TITULO ORIGINAL Terra Madre
AÑO 2009
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 78 Min.
DIRECCION Ermanno Olmi
REPARTO Omero Antonutti
FOTOGRAFIA Fabio Olmi
MONTAJE Paolo Cottignola
PRODUCCION Gian Luca Farinelli (Cineteca di Bologna), Beppe Caschetto (ITC Movie ), Slow Food e Fondazione Terra Madre, Film Commission Torino Piemonte
GENERO Documental
SINOPSIS Il tema è la necessità che l'agricoltura ritrovi il rispetto delle leggi della natura e non del mercato e degli Ogm. (Coming Son)
"Il primo appunto che Carlo Petrini mi ha inviato è del 1° luglio 2006. E dice: "questo sarà un film politico e preveggente per far conoscere a tutti coloro che ancora non sanno, quegli esempi positivi che le Comunità dei contadini di tutto il mondo e i Presidi Slow Food mostreranno nel corso del grande raduno Terra Madre 2006 a Torino". E io, naturalmente, ero fra coloro del nostro tempo che non conoscevano la solidale unione di intenti testimoniati in questo raduno mondiale fra tutte le Genti contadine. Uomini e donne che nelle loro terra ancora resistono all’incalzare di una delittuosa politica di sfruttamento esasperato e devastante dei suoli fertili, unica risorsa per il cibo di tutti i popoli. Una testimonianza eroica di eterna e leale alleanza con la natura e i suoi frutti. Un’alleanza che non ha barriere di lingue, divisioni di ideologie e religioni, né confini di Stati. Al Forum di Terra Madre ho riconosciuto i contadini come li ricordavo nelle nostre campagne, al tempo della mia infanzia. I volti dei contadini si somigliano in ogni angolo del mondo. Sono volti su cui si riconoscono le medesime tracce di vita, così come le fisionomie dei paesaggi con i campi arati, le colture, i pascoli. Oggi quel mondo dei contadini è assediato dalle grandi imprese il cui scopo è nel profitto. Anche il contadino vuole guadagnare, ma il suo attaccamento alla terra è anche un atto d’amore ed è in questo sentimento solidale che si genera il rispetto della Natura. Sono sicuro che questi onesti cittadini non tradiranno mai la loro Terra. E noi cittadini metropolitani, che viviamo inscatolati nelle nostre città, senza più i colori e i profumi delle stagioni forse, in un giorno molto prossimo, se ci capiterà di passare accanto a un orto dove un nonno e una piccola bimba colgono i frutti maturi, allora potremo ancora riconoscere la vera casa dell’uomo." Ermanno Olmi (Gennaio 2009)
-----
Vivere con meno: il nuovo Rinascimento
È uno di quei film a cui si vuole bene, questo Terra madre di Ermanno Olmi. Per quello che dice e per come lo dice. Terra madre è un documentario che nasce nel 2006, quando Carlo Petrini, fondatore del movimento Slow Food, ha inviato a Olmi il primo appunto su quello che sarebbe potuto diventare un film “politico e preveggente”. Olmi ha poi iniziato le riprese nell’ottobre del 2006, durante il Forum Mondiale Terra Madre, che ha riunito a Torino settemila contadini e pescatori provenienti da 153 nazioni del mondo. Il cui mondo è assediato dalle grandi imprese il cui scopo è il profitto: guadagnare interessa anche ai contadini, ma senza che questo vada a scapito della terra, che loro amano e rispettano.
Con un salto alle Isole Svalbard, in Norvegia, veniamo a conoscere una banca dei semi, in cui, grazie al grande freddo, vengono portate in salvo le specie delle piante in via d’estinzione. Riscaldamento globale, uso smodato di fertilizzanti, iperproduzione in nome del profitto stanno infatti svuotando e impoverendo una terra a cui viene chiesto ormai troppo. Una terra che arata e riarata perde l’humus e non trattiene l’acqua che finisce per portarla via.
Il nuovo modello che Terra madre si propone è di lavorare la terra, ma di non interferire con il lavoro della natura. Vivere con meno sarà il nuovo Rinascimento, sentiamo dire nel film. E ci sembra il messaggio giusto per rappresentare questi anni di recessione e crisi. Per resettare e ripartire, con un nuovo modello sostenibile. Così viene raccontata la storia de L’uomo senza desideri (di Ignazio e Fulvio Roiter), un uomo che nel nostro nordest si è ritirato a vita privata, coltivando e costruendo da solo tutto ciò che aveva bisogno: aveva poco, ma in realtà aveva tutto. A cui fa da controcanto uno studente di quindici anni che in Massachusets ha fatto partire il progetto di un piccolo orto sito nel campo di calcio della scuola, che ha fornito cibo per la mensa dell’istituto.
