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jueves, 25 de abril de 2013

I racconti di Canterbury - Pier Paolo Pasolini (1972)


TITULO ORIGINAL I racconti di Canterbury
AÑO 1972
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español e inglés (Separados)
DURACION 109 min.
DIRECCION Pier Paolo Pasolini
GUIÓN Pier Paolo Pasolini (Novela: Geoffrey Chaucer)
FOTOGRAFIA Tonino Delli Colli
ESCENOGRAFIA Dante Ferretti
VESTUARIO Danilo Donati
MUSICA seleccionada por Pier Paolo Pasolini con la colaboción y elaboración de Ennio Morricone
MONTAJE Nino Baragli
AYUDANTE DE DIRECCION Sergio Citti, Umberto Angelucci
ASISTENTE DE DIRECCION Peter Shepherd 
INTERPRETES Y PERSONAJES Hugh Griffith (Sir January); Laura Betti (la donna di Bath); Ninetto Davoli (Perkin il buffone); Franco Citti (il diavolo); Alan Webb (il vecchio); Josephine Chaplin (May); Pier Paolo Pasolini (Geoffrey Cahucer). 
PRODUCCION PEA Produzioni Europee Associate, Roma
PRODUCTOR Alberto Grimaldi
PREMIOS 1972: Festival de Berlín: Oso de Oro
GÉNERO Comedia. Drama | Edad Media

SINOPSIS Un grupo de peregrinos que van a Canterbury se entretienen, tras la dura caminata de cada día, relatando cuentos como el de El Mercader, el de El Fraile, el de la mujer de Bath... (FILMAFFINITY)

Son 9 de las 21 historias originales del libro:
1.- El mercader y la joven Maggio
2.- El cazador de brujas.
3.- El empalagoso y bufonesco Perkin
4.- El molinero, el leñador y la esposa infiel
5.- La venganza de Absalón, el joven engañado
6.- La viuda casamentera
7.- Los estudiantes alojados, el molinero y su hija
8.- Los amigos que se matan entre sí por codicia
9.- El fraile que sueña con un ángel que lo lleva al infierno 




Cuentos de Canterbury - Geoffrey Chaucer (pdf)http://www46.zippyshare.com/v/57080883/file.html


