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jueves, 8 de abril de 2021

Culastrisce nobile veneziano - Flavio Mogherini (1976)

TÍTULO ORIGINAL
Culastrisce nobile veneziano
AÑO
1976
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Italiano (Separados)
DURACIÓN
95 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Flavio Mogherini
GUIÓN
Flavio Mogherini, Gianfranco Clerici, Amedeo Pagani, Barbara Alberti (Obra: Maurizio Costanzo)
MÚSICA
Detto Mariano
REPARTO
Marcello Mastroianni, Lino Toffolo, Claudia Mori, Adriano Celentano, Flora Carabella, Anna Miserocchi, Olga Bisera
PRODUCTORA
Atlas Film
GÉNERO
Comedia | Surrealismo

Sinopsis
La historia está ambientada en una hermosa villa veneciana, en donde, durante una gran tormenta, el Marqués Luca Maria Sbrisson ha visto desaparecer a su esposa ante sus propios ojos. Ése es el punto de partida de esta alocada y surrealista comedia, con un punto de fantasía. (FILMAFFINITY)
 
2 

L’IMMAGINAZIONE TRIONFA SULLA REALTÀ NEL CINEMA MOGHERINIANO

“Culastrisce nobile veneziano” è il capolavoro cinematografico di Flavio Mogherini regista, da lui diretto nel 1976 ed interpretato da Marcello Mastroianni, Lino Toffolo e Adriano Celentano, tra i vari.

Che “Culastrisce nobile veneziano” (1976, film liberamente tratto dalla commedia teatrale “Un coperto in più” di Maurizio Costanzo) sia una commedia sognante, secondo la più alta cifra stilistica onirica del regista Flavio Mogherini, lo s’intende bene dapprincipio, con un titolo ed una prima scena che sospendono la storia nel tempo: c’è una festa in maschere veneziane (pertanto il film ben valorizza implicitamente il Carnevale di Venezia), poi improvvisamente appare un’altalena in un bosco, si verifica un temporale…
Così, dal nulla e senza una presentazione diretta (come accade per i sogni), entra in scena il protagonista Marcello Mastroianni, e così anche l’altro attore protagonista Lino Toffolo ce lo vediamo apparire distrattamente all’improvviso, in maniera psicologicamente parallela al suo essere, uno che vive la vita sognando.
A tal proposito, lui che è musicista sogna di suonare l’organo su una spiaggia dove si vedono tanti bambini in una strana processione, e sullo sfondo nel cielo la luce d’un onirico tramonto accecante di speranza, per cui sarebbe opportuno definire questa scena come una delle più meravigliosamente oniriche e sospese nel tempo nell’ambito della Commedia all’Italiana.
Il personaggio interpretato dal grande Mastroianni, che insieme a Toffolo crea una coppia vincente nel cult, vede una donna che non c’è e possiamo solo ipotizzare che sia sua moglie scomparsa, dato che ci viene in mente la prima scena temporalesca.
Ma non sappiamo se la prima scena sia solo un sogno, come potrebbe esserlo l’intera pellicola, giocata proprio sul trionfo dell’immaginazione sulla realtà.
Il personaggio di Luca Maria non è pazzo come lo credono i “comuni mortali”, anzi è un colto musicista, raffinato, elegante, probabilmente non contento della realtà che lo circonda, e perciò un visionario che ne crea una caratterizzata da una bella donna che non esiste (l’utopica idealizzazione che fa camminare il mondo), ma talmente efficace da farla accettare alla fine anche al personaggio di Agostino, che diventa suo amico.
Uno dei simboli ricorrenti nelle pellicole di Mogherini è la mongolfiera, e in questo film ce ne sono tante: la mongolfiera serve a Luca Maria per astrarsi ancora di più dal mondo che lo circonda, ma anche ad entrambi i protagonisti per sbarazzarsi alla fine di una donna che, per quanto fisicamente corrispondente all’ideale della realtà immaginata, è troppo vicina ad una realtà terrena, materiale e meschina, che i due protagonisti per sensibilità rifuggono (è infatti una volgare prostituta ed approfittatrice).
In questo film, che può essere considerato il capolavoro del regista (sebbene qualche errore di montaggio con passaggi talvolta rapidi da una scena all’altra), tenendo conto anche della sceneggiatura, e dove la colonna sonora merita un plauso a parte, nulla è scontato, non c’è niente da aspettarsi, è un continuo colpo di scena che ci fa venir voglia di vedere come procede l’azione, e non come va a finire, perché l’immaginazione piace più della realtà, si sa, e Mogherini è geniale proprio nel dirigere una pellicola così.
E s’accende mistero anche sul personaggio interpretato da Adriano Celentano, che per quasi l’intera durata del film lo vediamo marciare in auto a tutta velocità con una margherita in bocca: sembra uscito da un bel sogno.
Per quanto sia autoritario, infatti, è incapace di essere crudele ed è l’unico che entra fisicamente in empatia con Luisa, la donna immaginata da Luca Maria: le consegna una margherita, che viene colta dall’invisibile donna e si muove.
Celentano incarna forse la personificazione del Sogno? Non ci è dato saperlo, l’unica certezza è che quando esce di scena il film si conclude con il ballo in contemporanea di Luca Maria e Agostino con la stessa Luisa: ora sono calati totalmente nel sogno, cosa che fa pensare che questo stesso capolavoro cinematografico di poesia Mogherini se lo sia sognato…
Christian Liguori
https://oneelpis.wordpress.com/2019/12/20/limmaginazione-trionfa-sulla-realta-nel-cinema-mogheriniano/