Terra madre porta in dote un messaggio fatto di informazioni semplici ma importantissime, e lo rafforza con la bellezza dei volti, delle idee e dei suoni che vengono da tutto il mondo, in nome del pensiero “glocal” (global + local) che in molti auspicano sia il futuro del mondo, in antitesi alla globalizzazione spinta. Alterna perfettamente una prima parte politica e programmatica a una seconda parte poetica e contemplativa.
È quella girata da Franco Piavoli (L’orto di Flora) nella Valle dell’Adige. Sono immagini che seguono un contadino nel suo lungo e paziente lavoro quotidiano, e sono la messa in pratica di quello che fino a quel momento ha detto il film. Lunghi momenti di silenzio, di osservazione della natura e del lavoro sulla terra. Immagini di lentezza e pazienza, in contrasto con le scie degli aerei che passano nel cielo, ma che sono lontanissimi. Motori, carburante e velocità, sopra. Terra, flora e fauna, sotto. Dove tutto sembra immobile, e si muove lentissimo. E dove un bambino può ancora restare stupito di fronte alla natura, alla forma, al colore e al gusto dei suoi frutti. Durante la visione di Terra madre, quel bambino siamo tutti noi. ( Fonte: cinemaplus.it)
Maurizio Ermisino
http://www.finanzainchiaro.it/dblog/articolo.asp?articolo=3650
Maurizio Ermisino
http://www.finanzainchiaro.it/dblog/articolo.asp?articolo=3650
Terra Madre di Ermanno Olmi in prima mondiale alla Berlinale Special
Prima mondiale al Festival di Berlino 2009 per il nuovo lavoro di Ermanno Olmi, Terra Madre, in programma quale Evento Speciale.
Un maestro del cinema mondiale propone il proprio punto di vista sul grande tema del cibo e sulle implicazioni economiche, ecologiche, sociali ad esso correlate.
Ermanno Olmi costruisce un documentario, un film d’inchiesta limpidamente autoriale, che fa i conti con il destino del pianeta. Una poetica riconoscibile e riconducibile a tutta la sua opera precedente ma sorprendente per la sua unicità formale nel panorama del genere documentario.
Ermanno Olmi costruisce un documentario, un film d’inchiesta limpidamente autoriale, che fa i conti con il destino del pianeta. Una poetica riconoscibile e riconducibile a tutta la sua opera precedente ma sorprendente per la sua unicità formale nel panorama del genere documentario.
Prodotto da Cineteca di Bologna e ITC Movie, e realizzato con il sostegno del Ministero per i Beni Culturali-Direzione Generale per il Cinema, Terra Madre è il risultato di un lavoro fortemente ispirato dalla rete di comunità del cibo creata nel 2004.
Ideato nel 2006 dalla complicità tra Carlo Petrini e Ermanno Olmi, favorita dalla comune amicizia di Luciana Castellina, il lavoro ha trovato un comune sentimento verso le genti contadine affluite al raduno mondiale di Torino. A quel raduno del 2006 - con il supporto del movimento Slow Food, della Cineteca di Bologna e della Film Commission Torino Piemonte - sono cominciate le riprese e con esse il percorso di approfondimento continuato da Ermanno Olmi fino all’autunno del 2008, con il nuovo meeting di Terra Madre, organizzato nel capoluogo piemontese con il supporto di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Cooperazione italiana allo Sviluppo-Ministero Affari Esteri, Regione Piemonte e Città di Torino.
«Solo la sensibilità di Ermanno Olmi – afferma Carlo Petrini- poteva interpretare l’alto valore etico e morale di questa straordinaria assise che è Terra Madre. Una rete planetaria fatta di uomini, pensieri, lavoro e culture presente in 153 Paesi del mondo, che va seminando e coltivando le giuste idee di difesa della biodiversità, rispetto dell’ambiente e dignità del cibo, per un futuro di pace e di armonia con la Natura».
