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martes, 5 de octubre de 2021

Mordi e fuggi - Dino Risi (1973)

TÍTULO ORIGINAL
Mordi e fuggi
AÑO
1973
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Español, Inglés y Francés (Separados)
DURACIÓN
107 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Dino Risi
GUIÓN
Dino Risi, Ruggero Maccari, Bernardino Zapponi
MÚSICA
Carlo Rustichelli
FOTOGRAFÍA
Luciano Tovoli
REPARTO
Marcello Mastroianni, Oliver Reed, Carole André, Lionel Stander, Bruno Cirino, Nicoletta Machiavelli, Gianni Agus, Marcello Mando, Renzo Marignano, Peter Berling, Alvaro Vitali
PRODUCTORA
Coproducción Italia-Francia; Champion, Concordia Compagnia Cinematografica
GÉNERO
Comedia. Drama. Thriller

Sinopsis
Giulio es un rico industrial italiano que está a punto de casarse con Danda, su novia desde hace tiempo. Mientras le ponen combustible al coche en una estación de servicio, Giulio y Danda son apresados por una banda de violentos revolucionarios izquierdistas. Éstos quieren que el secuestro tenga mucha repercusión para fomentar su causa. (FILMAFFINITY)
 
2 

Tre anarchici, Fabrizio, Raoul e Silvia, rapinata una banca e ucciso un poliziotto per coprirsi la fuga si impadroniscono di due ostaggi: l'industriale farmaceutico Giulio Borsi e la sua amante Daniela Marcellini, studentessa. Seguiti da una decina di macchine della polizia, dai cronisti e dalla televisione, i rapinatori - la cui immunità è garantita dai due preziosi prigionieri - risalgono dal Lazio alla Toscana, in attesa che vengano accettate le loro condizioni per liberare Giulio e Daniela: cento milioni e un aereo per espatriare. I familiari dell'industriale, però, non si risolvono a sborsare la somma. Riusciti a disperdere la polizia, Fabrizio e gli altri riparano nella villa di un generale a riposo dove Daniela, disgustata dalla pusillanimità di Giulio che pur di salvarsi s'è dimostrato disposto a tutti i compromessi, cede al fascino brutale di Fabrizio. Finalmente giunge la notizia che i cento milioni e l'aereo sono pronti. Lasciata libera Daniela, gli anarchici insieme a Giulio raggiungono l'aeroporto di Pistoia (è lì che dovrà avvenire lo scambio). Cadono però in un tranello ordito dagli agenti. Nella sparatoria, muoiono i delinquenti, ma anche Giulio.
https://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/mordi-e-fuggi/22395/


Riscopriamo Mordi e fuggi (1973) di Dino Risi

Mordi e fuggi (1973) non è tra i film più conosciuti del grande Dino Risi, ma sicuramente è uno dei più riusciti e singolari, una magistrale commedia nera mescolata con il genere noir/poliziesco, un ritratto spietato, cinico e caustico della società e politica italiana di quegli anni. Come diceva il maestro Fernando Di Leo, la commedia è il genere che rivela con maggior precisione i caratteri di un’epoca, e Mordi e fuggi ne è una dimostrazione lampante. La genialità dell’operazione si intuisce già dal cast – quei colpi che distinguono un buon film da un grande film e di cui solo i grandi registi sono capaci – in cui Risi affianca due star così gigantesche ma diametralmente opposte come il nostro Marcello Mastroianni, re del cinema italiano, e l’inglese Oliver Reed, sanguigno interprete di ruoli da “duro” (ricordiamo il poliziesco Revolver e il dramma/horror I diavoli), una strana coppia che funziona a meraviglia.

Scritto dallo stesso Risi insieme a Ruggero Maccari e Bernardino Zapponi, ha come protagonista l’industriale farmaceutico Giulio Borsi (Mastroianni), che durante una scappatella amorosa con l’amante Danda si imbatte in un trio di rapinatori guidati dal celebre Fabrizio Lener (Reed). I tre anarchici, reduci da un colpo dove è stato ucciso un poliziotto, durante una sosta in autogrill prendono in ostaggio la coppia costringendoli a salire in macchina con loro per coprirne la fuga, e chiedendo un riscatto di cento milioni di lire per il rilascio dei due. Mentre la polizia li insegue insieme a un capannello di giornalisti e curiosi che ne fanno un caso mediatico, la fuga dei cinque prosegue tra varie avventure, compresa la sosta in casa di un anziano e bizzarro ex generale che vive con la sorella.

C’è davvero tanto in Mordi e fuggi, già nell’aspetto narrativo e formale prima ancora che contenutistico. Davvero mirabile come Dino Risi riesca a mescolare i canoni della commedia all’italiana (satira, risate a denti stretti, battute al vetriolo) con elementi noir, un genere che qui non si riduce alla burla o alla parodia: la rapina con un morto, il sequestro a mano armata, il finale sanguinario e tragico, il tutto filtrato con lo sguardo grottesco e satirico tipico di Risi – e del resto, la commedia nostrana dei tempi d’oro è sempre stata ricca di momenti drammatici (pensiamo all’evoluzione di Un borghese piccolo piccolo da satira di costume a crudele film di vendetta).