Durante una festa in maschera allestita nel vasto giardino della sua villa, Luisa, la moglie del marchese Luca Maria Sbrisson, si allontana mentre tutti giocano a mosca cieca; si apparta insieme a un giovanotto con l’abito scuro. Qualcuno tra gli ospiti immagina il tradimento, e ammicca ai presenti. La signora sale su un’altalena e viene sospinta dal suo spasimante.

Poco dopo sopraggiunge il marito; non sospettando la tresca (l’amante nel frattempo si è nascosto) , l’uomo prende a sua volta a far muovere l’altalena ma… improvvisamente scoppia il temporale e un lampo lo acceca. Non appena torna a vedere, scopre che l’altalena è vuota e la sua signora è scomparsa nel nulla.

Negli anni successivi il marchese vive recluso nella sua splendida dimora, si dedica al violoncello, alla botanica e alle mongolfiere. Per follia, per scherzo, o per calcolo finge la presenza della signora, a sé e ai rari visitatori. La vede, ci conversa, ci balla… E intanto i parenti aspettano l’occasione propizia per farlo dichiarare pazzo e appropriarsi dei suoi beni.

Un giorno, per caso, il nobiluomo incontra Agostino Nebiolo, un musicista che si guadagna da vivere suonando l’organo a matrimoni e funerali. Costui capita nella cappella della villa; attirato dalla melodia del violoncello, si siede all’organo e l’accompagna.

Il marchese rimane colpito dall’abilità del musicista e decide di ospitarlo. Agostino asseconda la commedia inscenata dal nuovo amico e addirittura trova una prostituta che assomiglia alla scomparsa nobildonna e che viene così fatta passare per lei.

Durante un evento mondano, la finta marchesa compare davanti agli ospiti. Gli avidi parenti la vedono e sono costretti a ricredersi sulla follia del loro congiunto, o quanto meno capiscono d’essere rimasti senza alcuna prova per sostenere la necessità di una  sua interdizione.

Subentrano però delle difficoltà: il nobile, che ha sempre idealizzato la moglie, forse fino al punto di volerne ignorare i tradimenti, non riesce a superare le differenze sociali e le incompatibilità di carattere che lo separano dalla sosia. Qualche giorno dopo, con la complicità dell’organista, fa salire la donna su una mongolfiera e la fa volare via…

Il marchese può allora tornare a vedere la sua signora. E, stavolta, ci riesce anche Agostino.

AMBIGUITÀ INOPPORTUNE
Culastrisce nobile veneziano è una pellicola anomala, e sfugge alle rigide tassonomie di genere.

Snobbata dalla critica impegnata poiché ammicca al trash, irrita gli spettatori alla ricerca di risate facili, proprio perché promette loro disimpegno e poi parla di poesia. Commedia trash moscia o reinvenzione di un genere, visto con gli occhi malinconici di un poeta?

Il titolo non contribuisce certo a dirimere il dubbio: “Culastrisce” sembra un soprannome boccaccesco, invece allude a un antenato Lanzichenecco del protagonista. I mercenari svizzeri oltre alle tipiche alabarde portavano brache con spacchi e inserti di stoffe di colori contrastanti. Chi conosce la storia militare comprenderà il riferimento, tutti gli altri penseranno senza indugi al sedere. Non a caso il soprannome viene usato di rado, e ne scopriamo la motivazione solo pochi minuti prima dell’epilogo. Il film è stato realizzato a metà anni Settanta, e il titolo è stato scelto per assecondare la moda delle commedie a base di donnine spogliate, mariti cornificati e battute triviali.

