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martes, 31 de julio de 2012

Romanzo Criminale - Michele Placido (2005)

TÍTULO ORIGINAL Romanzo criminale
AÑO 2005
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español, Italiano e Inglés (Separados)
DURACIÓN 147 min.
DIRECTOR Michele Placido
GUIÓN Giancarlo De Cataldo, Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Michele Placido (Novela: Giancarlo De Cataldo)
MÚSICA Paolo Buonvino
FOTOGRAFÍA Luca Bigazzi
REPARTO Stefano Accorsi, Kim Rossi-Stuart, Pierfrancesco Favino, Jasmine Trinca, Claudio Santamaria, Riccardo Scamarcio, Anna Mouglalis, Elio Germano, Toni Bertorelli, Stefano Fresi, Massimo Popolizio, Francesco Venditti, Benedito Sicca, Daniele Miglio
PRODUCTORA Coproducción Italia-Francia-GB
WEB OFICIAL http://www.romanzocriminale.it/
PREMIOS
2006: Festival de Berlín: Sección oficial de largometrajes
2005: Premios David di Donatello: 8 premios. 14 nominaciones
GÉNERO Drama | Crimen. Mafia

SINOPSIS Roma, años 80. Tres jóvenes delincuentes, Libanés, Hielo y Dandy, con la ayuda de una improvisada banda de malhechores, entre ellos El Negro, un extremista que se cree el último samurai, secuestran y asesinan brutalmente a un rico propietario. El dinero del rescate deciden invertirlo en el negocio de la heroína. Así nace una organización criminal despiadada que elimina a todos sus rivales, controla completamente el tráfico de drogas y se alía con la Mafia. Al mismo tiempo se beneficia de la protección de los hombres sin rostro a los que el gobierno asigna el trabajo sucio. Mientras tanto, las autoridades están enfrascadas en la lucha contra el terrorismo de las Brigadas Rojas y subestiman la avalancha de violencia y dinero sucio que inunda y domina Roma. El único que presiente el poder devastador de estos nuevos gángsteres es el capitán Scialoja. Para destruirlos, Scialoja mantiene una peligrosa relación con Patrizia, una intrigante prostituta que además resulta ser la chica de Dandy. (FILMAFFINITY)


"Romanzo criminale è un film politico pieno di inguaribile romanticismo" - intervista a Michele Placido

È stato presentato mercoledì 28 settembre a Bari, in anteprima nazionale, ad una platea di cinefili e studenti universitari Romanzo criminale, l'ultimo film che Michele Placido ha tratto dall'omonimo romanzo del magistrato tarantino Giancarlo De Cataldo. Una pellicola che attraversa come una lama tagliente la storia italiana a cavallo fra gli anni settanta ed ottanta scrutandola attraverso le lenti deformanti dei fatti della "banda della Magliana". Al termine della proiezione, accolta da applausi e consensi, abbiamo incontrato il regista ed attore di film come Un eroe borghese, Un viaggio chiamato amore e Ovunque sei.

Come nasce il progetto cinematografico di Romanzo criminale?
"Il progetto nasce grazie ad una società di produzione come Cattleya - racconta Placido a Sentieri selvaggi - che ha acquistato i diritti del libro convinta di poterlo adattare con successo per il grande schermo. Dopo che erano stati proposti vari nomi di registi italiani, come quelli di Marco Tullio Giordana e Roberto Faenza, mi è arrivata una sceneggiatura scritta da Rulli e Petraglia e solo dopo averla letta mi sono avvicinato al testo di De Cataldo".

E poi cosa l'ha incuriosita del romanzo?
"Ho avuto subito l'impressione che si potesse fare un buon film da questo libro. Un film importante perché in queste pagine si parla di fatti che hanno segnato la storia italiana degli ultimi anni, ma non solo: si racconta anche una tragedia umana, una vicenda che tocca direttamente gli amori, gli odi e le passioni degli uomini".

Una storia difficile e rischiosa da adattare su grande schermo non crede?
"Beh sicuramente bisognava trovare lo stile giusto per raccontare queste pagine. Uno stile troppo realistico avrebbe posto l'accento sull'aspetto documentaristico e, probabilmente, non avrebbe incontrato il gusto di un pubblico abituato a stili narrativi più moderni ed efficaci."