La struttura da road-movie con i tre banditi e gli ostaggi inseguiti dalla polizia, divenuta in seguito un topos del genere poliziesco, era all’epoca qualcosa di innovativo – nel 1974, ma uscito solo molti anni dopo, Mario Bava ci forniva un magnifico esempio con la pietra miliare Cani arrabbiati, che presenta più di un punto in comune con Mordi e fuggi (in primis, l’idea di girare buona parte del film all’interno di un’auto con la claustrofobica descrizione dei rapporti fra i personaggi).

Ancora di più colpisce la similitudine con il celeberrimo e successivo film americano Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975), con Al Pacino rintanato nella banca che ha appena rapinato, soprattutto per la sarabanda mediatica che si scatena attorno al sequestro. Difficile dire se Bava e Sidney Lumet abbiano visto e si siano ispirati all’opera di Risi – dato che gli anni di produzione erano sequenziali, e non sappiamo quando effettivamente siano stati distribuiti i vari film – ma di certo la nostra opera è frutto di un’idea geniale e innovativa.

L’elemento poliziesco e la commedia sono fusi in maniera inestricabile, con una prevalenza della seconda, dando vita a uno spietato ritratto socio-politico dell’Italia nei suoi anni più turbolenti – altri paragoni che vengono in mente sono Vogliamo i colonnelli di Mario Monicelli sui vari tentativi di golpe e Caro papà dello stesso Risi su terrorismo e rapporti familiari. Mordi è fuggi è un po’ un sunto di tutto quanto stava accadendo nel Belpaese: se il fattore politico è predominante, non è secondaria neanche la messa alla berlina dei vizi degli italiani – l’industriale con l’amante, il fidanzato di Danda (Carole André) che non si fa problemi perché crede nell’amore libero, i “parenti serpenti” di Mastroianni che preferirebbero tenersi i soldi e lasciarlo al suo destino.

Particolarmente sviluppato è poi il discorso legato alla lotta politica armata: i tre banditi ci tengono a identificarsi non come rapinatori ma come anarchici comunisti che rapinano e uccidono non per i soldi ma per la causa rivoluzionaria (“Mordi e fuggi” è il bizzarro nome del loro gruppo di appartenenza) – il che innesca una serie di dialoghi per nulla scontati con l’industriale Mastroianni, incarnazione del capitalismo, sulla società contemporanea.

C’è poi quella spiccata satira dei mass-media a cui si accennava in precedenza, attraverso gustosi siparietti come l’auto inseguita da operatori televisivi e reclame pubblicitarie. Mordi e fuggi può contare su una solidissima sceneggiatura diretta da una regia come sempre impeccabile, che costruisce un racconto appassionante ricco di quei momenti grotteschi e graffianti che non possono mancare in questi film: la scena al ristorante con Mastroianni che cerca di rinnegare il suo credo fascistoide per non inimicarsi i sequestratori, i giornalisti che inseguono l’auto coi cinque, l’inseguimento che fa cadere i preti in bicicletta (notiamo anche una certa satira sul clero), le ciniche preoccupazioni di industriali e polizia sulle conseguenze della situazione, e la banda che interrompe un disco con vecchia musica per cantare un inno anarchico (quest’ultimo è solo uno dei numerosi siparietti in casa del generale interpretato da Lionel Stander).

La coppia Mastroianni/Reed giganteggia, rimanendo impressa proprio per la diversità dei due attori che danno vita a duetti memorabili – tanto impaurito e ossequioso il primo quanto granitico e inflessibile il secondo, acclamato dalla gente quasi fosse un novello Robin Hood: uno strano rapporto che sfocerà persino in una sorta di amicizia. Notevoli anche i caratteri a latere, in particolare le due donne – Carole André che diverrà l’amante di Lener, forse perché ritenuto più uomo rispetto a Giulio Borsi, e la mascolina Nicoletta Machiavelli nel ruolo dell’anarchica – senza dimenticare il terzo uomo interpretato dal caratterista Bruno Cirino.

Mordi e fuggi è davvero un film d’altri tempi, lo specchio di un’epoca ma anche di un cinema oggi scomparso: un grande regista, grandi attori e un altrettanto ottimo comparto tecnico, dal direttore della fotografia Luciano Tovoli al compositore della colonna sonora Carlo Rustichelli – autore di melodie malinconiche con il suo consueto stile jazz, alternato a brani musicali tipici di quegli anni.
http://www.lascatoladelleidee.it/mordiefuggi1/

