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viernes, 27 de enero de 2012

La guerra degli Antò - Riccardo Milani (1999)


TITULO ORIGINAL La guerra degli Antò 
AÑO 1999
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 100 min.
DIRECCION Riccardo Milani
ARGUMENTO  Inspirado libremente en "Il disastro degli Antò" de Silvia Ballestra
GUION Sandro Petraglia, Domenico Starnone, Riccardo Milani
REPARTO Flavio Pistilli, Federico Di Flauro, Paolo Setta, Danilo Mastracci, Regina Orioli, Veronica Barelli, Francesco Bruni, Eddy Perez, Donatella Raffai, Marianna De Merolisi, Maria Cristina Minerva, Pino Coscetta, Sebastiano Nardone, Luciano Rosatone, Elia Giuseppe Del Gatto, Ada Chiarelli, Giuseppe Gasbarri, Graziano Barbone, Annino Del Principe, Gaia Mobilij
FOTOGRAFIA Alessandro Pesci
MONTAJE Marco Spoletini
MUSICA Avion Travel
PRODUCCION Cecchi Gori Group, FIN.MA.VI., en colaboración con TELE+
GENERO Comedia

SINOPSIS Il film, ambientato nel 1990, è tratto dal romanzo di Silvia Ballestra Il disastro degli Antò, e racconta la storia di quattro giovani punk abruzzesi (precisamente di Montesilvano) stanchi della loro vita di provincia. (Wikipedia)


TRAMA:
Montesilvano, provincia di Pescara, ottobre 1990. Quattro giovani punk cercano di lottare contro il tran tran della vita diprovincia. Per distinguersi, dato che si chiamano tutti Antò, si sono dati dei soprannomi. Antò detto Lo Purk vuole fuggire, decide di andare a studiare a Bologna, passa un po' di tempo nel capoluogo emiliano, cerca di seguire le lezioni ma non riesce a sentirsi coinvolto. Allora sceglie di recarsi ad Amsterdam, città di vera trasgressione. Antò Lo Zorru riceve la cartolina militare che lo destina in Iraq, dove è in corso la Guerra del Golfo. Vuole disertare, si fa fare a Bologna un passaporto falso, parte e raggiunge ad Amsterdam l'amico. Qui, in una stanzetta, Lo Zorru dice a Lo Purk di aver conosciuto una ragazza di cui si è innamorato, ma Lo Purk lo informa che si tratta di una ragazza chiacchierata per i molti rapporti che intrattiene. Lo Zorru si arrabbia, i due litigano, si incendia una tenda, la camera va a fuoco, la polizia rispedisce i due in Italia. Qui viene fuori lo scherzo: la cartolina-precetto era fasulla, una sorta di vendetta delle figlie di Treves, noto palazzinaro locale. Ancora una volta i quattro Antò si ritrovano sul lungomare, al bar Zagabria, a fare progetti di fuga per il futuro.

CRITICA:
"'La guerra degli Antò' è un film malinconico, irridente, generazionale, animato da un vitalismo amarognolo: tra una parodia di Chi l'ha visto? E una presa in giro del Movimento, sembra riallacciarsi al cinema di Virzì, e forse non è un caso che nei panni di un arrogante leaderino politico appaia lo sceneggiatore di 'Ovosodo' Francesco Bruni".
(Michele Anselmi, L'Unità, 4 ottobre 1999)

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Quattro giovani punk, abbastanza lerci, sono i protagonisti del film di cui vi sto per parlare. Cosa condividono? Diverse cose: dal nome, si chiamano tutti Antonio, allo stile di vita, appunto quello punk, e il posto dove vivono, un paese abruzzese di nome Montesilvano. Tutto questo nel 1991. Gli Antoni trascorrono le loro giornate nel tentativo di rompere la monotonia che impera nel paese, come ad esempio diffondere una loro fanzine e cercare di portare caos dove possono, incluse feste organizzate da borghesi locali.
Ma un momento, quello dell'abbandono della terra natia, arriva a stravolgere il susseguirsi dei giorni e cosi' uno dei quattro ragazzi, Anto' lu pork, decide lasciare Montesilvano per approdare nella piu' underground Bologna, idealizzata come terra promessa. Che dire? Nulla ovviamente sara' come lui aveva sognato, basteranno poche settimane per fargli tornare quel senso di inadeguatezza e, per di piu', una gamba rotta a causa di un incidente sul lavoro.
Da li', ecco servita la prossima tappa del suo viaggio: Amsterdam, citta' ancora piu' idealizzata di Bologna, terra di chissa' quali prodezze ma che sara' abbandonata dopo breve tempo...
Inutile dirlo, l'angoscia e la solitudine non hanno frontiere e solo la forza interiore permette a questi ragazzi di andare avanti, cercando di sempre di riuscire a far emergere il proprio dissenso, sempre pero' correndo il rischio di ricalcare dei clichet del "punk tipo", altamente stereotipato. Non dico molto altro sulla trama in quanto essa e' breve ed essenziale, quindi lascio a voi la possibilita' di scoprirla in prima persona.
Il tema trattato non e' certo dei piu' nuovi, ovvero quello dell'insofferenza prettamente giovanile verso gli spazi angusti della citta' dove si e' nati, specialmente se si tratta di un piccolo paese e si hanno aspirazioni o mete che necessariamente comportano la decisione di andar via. In questo caso si aggiunge anche il condurre una vita al di fuori degli schemi gia' tracciati dalla societa', cercando con ogni forza di tracciare dei sentieri personali e non aver timore della propria personalita', come i quattro punk del film.
Il film, tratto dal libro "Il Disastro Degli Anto'" di Silvia Ballestra, incarnata in uno dei personaggi secondari, accenna diversi temi senza pero' darne un'ottica approfondita o precisa ma, tuttavia, riesce a non far annoiare durante l'ora e mezza della sua durata. Non e' sicuramente un lavoro eccelso o magari troppo originale pero', all'interno dello scarno panorama italiano cinematografico e letterario riguardo al punk e affini, merita sicuramente di essere menzionato ma soprattutto visto.
Detto cio', buona visione!
Sghigno
http://www.punk4free.org/articoli/15-film/1195-la-guerra-degli-anto-1999-riccardo-milani.html