E allora?
"Allora, dato che il romanzo lo permette, ho scelto un taglio in bilico fra il realismo ed una dimensione tragica che avvicina molto lo sguardo dello spettatore ai protagonisti. Ho aggiunto un prologo che non c'è nel libro e che regala al film un'atmosfera più intima e romantica, segnando un destino tragico e comune ai personaggi principali della narrazione. Poi, soprattutto nella seconda parte, ho avvicinato i volti degli attori con primi piani costanti e ravvicinati, quasi a voler entrare con la macchina da presa nell'intimità di queste vite tragiche ed impossibili. Vedrete che Romanzo criminale è un film molto fisico, molto passionale, tutto focalizzato sui corpi degli attori..."
Oltre ai rischi stilistici, però, questa storia nascondeva anche qualche insidia per i risvolti politici legati ai fatti della banda della Magliana...
"Su questo non vi sono dubbi. Ascoltando le prime reazioni alle proiezioni, però, ho ricevuto assensi e complimenti su come ho trattato le questione politiche legate al film. Credo che questo sia il mio lavoro più completo, quello che dimostra maggiore equilibrio fra politica e cronaca, realtà e finzione. Poi è bene ricordare, come ho già detto, che nel film vi sono anche delle storie d'amore intense e passionali. C'è molto romanticismo che spero avvicini anche il pubblico dei più giovani che, magari, sanno poco o nulla su ciò che è accaduto in quegli anni."

Come è riuscito a rendere più umani e "romantici" personaggi così negativi ?
"Innanzitutto voglio precisare che nel film non ci sono personaggi positivi, anche se i personaggi del libro di De Cataldo hanno uno spessore epico ed umano di grande potenza. Poi, in alcuni casi, ho teatralizzato i tratti caratteriali di alcuni di loro. Per esempio la figura del commissario Scialoja, che è interpretato da Stefano Accorsi, è molto più ambigua che nel libro, e questo nonostante le perplessità sollevate dallo stesso Accorsi. Ed è bene anche ricordare che si parla sempre di personaggi che hanno profondi limiti umani ed intellettivi, persone tragiche che vivono solitudini estreme e situazioni al limite: e tutto questo traspare chiaramente grazie al grande lavoro degli attori che hanno saputo tratteggiare questi chiaroscuri esistenziali."

Anche perché il film ha un cast d'eccezione...
"Si, ho avuto la fortuna di poter contare su attori come Claudio Santamaria, Kim Rossi Stuart, Stefano Accorsi, Jasmine Trinca, solo per ricordarne alcuni. Tutti professionisti seri che vengono da esperienze teatrali ed hanno trasmesso ai loro personaggi una certa pietas, un alone di fragilità che accarezza queste figure rendendole ancora più tragiche. Arricchendo il film di quella vena emotiva e passionale che credo attraversi un po' tutti i miei lavori, come un respiro da grande tragedia shakespeareana. Ma credo che anche gli attori che interpretano "ruoli di fianco" come Antonello Fassari, Gianmarco Tognazzi e Massimo Popolizio siano davvero bravi."

Dai corpi degli attori ai luoghi ed agli spazi urbani narrati in Romanzo criminale. Quanto è stato difficile ricostruire questa Roma anni settanta?
"È stato molto impegnativo, ma spero che i risultati siano soddisfacenti. Mi piace ricordare, però, che nel film non c'è solo la ricostruzione storica di Roma, ma anche quella di altre città come Milano e Bologna, con le tragiche immagini in digitale della strage alla stazione. Poi naturalmente il teatro dell'azione è questa città di Roma sospesa fra periferie, borgate ed i grandi centri nascosti di un Potere impalpabile. Il discorso sulla ricostruzione dei luoghi, che spero sia riuscita nonostante le difficoltà, investe anche i filmati di repertorio che ho inserito nel film: dove ho creduto che la ricostruzione puramente cinematografica non fosse sufficiente ho preferito affidare la memoria storica alle immagini televisive di quegli anni".

In conclusione come definirebbe il suo ultimo film?
"Lo definirei un film politico pieno di inguaribile romanticismo."
http://www.sentieriselvaggi.it/6/12023/Romanzo_criminale_%C3%A8_un_film_politico_pieno_di_inguaribile_romanticismo_-_intervista_a__Michele_Placido.htm

