TITULO Mio Figlio
AÑO 2005
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español (Incorporados)
DURACION 180 min.
DIRECCION Luciano Odorisio
GUION Luciano Odorisio, Fabio Campus
GENERO Drama
REPARTO Lando Buzzanca,Caterina Vertova, Giovanni Scifoni, Sergio Sivori, Giuseppe Schisano, Morgana Forcella, Dario Costa, Alessandro Scavone.
PRODUCCION Sergio Giussani.
SINOPSIS: Miniserie de dos capítulos. Cada uno dura aproximadamente 90 minutos. Federico Vivaldi (Lando Buzzanca) es un intachable comisario de policía que vive y trabaja en Trieste, Italia. Federico mantiene una buena relación con su ex-mujer Laura (Caterina Vertova), con la que tuvo a su hijo Stefano (Giovanni Scifoni), también policía y estudiante universitario. En el transcurso de una investigación de un homicidio, Federico descubrirá por casualidad que su hijo oculta un secreto: su homosexualidad. Una realidad no fácil de aceptar, que provoca en el padre una dolorosa crisis de valores, sintiéndose responsable de lo que él percibe como su gran fracaso... Mio figlio ahonda en la búsqueda interior a través de la cual emergerá una nueva relación entre padre e hijo. La reflexión de un padre que empieza a comprender por amor lo que, por convicciones morales y prejuicios sociales, rechazaba en principio a entender.
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CD 2
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L'ex "merlo maschio" Lando Buzzanca interpreta in televisione il ruolo di un commissario con un figlio gay e sbanca l'Auditel. Soddisfattissimo il movimento glbt. Lividi invece i commenti di An, il partito a cui da sempre è iscritto Buzzanca, perché "rappresentare in maniera normale le persone omosessuali rischia di legittimare il mondo gay".
Adesso sì che possiamo dire che l'omosessualità è entrata nelle case degli italiani dalla porta principale. Anzi, con la fiction Mio figlio, diretta da Luciano Odorisio e trasmessa in prima serata su Raiuno il 9 e il 10 gennaio, possiamo dire che è stata addirittura ammessa nel tempio della famiglia italiana. La storia racconta di un padre macho e commissario (Lando Buzzanca) che impara ad accettare l'omosessualità del figlio (Giovanni Scifoni), anche lui poliziotto, e i dati Auditel l'hanno gradita parecchio, registrando in entrambe le serate oltre otto milioni di spettatori e uno share intorno al 30%. L'hanno apprezzata molto, comunque, anche gli addetti ai lavori (leggi movimento gay), che si sono prodotti in torrenti di elogi quasi imbarazzanti. "Noi genitori", ha commentato per esempio l'Agedo, "riconosciamo che finalmente i nostri figli omosessuali sono stati rappresentati senza stereotipi e retorica". La pasionaria glbt Imma Battaglia, per non essere da meno, ha esclamato: "Bravo Buzzanca e bravo Odorisio. Queste due serate valgono come trent'anni delle nostre battaglie". Andrea Benedino e Anna Paola Concia, del coordinamento omosessuali Ds, si sono prodotti invece in un lungo elogio in tandem sull'"Unità", con affermazioni come questa: "Noi, che sulla nostra pelle abbiamo vissuto quello che viene descritto nel film, ma che soprattutto ci battiamo ogni giorno per l'affermazione dei diritti degli omosessuali e contro le discriminazioni, possiamo dire che Mio figlio ci ha dato una grande mano".
Il motivo di tante lodi è presto detto: il film dà per assodato che avere un figlio gay, per quanto possa apparire complicato, non è un motivo di disonore né una colpa. Lo è, al contrario, non accettarlo. Il personaggio interpretato da Buzzanca, il commissario Vivaldi, è costretto dai casi della vita a mettere in discussione la sua superficiale ideologia machista e a comprendere per amore quello che prima si rifiutava di capire. Finché non è pronto a sfoggiare il suo bravo orgoglio paterno con il collega omofobo che dice che "se si viene a a sapere che un poliziotto è gay, la polizia non ci fa una bella figura". Babbo Buzzanca risponde: "E pensi che faccia bella figura ad avere degli stronzi come te in servizio?". Se lo tengano per detto, e imparino a comportarsi come si deve, le legioni di "stronzi" che tra i ranghi delle forze dell'ordine ancora pensano che fare battute razziste, se non di peggio, nei confronti degli omosessuali sia una cosa simpatica e un modo del tutto normale di comprovare la propria virilità sempre in cerca di conferme.