Un auto, tre sequestratori e due ostaggi. Si possono prendere due vie, entrambe "on the road": il dramma teso di CANI ARRABBIATI o la versione più soft che guarda invece alla commedia come farà Spielberg l'anno dopo in SUGARLAND EXPRESS (aggiungendovi un po' di action). Dal momento che il protagonista è Mastroianni e il regista Dino Risi è facile capire quale sia qui la strada scelta. Per la parte di Fabrizio, il leader dei banditi dai vaghi ideali anarchico-comunisti, troviamo nientemeno che Oliver Reed. Assieme ai suoi due compagni d'avventura (Machiavelli e Cirino) rapina una banca - pur se ricavandone un bottino più magro del previsto - e nella fuga si ferma a sequestrare sulla strada un industriale (Mastroianni) in piena scappatella con la giovane amante (André). I cinque vengono presto intercettati dalla polizia che tuttavia non può ovviamente agire pena l'uccisione degli ostaggi. Un road movie che mescola la commedia tradizionale (impagabile Mastroianni che in azienda dice di sostituire sulle indicazioni di un loro farmaco la parola "prurito" con "irritazione cutanea" precisando che non è la stessa cosa perché "se uno ha un'irritazione cutanea compra la pomata, se ha un prurito si gratta e se ne frega") a una leggera e un po' scontata denuncia nei confronti del cinismo dei media, che ovviamente seguono l'inseguimento a distanza come fosse uno show. Ben scritti soprattutto i dialoghi di Mastroianni, cui spetta il ruolo più sfaccettato e meditato. Se infatti quello di Reed è per forza di cose il personaggio più tetragono e rigido nell'impostazione, "costretto" a una recitazione che lascia poco spazio all'estro, il Giorgio di Mastroianni è invece un bell'esempio di come si riesca a lavorare con profitto sulle contraddizioni, il realismo, la codardia e la rassegnazione. Con un occhio all'ironia naturalmente, da sempre punto di forza dei film di Risi che provvede col mestiere a tenere alti i ritmi. Ci si arena un po' nella seconda parte, in gran parte ambientata nella villa dove uno Stander in versione vecchio trombone (toscano) ospita suo malgrado il gruppo in fuga. Qui l'interazione si fa più corale e la complicità ambigua, con qualche concessione - per quanto soft - al sesso. Si perde un po' in grinta e si va scemando in direzione di un finale in ogni caso correttamente svolto. Spassoso Gianni Agus nella sosta all'area di servizio, testimonianza dell'usuale gran lavoro delle seconde linee, ma è evidente che il film lo sostiene Mastroianni, superlativo (si veda quanto comunica anche con una sola espressione mentre assiste al cinema alla proiezione di CICCIO PERDONA... IO NO! a fianco di un esilarato Reed). Più in ombra la Machiavelli/maschiaccio, di semplice complemento Cirino. Simpatico Beppe Barra al solito schierato tra le forze dell'ordine.

MARCEL M.J. DAVINOTTI JR.
https://www.davinotti.com/film/mordi-e-fuggi/5859


Alla radice della Società Fluida
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In Mordi e Fuggi invece la poetica del disincanto è più evidente, più ragionata, lucidamente teorizzata, ma non meno suggestiva e graffiante. Due classi esistenziali solo apparentemente opposte ma in realtà similissime nel loro inconcludente e nichilista “saccheggio dell’effimero”: Mastroianni e Carol in una pigra e vuota avventuretta da gita giornaliera e un gruppo di criminali/rivoluzionari che vivono solo nell’istante, privi di ogni vera idealità. Il messaggio è deflagrante: la società di massa si fonda sulla dialettica di falsi opposti: evasione e conflitto, consumo e autocelebrazione, fuga verso il vuoto e narrazione mediatica di qualsiasi accadimento. Stupenda l’immagine del corteo di macchine della polizia che insegue senza convinzione la Mercedes dei sequestratori mentre ai lati dell’autostrada e negli autogrill folle pittoresche di spettatori-commentatori celebrano i riti del circo televisivo. La Mercedes viene subito seguita da una felliniana vettura pubblicitaria di una bibita con tanto di velina ante litteram sorridente e pubblicizzante. Anche il commissario che metterà fine a colpi di mitra alla doppia recita degli rivoluzionari da operetta e del miliardario ridotto a merce appare un volto recitante un canovaccio, pur degno di una comparsata pasoliniana. La colpa dei banditi non è aver sequestrato ma aver interrotto l’avventura sexy di un pomeriggio dello sfaccendato industriale. Non ci sono vittime né eroi ma sono consumatori di relazioni di scambio elementari, primitive, senza sviluppo né radice.

Bellissima la scena quando il capo bandito si diverte complice con il sequestrato Mastroianni nell’ascoltare vecchie canzoni anni '30-4'0, salvo poi arrabbiarsi quando sente Bombolo. Allusione evidente a prese in giro infantili. La rivoluzione perde ogni etica e valore e viene ridotta a “consumismo alternativo”, mosso in questo caso dalla rabbia latente di un bulimico disadattato, che come rivoluzionario vive anch’egli a singhiozzo, come il miliardario, tra una rapina e un pranzo in autogrill, la sua autistica “vita come gita”, fino allo sfinimento e alla consumazione psicobiologica della persona tutta involta nella “forma merce”.

Giacomo Maria Prati
https://wsimag.com/it/spettacoli/26777-alla-radice-della-societa-fluida

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