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lunes, 28 de junio de 2021

Due lettere anonime - Mario Camerini (1945)


TÍTULO ORIGINAL
Due lettere anonime
AÑO
1945
IDIOMA
Italiano
SUBTITULOS
Español (Separados)
DURACIÓN
90 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Mario Camerini
GUIÓN
Mario Camerini, Ivo Perilli, Carlo Musso, Vittorio Nino Novarese, Turi Vasile
MÚSICA
Alessandro Cicognini
FOTOGRAFÍA
Massimo Terzano (B&W)
REPARTO
Clara Calamai, Andrea Checchi, Otello Toso, Carlo Ninchi, Dina Sassoli, Giovanna Scotto, Arnaldo Martelli, Stefano Fossari
PRODUCTORA
Lux Film, Ninfa Film
GÉNERO
Drama | II Guerra Mundial. Nazismo. Melodrama

Sinopsis
Bruno vuelve del frente ruso con la intención de casarse con Gina, pero ésta ha iniciado una relación con Tullio, según una carta anónima que ha recibido. Bruno y Gina empiezan a colaborar en la Resistencia contra la ocupación nazi, pero Tullio los delata. La segunda carta va dirigida al jefe de la resistencia, tras la captura de Bruno, para pedir rescate por éste... (FILMAFFINITY)
 
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Il “neorealismo industriale”, quello che prenderà il sopravvento intorno agli anni ’50 col proliferare di riletture popolari, neorealismo rosa compreso, è esistito in una certa misura anche negli anni stessi dell’esplosione del cinema di Rossellini, De Sica, Visconti, De Santis… In pratica, accanto alla ricerca su forme d’espressione nuove e scardinanti, avviene una sorta di ricollocazione in tempo reale di autori precedentemente legati ad altri canoni. Un’exploitation massiva, messa in atto da un’industria che segue i rivolgimenti del mercato, i suoi mutamenti di gusto e anche le sue novità estetico-ideologiche, e chi prima era “lontano”, con atteggiamento professionale, si riallinea. Tra gli autori del cinema di epoca fascista, Mario Camerini è stato riconosciuto, per alcune sue opere, come uno dei predecessori del neorealismo, e in qualche misura può essere interpretato come il mestierante buono per tutte le stagioni. Ha costeggiato, con esiti sempre dignitosi, praticamente tutto il cinema italiano fino agli anni ’60, tenendo sempre un occhio vigile sui gusti del momento. Melodramma, commedia mondana, telefoni bianchi, cappa-e-spada, commedia all’italiana, peplum, commedia in costume… E’ curioso, in tal senso, riscoprire un film come il suo Due lettere anonime, in cui sono le nuove tendenze del “cinema di guerra” a essere interpretate come materia industriale a cui aderire per restare sul mercato.

Riproposto in dvd per CristaldiFilm dal 20 novembre, il film di Camerini riserva il ruolo di protagonista, quasi con gesto simbolico, a Clara Calamai, diva dei telefoni bianchi e poi prima icona femminile del rinnovato cinema italiano con la sua partecipazione a Ossessione (1943) di Luchino Visconti. Il carattere spurio dell’opera è ben evidente dalla contaminazione dello spirito prettamente commerciale di Camerini con nuovi ambienti e nuove storie. Ovvero, il melodramma, il triangolo amoroso e il noir sono incastonati nelle peripezie di una tipografia romana in cui confluiscono il controllo dei nazisti e partigiani sotto mentite spoglie. I tempi di guerra e Resistenza, oltretutto, si prestano bene a una rilettura serrata e intrigante, da film di genere, tutta basata sull’intreccio e l’ambiguità dei rapporti umani. Certo, sparisce totalmente l’afflato ideologico, o meglio la giustezza della guerra di Resistenza è assunta come premessa narrativa, un’occasione come un’altra per dare una reale motivazione ai “buoni” del film. Camerini, insomma, crede meno in ciò che racconta, e crede di più nell’intrattenere il suo pubblico cercando sempre e comunque una facile identificazione. Si nota in particolare nello scioglimento del film. Se per tre quarti il racconto si conserva a suo modo credibile, nel finale il triangolo amoroso si risolve con toni e accenti da noir americano anni ’40, per poi svoltare bruscamente in una lacrimosa sequenza finale da eroina angelicata in stile-Matarazzo. Un patchwork di stili, come già era accaduto a Camerini in Rotaie (1931) secondo linee estetiche completamente diverse. Forse è questa una delle chiavi per capire il suo cinema: un’estrema poliedricità, elastica e pronta alle scosse del mercato. In qualche modo, è anche un’incarnazione veritiera di tanta nostra produzione industriale, che spesso ha amato fare cinema “alla maniera di…”.
https://www.radiocinema.it/articoli/due-lettere-anonime