I commenti
I racconti di Canterbury è il secondo film di quella che lo stesso regista definì la Trilogia della vita e che comprendono anche Decameron e Il fiore delle Mille e una notte. Il riferimento è, questa volta, alle novelle di Geoffrey Chaucer, del quale nel film Pasolini stesso ricopre il ruolo.
Su alcuni aspetti relativi alle origini letterarie del film, il regista risponderà così in un'intervista: "I racconti di Canterbury sono stati scritti quarant'anni dopo il Decameron ma i rapporti tra realismo e dimensione fantastica sono gli stessi, solo Chaucer era più grossolano di Boccaccio; d'altra parte era più moderno, poiché in Inghilterra esisteva già una borghesia, come più tardi nella Spagna di Cervantes. Cioè esiste già una contraddizione: da un lato l'aspetto epico con gli eroi grossolani e pieni di vitalità del Medioevo, dall'altro l'ironia e l'autoironia, fenomeni essenzialmente borghesi e segni di cattiva coscienza".
All'inizio del film, Chaucer/Pasolini si unisce idealmente ai molti pellegrini diretti all'Abbazia di Canterbury; in seguito Pasolini rappresenterà il narratore che, all'interno di uno studio, penserà e scriverà i racconti.
I temi di Canterbury sono, come in Decameron, sesso, amore e morte, con un'accentuazione di quest'ultimo: in tutti gli episodi, viene infatti rappresentato un funerale, o un assassinio, o un condannato a morte, o un moribondo. 
Pasolini affronta poi con grande ironia i temi della violenza esercitata dalla ricchezza, e dell'immoralità del potere. La sgradevolezza dei personaggi dei ceti "alti" è messa in particolare risalto da un trucco molto pesante, carico, volgare. 
Nella gente comune (come al solito Pasolini utilizza attori non professionisti) si ritrovano la stessa gestualità, le stesse espressioni e fisionomie di quelle presentate in Decameron.
La musica (curata da Ennio Morricone) si richiama a canzoni popolari inglesi medievali e rinascimentali. Riappare la famosa canzone napoletana Fenesta 'ca lucive (già utilizzata in Decameron) - che parla della morte improvvisa di una giovane donna - quasi a costituire un ulteriore richiamo al tema della morte. 
Una delle regole più rigorose, nei film di Pasolini, è quella di eseguire un doppiaggio integrale. "Il doppiaggio", diceva Pasolini, "deformando la voce, alterando le corrispondenze che legano il timbro, le intonazioni, le inflessioni di una voce, a un viso, a un tipo di comportamento, conferisce un sovrappiù di mistero al film. Con il fatto poi che molto spesso, se si vuole ottenere un rapporto determinato tra suono e immagine, un rapporto di valori preciso, si è costretti a cambiare voce. Detto questo, mi piace elaborare una voce, combinarla con tutti gli altri elementi di una fisionomia, di un comportamento. Amalgamare. Sempre la mia propensione per il pastiche, probabilmente! E il rifiuto del naturale."
L'edizione italiana dei Racconti di Canterbury fu doppiata in gran parte a Bergamo con le voci di persone scelte nella città e dintorni.
Il tema sessuale sarà uno degli elementi di provocazione del film che verrà subito raccolto dai difensori di un ipocrita senso della morale e del pudore. Le denunce per pornografia e oscenità fioccheranno sul film fin dalla sua apparizione nelle sale di proiezione italiane. In un convegno tenutosi a Bologna in quel periodo sul tema "Erotismo, eversione, merce", Pasolini fece un lungo intervento, nel quale tra l'altro disse: "Perché io sono giunto all'esasperata libertà di rappresentazione di gesti e atti sessuali, fino, appunto, come dicevo, alla rappresentazione in dettaglio e in primo piano, del sesso? Ho una spiegazione che mi fa comodo e mi sembra giusta, ed è questa. In un momento di profonda crisi culturale (gli ultimi anni Sessanta), che ha fatto (e fa) addirittura pensare alla fine della cultura - che infatti si è ridotta, in concreto, allo scontro, a suo modo grandioso, di due sottoculture: quella della borghesia e quella della contestazione ad essa - mi è sembrato che la sola realtà preservata fosse quella del corpo [...] Protagonista dei miei film è stata così la corporalità popolare. Non potevo - e proprio per ragioni stilistiche - non giungere alle estreme conseguenze di questo assunto. Il simbolo della realtà corporea è infatti il corpo nudo: e, in modo ancor più sintetico, il sesso [...] I rapporti sessuali mi sono fonte di ispirazione anche di per se stessi, perché in essi vedo un fascino impareggiabile, e la loro importanza nella vita mi pare così alta, assoluta, da valer la pena di dedicarci ben altro che un film. Tutto sommato il mio ultimo cinema è una confessione anche di questo, sia detto chiaramente. E, siccome ogni confessione è anche una sfida, contenuta nel mio cinema è anche una provocazione. Una provocazione su più fronti. Provocazione verso il pubblico borghese e benpensante [...] Provocazione verso i critici, i quali, rimuovendo dai miei film il sesso, hanno rimosso il loro contenuto, e li hanno trovati dunque vuoti, non comprendendo che l'ideologia c'era, eccome, ed era proprio lì, nel cazzo enorme sullo schermo, sopra le loro teste che non volevano capire".
Per la realizzazione del film furono impiegate nove settimane di riprese in Inghilterra e un lungo lavoro di montaggio e di doppiaggio. "[...] era un periodo molto particolare, ero molto, molto, molto infelice, non ero adatto per una trilogia nata all'insegna della spensieratezza, dello "stile medio", del sogno e anche del comico, per quanto astratto.", dichiarò Pasolini. "E forse se non fossi stato così infelice, non mi sarebbe venuto in mente di citare Chaplin così apertamente, con bastoncino e cappello." Qui Pasolini si riferisce alla sequenza interpretata da Ninetto Davoli che fa il verso a Charlie Chaplin riproducendone alcune gag famose. Continua il regista: "Devo anche dire che il mondo che ho trovato in Inghilterra, quando giravo Canterbury, era molto diverso; a Napoli e nell'Oriente non avevo confini, potevo scatenare intorno a me questo linguaggio della terra, delle cose, dei vulcani, delle palme, delle ortiche e soprattutto della gente. Invece in Inghilterra [...] le persone che sceglievo appartenevano a un mondo ormai storicizzato, borghese, e questa costrizione pesava sul mio stato d'animo. È difficile parlare di un film come test di uno stato d'animo, ma comunque ho un rapporto sempre molto passionale con i film che giro. Si tratta di veri e propri amori". 
http://www.pasolini.net/cinema_canterbury.htm
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La obra
Un grupo de peregrinos que se dirigen al santuario de Santo Tomás de Canterbury hacen parada en una vieja posada londinense, la del Tabardo. Allí, el hostelero les propone acompañarles en su peregrinación como guía y que, para hacer más ameno el camino, cada uno de ellos relate dos cuentos, “dos en la ida y dos en la vuelta”. Quien haga de sus historias las más amenas, será invitado por el resto a un gran banquete que se celebrará en la misma taberna al finalizar el trayecto.
Primera obra escrita en inglés (la edición original data de 1478) y cumbre de la literatura medieval, la de Chaucer se enmarca en la tradición de los volúmenes de cuentos y leyendas, junto a Las mil y una noches, El libro de buen amor o El Decamerón. Precisamente fue el de Boccaccio la principal fuente de inspiración para el escritor inglés. Volumen incompleto, incluye, finalmente, veinticuatro cuentos (una cuarta parte de lo previsto), en verso -salvo dos de los textos que fueron escritos en prosa-, y de diferentes géneros  -de aventuras, románticos, de misterio…-. Los personajes narradores representan a la clase media de la época: el molinero, el fraile, el carpintero, el mercader, el médico, la priora, el capellán… Gentes de oficio que muestran su personalidad a través de las historias que escogen.