Romanzo Criminale (2005) di Michele Placido. Sui teleschermi satellitari imperversa da Novembre l’omonima serie televisiva realizzata da Sky: nulla da eccepire dal lato formale e tecnico ma… una serie che brilla per mancanza di tensione e di suspense, troppo diluita in eccessivi episodi ripetitivi, monotoni e monocordi.
Meglio allora rivedersi il film originale di Michele Placido, incoronato nel 2006 da 8 David di Donatello, 5 Nastri d’Argento, 2 Ioma. Ecco quanto scrissi all’uscita del film.
Un ritorno alla grande per Michele Placido, dopo gli esiti deludenti delle sue ultime fatiche (scivolate, come ha sottolineato più di un critico, nei terreni paludosi dell’autorialità esistenziale) Un viaggio chiamato amore (2001) e Ovunque sei (2004): Romanzo Criminale è tra i film italiani più costosi della stagione ( 8 milioni di euro) e ha raggiunto un incasso di quasi 1 milione di euro durante il primo fine settimana di uscita.
Non dev’essere stato agevole condensare le 632 pagine del libro di Giancarlo De Cataldo e sintetizzare quindici anni di gesta criminose. Ma l’impresa si può dire complessivamente riuscita.
La meticolosa descrizione dei componenti della banda della Magliana (nascita formazione apoteosi e morte), l’analisi corale delle loro imprese, della loro ascesa e caduta, richiama immediatamente il migliore cinema d’oltreoceano (Hawks, Coppola, Scorsese, De Palma…) e la capacità (come ha scritto il “Corriere della Sera”) “di far sentire allo spettatore che quei delinquenti non sono degli alieni, ma dei nostri simili le cui scelte aberranti nascono sul terreno di un’umanità comune”. Ma la visione di Placido è più cinica e pessimista (l‘happy end naturalmente manca).
Sfuggendo alla cosiddetta “sindrome delle due camere e cucina” (l’incapacità del nostro cinema di andare oltre la piccola e ripetitiva storiellina, che è possibile raccontare senza scomodare tematiche di grande rilevanza e soprattutto esosi mezzi produttivi) Michele Placido ha realizzato un film storico, un’opera di denuncia sociale e politica, un poliziesco amaro e furioso: sparatorie, erotismo, bische, cocaina, amicizia virile, imboscate, servizi deviati e tante canzoni d’epoca a scandire il passare del tempo. Un film duro, angoscioso, quasi claustrofobico (l’obiettivo della macchina da presa è spesso incollato ai volti dei protagonisti, mentre Roma è raffigurata come una città buia e cupa) anomalo nella corrente cinematografia italiana e che rimanda non solo al modello americano ma alla nostra grande tradizione, da Rosi a Petri.
Difetto dell’opera è l’eccessiva lunghezza: la prima parte presenta lungaggini e ripetizioni che si potevano evitare, comportamenti e mentalità non sufficientemente definiti e carenza di pathos. L’ultima ora è quasi perfetta: l’affresco dei caratteri è più adeguato, screziato ed antimanicheo; i personaggi acquistano uno spessore umano e una profonda drammaticità esistenziale senza ricorrere a psicologismi posticci e scorciatoie macchiettistiche, il coinvolgimento emotivo dello spettatore è completo.
Onore al merito all’intero cast che vede riunito quasi tutto “il meglio” del nostro cinema. Una lode particolare a Pierfrancesco Favino, Anna Mouglalis, Gianmarco Tognazzi e soprattutto a Kim Rossi Stuart (eccezionale come e più del solito).
http://cineocchio.altervista.org/wordpress/2009/01/06/romanzo-criminale-2005-di-michele-placido/
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ITALIAN TABLOID
Dopo i fischi veneziani, Placido decide di ripercorre le sue origini cinematografico-televisive più o meno lontane (Romanzo popolare, La piovra) per portare sul grande schermo il più grande affresco criminale su carta che l’Italia letteraria abbia mai avuto tra le dita. Tratto dall’omonima opera di De Cataldo, Romanzo Criminale è un armonico esempio di darwinismo malavitoso, che narra le gesta di una ghenga di bestie feroci in grado, a cavallo degli anni settanta e ottanta, di conquistare Roma e di spaventare l’Italia intera.
Iene metropolitane, figure pasoliniane intrappolate tra la miseria delle case popolari di Tor di Nona e della Magliana, che, esasperati da un destino avverso da generazioni, decidono di arrampicarsi fino all’ultimo piano del grattacielo della criminalità, prendendo di petto tutto e tutti: dalla polizia ai vecchi padroni imborghesiti; finendo per cadere uno ad uno, come romantici antieroi: chi in un vespasiano, chi davanti un negozio di antiquariato, chi sulla scalinata di una chiesa. La pellicola di Placido muove i suoi primi passi ideologici proprio dal film di Monicelli, cambiando lo sfondo urbano con Roma che si sostituisce a Milano, mantenendo però lo scorcio storico: quello dell’Italia degli anni settanta, in equilibrio precario tra la povertà dei quartieri popolari e il boom economico che si è appena lasciato alle spalle. La Roma di Romanzo Criminale è una capitale intrappolata tra tradizione e industrializzazione, asfissiata dalla paura sociale alimentata dalle agitate minoranze rumorose, humus ideale per far germogliare una delle associazioni criminali più barbare che la nostra storia recente ricordi.