E così si genera l’equivoco. Il sesso (per esempio la serata che i protagonisti passano a Venezia, in compagnia di due belle giovani e tanto alcool) e le scurrilità (come quelle peculiari della sostituta marchesa, che marcano le differenze culturali e di ceto) ci sono, ma sempre come pretesti per definire tratti del carattere dei personaggi.

Claudia Mori in guepiere o tra le bolle del bagnoschiuma non basta dunque a soddisfare chi si aspetta battute da caserma e blando erotismo; né la presenza di Adriano Celentano garantisce risate a crepapelle o rock and roll.

Se al primo impatto il film si presenta come una commedia dolceamara con qualche particolare piccante, afflitta da troppi momenti di stanca, una visione più partecipe scopre che proprio la lentezza asseconda la riflessione sul tema dell’amicizia virile e sul valore dell’immaginazione e della poesia. La trama esile lascia spazio all’analisi del carattere sognatore dei protagonisti, oltre a proporre un itinerario di viaggio tra le splendide ville venete.

TENERI SOGNATORI
I protagonisti sono memorabili, per le interpretazioni di Marcello Mastroianni e Lino Toffolo, e dei già citati Mori e Celentano, nei ruoli rispettivamente del marchese, dell’organista, del boss e della moglie/sosia. Nonostante siano personaggi improbabili, li sentiamo vivi, vibranti di poesia.

La trama vive di alcuni sketch surreali e delle belle caratterizzazioni.

L’organista, tenero e stralunato sarebbe piaciuto a Chaplin e a Fellini La sua distrazione innesca la serie di disavventure. Un po’Arlecchino, un po’ Gatto con gli Stivali, è uno dei tanti che avvertivano la chiamata del Signore… pur di poter studiare in un seminario. Sappiamo che ama l’arte, gli scacchi e la musica; non è certo ricco, ma la cultura lo rende diverso dal ceto medio basso dell’Italia tardi anni Sessanta, dai lettori di rotocalchi, affamati di gossip. Vive in un furgone, o lo utilizza per recarsi ai concerti; abile sulle tastiere e imbranato nelle occasioni mondane, risolve con creatività i piccoli e grandi problemi della vita.

Dimostra in alcune occasioni di essere anche molto coraggioso. Culastrisce lo apprezza proprio per le azioni generose, e per la capacità di vedere oltre la concretezza della banalità quotidiana.

Ci sono affinità forti che nascono dai valori, dalla sensibilità. Accomunati dall’adorazione per la musica, dall’indole sognante, dalla passione per gli scacchi, il nobile e l’organista possono costruire un’amicizia sincera.

Il marchese è una persona che vive di illusioni più o meno consapevoli. Adora suonare il violoncello, vola in mongolfiera e coltiva rari tulipani; va a caccia, ama il lusso decadente. Dentro sé probabilmente è consapevole che la moglie lo tradiva con un uomo più giovane e prestante, e che era quindi distante da lui già prima di scomparire. Per troppo amore, forse per follia, finisce per concretizzare il fantasma della donna. Finge di averla ancora con sé (o forse la vede davvero), le parla, ne ricrea vizi e virtù. Difficile stabilire se e quanto sia pazzo; per lui, come per gli altri nobili, o per qualsiasi persona frequenti esclusivamente ambienti privilegiati, il metro che misura la “normalità” è male applicabile.

Il boss è lo strumento del Destino: investe il musicista, gestisce il traffico delle donne di strada, inconsapevolmente determina la sorte dei protagonisti. La sua vettura sportiva lanciata per le strade sterrate della campagna è un leitmotiv che ricorre più volte.

La prostituta è l’opposto degli protagonisti: è una donna pragmatica, ama il lusso secondo i modelli proposti dai rotocalchi rosa, ha una famiglia numerosa. Ovviamente è pronta ad approfittare del marchese, e presto rivela la sua natura di persona superficiale e parassita.

Meglio un fantasma, piuttosto che una simile arpia.

AGATHA CHRISTIE NON ABITA QUI
Il soggetto è tratto dalla piece teatrale Un coperto in più, adattato dallo stesso regista Flavio Mogherini con la collaborazione di Maurizio Costanzo. La versione cinematografica esalta le atmosfere oniriche, la satira si tinge di malinconia e trionfano personaggi dai toni surreali.