El autor
Geoffrey Chaucer (Londres, 1343-1400) fue hijo de un comerciante de vino proveedor de la Casa Real Inglesa, gracias a lo cual entró a servir como paje de Lionel, duque de Clarence, hijo éste del rey Eduardo III de Inglaterra. Ya caballero del rey, luchó en Francia en 1359 y cayó prisionero durante el asedio de Reims siendo liberado tras el pago de un rescate. Chaucer se casó, hacia 1366, con Philippa de Rouet, cortesana de Constanza de Castilla, segunda esposa de Juan de Gante, duque de Lancaster, para el que compuso en 1368 un libro homenaje a su primera esposa, Blanca, el Libro de la Duquesa que es la primera obra atribuida a Chaucer. Sirvió en numerosas campañas en Francia, Italia y España.
A los 31 años, comienza a trabajar en las aduanas del puerto de Londres, lo que le permitió disponer de tiempo para escribir. Hay que destacar su traducción del Roman de la Rose, escrito en francés por Guillaume de Lorris y ampliado años más tarde por Jean de Meung, y del Consuelo de la filosofía, del filósofo latino Boecio. En 1379 escribió La Casa de la Fama, a la que siguieron El Parlamento de los Pájaros (1382) y Troilo y Crésida (hacia 1385), obra inspirada en Boccaccio. Sin embargo, la obra por la que es más conocido es Los cuentos de Canterbury. Empezó a redactarlo a la muerte de su mujer en 1387. Se le considera el introductor de la métrica con acentos y sílabas como solución de repuesto para el metro anglosajón aliterativo. También contribuyó a regularizar el acento del sur (región de Londres) del inglés medio.
Chaucer murió el 25 de octubre de 1400. Está enterrado en la Abadía de Westminster y fue el primer ocupante del Rincón de los poetas.

La película
Segunda de las películas que conforman la “Trilogía de la vida” -las otras son El Decamerón (1971) y Las mil y una noches (1974)- la adaptación de Pasolini acabó siendo una de sus cintas más divertidas, satíricas, irreverentes y gamberras. Bien ambientado, procurando recrear la época sombría en la que fue escrito el libro, el film traslada a la pantalla ocho de los veinticuatro cuentos con desigual fortuna. La incorporación de elementos como el erotismo -que obligó a alterar historias-, o el slapstick -en homenaje a Chaplin- no fue del gusto de muchos, aunque su trabajo le valió el Oso de Oro en el Festival de Berlín. El trabajo del cineasta, que se reservó el papel de Chaucer para la ocasión, respira espontaneidad, introduciendo buena parte de sus reflexiones al material original. Es su manera de apoderarse de las historias literarias, como queda de manifiesto en la trilogía, lo que hace de esta etapa creativa de Pasolini un buen motivo de estudio sobre la relación entre el cine y la literatura, la fusión de ambas disciplinas como ejemplo de la creación y recreación con libertad absoluta sin traicionar las fuentes.
Los cuentos de Canterbury deben leerse y verse con espíritu libre, sin prejuicios y con la sana intención de divertirse.
José A. Muñoz
http://www.revistadeletras.net/filmoteca-literaria-xvi-i-racconti-di-canterbury-pier-paolo-pasolini-1972/