Ideato nel 2006 dalla complicità tra Carlo Petrini e Ermanno Olmi, favorita dalla comune amicizia di Luciana Castellina, il lavoro ha trovato un comune sentimento verso le genti contadine affluite al raduno mondiale di Torino. A quel raduno del 2006 - con il supporto del movimento Slow Food, della Cineteca di Bologna e della Film Commission Torino Piemonte - sono cominciate le riprese e con esse il percorso di approfondimento continuato da Ermanno Olmi fino all’autunno del 2008, con il nuovo meeting di Terra Madre, organizzato nel capoluogo piemontese con il supporto di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Cooperazione italiana allo Sviluppo-Ministero Affari Esteri, Regione Piemonte e Città di Torino.
«Solo la sensibilità di Ermanno Olmi – afferma Carlo Petrini- poteva interpretare l’alto valore etico e morale di questa straordinaria assise che è Terra Madre. Una rete planetaria fatta di uomini, pensieri, lavoro e culture presente in 153 Paesi del mondo, che va seminando e coltivando le giuste idee di difesa della biodiversità, rispetto dell’ambiente e dignità del cibo, per un futuro di pace e di armonia con la Natura».
Terra Madre è nato dall’osservazione dei partecipanti al Forum, dal pedinamento di alcuni di essi nei loro Paesi d’origine e intreccia storie e suggestioni autoriali, confermando le premesse da cui era sorto, essere un film politico e preveggente.
«Al Forum di Terra Madre ho riconosciuto i contadini come li ricordavo nelle nostre campagne, al tempo della mia infanzia», dichiara Ermanno Olmi. «I volti dei contadini si somigliano in ogni angolo del mondo. Sono volti su cui si riconoscono le medesime tracce di vita, così come le fisionomie dei paesaggi con i campi arati, le colture, i pascoli. Oggi quel mondo dei contadini è assediato dalle grandi imprese il cui scopo è nel profitto. Anche il contadino vuole guadagnare, ma il suo attaccamento alla terra è anche un atto d’amore ed è in questo sentimento solidale che si genera il rispetto della Natura».
Slow Food, Cineteca di Bologna, ITC Movie srl in collaborazione con RaiCinema presentano Terra Madre, un film documentario di Ermanno Olmi con il contributo di Franco Piavoli e Mario Piavoli e di Maurizio Zaccaro
Laboratorio post produzione immagine L’Immagine Ritrovata – Bologna.
http://www.terramadre.info/pagine/leggi.lasso?id=3E6E345B04ef12AD5CSYNTC91FE0
Laboratorio post produzione immagine L’Immagine Ritrovata – Bologna.
http://www.terramadre.info/pagine/leggi.lasso?id=3E6E345B04ef12AD5CSYNTC91FE0
-----
Terra Madre, il nuovo film documentario di Ermanno Olmi
Il corpo obeso del bambino occidentale e lo scheletro di quello Africano sono il prodotto dello stesso sistema alimentare, entrambi possono essere evitati.
Politico e Preveggente, così doveva essere il nuovo documentario di Ermanno Olmi. Sarà riuscito nell’intento? Lo sapranno molto presto i fortunati che avranno l’opportunità di assistere alle proiezioni speciali in programma durante la 59. Berlinale.
Il cosiddetto nuovo rinascimento sarà segnato probabilmente da un ritorno all’amore per la natura, alla riscoperta di quel legame, ormai quasi perduto, tra l’uomo e la terra. Questo fu il tema del Forum Mondiale a Torino nel 2006, organizzato dallo Slow Food di Carlo Petrini, da cui Olmi trae il suo film documentario intitolato proprio come il Forum : Terra Madre e dove si afferma che: "Saremo la generazione che riconcilierà il genere umano con la terra." Prodotto dalla Cineteca di Bologna e ITC Movie, Terra Madre è frutto del lavoro di due anni, che ha visto impegnate ben sette troupes, composte in gran parte dagli studenti di Ipotesi Cinema, la non scuola di cinema fondata da Olmi nel 2001, attiva nella sede della Cineteca di Bologna.
Che meglio del regista dell’Albero degli Zoccoli per mettere in scena un progetto di sensibilizzazione nei confronti della politica e dell’economia del cibo, che inevitabilmente si ricollega all’importanza della tutela e del rispetto per il lavoro della terra? Oltretutto il lavoro di Olmi non si limita a mettere a fuoco una realtà nazionale, ma estende la visuale al lavoro di altri popoli. “Al Forum di Terra Madre ho riconosciuto i contadini come li ricordavo nelle nostre campagne, al tempo della mia infanzia”, dichiara Ermanno Olmi. “I volti dei contadini si somigliano in ogni angolo del mondo. Sono volti su cui si riconoscono le medesime tracce di vita, così come le fisionomie dei paesaggi con i campi arati, le colture, i pascoli.”