Il cinema fantastico all’italiana punta sulle atmosfere, sul modo in cui l’uomo guarda la realtà. Vengono trasfigurati i ricordi del seminario dove il musicista studiò da bambino, il cielo si riempie di palloncini gialli che volano nel cielo trasportando un bizzarro vicino di casa del marchese, la villa palladiana è popolata da grotteschi fricchettoni, e le feste in maschera ci trasportano in pieno Settecento… Invece di concretizzare fantasmi o scatenare mostri fa a meno di effetti speciali, e la fantasia è un modo di vedere la realtà.

Gli spazi delle splendide ville rendono più deciso il contrasto con la campagna del Veneto, i suoi piccoli borghi, i bar lungo le strade: un mondo diverso dal ricco Nord-Est del terzo millennio. L’ambiente sociale così inconsueto rafforza il senso di estraniazione. I nobili sono o possono apparire strambi, praticano sport e hobby inconsueti, ascoltano musica diversa da quella dei juke-box, possono dedicarsi ad attività elitarie. La gente comune… forse non esiste, o popola bar di paese, o divide le giornate tra lavoro e vizi più o meno innocui.

Se si è assuefatti al cinema fantastico americano, se si pretende un finale rassicurante, che riporti realtà e fantasia nei binari loro assegnati, meglio evitare questa pellicola. Altrettanto inutile tentare interpretazioni degli eventi, cercare di immaginare che fine abbia fatto Luisa. La sparizione della nobildonna non ha sviluppi polizieschi, nemmeno accennati. Ignoriamo se la donna sia in realtà morta cadendo dall’altalena su cui si dondolava un attimo prima di svanire, o se sia scappata con l’uomo vestito di scuro. Altrettanto si può dire della fine della prostituta: il nobile, appassionato del volo in pallone, la fa montare nel cestello e poi lascia che una cima del canapone si sciolga, facendo salire la mongolfiera in cielo. Anche qui nessun poliziotto compare a fare indagini.

Non è un film di Roman Polanski, né una commedia sulla falsariga di Harvey.

Superfluo pure voler fare chiarezza sull’origine e sulla motivazione della finzione inscenata dal marchese.

È un film fantastico all’italiana, e mescola elementi realistici e fantastici, parentesi comiche e oniriche, momenti di satira sociale, surreali citazioni felliniane, ritmi rilassati, introspezione…

I pregi del film possono apparire come altrettanti difetti, a seconde delle aspettative che lo spettatore si crea. Non ci sono spiegazioni logiche, e nemmeno se ne avverte la necessità: la pellicola gioca la carta della poesia, e parla al cuore dei sognatori!
https://www.terrediconfine.eu/culastrisce-nobile-veneziano/

Lino Tòffolo, veneziano doc, 1934-2016, è stato uno dei comici più divertenti della sua generazione; non è mai arrivato ad essere una star strapagata, e di questo mi dispiace molto. Di carattere schivo, probabilmente timido e riservato, di lui si racconta che al Derby di Milano, negli anni '60, fosse quello che aveva più successo di pubblico. Era Lino Toffolo quello che "faceva venir giù il teatro", insomma: e a dirlo sono i suoi stessi compagni d'avventura, Cochi e Renato, Jannacci, Walter Valdi, e tutti gli altri. Al cinema non ha reso molto, direi che è stato quasi sempre utilizzato male; io lo ricordo soprattutto per il suo "interprete veneziano" in "Brancaleone alle Crociate", a fianco di Vittorio Gassman. I veneziani, si sa, erano grandi viaggiatori e commercianti, al tempo di Brancaleone da Norcia; da qui l'utilità di avere un interprete in tempi di invasioni barbariche e saracene. Un interprete placido ed efficientissimo, quello di Lino Toffolo: e chi ricorda il film probabilmente a questo punto si troverà a sorridere.
Curiosamente, al cinema hanno dato spesso ruoli da musicista a Lino Toffolo. Non so se fosse davvero musicista di formazione, di certo suonava la chitarra come documenta il bel filmato dove Toffolo suona e canta "Addio Lugano bella" in quintetto con Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Otello Profazio e Silverio Pisu (il video è disponibile su youtube).

