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miércoles, 1 de agosto de 2012

L'impero di marmo, la straordinaria pietra che rese splendida Roma - Folco Quilici (2004)


TITULO ORIGINAL L'impero di marmo
AÑO 2004
IDIOMA Italiano
DURACION 58 min.
DIRECCION Folco Quilici
CONSULTA CIENTIFICA Dario Del Bufalo 
FOTOGRAFIA Riccardo Grassetti 
TEXTOS Marino Maranzana 
MUSICA Vincenzo Ricca 
MONTAJE Marilena Grassi
PRODUCCION Istituto Luce, Roma
GENERO Documental / Arqueología

SINOPSIS Una colonna di granito rosa al Pantheon. A duemila chilometri di distanza, ecco dove essa venne estratta, in Egitto montuoso e desolato, per essere di li trasportata nel deserto, poi sino al Nilo, disceso in zattera. E attraverso il Mediterraneo caricata su una nave speciale sino a Roma, per venire innalzata assieme alle altre del Pantheon e della Basilica Ulpia. Possenti e stupende come le mille opere di marmo che fecero unica Roma imperiale. Esaltazione della regalità divina degli Imperatori, ritratti di donne splendide, di guerrieri, di schiavi, di mitici esseri e divinità dorate con intarsi preziosi. La "pietra che riluce", protagonista di una "avventura archeologica" realizzata da Falco Quilici.


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Una colonna di granito rosa al Pantheon, davanti ai nostri occhi immobile nel tempo, al centro d’una grande città moderna. A duemila chilometri di distanza, ecco dove venne estratta, in un Egitto montuoso e desolato, per essere di lì trasportata nel deserto, poi sino al Nilo, disceso in zattera. E attraverso il Mediterraneo caricata su una nave speciale sino a Roma, per venire innalzata insieme alle altre del Pantheon e della Basilica Ulpia. Possenti e stupende come le mille opere in marmo che fecero unica la Roma imperiale. Marmi da ogni parte dell’impero: giallo oro dalla Numidia, rosso dal Peloponneso, alabastri rosa dall’Algeria, verde dalla Tessaglia, rosso sangue dalla Tebaide...
Un film rigorosamente scientifico, ispirato all’opera Marmora Romana di Raniero Gnoli, narra dei “cacciatori di marmi” ieri e oggi alla ricerca di giacimenti a volte più preziosi di quelli auriferi, quelli della “pietra che riluce”. Esaltazione della regalità divina degli Imperatori, ritratti di donne splendide, di guerrieri, di schiavi, di mitici esseri e divinità dorate con intarsi preziosi. La “pietra che riluce”, protagonista di una “avventura archeologica” realizzata da Folco Quilici con la sua consueta abilità narrativa.
http://www.archeologiaviva.it/index.php/Mode/events/CEID/30/DVD_L'impero_di_marmo.html
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L'Impero di marmo
Sono sparsi nei punti piú diversi del Mediterraneo i resti di quelle che furono le cave del marmo policromo che ricoprí e rese splendida Roma. Ispirato dall'opera Marmora romana del professor Gnoli, il film narrerá e mostrerá la meraviglia di una materia sempre diversa, che valevano oro. Simbolo di opulenza e di potere, preziosa per edifici civili e religiosi; per la statuaria, per l'edilizia pubblica. Per il lusso di privati e soprattutto la vanitá degli uomini di potere. Il rosso porfido utilizzabile solo dagli Imperatori; il resto, per lo splendore della cittá. Lo provano ruderi di palazzi, anfiteatri, ville, terme, templi. Oggi scheletri, ieri - come il nostro film ci mostrerá con la scoperta di resti eccezionali e ricostruzioni virtuali - edifici sontuosamente decorati nelle varietá desiderate e condizionate da mode capricciose. E assecondate dalle forniture provenienti dai luoghi d'estrazione (tra i piu famosi il Mons Claudianus, in Egitto e la cava del giallo di Numidia a Chemtou, in Tunisia).
Il lungo viaggio, il "romanzo del marmo", giunge sino al momento in cui tanto splendore parve cancellato per sempre. Quando a Roma, ormai cittá morta, crollavano a pezzi gli orgogliosi edifici. Proprio allora, per?, il materiale marmoreo di palazzi, templi, anfiteatri, si rivel? prezioso per la rinascita della cittá. La riforna di materia prima, la riporta alla gloria con il Rinascimento e l'et? barocca. I resti di palazzi, ville, marmi scavati nell'antichit?, d'ogni qualit? e colore, furono di nuovo protagonisti assoluti. Resero grande la Roma cristiana.
Vicenda straordinaria che non sarebbe mai stata scritta se non fosse esistita, nel passato, la passione per il marmo. E se non fossero state tracciate, per il trasporto della "pietra che riluce", vie e rotte (audaci e difficili, che il film ripercorrer?). Da cave remote ai grandi centri dell'Impero.
Quel marmo che aveva trionfato dal I al III secolo e dopo un silenzio di secoli ispir? e nutr? una nuova et? della bellezza, sar? dunque il protagonista di un "racconto archeologico" la cui durata ? prevista in un'ora. Nella veste smagliante del sistema digitale. Attraverso l'Istituto Luce, e gli Istituti di Cultura Italiani all'Estero, i principali Festival Cinematografici a carattere culturale, le reti televisive a destinazione divulgativa, la destinazione del film sará quella di far conoscere e apprezzare nel mondo un tesoro di straordinario valore e bellezza, sotto gli occhi di tutti ma praticamente sconosciuto
http://www.folcoquilici.com/marmo2.html


