TÍTULO 47 morto che parla
AÑO 1950
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Si (En español e italiano)
DURACIÓN 89 min.
DIRECTOR Carlo Ludovico Bragaglia
GUIÓN Marcello Marchesi, Vittorio Metz, Furio Scarpelli (Historia: Ettore Petrolini)
MÚSICA Ezio Carabella
FOTOGRAFÍA Mario Albertelli (B&W)
REPARTO Totò, Silvana Pampanini, Adriana Benetti, Dante Maggio, Tina Lattanzi, Aldo Bufi Landi, Eduardo Passarelli, Arturo Bragaglia, Mario Castellani, Gildo Bocci, Franco Pucci
PRODUCTORA F.C. Produzioni / Titanus
GÉNERO Comedia
SINOPSIS El avaro barón Antonio Peletti se niega a darle a su pueblo la herencia que les ha dejado su padre a sus conciudadanos, una caja llena de piedras preciosas, que el barón esconde. El alcalde y el resto de habitantes organizan entonces una triquiñuela: hacerle creer que está muerto, y en un falso "más allá", tratar de convencerle para que les diga dónde esconde el dinero para poder salvar así su alma. (FILMAFFINITY)
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Subtítulos (Español)
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Subtítulos (Italiano)
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Critica:
Del mordace grottesco di Petrolini non rimane che il viaggio del protagonista nell'aldilà quando egli crede di essere morto. Materia rimasticata più volte dal teatro popolare, e, sebbene qualche scurrilità non manchi, meno volgare di quelle di altri film, a cui Totò ha dato il nome e la bazza. È un film recitato, questa volta dal principio alla fine; sì che Totò non risulta soltanto una marionetta, ma un bravo attore. Arturo Lanocita, "Il Nuovo Corriere della Sera", Milano, 27 dicembre 1950.
Diretto da Carlo Ludovico Bragaglia con incalzante alacrità e articolata scioltezza, il film fila allegramente seguendo le peripezie del tesoro e del barone che, impersonato dall'impareggiabile Totò, trova modo di divertire con le sue ineffabili avventure. Ermanno Contini, "Il Messaggero", Roma, 6 gennaio 1951.
Terzo film, dopo "San Giovanni decollato" e "Napoli milionaria", tratto da un' opera teatrale, liberamente ispirato all'omonima commedia di Ettore Petrolini, questo "47 morto che parla" si avvale di vari altri apporti letterari dall' Aulularia di Plauto all' Avaro di Molière. Il meccanismo narrativo è ben strutturato e visibile nei vari passaggi della sceneggiatura, anche se a un primo tempo di straordinaria compattezza segue un secondo tempo totalmente disgregato a causa delle solite spinte demenziali e irrazionali di Metz e Marchesi, complice Bragaglia, evidentemente convinti che senza superare la barriera del realismo minimo non si raggiunge la comicità. Pertanto Totò adopera due diversi registri recitativi: quello della straordinaria satira, composta e misurata (che sarà poi ripresa da "Signori si nasce") e quella demenziale-irreale della seconda parte. "47 morto che parla" può forse essere considerato il primo film nel quale Totò incarna un vero e proprio personaggio universale, che esce cioè dai limiti e dai contorni strapaesani per assurgere a metafora e a "tipo" di un aspetto dell'anima umana. Per questo motivo la recitazione è più astratta e tutta protesa a cogliere anche nei singoli dettagli gli aspetti che caratterizzano il personaggio e, in questo caso, la sua avarizia ossessiva. Tutti i duetti con il maggiordomo Gondrano (Carlo Croccolo), come poi avverrà in "Signori si nasce" tra il barone Zazà e Battista (sempre interpretato da Croccolo) sono esilaranti e impostati con una recitazione sobria, che non ha bisogno di "effetti speciali", e che si adatta alla situazione e al personaggio conferendogli uno straordinario realismo. Anzi l'effetto comico risulta proprio dalla stridente contraddizione tra le "assurdità" palesi manifestate dal personaggio e il suo modo realistico di esprimerle, come per esempio quando dice al domestico "fammi vedere le mani". Il domestico le mostra tutte e due, e Totò insiste "fammi vedere l'altra". Lo stesso vale nei duetti con il figlio, la futura nuora, il sindaco e soprattutto col macellaio, quando Totò che ha comperato la carne, invece di pagare si fa consegnare una lira con discorsi ingarbugliati che confondono il povero malcapitato. La seconda parte del film scade, come si è detto, in una serie di scene senza controllo, amplificate da esagerazioni di ogni tipo, totalmente gratuite e inutili, fino ad un vero e proprio sfondamento della barriera del realismo minimo.