Partendo dalle postazioni di osservazione disseminate all’interno del Forum, Olmi raggiunge i luoghi d’origine di alcuni dei protagonisti incontrati a Terra Madre. Nel 2008, a Dehradun (regione Uttaranchal, Nord dell’India) una troupe si occupa delle riprese della raccolta del riso, nei pressi della Navdanya Farm, la fattoria di Vandana Shiva, dove sono custoditi i semi del riso tramandati di generazione in generazione. La realizzazione di queste trasferte non è sempre così semplice. Alle isole Svalbard (Nord della Novergia), dove una troupe si era recata per filmare l’inaugurazione della Banca Mondiale dei Semi, siglata dal presidente dell’Unione Europea Josè Manuel Barroso, non è stato concesso di entrare durante la cerimonia. Infatti, le immagini di quell’evento sono state fornite dal Global Group Diversity Trust.
Le ultime riprese avvengono a Quarto d’Altino, Comune di Roncade nel Veneto ad ottobre 2008. Alla presenza di Ermanno Olmi, che ha diretto le riprese e partecipato al confronto fra Vandana Shiva, Carlo Petrini, Angelo Vescovi, Aldo Schiavone, Pier Paolo Poggio, Maurizio Gelati, Marco Rizzone, Ampelio Bucci.
C’è una denuncia importante nel lavoro di Olmi, un attacco al sistema economico attuale, che implica l’inquinamento dell’ambiente, non tiene conto delle esigenze dei lavoratori e sfrutta l’opera dei contadini per guadagnarci : “Oggi quel mondo dei contadini è assediato dalle grandi imprese il cui scopo è nel profitto. Anche il contadino vuole guadagnare, ma il suo attaccamento alla terra è anche un atto d’amore ed è in questo sentimento solidale che si genera il rispetto della Natura” come egli stesso afferma in un intervista.
Per la storia dell’ ‘uomo’ che ha vissuto per più di quarant’anni in quello stesso luogo che ha costituito la location di questa parte del documentario, Olmi si è avvalso di testi tratti dal libro Un uomo senza desideri di Ignazio Roiter, di fotografie di Fulvio Roiter e di immagini girate da Ignazio Roiter.
La comune convinzione che l’attaccamento del contadino alla terra è anche un atto d’amore, sentimento da cui si genera il rispetto per la Natura, ha visto la stretta collaborazione fra Ermanno Olmi e Franco Piavoli, cui si devono le riprese del ‘contadino e l’orto’ nella Valle dell’Adige.
Di Anna Zizola (06 febbraio 2009)
http://www.wuz.it/articolo-film/2964/terra-madre-ermanno-olmi-cineteca-bologna-berlinale.html
La comune convinzione che l’attaccamento del contadino alla terra è anche un atto d’amore, sentimento da cui si genera il rispetto per la Natura, ha visto la stretta collaborazione fra Ermanno Olmi e Franco Piavoli, cui si devono le riprese del ‘contadino e l’orto’ nella Valle dell’Adige.
Di Anna Zizola (06 febbraio 2009)
http://www.wuz.it/articolo-film/2964/terra-madre-ermanno-olmi-cineteca-bologna-berlinale.html
----------------
Far parlare il cinema con i suoni
L'importanza degli elementi sonori della natura e dell'uomo nel cinema di Franco Piavoli
Per il suo nuovo documentario Terra Madre, Ermanno Olmi si avvale del prezioso contributo del regista Franco Piavoli, suo amico da venticinque anni. Le scene finali del film sono interamente girate da Piavoli sui monti Lessini e nell'orto del regista bresciano Nino Dolfo, nella valle dell'Adige. Alcune immagini ritraggono la nipote Flora a sedici mesi mentre si muove incantata tra gli ortaggi, così da accentuare l’importanza dell’amore tra essere umano e la terra, rappresentata come elemento di nutrizione e riproduzione. La natura è protagonista indiscussa di tutti i suoi lavori, tra i quali ricordiamo Il pianeta azzurro, in concorso al 50° festival di Venezia, Nostos – Il ritorno, Al primo soffio di vento ecc.
I suoi film sono caratterizzati appunto da questo paesaggio sonoro, cioè dalla capacità di trovare nel rumore e nel suono uno degli elementi portanti. Direi un elemento innovativo e assolutamente peculiare. Perché il rumore, il suono e non la parola, il significato?