La Sonrisa de Pasolini y su Pluma de Luz al Paso de los Peregrinos

"Pasolini is indisputably the most remarkable figure to have
emerged in italian arts and letters since the Second World War"

Susan Sontag

Pier Paolo Pasolini siempre se consideraría a sí mismo y primero que todo, un poeta. Nacido en Bologna en 1922 como hijo de un oficial del ejército, fue afecto a la escritura desde muy pequeño; asistiría a la escuela y gozaría de cierta popularidad como poeta durante su paso por la Universidad de Bologna en 1941. Ingresa a la actividad cinematográfica con la realización del guión de La Donna del Fiume (1954) de Mario Soldati. Colabora con Fellini en la elaboración del guión de La Notti de Cabiria (1956) -Las Noches de Cabiria o Cabiria, simplemente- así como lo haría en las películas La Notte Brava (1959) y Il Bel Antonio (1960), de Mauro Bolognini (1923-2001) en donde aparecería la bella Claudia Cardinale, casi una jovencita en ese entonces. Con anterioridad, había recibido el golpe de la censura en su primera novela, Ragazzi di Vitta a inicios de los años cincuenta.
Su obra deja compartir con el público su visión, en muchos casos referida a personas marginales y excluidos; de los bajos mundos o de la criminalidad. Su primera película, Acattone! (1961) se basaría en Una Vita Violenta -Una Vida Violenta-, novela de su autoría; una sombría narración sobre la vida de un proxeneta de los bajos fondos de una deprimida parte de Roma, donde el mismo Pasolini había vivido en los años cuarenta. En Mamma Roma (1962), con Anna Magnanni, se refiere a una prostituta que aspira a una vida de clase media. Prevalece el contenido sobre la forma en las primeras obras de Pasolini y a lo largo de su producción, se exhiben sus particulares apreciaciones sobre el marxismo, la religión y la sociedad en general, con una estética muy particular.
El profundo sentido de las obras de Pasolini de hecho, no fue bien recibido en la mayoría de los casos; de su película Rogopag (1962), se resalta la censura por el episodio de "La Ricotta" (episode) (Katz, 1994, p. 1061). En El Evangelio Según San Mateo (1964) también desplegará su personal tratamiento de los temas religiosos y fílmicamente desarrolla este trabajo con actores no profesionales y la participación de su propia madre en el papel de María, en esta magistral, rústica y casi documental recreación del episodio bíblico.
La vida de Pasolini, nunca había dejado de ser polémica. Se afirma que su conversión al comunismo fue una respuesta contestataria a la condición política de su padre. Fue arrestado cuando los alemanes seguían a los simpatizantes de los aliados y en 1947 se haría secretario del Partido Comunista, dos años antes de atribuirsele cargos por corrupción de menores. En referencia a su condición de ateo, comunista y homosexual, es de notar que siempre expresaría consideración por la figura de su madre y las creencias de ella (Mónaco, 1991, p. 416); El Evangelio según San Mateo fue reconocida con el Premio Especial del Jurado en el Festival de Venecia de 1964.
Pasolini adapta obras como Las Mil y Una Noches, Arabian Nights (1974) pasando de las calles de su Roma contemporánea a los clásicos de la literatura como éste. Con fundamento en la literatura, la historia y en referencia con la edad media, realiza el Decamerón (1971) y Los Cuentos de Canterbury (1972), la segunda película de su Trilogía de la Vida. Ésta obra, conjuntamente con Saló, los Ciento Veinte Días de Sodoma (1975), su ultima película, serían consideradas "obscenas" por una corte y su rodaje se retardaría por meses (Katz, 1964, p. 1062).
Las alusiones a una forma de ver la sociedad desde su personal perspectiva, encuentran en Los Cuentos de Canterbury, la oportunidad de componer los planos y encuadres de una adaptación que recrea estéticamente, la temperatura del color y la cantidad de luz de un universo que es creación de su imaginación sobre la plantilla de la obra literaria original. Consideradas las variaciones con respecto a ésta y en especial en el cuento de el fraile, se advierte que la historia y la literatura son un puntal de creación para un maestro como Pasolini y que éste tiene una particular forma de narrar su obra cuando ésta se basa en un texto anterior, en la forma de agregación de múltiples elementos. El crítico de cine y cineasta Luis Alberto Álvarez en una entrevista con el pianista y compositor argentino Luis Bacalov daría cuenta del término “extra-histórico” aludiendo con el mismo y entre otras cosas, a aquella búsqueda que Pasolini hace “integrando cosas que proceden de diversas fuentes culturales en una misma historia” (Álvarez, 1992 p. 249); Este es un hecho a considerar de modo preponderante para una lectura de la obra de Pasolini.