Del mordace grottesco di Petrolini non rimane che il viaggio del protagonista nell'aldilà quando egli crede di essere morto. Materia rimasticata più volte dal teatro popolare, e, sebbene qualche scurrilità non manchi, meno volgare di quelle di altri film, a cui Totò ha dato il nome e la bazza. È un film recitato, questa volta dal principio alla fine; sì che Totò non risulta soltanto una marionetta, ma un bravo attore. Arturo Lanocita, "Il Nuovo Corriere della Sera", Milano, 27 dicembre 1950.
Diretto da Carlo Ludovico Bragaglia con incalzante alacrità e articolata scioltezza, il film fila allegramente seguendo le peripezie del tesoro e del barone che, impersonato dall'impareggiabile Totò, trova modo di divertire con le sue ineffabili avventure. Ermanno Contini, "Il Messaggero", Roma, 6 gennaio 1951.
Terzo film, dopo "San Giovanni decollato" e "Napoli milionaria", tratto da un' opera teatrale, liberamente ispirato all'omonima commedia di Ettore Petrolini, questo "47 morto che parla" si avvale di vari altri apporti letterari dall' Aulularia di Plauto all' Avaro di Molière. Il meccanismo narrativo è ben strutturato e visibile nei vari passaggi della sceneggiatura, anche se a un primo tempo di straordinaria compattezza segue un secondo tempo totalmente disgregato a causa delle solite spinte demenziali e irrazionali di Metz e Marchesi, complice Bragaglia, evidentemente convinti che senza superare la barriera del realismo minimo non si raggiunge la comicità. Pertanto Totò adopera due diversi registri recitativi: quello della straordinaria satira, composta e misurata (che sarà poi ripresa da "Signori si nasce") e quella demenziale-irreale della seconda parte. "47 morto che parla" può forse essere considerato il primo film nel quale Totò incarna un vero e proprio personaggio universale, che esce cioè dai limiti e dai contorni strapaesani per assurgere a metafora e a "tipo" di un aspetto dell'anima umana. Per questo motivo la recitazione è più astratta e tutta protesa a cogliere anche nei singoli dettagli gli aspetti che caratterizzano il personaggio e, in questo caso, la sua avarizia ossessiva. Tutti i duetti con il maggiordomo Gondrano (Carlo Croccolo), come poi avverrà in "Signori si nasce" tra il barone Zazà e Battista (sempre interpretato da Croccolo) sono esilaranti e impostati con una recitazione sobria, che non ha bisogno di "effetti speciali", e che si adatta alla situazione e al personaggio conferendogli uno straordinario realismo. Anzi l'effetto comico risulta proprio dalla stridente contraddizione tra le "assurdità" palesi manifestate dal personaggio e il suo modo realistico di esprimerle, come per esempio quando dice al domestico "fammi vedere le mani". Il domestico le mostra tutte e due, e Totò insiste "fammi vedere l'altra". Lo stesso vale nei duetti con il figlio, la futura nuora, il sindaco e soprattutto col macellaio, quando Totò che ha comperato la carne, invece di pagare si fa consegnare una lira con discorsi ingarbugliati che confondono il povero malcapitato. La seconda parte del film scade, come si è detto, in una serie di scene senza controllo, amplificate da esagerazioni di ogni tipo, totalmente gratuite e inutili, fino ad un vero e proprio sfondamento della barriera del realismo minimo.