E' ancora un cinema italiano prigioniero del bozzettismo da pianerottolo, quello di La Guerra Degli Antò, una commedia giovanile (brutta parola) che non dissimula nemmeno per un istante la propria disarmante pochezza. Il regista Riccardo Milani s'attarda malamente per la durata della pellicola a brancicare un'esile trama imbastita a quattro mani da Petraglia e Starnone, campioni dell'italico buonismo che distillano in una mistura di sociologia e sentimenti (la prima alla buona, i secondi buonissimi, per l'appunto). Si parte dalle pagine di Silvia Ballestra, autrice di una "saga degli Antò", ragazzi di provincia, punk-spaghetti, trasgressivi per gioco nel movimento che non c'è ("Fedeli alla linea / la linea non c'è" cantavano i tanto più ironici CCCP); l'operazione è frequente nel panorama locale, ove inventare un caso letterario è facile quanto allestire una sagra paesana: la Ballestra coi suoi casinisti ha avuto il quarto d'ora di celebrità della scrittrice giovane, moneta che ha speso presto per intero imboccando un malinconico crepuscolo, ma tanto è toccato pure a Brizzi e a quel bravo guaglione di Jack Frusciante. (Intanto Frusciante John, di professione chitarrista, è rientrato per davvero nel gruppo e ricomincia a nuotare nell'oro). O al Ligabue di RadioFreccia, che dalla sua ha avuto una maggiore visibilità per ovvi motivi, ma nient'altro. Sono film sterili, privi d'una qualsiasi traccia di elaborazioni formali consapevoli, costruiti attorno agli stereotipi post-adolescenziali.
La Guerra Degli Antò propone una collezione di avventure sgangherate, tutte in qualche modo "tipiche" (l'improvvisata alla festicciola borghese, il viaggio iniziatico ad Amsterdam), rottami di una cultura giovanile impraticabile. Questo elenco di frammenti non ha neppure il coraggio di affrontare lo spettatore così com'è, e allora chiede al personaggio di Sballestrera (Regina Orioli) di far da collante: la sua presenza di narratrice in apertura e di testimone nella seconda parte del film, quella delle fughe, si avverte come posticcia, mal risolta in rapporto con le parti disomogenee del racconto.
Il problema, in ultima analisi, è di doppio ordine: per ciò che attiene i significati, La Guerra Degli Antò rinuncia a porsi in una posizione critica rispetto al materiale di partenza (che il libro della Ballestra abbia suscitato timori reverenziali?); l'adesione allo stereotipo del vissuto giovanile è pressoché integrale, e l'orizzonte non si dilata certo attraverso l'inclusione del mondo (la guerra del Golfo), soprattutto se il mondo ha la dimensione angusta del video domestico. Per quanto riguarda i valori formali, il film di Milani manca di scelte decise, si barcamena tra la velocità di una ripresa con la macchina a mano e l'atmosfera di deriva urbana di un campo lungo sul molo di Montesilvano (la cittadina abruzzese che in parte accoglie le vicende degli Antò), coi punk a far mostra delle famose creste colorate; la struttura a sketch rapidi e autoconclusivi (ben funzionante in un film d'ispirazione simile, Tutti Giù Per Terra di Ferrario) viene sostanzialmente contraddetta dallo sviluppo ulteriore. E il finale celebrativo, con le sagome di questi irregolari bonaccioni, rivoluzionari da giardino, arriva quando il film ha già perduto d'interesse.
http://www.revisioncinema.com/ci_anto.htm

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