Geoffrey Chauser estructura una obra que llevará a cabo durante varios años y se erige en torno a una peregrinación de Sowthwark a Canterbury, para visitar el templo de Santo Tomás de Beckett en la Catedral de Canterbury y las narraciones que de quince cuentos se hacen para quienes acompañan esta empresa. Escrita en los años 80 del Siglo XIV, fue la última obra de Chaucer y la primera escrita en inglés, pues antes de ésta, sólo se escribía en latín o francés; de ahí su relevancia literaria e histórica. Si bien existen afinidades entre la obra literaria de Bocaccio, El Decamerón y ésta, los personajes de la obra se diferencian con respecto a los de El Decamerón, en cuanto a que pertenecen a la clase media, mientras que los de Bocaccio, pertenecen a una clase acomodada, entre otros elementos. Filmográficamente, Pasolini, que también realiza una película en relación con El Decamerón, necesariamente encuentra un contexto más afín a lo popular para desarrollar la trama y comunicar estilizadamente la composición de una obra que se sigue refiriendo a temáticas siempre presentes en su obra tales como la sexualidad, la religión, el matrimonio, las artes y el trabajo; ahora evocando escenas y secuencias del medioevo pasadas por su sensibilidad de director y también de poeta.
El tratamiento dado por Pasolini a lo literario e histórico y sus preferencias compositivas en cuanto a luz, color y encuadres, determina un sello unipersonal diferente; una obra literaria no tiene que ser apegada fielmente al texto cuando se lleva al cine y así como lo literario, “lo histórico, con los vacíos documentales que pueda tener, en una adaptación cinematográfica no es el equivalente visual de la letra. Puede ser más o ser menos pero no puede ser lo mismo y en manos de los grandes maestros la historia y la literatura son una excusa más para seguir creando" (Cardona, 1997, p. 16). Pasolini, al igual que otros maestros como Buñuel es especialista en dejar en sus obras, agregaciones de elementos variados que de modo explícito o tácito se refieren a la obra. Este sentido "extra-histórico" (Álvarez), se evidencia en otras de sus obras y éste factor es precisamente, el que temáticamente se diferencie de un modo particular de otros realizadores y se afirme como un director de la escuela neorealista.
De hecho, Luis Alberto Álvarez decía que "Los momentos más profundos y bellos de Passolini son de corte netamente rosselliniano" (Álvarez, 1988, p. 359) sin dejar de advertir también que los actores naturales de Pasolini no eran el elemento más fuerte que manejara el director (Álvarez, 1998, p. 65). Se alude a este punto porque precisamente y frente a lo que representa el ideario del Neorrealismo planteado por Zavattini (1902), se da por consensuado que el movimiento neorealista, da preponderancia a lo verdadero, dejando de lado la artificialidad de la historia, de los actores y así "verter enteramente la realidad de la vida a la pantalla" (Robinson, 1981, 233). Sin embargo, el neorealismo en el puro concepto de Zavattini nunca existió (Íbid. 237) y es de citar que referentes del movimiento como Roma Ciudad Abierta (1945) de Rossellini, emplearía estrellas como Anna Magnani; o Ladrón de Bicicletas de Sicca seguiría conservando los rasgos de un cine afectado por las maneras del teatro.
Son los hombres y sus obras por sobre sus palabras; y son sus hechos por sobre sus actos, los que determinan la prevalencia de una obra en el tiempo por sobre los discursos de la historia o su historia. Humanistas como Rossellini, o realizadores como Herzog o Fassbinder, cobran valor para la cultura, en la medida que sólo gradualmente se van reconociendo para la sociedad y el mundo. Sus códigos, apreciaciones y construcciones se hacen prevalentes como un anuncio anticipado. La muerte violenta de Passolini en 1975 en el balneario de Ostia a manos de un joven de diez y siete años evocaría el underworld al que se hace referencia en Acattone! cuando al ser detenido éste, justificaba su crimen reclamando que Pasolini trató de "sobrepasarse". "Al final él fue víctima de sus propios personajes -una perfecta tragedia anticipada en sus desarrollo- sin saber que algún podría superarlo a él mismo" (Katz, 1994, 1062) como lo expresó Michelangelo Antonioni al saber de su muerte.