La messa in scena dell'inferno ai Campi Flegrei, lo spirito guida della canzonettista, la fuga in aerostato fino alla ricomparsa finale avvitano il film su se stesso e lo fanno precipitare nella solita spirale di irrealismo. Per quanto riguarda tuttavia la recitazione di Totò va sottolineata l'assoluta padronanza dei due registri, in entrambi i quali Totò si trova perfettamente a proprio agio, sapendo dosare in modo magistrale mimica e linguaggio a seconda delle situazioni imposte dalla sceneggiatura.
Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione
http://www.antoniodecurtis.org/47.htm
http://www.antoniodecurtis.org/47.htm
Totò visto da: Silvana Pampanini
Totò era veramente un gentleman dalla punta dei capelli fino alla punta dei piedi, era un professionista favoloso, molto signore, molto gentile e molto bravo.
Totò non era bravo soltanto come attore comico, Totò era un grandissimo attore drammatico, anche se è stato sfruttato in film troppo facili, film commerciali di qua, film commerciali di la.
La comicità vera è quando tu con niente fai ridere e interpreti veramente e non son soltanto facendo delle battute, la comicità non è soltanto questo. Con lui ho fatto tra l'altro 47 morto che parla, che era poi L'avaro di Molière.
In 47 morto che parla c'è dentro questa beffa, c'è la satira, c'è dentro la comicità, in fondo c'è dentro un pò di tutto, non è il filmettino così. Totò aveva un'ammirazione immensa per me, certo ero molto giovane, ma con una discrezione tale, con una signorilità tale.
Mi faceva capire che mi voleva molto bene, che mi voleva sposare, ne aveva parlato con papà che però gli diceva: "Totò, guardi, Silvana è una ragazzina, non ci pensa proprio a queste cose". Era sempre molto gentile e carino, nel camerino mi faceva trovare i mazzolini di fiori, quelli tutti montati con il pizzo sotto delicatissimo, il profumo, i cioccolatini.
Un giorno venne da me per dirmi: "Silvana, ci pensi". Allora a me uscì quella frase che avrei voluto riprendere ma non si poteva più, ormai era detta: "Totò, io ti voglio molto bene, ma come a un padre". Ecco. Lui però ha capito e ha continuato a volermi molto bene, siamo rimasti sempre amici. Ci siamo incontrati tante volte e anzi lui mi adorava ancora di più proprio pensando che ero una ragazza a posto e che non avevo approfittato di questa situazione.
http://www.antoniodecurtis.org/silvana_pampanini.htm
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Una commedia di Ettore Petrolini del 1918 sta alla base del soggetto di 47 morto che parla, film di culto che racconta le vicissitudini dell’avarissimo barone Antonio Peletti (Totò), intenzionato a non cedere la parte di eredità paterna destinata a costruire un scuola. Il grande autore comico italiano saccheggia L’avaro di Molière, cita La Divina Commedia di Dante Alighieri e realizza un’opera indimenticabile della comicità del primo dopoguerra. La battuta: “… e io pago!”, pronunciata da Totò si sente ancora citare nelle conversazioni come normale intercalare. Non solo. Striscia la notizia, popolare trasmissione televisiva di Canale Cinque, ci ha costruito attorno un siparietto comico settimanale. Il film è girato in interni, molte parti sono ricostruite in studio, ma è notevole la sequenza ambientata in un presunto Inferno dantesco, immersa in un paesaggio di soffioni boraciferi, così come è puro cinema fantastico tutta la parte a bordo di una mongolfiera che precipita in Sardegna.