Grazie della domanda, mi fa molto piacere, perché da quando è stato inventato il cinema sonoro, il cinema ha subito abbracciato il teatro, la letteratura del teatro e, da quel momento in poi, si poteva avvalere, oltre che dell’immagine, anche della parola, perciò si potevano far dialogare gli attori, intessere una trama, avere uno sviluppo drammaturgico. Io invece, da bambino capriccioso, proprio perché già anche quando ero ragazzo avevo fatto dei cortometraggi e proprio perché non ho potuto sviluppare la mia vena musicale, ho detto “voglio imparare davvero a far parlare il cinema, oltre che con le immagini, con i suoni", così come in musica accanto all’opera lirica si era sviluppato tutto il filone della musica sinfonica, della musica strumentale, che si affidava soltanto agli strumenti, privandosi della parola e addirittura dei costumi, della scenografia e di quant’altro. Oltretutto, proprio a Milano, quando arrivarono le prime opere di Mahler, si diceva, “ma come, qui si va avanti per un’ora e non si vede nessuno sulla scena, non c’è una storia, non c’è più, come mai, a cosa siamo davanti?”. Io mi sono sentito di fare questo tipo di sperimentazione, non solo con i cortometraggi, ma anche con i film lunghi, perché mi piace l’idea di lasciare allo spettatore la possibilità di leggere con la sua fantasia, la sua sensibilità e fare dei percorsi interni a quelli che propongo.
Soprattutto ricorro ai suoni di ambiente o anche extra diegetici per figure o paesaggi che non si vedono in campo. Ho voluto cercare di costruire tutta un’atmosfera e tutto un paesaggio acustico che ha un suo fascino e un’importanza enorme anche nella nostra vita quotidiana. Non è un caso che in genere non ci accorgiamo del paesaggio sonoro in cui ci muoviamo e memorizziamo più facilmente quello che vediamo. Siamo stati nella piazza Castello, e ne ricordiamo la scenografia visuale, le immagini, molto meno i suoni, che invece hanno un’influenza enorme sulla nostra vita, sui nostri umori, sui nostri sentimenti. Detto questo, è possibile giocare coi suoni su una serie di piani acustici, partendo dai primi, primissimi piani sonori, fino a dei campi sonori più ampi, più lontani, campi lunghi, campi lunghissimi; è possibile costruire un montaggio dei suoni che può essere molto ricco e importante. Mi avvalgo, non soltanto di suoni della natura, o degli animali, ma anche dei suoni del mondo degli umani…
Grazie della domanda, mi fa molto piacere, perché da quando è stato inventato il cinema sonoro, il cinema ha subito abbracciato il teatro, la letteratura del teatro e, da quel momento in poi, si poteva avvalere, oltre che dell’immagine, anche della parola, perciò si potevano far dialogare gli attori, intessere una trama, avere uno sviluppo drammaturgico. Io invece, da bambino capriccioso, proprio perché già anche quando ero ragazzo avevo fatto dei cortometraggi e proprio perché non ho potuto sviluppare la mia vena musicale, ho detto “voglio imparare davvero a far parlare il cinema, oltre che con le immagini, con i suoni", così come in musica accanto all’opera lirica si era sviluppato tutto il filone della musica sinfonica, della musica strumentale, che si affidava soltanto agli strumenti, privandosi della parola e addirittura dei costumi, della scenografia e di quant’altro. Oltretutto, proprio a Milano, quando arrivarono le prime opere di Mahler, si diceva, “ma come, qui si va avanti per un’ora e non si vede nessuno sulla scena, non c’è una storia, non c’è più, come mai, a cosa siamo davanti?”. Io mi sono sentito di fare questo tipo di sperimentazione, non solo con i cortometraggi, ma anche con i film lunghi, perché mi piace l’idea di lasciare allo spettatore la possibilità di leggere con la sua fantasia, la sua sensibilità e fare dei percorsi interni a quelli che propongo.
Soprattutto ricorro ai suoni di ambiente o anche extra diegetici per figure o paesaggi che non si vedono in campo. Ho voluto cercare di costruire tutta un’atmosfera e tutto un paesaggio acustico che ha un suo fascino e un’importanza enorme anche nella nostra vita quotidiana. Non è un caso che in genere non ci accorgiamo del paesaggio sonoro in cui ci muoviamo e memorizziamo più facilmente quello che vediamo. Siamo stati nella piazza Castello, e ne ricordiamo la scenografia visuale, le immagini, molto meno i suoni, che invece hanno un’influenza enorme sulla nostra vita, sui nostri umori, sui nostri sentimenti. Detto questo, è possibile giocare coi suoni su una serie di piani acustici, partendo dai primi, primissimi piani sonori, fino a dei campi sonori più ampi, più lontani, campi lunghi, campi lunghissimi; è possibile costruire un montaggio dei suoni che può essere molto ricco e importante. Mi avvalgo, non soltanto di suoni della natura, o degli animali, ma anche dei suoni del mondo degli umani…
Pensavo, infatti, al dialogo tra contadini, di cui non c’è l’elemento semantico, ma c’è la voce.
