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sábado, 15 de septiembre de 2012

Del perduto amore - Michele Placido (1998)


TÍTULO ORIGINAL Del perduto amore
AÑO 1998
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACIÓN 95 min. 
DIRECTOR Michele Placido
GUIÓN Domenico Starnone, Michele Placido
MÚSICA Carlo Crivelli
FOTOGRAFÍA Blasco Giurato
REPARTO Giovanna Mezzogiorno, Fabrizio Bentivoglio, Rocco Papaleo, Enrico Lo Verso, Rino Cassano, Michele Placido, Piero Pischedda, Sergio Rubini, Lorenzo Gentile, Giovanni Paolicelli, Giovanna Staffieri, Luigi Pirozzi, Luciana Paolicelli, Milla Sannoner
PRODUCTORA Clemi Cinematografica / Rai Cinemafiction
PREMIOS 1997: Premios David di Donatello: Mejor actor secundario (Fabrizio Bentivoglio). 2 nominaciones
GÉNERO Drama | Política

SINOPSIS Don Gerardo (Michele Placido) es un sacerdote de 50 años que reflexiona sobre su vida pasada; se remonta a 1958, a su infancia y a la severidad de su padre (Fabrizio Bentivoglio). Recuerda su amor por Liliana (Giovanna Mezzogiorno), una joven de veinte años de ideas izquierdistas. Cuando Liliana convirtió un establo abandonado en una escuela para niños expulsados de la escuela pública, sus ideas sobre la igualdad sexual o el control de la natalidad suscitaron enorme animadversión y hostilidad entre los católicos de la zona. (FILMAFFINITY)

Enlaces de descarga (Cortados con HJ Split)
http://www21.zippyshare.com/v/9034795/file.html

Basilicata sempre più..set! "De perduto amore"
Da un’idea di Michele Placido nasce “Del perduto amore”, film del 1998, interpretato da fabrizio Bentivoglio, Sergio Rubini, Rocco Papaleo, Giovanna Mezzogiorno e Michele Placido (nelle vesti sia di regista che di attore).
La Basilicata è la grande preotagonista della pellicola: a partire dalla regia, Michele Placido ha, infatti, origini lucane; passando per Rocco Papaleo, lucano doc; protagonista della storia è, inoltre, un paese lucano; infine, il set è tutto lucano (Irsina, Ferrandina e Matera).
1958. Liliana, una maestra di paese, vicina agli ideali comunisti, decide di aiutare i più deboli attraverso l’insegnamento. Liliana si dedica all’emancipazione delle donne nel paesino lucano, ma il suo impegno entra in collisione non solo con la mentalità dei conservatori, ma anche con quella dei suoi compagni di partito. Alla sua scuola verrà educato colui che diverrà, in futuro, un sacerdote, che ricorderà l’intera vicenda. Placido dimostra la sua vena impegnata, diregendo bene un film utile per la memoria, troppo spesso labile. Un bell’affresco sulla lotta tra sinistra e destra.
Il film si aggiundico il Nastro d’Argento ed il David di Donatello per il miglior attore non protagonista a Fabrizio Bentivoglio.
Nicoletta Fanuele
http://www.lasiritide.it/article.php?articolo=1374
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Trama
Oggi don Gerardo, parroco in un piccolo paese del sud Italia, va con la memoria alla propria adolescenza quando, 14enne nel 1958, torna a casa dopo essere stato espulso dal collegio forse per un episodio di omosessualità. In famiglia e con i coetanei Gerardo si sente a disagio, mentre è sempre più attratto da Liliana, ragazza ventenne militante comunista, osteggiata e insieme ammirata dall'intera comunità. Liliana è insegnante e, tra mille difficoltà, riesce a creare, in una vecchia stalla abbandonata, un luogo dove fa lezione a ragazze non in grado di andare alla scuola pubblica. Gerardo, tenendosi in disparte, è presente a queste lezioni, attratto dallo spirito di servizio e di sacrificio che la ragazza mette nella propria attività. Intanto arriva la campagna elettorale per il rinnovo delle cariche comunali. Liliana si candida con il PCI e scopre allora con chiarezza le tante pressioni, anche dentro il partito, che esistono contro di lei. Anche le voci su una sua relazione con Satriano, medico del paese, la mettono in forte difficoltà. Durante il comizio di chiusura, Liliana sul palco ha un malore e poco dopo muore. Il parroco, don Gaetano, rifiuta di dare i conforti religiosi al funerale e chiude i portali della chiesa. Dentro quella stessa chiesa, il piccolo Gerardo di allora è oggi diventato a sua volta parroco.