L’avarizia del barone è alla base dei molti momenti di comicità, dalla sequenza del macellaio, buggerato con ragionamenti surreali, che finisce per pagare l’acquisto della carne, alle parti in cui Totò difende la preziosa eredità dalle altrui mire. “Noblesse oblige, la libertà è obbligatoria”, è un’altra battuta che si ricorda e che tornerà in diverse pellicole interpretate da Totò. Il fulcro del film risiede nella trovata comica della presunta morte di Totò, che prima finisce in un Inferno popolato da attori, quindi viene accompagnato sulla Terra da Silvana Pampanini (elemento sexy della pellicola), sotto forma di presunto fantasma, ritenuto invisibile. Il film è girato nei Campi Flegrei ed è ambientato in un’ipotetica città della Campania.
Goffredo Fofi non ama il personaggio di Totò, perché costringe la comicità dell’attore napoletano in “un carattere monocorde”, (l’avaro) rendendolo “succube dell’intreccio”, non consentendo sbalzi creativi. Paolo Mereghetti condivide tale impostazione critica e concede soltanto una stella e mezzo. Morando Morandini aggiunge una stella, affermando che è “un film di Totò finalmente ben costruito, con un personaggio che è un carattere, dispone di una personalità ben definita, al posto della solita marionetta”.Non tutta la critica è unanime, come abbiamo visto, c’è chi parla di “un film triste, senza anima, come una macchina che si inceppa” (Bonicelli). Tre stelle per Pino Farinotti, valutazione che condividiamo, perché Totò mette la sua comicità e una grande personalità di attore al servizio di una storia complessa e ben congegnata, ricca di momenti umoristici e di elementi fantastico - surreali. Squadra di sceneggiatori d’eccezione, da Metz e Marchesi, passando per Age e Scarpelli, per finire con Manzari, non accreditato nei titoli di testa.
Carlo Ludovico Bragaglia (Frosinone, 1894 - Roma, 1998) è un regista - sceneggiatore figlio d’arte, proveniente da una famiglia di attori e cinematografari. Comincia con il teatro, si avvicina al cinema negli anni Venti, come fotografo, montatore e sceneggiatore della Cines. Regista indimenticabile dei telefoni bianchi, debutta nel 1932 con il surreale O la borsa o la vita e abbandona la macchina da presa nel 1963, con I tre moschettieri. Realizza cinema popolare per tutta la vita, forse la sola eccezione a uno stile fondamentale è costituita proprio dal primo lungometraggio. Regista di commedie sentimentali, peplum e molte pellicole di Totò, che lo rendono uno dei più prolifici autori (commerciali) del dopoguerra. (Fonte: Roberto Poppi - “I registi italiani” - Gremese).
Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
http://cinetecadicaino.blogspot.com.ar/2013/03/47-morto-che-parla.html
http://www.antoniodecurtis.org/silvana_pampanini.htm
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Una commedia di Ettore Petrolini del 1918 sta alla base del soggetto di 47 morto che parla, film di culto che racconta le vicissitudini dell’avarissimo barone Antonio Peletti (Totò), intenzionato a non cedere la parte di eredità paterna destinata a costruire un scuola. Il grande autore comico italiano saccheggia L’avaro di Molière, cita La Divina Commedia di Dante Alighieri e realizza un’opera indimenticabile della comicità del primo dopoguerra. La battuta: “… e io pago!”, pronunciata da Totò si sente ancora citare nelle conversazioni come normale intercalare. Non solo. Striscia la notizia, popolare trasmissione televisiva di Canale Cinque, ci ha costruito attorno un siparietto comico settimanale. Il film è girato in interni, molte parti sono ricostruite in studio, ma è notevole la sequenza ambientata in un presunto Inferno dantesco, immersa in un paesaggio di soffioni boraciferi, così come è puro cinema fantastico tutta la parte a bordo di una mongolfiera che precipita in Sardegna.
L’avarizia del barone è alla base dei molti momenti di comicità, dalla sequenza del macellaio, buggerato con ragionamenti surreali, che finisce per pagare l’acquisto della carne, alle parti in cui Totò difende la preziosa eredità dalle altrui mire. “Noblesse oblige, la libertà è obbligatoria”, è un’altra battuta che si ricorda e che tornerà in diverse pellicole interpretate da Totò. Il fulcro del film risiede nella trovata comica della presunta morte di Totò, che prima finisce in un Inferno popolato da attori, quindi viene accompagnato sulla Terra da Silvana Pampanini (elemento sexy della pellicola), sotto forma di presunto fantasma, ritenuto invisibile. Il film è girato nei Campi Flegrei ed è ambientato in un’ipotetica città della Campania.