Il film parte bene, stupendo in positivo almeno nei primi minuti. Appena trascorso l’incipit fanciullesco infatti, il regista ricicla sullo schermo l’escamotage utilizzato dal magistrato-scrittore con il segnalibro interno del suo romanzo. L’occhio viene quindi rapito dal ritmo dei titoli di testa, sincronizzati alla perfezione con le istantanee di presentazione dei protagonisti; un espediente tipicamente di genere, che rompe il ghiaccio con successo e catapulta lo spettatore nella tragica epopea della banda. I dialoghi, colorati di cadenze dialettali, risultano a dir poco coinvolgenti e calzano a pennello con le psicologie e le maschere dei personaggi, curate con minuzia e solerzia. Gli sceneggiatori Rulli e Petraglia ci mettono del loro, indugiando spesso sui fatti di cronaca vera, che si incastrano con una trama, solo a tratti romanzata, come il tassello mancante di un puzzle. Placido opta per una regia “naturalistica”, lascia esprimere il capitale recitativo messogli a disposizione intervenendo poco o niente, limitandosi ad accentuare il tono drammaturgico di alcune scene chiave, come l’omicidio in pieno giorno del Terribile sulla scalinata di Piazza di Spagna, o le pugnalate alle spalle di Libano da parte di Gemito. La vera forza di Romanzo Criminale infatti, sta nelle interpretazioni dello sfavillante cast, che per gli standard italiani è una vera e propria sciccheria. Eccezion fatta per Accorsi, che non riesce quasi mai a far vibrare le corde giuste del suo personaggio, il resto dei protagonisti (Favino e Scamarcio su tutti) perviene nell’impresa di far rivivere su pellicola gli amori, le ossessioni e le inquietudini del triangolo di amici che reggono le fila della gang.
Più che dalla personalità dietro la macchina da presa di Placido infatti, le scene più coinvolgenti (l’addio tra Libano e il Freddo e il faccia a faccia tra Accorsi e Kim Rossi Stuart) sembrano trascinate dalla naturale alchimia degli interpreti, a conferma che in Italia di talenti ce ne sono eccome, e che basta solo utilizzarli bene per farli rendere al meglio. Di contro però, la pigrizia e la sciatteria di Placido, dimostrate durante le due ore e mezza di durata, dovrebbero far riflettere e non poco. Con il materiale al tritolo che aveva a disposizione, era francamente impossibile bucare il film, ma è altrettanto vero che un crime movie non si gira in questo modo. Per tutta la durata della pellicola infatti, non si vede un inseguimento neanche per sbaglio, le sparatorie e gli agguati latitano, e di conseguenza i gangli ritmici della narrazione finiscono ben presto per ingolfarsi in una serie di gineprai psicologico-intellettuali caratteristici di un certo tipo di cinema italiano, che vorrebbe essere d’essai anche quando non se ne sente il bisogno.
Con il passare dei minuti, Placido si dimostra troppo poco cattivo per approcciarsi al meglio verso questa tipologia di racconto. Gira come se pensasse ancora con la testa del commissario Cattani, mentre in questo caso sarebbe stato più indicato un piglio alla Cariddi. A provare quanto detto, c’è il pessimo finale, che si riallaccia con un tono buonista e inutilmente melassoso all’infanzia dei tre.
628 pagine inoltre, avrebbero avuto bisogno di un minutaggio molto più ampio, per respirare a pieni polmoni sul grande schermo. Stupisce quindi che agli sceneggiatori non sia barlumata l’idea di riproporre in Romanzo Criminale la divisione in atti che aveva caratterizzato, ad esempio, la scansione narrativa de La meglio Gioventù; certo, la percentuale di rischio da affrontare era elevata, ma solo in questo modo si sarebbero potute cogliere al meglio le sfaccettature più profonde del masterpiece decataldiano. La sceneggiatura infatti, si concentra quasi esclusivamente sui rapporti che intercorrono tra Libano, Dandi e Freddo, lasciando così sullo sfondo personaggi come Bufalo, che nel romanzo raggiungeva tutt’altro spessore, o addirittura omettendone altri, come il Ranocchia o Raffaele Tutolo. Alla completezza viene quindi contrapposta la sintesi, che non provoca sbalzi incomprensibili nell’ economia dell’intreccio, ma alla resa dei conti risulta poca cosa rispetto al romanzo.
Romanzo Criminale è sicuramente un film piacevole che, pur con mille difetti, riaccende la speranza di un cinema di genere popolare, in grado di liberarsi dai carabinierismi televisivi. Mentre scorrono i titoli di coda però, una domanda mi rimbalza come impazzita nella testa: cosa sarebbe successo se un soggetto così dannatamente esplosivo fosse stato messo nelle mani di qualche nostro “vecchio” regista d’azione come Castellari o Lenzi?
Ai posteri l’ardua sentenza.
http://www.positifcinema.it/romanzo-criminale-di-michele-placido

6 comentarios:

  1. hola me encontre con tu blog y esta excelente , muy buenas peliculas y muchas que no conosco , muy buen blog , saludos grax bye bye :D

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  2. viste la serie? muy buena! http://www.argenteam.net/episode/36449/Romanzo.criminale-La.serie.%282008%29.S01E01-Episodio.1

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  3. Hola podrías volver a subir esta película? Muchas gracias, qué gran blog este.

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