Toffolo interpreta un violoncellista in un film tra i peggiori del cinema italiano, "Il merlo maschio" di Pasquale Festa Campanile (1971); ne ho già parlato in questo blog perché è ambientato dentro l'Arena di Verona. Si tratta di un ruolo di spalla dove Lino Toffolo non ha una gran parte; è invece più articolato il suo ruolo, quasi da protagonista, in un film girato cinque anni dopo, nel 1976, "Culastrisce nobile veneziano", che ho voluto guardare per rispetto verso Marcello Mastroianni. Un'altra boiata, verrebbe da dire, ma con qualche motivo d'interesse musicale che riporto qui sotto. Il giudizio perfetto lo trovo su wikipedia.it : «curato nell'impaginazione ma progressivamente scadente nel contenuto... pretenziosi ammiccamenti a Fellini.»

"Culastrisce nobile veneziano" è invece un film diretto nel 1976 da Flavio Mogherini su soggetto di Maurizio Costanzo; non è un film d'epoca come avevo pensato fino a oggi ma si affida a Mastroianni uno di quei personaggi che di solito in quegli anni spettavano a Gassman, il ricco signore ancora giovane ma un po' fuori di testa che nella sua bella villa veneziana con servitù immagina di vedere la moglie che non c'è (o che non c'è più?) e si comporta come se lei ci fosse sempre. Nella villa del marchese, che è violoncellista, arriva Lino Toffolo che nel film interpreta un ottimo organista ridottosi a fare una vita vagabonda che sbarca il lunario suonando a matrimoni e funerali. I due fanno in qualche modo amicizia, e Toffolo ha per combinazione sottomano una prostituta somigliantissima al ritratto della moglie del marchese (Claudia Mori) e grazie a lei impedisce l'interdizione del marchese chiesta dai suoi parenti. Il soprannome "Culastrice" sarebbe incomprensibile se non fosse per un veloce accenno, quasi incomprensibile, a un antenato del marchese (cioè Mastroianni) che servì il Papa in secoli lontani; immagino per via di un costume d'epoca sul tipo di quello delle guardie svizzere. Nella storia vengono introdotti personaggi loschi (Celentano) ma qui la storiellina già esile sbraga, siamo di fronte a un filmetto come tanti nonostante le apparenze e la bella confezione. Le apparenze sono Venezia e i suoi palazzi storici, con belle riprese sulle quali bisognerà andare a intuito o a memoria, perché manca qualsiasi indicazione sui luoghi del film: dov'è la villa di Mastroianni, interni ed esterni? E' forse Ca' Rezzonico per gli interni? Di sicuro c'è il Teatro Olimpico di Vicenza, con belle riprese: ci suonano Lino Toffolo e Mastroianni (Vivaldi). Si vedono e si citano Tiepolo ("La rivolta delle baccanti", "La fustigazione") e Veronese. Si accenna a un concerto di Karajan a Venezia, sempre in luoghi storici (è mai avvenuto?).

All'inizio, l'organista Toffolo suona la marcia nuziale di Mendelssohn a un funerale (nella fretta si è confuso) poi suona un brano più consono che non è certo il Requiem di Mozart a cui si accenna: «mi hanno dato solo cinquemila lire, la prossima volta gli suono Pergolesi». Si cita e si ascolta (in parte) Albinoni, l'adagio dalla Sonata n.7 op.15 per violoncello e basso continuo (è la scena dell'incontro fra Mastroianni e Toffolo).

Altri appunti: 1) Mastroianni suona il violoncello come in Mastorna 2) Toffolo come Sancio, Mastroianni come Don Chisciotte, Luisa come Dulcinea (Claudia Mori, popolana ma anche marchesa) 3) il flautista che si ascolta è Giorgio Zagnoni, ma noi vediamo suonare una modella di bella presenza 4) il personaggio di Toffolo si chiama Agostino Nebiolo, quello di Mastroianni è un Luca Maria (sic) 5) passaggi per Venezia di preti e discorsi anticlericali, spunti non necessari alla narrazione e subito dimenticati, puro e semplice pretesto per sequenze con pretese che vorrebbero essere felliniane e invece risultano molto di maniera. 6) Mongolfiere e auto a trecento all'ora per le strade del Veneto completano l'opera, e non manca un tuffo nei canali di Venezia, obbligatorio o quasi nei film ambientati a Venezia.
Le musiche scritte apposta per il film sono di Detto Mariano, nel cast Anna Miserocchi, Flora Carabella, Nikki Gentile, la voce romanesca di Claudio Amendola che doppia il Vincenzo di Silvano Bernabei. Un film con buoni spunti, però sprecati o dalla regia o dalla produzione, chissà.
http://operagiuliano.blogspot.com/2017/10/toffolo-music.html

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