«Uno dei film più coraggiosi di tutta la storia del cinema italiano, film senza padrini o partiti alle spalle, testimone della Resistenza senza esserne celebrazione. Evocato anche di recente in un romanzo di Lenzi, resta una di quelle zone veramente segrete del cinema italiano, uno di quei fili del rapporto tra Vaticano e mondo ebraico, oltre le dispute storiche su Pio XII o su figure controverse come Eugenio Zolli, e che tocca episodi cinematografici come La porta del cielo di De Sica e l'opera di Romolo Marcellini, ma in primis una figura come Franco Piperno che ottenne protezione dal cineasta vaticano ufficiale Giorgio W. Chili e contemporaneamente impiantò la produzione di questo film di Camerini. Il quale ha sempre eluso le ipotesi sulle proprie origini ebraiche, aggirando ogni legge razziale ben prima della sua promulgazione: semplicemente per un carattere da apolide anche verso il mondo che i nazionalisti etichettarono apolide. Col citato film di De Sica e con Lo sconosciuto di San Marino di Cottafavi e Waszynski, è il film della vera controstoria italiana. È anche il punto d'arrivo delle frequentazioni giornalistiche del cinema cameriniano, ponendo al centro della vicenda la tipografia che stampa clandestinamente. Solo un cineasta segnato dall'esperienza delle guerre poteva compiere un tale atto sovrano verso il suo tempo, che non teme di essere pessimista nel momento dei domani che cantano. L'aver rifiutato questo film e aver impedito a Camerini ("regista ormai fuori dalla storia" secondo la formula di rara ottusità di Aristarco) di realizzare progetti sul dopoguerra come Il maestro, è il massimo segno di quella cecità critica che porterà a stravolgere Fiamma che non si spegne di Cottafavi».
http://www.imilleocchi.com/?q=node/1219

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Nell’immediato dopoguerra Mario Camerini gira Due lettere anonime (dicembre 1945; 90 min.) su soggetto e sceneggiatura di Ivo Perilli (collaboratore abituale di Camerini), cronaca suggestiva di piccoli eventi romani, racchiusi tra l'estate del 1943 e l'arrivo degli alleati nel giugno 1944. Gina lascia Bruno per Tullio, un giovane il quale, nello scenario tormentato dell'occupazione nazista e delle imprese partigiane, si rivela presto un cinico arrivista che non solo traffica con i tedeschi, ma non esita a denunciare i suoi ex amici partigiani, causando la morte di uno di loro nell'eccidio delle Fosse Ardeatine. Dopo l'ennesima infame iniziativa (con una lettera anonima ricatta la madre di Bruno, arrestato dai nazisti grazie a una sua segnalazione), Gina, esasperata, lo uccide a sangue freddo.
Due lettere anonime e' un'opera misurata, concisa, efficace nell'ambientazione e spietata nella pittura dei caratteri. Il paragone con il coevo, celebrato Roma citta' aperta va tutto a favore del film cameriniano, anche se la critica mostro' di preferire la retorica monocromatica di Rossellini. Eppure il quadro restituito dal piu' anziano regista offre una ricchezza di spunti e un panorama umano ben altrimenti realistico e sfaccettato; forse non piacque proprio questo aspetto: il riuscire a ricreare una diversificata, convincente dialettica tra brutalita' delle SS, tedeschi fanfaroni e traffichini, romani gretti e collaborazionisti, popolazione inerme e attendista, minoranza eroica partigiana. Non una realta' manichea e semplificata, divisa tra ultrabuoni e ultracattivi, bensi' tutte le gradazioni dell'animo umano trovano cittadinanza in questa importante opera dimenticata.
Inoltre al centro della vicenda Camerini e Perilli scelgono di porre non un eroe della Resistenza bensì Gina, ovvero una donna comune, priva di precise convinzioni politiche, innamorata di un collaborazionista, la quale solo lentamente prende coscienza della situazione, preferendo tuttavia nel finale la vendetta individuale alla lotta partigiana. Gina, perfettamente interpretata da Clara Calamai, ben rappresenta quindi la defeliciana "zona grigia", prudente e maggioritaria, ovvero un scelta di vita aspramente criticata dal cinema neorealista piu' radicale.