Esatto, non c’è elemento denotativo, non mi interessa far capire esattamente quello che si dicono, ma mi interessa connotare con la situazione di un dialogo familiare: due vecchi a letto cercano (si capisce perché hanno tra le mani una mappa) di definire la divisione dell'eredità tra i loro figli. La situazione poi scoppierà in una lite e quindi si presenterà anche il problema del conflitto tra le persone che si amano, spesso dovuto a ragioni territoriali. Quel dialogo l’ho doppiato io, dato che conosco i timbri mantovani e veneti di quella zona ibrida in cui c’è una lingua tutta particolare. Ecco, mi interessava che arrivasse allo spettatore la confidenzialità notturna tra i due, così come nella scena immediatamente dopo, o prima, non ricordo, in cui c’è una ragazza che piange e non si sa perché. La ragione non ha importanza, lascio allo spettatore la scelta, potrebbe essere stata abbandonata dal ragazzo o non trovarsi bene in famiglia, non importa, il pianto esprime un suo stato di disagio esistenziale che tutti, in un modo o nell’altro, per una ragione o per un’altra, attraversiamo. Quindi, il messaggio che arriva è lo stesso, sia in Italia che in Australia, così come la musica strumentale, la quale non ha bisogno di sottotitoli o cose del genere. Questo è un film che ho girato qualche anno fa, ma è un esempio efficace.
In riferimento al dialogo, questo dimostra il mio interesse per il parlare dell’uomo, proprio in senso puramente fonico, primordiale, una cosa che trasciniamo dentro di noi. Non ce ne accorgiamo, ma già adesso, parlando, facciamo spesso un intervallo, o parliamo in fretta oppure alziamo il volume della voce o modifichiamo il tono, il timbro. Abbiamo un’infinità di elementi musicali nelle nostre corde che abbiamo elaborato e che ci portiamo con noi. Questo linguaggio è stupendo, anche se non è articolato e specificato in un contesto denotativo di significati specifici, ma ha un suo valore emotivo più alto e più aperto. Ho fatto per Nostos una rielaborazione del greco antico, del sanscrito, sono ricorso a radici anche di diversa provenienza proprio perché volevo restituirlo sottoforma di impatto. Chiaro che questo non può arrivare facilmente a chi non è abituato, ma richiede la pazienza di chi si siede e si trova di fronte e vede una cosa diversa.
È molto importante anche spiazzare lo spettatore con una cosa diversa. Siamo disabituati a sentire i suoni che ci circondano. Così come, secondo me, in Al primo soffio di vento, c’è questo senso di solitudine nell’insieme.
Sì, sicuramente in Al primo soffio di vento ho sottolineato la solitudine per cui, dopo i dialoghi delle prime battute puramente convenzionali, tipiche anche delle migliori famiglie, a un certo punto i personaggi non comunicano più e si capisce che ognuno si è ritirato nel suo mondo, ognuno entra nel suo cerchio.
Questo dentro la casa, ma fuori no…
Fuori c’è qualche possibilità ancora di comunicare, infatti il contrasto che ho messo è tra loro e, senza creare polemiche sociali, il mondo degli emigrati, che hanno una loro solitudine, in quanto esuli costretti a stare soli, lontani dalla casa, ma proprio per questo trovano tra di loro una solidarietà, una forma di comunicazione, una vitalità che viene scrutata proprio da noi, privilegiati, senza problemi. Questa è una proposta di riflessione: pensiamo di recuperare a volte certi valori elementari e primitivi che temiamo non ci siano nell’altro.
Grazia Casagrande (09 febbraio 2009)
http://www.wuz.it/intervista-cinema/2967/franco-piavoli-terra-madre-ermanno-olmi-berlinale-2009.html
Gracias por satisfacer una de mis mas fuertes compulsiones, el cine italiano.
ResponderEliminarUn saludo.
¿Sería posible cargar de nuevo los enlaces de esta película?
ResponderEliminarmaskbauta
muchas gracias por la atencion
ResponderEliminarmaskbauta