Con todo y los altibajos que la obra de Pasolini tiene, su muerte representa la violenta interrupción de la misma, cuando era un director de culto y ya su figura controversial se consideraba una de las más interesantes de las artes y letras occidentales. Su visión personal de la izquierda, la sexualidad y la religión, determinarán relecturas y nuevas relaciones entre variables conforme pase el tiempo y las generaciones vean desfilar cada vez más cerca de sus ciudades, calles y hogares a personajes, que como en su momento, sólo se creían en el imaginario del director y sus visiones personales, pues como diría el escritor, ensayista, guionista y director norteamericano, David Mamet: “Un artista es el explorador avanzado de la conciencia social. Como tal, muchas veces sus primeros informes no son creídos.” (Cardona, 2008, en línea). Así, el sino del artista, brutalmente cortado hara parte de otra historia que es la misma suya, la del arte y la de la historia del cine, la de un hombre brillante y transparente como su sonrisa de director y de poeta, antes que nada, como él mismo diría.
David Cardona
http://catedraluisalbertoalvarez.blogspot.com.ar/2008/03/los-cuentos-de-canterbury.html
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Esta adaptación de la renombrada colección de historias de Chaucer fue la segunda película de la cual Pier Paolo Pasolini paso a llamar la “Trilogía de la vida”, un tríptico cinemático el cual había comenzado un año antes con El Decamerón (1970), una interpretación sexualmente explicita y visualmente suntuosa de la igualmente famosa colección de historias cortas de Boccaccio, la cual terminaría años mas tarde con Il fiore di mille e una notte (1974), una hipnotizante adaptación similar de historias de Las mil y una noches.
Dado lo dificultoso y provocativo de las películas que Pasolini había inyectado dentro de la altamente cargada atmósfera política de finales de la década de 1960 en Italia –ideológicamente- confrontando con ensayos cinematográficos como Teorema (1968), y Porcile (1969) –esta trilogía de películas coloridas y altamente agradables fueron interpretadas por muchos como señalizando el abandono de Pasolini de su autoproclamado rol como un tábano intelectual y un agente provocateur de la burguesía italiana, un rechazo que fue ampliamente confirmado por el final de Cuentos de Canterbury donde el mismo Pasolini, bajo la apariencia de Geoffrey Chaucer, escribe en la pantalla: “Aquí acaban los Cuentos de Canterbury, contados por el solo placer de contar. Amén”. Mas tarde, sin embargo, paradójico como siempre, Pasolini vigorosamente lo mantendría, las películas de la Trilogía, de cierta manera, lo más ideológico de su carrera. Por el principio guiador de la Trilogía, afirmó, fue una celebración de la vida en toda su fisicalidad y carnalidad, una exaltación la cual la película llevó a cabo a través de una especie de carnaval de lo primitivo, deseando los cuerpos humanos como si instintivamente luchara y alegremente transgrediera los límites represivos instaurados por la moralidad religiosa y burguesa. Pasolini de este modo volteó la excesiva previsible carga de haber jugado demasiado con los elementos sexuales en las historias originales en una defensa. Como repetidamente trato de explicar en entrevistas, el sexo y los cuerpos desnudos eran precisamente la cuestión de sus películas; y han sido los críticos los que se lo han perdido! Habiendo luchado tan intensamente para eliminar el sexo de sus películas, dijo, muchos críticos las han encontrado vacías de contenido, completamente perdiendo de vista del hecho de que el contenido de las películas estaba ahí, en la pantalla, en ese inmenso agujero sobre sus cabezas el cual trataron tan fuertemente de no entender.
