speculazione edilizia. Ai bordi frastagliati di una città immersa in un bianco e nero manicheo si muove una fauna malinconica, l’unica ancora umana nell’accettazione delle sue miserie. Un’umanità raccontata per la prima volta dalla visione di Pier Paolo Pasolini e che qui, grazie all’amore di Aurelio Grimaldi per l’autore di Ragazzi di vita, torna a essere protagonista. Sto parlando de Le buttane (1994), film non a caso celebrato al Festival di Rotterdam. L’ex insegnante e scrittore Grimaldi (suo il romanzo da cui Marco Risi trarrà Mery per sempre) che prima in Ragazzi fuori e poi con La ribelle si cimenta con il cinema per poi realizzare Le buttane, un’opera cruda e dolorosa che è ormai parte dell’immaginario popolare italiano.
Ci troviamo in Sicilia, a Termini Imerese, il sole accecante e tagliente disegna geometrie pre-metafisiche mentre nella meravigliosa apertura assistiamo alla discesa negli inferi di un’almodovariana Paola Pace sulle note di Eclissi Twist di Mina (già tema de L’eclisse di Michelangelo Antonioni, quasi ad annunciarne la versione postribolare del suo Le amiche). Da qui la narrazione si dipana come un’austera treccia sciolta nella penombra della propria camera. Oltre alla spigolosa Paola Pace qui Veronica, una prostituta che riceve in casa con tanto di sala d’aspetto, seguiamo le storie di Orlanda, la prostituta napoletana e agé  interpretata da Ida di Benedetto, la “dura madre” Milù (Lucia Sardo), la giovane Blu Blu (che verrà ricordata per lo strepitoso monologo su religione e sesso di fronte a due sgomente testimoni di Geova), la transessuale Kim (Alessandra di Sanzo), Maurizio il ragazzo di vita che subisce il mestiere attraverso i baci lenti e prolungati che è costretto a ricevere su tutto il corpo da un anziano cliente, ma soprattutto lei, Liuccia Bonuccia (una memorabile Guia Jelo), buttana ironica, ottimista e indipendente.
Aurelio Grimaldi si sofferma, soprattutto nella prima parte della pellicola, sulla reificazione del corpo dei protagonisti. Il viso, le labbra, il seno, le braccia, le natiche, il sesso, sono oggetto di primi piani giustapposti che producono una narrazione franta. La ricomposizione degli eventi- sia essa dolorosa come nel caso di Bonuccia piuttosto che felice e sorprendente come per Orlanda – non significherà per niente risoluzione. Dopo l’assassinio commesso da Maurizio (esasperato o forse solo alla ricerca di denaro facile), la violenza subita sulla spiaggia da Bonuccia – che poco prima ci aveva regalato uno dei momenti più esilaranti ed emozionali della pellicola: quando un ragazzo innamorato di lei la porta in un ristorante ispirato al serial Beverly Hills 90210 e poi in un albergo di lusso – e la svolta «turca» di Orlanda la narrazione s’interrompe, a celare finalmente carni, speranze e consapevolezze.
Salvatore Piombino
http://malesoulmakeup.wordpress.com/2012/04/18/lebuttane/


Critica
Quattro itinerari di vita di prostitute a Palermo (buttana in siciliano sta per puttana) in cadenze ora di dramma ora di commedia. E un film spiazzante perché esclude, con brutalità quasi programmatica, qualsiasi giudizio moralistico, coerente ai suoi intenti di referto antropologico. Anche se detto da brave teatranti (la Sardo-Milù e la Di Benedetto-Orlanda specialmente), lo stretto dialetto siculo risulta ostico agli spettatori settentrionali. Ottima occasione per dibattiti da cineforum.
Il Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli

Scandalo, irritazione, avversione. Le reazioni suscitate da questo film al festival di Cannes nascono dalle sue qualità: dalla forza con cui rappresenta in bianco e nero le giornate di alcune prostitute, d'un prostituto e d'un travestito a Palermo, città vista come una periferia di detriti e rifiuti; dalla essenzialità naturale e violenta con cui racconta l'esercizio della prostituzione senza retoriche né psicologismi né alibi sentimentali né indulgenze estetiche; dalla libertà ed energia con cui fa irrompere la vita in un cinema che, per i propri ripiegamenti o la propria futura destinazione televisiva, tende oggi a ricreare mondi artificiosi senza asperità né verità, oppure universi autoreferenti, citazionisti, popolati soltanto d'altro cinema; dalla coerente armonia dello stile, ispirato a Pasolini e a Sergio Citti. Per chi vuol difendersi dalla realtà, qualità simili risultano urtanti, mettono paura: mentre è del tutto fuori del comune, questo film girato in poco tempo con pochi soldi, recitato molto bene da interpreti d'esperienza spesso teatrale, prodotto da Marco Risi e Maurizio Tedesco, fotografato da Maurizio Calvesi, tratto da Grimaldi da un proprio libro di racconti pubblicato da Bollati Boringhieri. Aurelio Grimaldi, 37 anni, maestro elementare nelle carceri minorili, scrittore, sceneggiatore di Mery per sempre (tratto da un suo libro) e di Ragazzi fuori di Marco Risi, regista de La discesa di Aclà a Floristella e de La ribelle (tratto dal suo romanzo Storia di Enza), è un cineasta a volte compiaciuto o manierato. Non questa volta. La prostituzione viene guardata per quello che é: un rapporto osceno padroneggiato dalle donne, il misero sbrigativo appagamento d'una urgenza fisica consumato con poche parole in una ripetizione di gesti e di nudità, una sfilata di corpi malfatti gonfio-ventruti, di carni villose, di pelli segnate da lividure e macchie. Ma nessuna drammatizzazione. Sembrano vissuti come comuni incidenti quotidiani anche gli episodi più violenti: il cliente omosessuale massacrato per derubarlo; il pestaggio subito da una donna da parte di tre clienti brutali che non vogliono pagare; il fascio-razzista palermitano colpito da un africano esasperato dagli insulti, nella casa-bordello della prostituta. E poi l'Eclisse twist cantato da Mina come ne L'eclisse di Antonioni e ne La ricotta di Pasolini, sogni e barzellette, certi sorrisi siciliani balenanti e fulgenti, turpiloquio naturale e strafottente, genitali maschili moltiplicantisi come in un incubo, gli uomini nudi e le donne vestite, i bambini che ballano tra loro all'oratorio, le brevi solitudini domestiche: il film durissimo ha l'eloquenza della turpe normalità che molti preferiscono ignorare.
Lietta Tornabuoni, La Stampa (27/5/1994)
http://www.comune.re.it/cinema/catfilm.nsf/PES_PerTitolo/D6FB6E2836CD84C2C1256F9400375037?opendocument

No hay comentarios:

Publicar un comentario