Crìtica
Lucania, 1958. Gerardo (P. Pischedda), espulso dal collegio per sospetta omosessualità, è coinvolto da Liliana (G. Mezzogiorno), giovane militante comunista, nell'apertura di una scuola per ragazze analfabete, iniziativa osteggiata dai galantuomini della DC alleata con il MSI e non gradita al PCI. La scuola è incendiata dai fascisti locali cui si unisce Gerardo, ingelosito dalla relazione di Liliana con il medico (E. Lo Verso) del paese. Dopo le elezioni dove riceve molti voti, Liliana muore di aneurisma. Al suo funerale, nonostante l'ostracismo del parroco, partecipano tutte le donne del paese. Ispirata alla vera vicenda di Liliana Rossi, vissuta ad Ascoli Satriano (FG) e morta a ventiquattro anni, sceneggiata da Domenico Starnone con il regista, la storia è rievocata da Gerardo adulto (M. Placido), divenuto sacerdote. Sarebbe ingiusto attribuire a Placido la dimensione romantica, istintiva, sanguigna (e autobiografica: è nato ad Ascoli S. nel 1946) e a Starnone quella razionale, ideologica, didascalica e dimostrativa del film. Sembra evidente, però, che il racconto soffre di una discrepanza, quasi una discrasia, tra le due dimensioni, le due anime. La si avverte anche all'interno del personaggio principale, ai confini dell'agiografia nonostante la sofferta intensità luminosa dell'interprete. L'indiscutibile impegno civile trova, comunque, espressioni appropriate nel ricorso al cinemascope (Blasco Giurato), nella resa del paesaggio pugliese-lucano, nella grottesca galleria delle figure ottusamente malvagie, nell'afflato epico della sequenza finale. Musiche di Carlo Crivelli.
Il Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli

Coraggioso e irrealista: è questo il grande pregio del bel film di Michele Placido. La storia vera della maestrina comunista (Giovanna Mezzogiorno, toccante) che fa opera di educazione tra i ragazzi e le donne è bellissima ed è già un merito averla riesumata dal silenzio dei libri. Gli Anni 50 lucani che Placido racconta (con appassionata autobiografia) sono complessi e romanzeschi, intrecciano realismo socialista e messa in scena da sacra rappresentazione. Il percorso del ragazzino dall'amore per la maestra alla Chiesa è una sorta di rito purificatorio per la nostra Italia straziata dalle barriere ideologiche. Bravissimi Bentivoglio e Papaleo. Nessuna sorpresa: senza clamori, Placido ha già firmato alcuni fra i film più interessanti degli ultimi anni da Le amiche del cuore a Un eroe borghese.
Piera Detassis, Ciak (10-01-1998)

Può darsi che abbiamo fino ad oggi sottovalutato il cinema di Michele Placido. Del perduto amore potrebbe essere l'occasione per ripensarci. Dopo Pummarò, Le amiche del cuore e Un eroe borghese, dopo'l'immigrazione, le storie private e pubbliche, Placido affronta la storia, il passato, quello pesante e buio della fine degli Anni '50. A Venezia, se ne sono dette e sentite di tutti i colori sul e contro il cinema italiano e ancora una volta, per dirla con la formula canonica e riassuntiva, mancano i vecchi e solidi film medi. E invece eccolo qui un signor film medio come non se ne fanno più e come se ne facevano una volta. Forte, emotivamente gonfio, con tutti i requisiti al posto giusto : dalla regia precisa che sa comporre un'inquadratura e pensa a fare e non a strafare; dalla squadra d'attori in primo piano (Bentivoglio, Rubini, Papaleo...), tutti guidati dalla mano sicura dal capocompagnia, tutti senza una sbavatura (miracolo!), alle tante facce giuste che si scorgono sullo sfondo, a dialoghi e parole che suonano bene. Tutte cose che insieme contribuiscono a dare dell'Italia del dopo guerra i segni (freddi), i dolori (verdastri), il parlato (pugliese), l'atmosfera (chiusa). Perché il film di Placido è questo: la ricostruzione, fatta racconto, dell'Italia di allora, con la maestrina comunista e protofemminista che fa scuola alle bambine del paese del Sud, con il prete, i democristiani, i missini e i socialisti, con un sindaco dc che comincia il comizio presentando moglie e figlie e poi le manda a casa a dormire. Con, in mezzo a loro, una figura che fa da catalizzatore, sbattuta dagli uni agli altri, indecisa: un ragazzo, Gerardo, che diventerà prete. Placido ha coraggio da vendere, non si tira indietro davanti a niente: alla politica, anzitutto, al melodramma, persino alla profezia, con quell'ultimo comizio di Liliana che parla già, prima di morire, come se vivesse e sapesse quello che sarebbe arrivato dieci anni dopo. Ci viene voglia di dirgli sottovoce, che guardando il film a noi è venuto in mente il nome di Giuseppe De Santis. Non si monti la testa, non giochi a fare l'autore. È un raro regista italiano di film medi e nobili. Basta e avanza. Avanti così.
Bruno Fornara, Film TV (24-09-1998)
http://www.comune.re.it/cinema/catfilm.nsf/PES_PerTitolo/FC5F3E829E21F2FEC1256F940045AD99?opendocument

2 comentarios:

  1. Estomado Amarcord, all the links are off it would be very nice if you coul replace them.

    Thanks in advance

    tres

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