Cronaca di Folco Quilici delle riprese de "L'impero di marmo" tra le montagne d'Egitto
Ho appena vissuto un’avventura da “cacciatore di marmi”, così come si può definire chi si inoltrava in tempi lontani in zone remote e inospitali. Là dove si riteneva che sabbie e rocce celassero giacimenti a volte più preziosi di quelli auriferi.
Ricerche accanite avvennero oltre duemila anni fa e ancora continuano soprattutto tra le impervie montagne d’Egitto.
Là tra altri marmi, s’estraeva quanto faceva impazzire di desiderio gli Imperatori romani, il porfido, dallo splendido color rosso-sangue e compatto e duro da esser considerato eterno; e per questo riservato a ritrarre Dei e Faraoni.
I romani fecero compiere ricerche per individuare la segreta cava degli egizi, e la scoprì nell’età di Tiberio, il legionario Caio Cominius Leugas. Da allora in poi agli Imperatori di Roma fu possibile essere ritratti nella stessa rara materia riservata ai Faraoni.
Dopo Roma, di quella cava si persero le tracce. L’avrebbe ritrovata a metà ottocento un inglese, l’egittologo Hume, vagando per il deserto e mostrando un pezzo di porfido ai beduini delle montagne. Continuando a chiedere se sapessero da dove proveniva, finì con ritrovare la cava perduta.
Dove, nel 1936, giunsero quattro strani cacciatori di marmo dal berretto con una piuma. Erano alpini inviati in Egitto da Mussolini (o da un suo zelante incensatore), a cercar la cava del porfido. Il Duce desiderava evidentemente essere a sua volta ritratto nella materia riservata a Faraoni e Imperatori. Giunti tra i monti detti Gebel Abu Dokhan, ovvero “fumanti” per il calore infernale che li caratterizza, i ricercatori Berardi, Lerario, Quatolo e Rossi cercarono e trovarono la cava nelle gole del Gebel, come testimoniano i loro nomi incisi su quelle rocce. Ma non furono in grado di riportare in patria un blocco atto alla bisogna, sicché Mussolini dovette accontentarsi di venir ritratto in un porfido proveniente dai monti di Bolzano, un busto recentemente ritrovato da Dario Del Bufalo. Archeologo e storico dell’arte, oggi uno dei più accaniti ed esperti “cacciatore di marmi”, sia quelli scolpiti, sia quelli vergini; è suo il progetto di ritrovare la maggior cava di basanite, probabilmente sepolta nelle sabbie contese tra Sudan e Egitto. Di là, lui sostiene, venne il marmo per scolpire straordinari e giganteschi capolavori, come l’“Ercole” al Museo Archeologico di Parma.
Gli sono a fianco, in questi mesi, in un’altra caccia a marmi preziosi. Non per farne statue o busti eterni, ma un film-documento spettacolare.
Insieme abbiamo risalito alte montagne d’Egitto, sino al sito chiamato “Mons Claudianus”, dal nome dell’Imperatore che vi spedì, come i suoi successori, migliaia e migliaia di schiavi, in maggioranza cristiani. La loro condanna ad metalla consentì di estrarre e modellare colonne gigantesche, alcune di quasi venti metri e molte tonnellate di peso. Calate dalle montagne, trascinate nel deserto, imbarcate prima sul Nilo e trasportate poi attraverso tutto il Mediterraneo, e giunte a Roma, giganteggiano da allora, intatte, nel pronao del Pantheon.
Altra caccia ai marmi m’ha condotto a individuarne un giacimento imponente sul fondo del mare di Taranto. Appena la meteorologia me lo permetterà raggiungerò quel sito con un potente robot e se l’operazione riuscirà, potrò vantarmi d’essere un “cacciatore di marmi” con specializzazione sottomarina.
Folco Quilici
http://www.folcoquilici.com/marmo3.html

 

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