Goffredo Fofi non ama il personaggio di Totò, perché costringe la comicità dell’attore napoletano in “un carattere monocorde”, (l’avaro) rendendolo “succube dell’intreccio”, non consentendo sbalzi creativi. Paolo Mereghetti condivide tale impostazione critica e concede soltanto una stella e mezzo. Morando Morandini aggiunge una stella, affermando che è “un film di Totò finalmente ben costruito, con un personaggio che è un carattere, dispone di una personalità ben definita, al posto della solita marionetta”.Non tutta la critica è unanime, come abbiamo visto, c’è chi parla di “un film triste, senza anima, come una macchina che si inceppa” (Bonicelli). Tre stelle per Pino Farinotti, valutazione che condividiamo, perché Totò mette la sua comicità e una grande personalità di attore al servizio di una storia complessa e ben congegnata, ricca di momenti umoristici e di elementi fantastico - surreali. Squadra di sceneggiatori d’eccezione, da Metz e Marchesi, passando per Age e Scarpelli, per finire con Manzari, non accreditato nei titoli di testa.
Carlo Ludovico Bragaglia (Frosinone, 1894 - Roma, 1998) è un regista - sceneggiatore figlio d’arte, proveniente da una famiglia di attori e cinematografari. Comincia con il teatro, si avvicina al cinema negli anni Venti, come fotografo, montatore e sceneggiatore della Cines. Regista indimenticabile dei telefoni bianchi, debutta nel 1932 con il surreale O la borsa o la vita e abbandona la macchina da presa nel 1963, con I tre moschettieri. Realizza cinema popolare per tutta la vita, forse la sola eccezione a uno stile fondamentale è costituita proprio dal primo lungometraggio. Regista di commedie sentimentali, peplum e molte pellicole di Totò, che lo rendono uno dei più prolifici autori (commerciali) del dopoguerra. (Fonte: Roberto Poppi - “I registi italiani” - Gremese).
Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
http://cinetecadicaino.blogspot.com.ar/2013/03/47-morto-che-parla.html
Gran aporte amico,en Cine Clásico tenés un notable
ResponderEliminarripeo del compañero Droid y los sub en español del
amigo Vozidar.
Grazie mille Amarcord, la verdad que es un lujo
este extraordinario blog,de lo mejor en cine italiano ewn la web.
Eddelon
Eddelon
ResponderEliminarMuchas gracias por colaborar.
Ya subí los subtítulos mencionados.
Un abrazo
- Gracias, una vez más, Scalisto.
ResponderEliminar- La película es de 1950 (no de *1952), como puede verse en la Wikipedia italiana:
http://it.wikipedia.org/wiki/47_morto_che_parla
He observado en múltiples ocasiones que cuando IMDb no tiene la fecha de alguna película, en vez de investigar un poco, pone la primera que encuentre referida a su estreno. Como es el caso: ''47 morto che parla'' se estrenó en Portugal el 30 de septiembre de 1952.
Saludos,
monzi.
monzi
EliminarGracias por la corrección. También figura con esa fecha en la página de Antonio de Curtis (Toto).
Ahora, no soy Scalisto. Soy Amarcord.
Un abrazo.
Hola Amarcord!!!.Disfruto y aprendo todos los días con tu magnífico blog,gracias por ése milagro.Lamentablemente los archivos fueron borrados de mediafire,¿podrías reponerlos?.Te agradezco.Una duda : Amarcord=Scalisto?,Si es así te conozco desde hace bastante tiempo...
ResponderEliminarme anoto por si se resube.
ResponderEliminarCambiados los enlaces.
Eliminargracias, sos un capo!
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