Gino, reduce dalla campagna di Russia, torna a Roma nell'estate 1943 e scopre che Gina lo ha abbandonato, preferendogli Tullio. L'atmosfera è incerta; si spera nella fine della guerra ma si comprende che la massiccia presenza tedesca in Italia costituisce un grosso ostacolo per un'eventuale normalizzazione. L'otto settembre sorprende i protagonisti distratti dal loro conflitto amoroso: essi infatti quasi non reagiscono alla notizia dell'armistizio, salutata invece con sfrenato entusiasmo dall'illuso popolo romano. La sequenza della gente semplice che inneggia dai balconi di una casa popolare e' un piccolo, commovente capolavoro. Gli scontri armati subito successivi, vinti dai tedeschi contro forze militari e civili italiane prive di una razionale organizzazione, riportano rapidamente tutti con i piedi per terra. La disfatta italiana e' ritratta da Camerini con cruda obiettivita'.
Inizia la seconda parte nella Roma occupata. La tipografia, dove lavorano Gina e Tullio, ora e' controllata dai tedeschi e il giovane diviene il loro uomo fidato mentre il proprietario vive in clandestinita', nelle file partigiane. Il film assume ora la cadenza del giallo: la Resistenza infiltra due operai (tra cui Bruno) nella tipografia per rubare preziose macchine e materiali da stampa; Tullio finge di assecondare tali progetti, al fine anche di assicurarsi una buona fama allorche' i tedeschi se ne saranno andati, ma al tempo stesso denuncia i suoi amici alla polizia nazista. Egli rappresenta il volto piu' bieco dell'opportunismo italico: il nuovo padrone della tipografia non e' un semplice attendista o un personaggio che si barcamena tra due minoranze violente; al contrario egli e' un cinico sfruttatore, attento a non perdere la minima possibilita' che gli si offre per arricchirsi e che a tal fine non esita a ricorrere al tradimento e alla criminale delazione. Cosi' alcuni partigiani verranno arrestati e, in particolare, il figlio del proprietario della tipografia finira' a Regina Coeli nei giorni della rappresaglia delle Ardeatine (marzo 1944). Lo strazio dell'anziano padre, dapprima in pena, poi descritto pudicamente dai compagni, e' una pagina sobria e bellissima del film.
Il lacerato fondale viene descritto con pochi, abili tratti: Camerini sa descrivere la brutalita' delle SS con poche, efficaci immagini (il loro autoritario irrompere nella tipografia; la deferenza impaurita del semplice sergente Karr) mentre all'opposto la pericolosa esistenza clandestina e' perfettamente resa attraverso i frettolosi appuntamenti sugli autobus o nei mercati, nonche' attraverso le inquiete riunioni in oscuri scantinati durante le quali il semplice risuonare di un campanello fa sobbalzare come un segnale di morte.
La terza e ultima parte inizia con l'arresto di Bruno, prosegue con il ricatto di Tullio (la seconda lettera anonima) e culmina nei liberatori colpi di rivoltella esplosi da Gina, vero culmine emotivo dell'opera. L'epilogo festoso mostra gli alleati entrare in Roma mentre per la donna, in galera, si prospetta una detenzione breve.
...
http://www.giusepperausa.it/roma_citta_aperta.html


 

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