Pasolini no era, por supuesto, el único director que uso el sexo explicito como una herramienta de provocación ideológica durante este periodo; solo se necesita recordar que El último tango en Paris (1972) de Bertolucci fue también estrenada durante esa época. Pero la romántica, incluso, uno podría decir, reaccionaria creencia en lo primitivo, instintivo cuerpo como referente de la realidad, como el único punto posible de resistencia en la marea alta de la inautenticidad y desacralización desencadenada por el capitalismo consumista principalmente a través del poder de la televisión, pronto colapsada. Para, de hecho, cualquier provocación o desafío a la moral burguesa Pasolini habría originalmente intentado en el peán de la Trilogía con la sexualidad y los cuerpos desnudos, pronto fue efectivamente neutralizada tanto por la abrumadora popularidad de la película en las taquillas y por la docena de baratas imitaciones pseudo pornográficas producidas por su suceso. Para 1975, profundamente desilusionado por la imposibilidad de cualquier resistencia efectiva a lo que el llamo “masificación” cultural –y todavía funcionando en Salò y Le giornate di Sodoma donde el cuerpo humano lejos de ser “celebrado” es puesto literalmente en el potro- Pasolini asumió una retractación sobre la Trilogía y sobre su “ideología”. No se arrepintió de haber tratado de representar lo que creía era la realidad de cuerpos inocentes en su mas autentico ser sexual, declaró, pero hasta este punto, dada la manera en la cual hasta las descripciones de sexualidad se habían vuelto apropiadas e integradas en la cultura consumista establecida, debió admitir la derrota y hasta aquí “abjurar” su anterior posición.
Pero dejando las consideraciones ideológicas de lado y volviendo a Cuentos de Canterbury, uno debe admitir que, a pesar de haber ganado el Oso de Oro de Berlín en 1972, la película aparece, y ha permanecido, algo así como el primo pobre de la Trilogía, nunca logrando ni la misma aclamación crítica ni la popularidad de las otras dos películas. Para peor, de hecho, ha sido juzgada como una inánime secuela y una “re-masticación”, como un crítico italiano expuso, de la más exitosa y asombrosa adaptación de El Decamerón. A lo sumo, solo por el mero placer de la narración, estas historias sin embargo parecen condenadas a una inhabilidad para presentar el pulso de la vida sin atraer la silente pero insistente presencia de la misma muerte.
Pasolini ofreció diferentes explicaciones por lo que el mismo admitió fue la ultima película consumada de la Trilogía. En un nivel personal, dijo, en esa época estaba pasando por una gran tristeza y mucho de ese sentido de sufrimiento y angustia existencial inevitablemente se había filtrado en la película. En otro nivel, el mantuvo, era el mundo del mismo Chaucer el que era más oscuro y sombrío que los climas soleados italianos de El Decamerón y los tonos apagados precisamente reflejados en su distintivo carácter pesimista. Aunque la última validación de dichas explicaciones es sin embargo innegable que, a pesar de la superflua fanfarronería y el a veces forzado sentido del humor, en esta película Eros es inexorablemente acosado por Thanatos, de modo que, a pesar de su segundo lugar en la Trilogía de la Vida, la película a la larga aparece mas una meditación sobre la ubicuidad de la muerte.
Entre medio del desenfrenado sexo que también había caracterizado a El Decamerón hay toques de humor, por supuesto, y el Cook’s Tale –no mas que un fragmento en el original de Chaucer- es expandido en un homenaje de diez minutos a Chaplin y la comedia muda hollywoodense. Los modelos figurativos de Brueghel y Bosch también son invocados para crear buenos efectos visuales y talvez hay hasta una alusión a Antonello Da Messina en la recreación de Pasolini del estudio de Chaucer. Sin embargo, de mi parte, debo confesar que lo que siempre permaneció conmigo de esta película es el discurso del viejo en el cuento de Pardonner a los tres jóvenes matones quienes se acercan y lo reprenden mientras deambulan buscando la “Muerte Traidora” quien había “robado” a su amigo.
“He deambulado tan lejos como hasta la India”, dijo, “ y no he encontrado a nadie que quiera cambiar su juventud por mi vejez. Pobre desdichado, he recorrido el mundo y mañana y noche he golpeado la tierra con mi bastón y le he preguntado a mi Madre Tierra, `O Madre, déjame entrar. Cuando mis huesos tendrán su descanso eterno? Madre, di todo lo que tuve por esta mortaja que envuelve bajo la tierra´. Pero todavía ella no me concederá esta gentileza”.
Las palabras están en el original de Chaucer, por supuesto, pero el sentimiento siempre me ha parecido ser el presentimiento de Pasolini sobre la muerte. Al final, parece difícil no estar de acuerdo con aquellos críticos quienes han sugerido que la película tiene mas afinidades con la Muerte de Salò que con las otras dos exuberantes y vitales películas de la trilogía.
Nestor O.
http://www.cinematismo.com/cine-de-autor/cuentos-de-canterbury/

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