Il più contento di tutti, in ogni caso, è Lando Buzzanca. Proprio a lui, che negli anni settanta costruì la propria carriera con i film di serie b in cui interpretava la caricatura del maschio latino, rimanendo poi inchiodato al cliché dell'allupato senza cervello, ha avuto infatti la soddisfazione artistica di chiudere il cerchio sulla parabola storica del maschio italiano, che per forza di cose in pochi decenni è dovuto maturare più di quan to non fosse riuscito a fare in diversi millenni: se solo trent'anni fa era come da tradizione uno spensierato monumento al testosterone, da grande ha imparato a fare i conti un po'meglio con una realtà che non prevede più la superiorità maschile come premessa inevitabile della convivenza sociale. "Sono contento", ha dichiarato Buzzanca, di aver stracciato quel cliché del 'merlo maschio con il quale avevo paura di invecchiare".
Tra il serio e il faceto, l'attore ha anche spiegato di comprendere bene gli omosessuali, perché sono persone discriminate dalla società come lui lo è stato nel corso della sua carriera per via delle sue note simpatie politiche di destra. Eppure, questa volta, gli unici che hano dato dei dispiaceri a Buzzanca stanno a destra. Anzi, proprio in An, il partito che Lando sostiene fin da quando si chiamava ancora Msi. "Il Secolo d'Italia", organo ufficiale di An, ha recensito "Mio figlio" con molte riserve, spiegando che rappresenta "in maniera normale le persone omosessuali, rischiando di legittimare il mondo gay". "Significa forse che gli omosessuali sono anormali? Dopo tante battaglie civili?" si è domandato Buzzanca.
Il problema che Lando per affetto non vede è forse che le battaglie civili per i diritti dei gay non hanno fin qui trovato molti sostenitori in An. E sicuramente hanno trovato molti detrattori. Come il consigliere d'mministrazione della Rai Marcello Veneziani, che si è sfogato con un un editoriale su "Libero" contro Buzzanca e il vezzo politicamente corretto di parlare bene dei gay. L'intellettuale organico Veneziani dimostra, con le sue spiritose ironie (tipo "se volere riofarvi una vita confessate di essere gay"), che le teste pensanti della destra rimangono ben lontane dalla disdicevole tentazione di entrare nel XXI. Il caso Buzzanca dimostra però che anche a destra ci sono persone che preferiscono vivere nella realtà anziché murati nell'ideologia. E questo per la destra di casa nostra è un bel nodo "di programma" da risolvere.
Recensione di Gianni Rossi Barilli alla serie Tv Mio figlio (2005-2005) inserita il 30/03/2005
Edito originariamente in "Pride", n. 68, febbraio 2005, con lo pseudonimo Paolo Belmonte
http://www.culturagay.it/cg/recensione.php?id=10856
Adesso sì che possiamo dire che l'omosessualità è entrata nelle case degli italiani dalla porta principale. Anzi, con la fiction Mio figlio, diretta da Luciano Odorisio e trasmessa in prima serata su Raiuno il 9 e il 10 gennaio, possiamo dire che è stata addirittura ammessa nel tempio della famiglia italiana. La storia racconta di un padre macho e commissario (Lando Buzzanca) che impara ad accettare l'omosessualità del figlio (Giovanni Scifoni), anche lui poliziotto, e i dati Auditel l'hanno gradita parecchio, registrando in entrambe le serate oltre otto milioni di spettatori e uno share intorno al 30%. L'hanno apprezzata molto, comunque, anche gli addetti ai lavori (leggi movimento gay), che si sono prodotti in torrenti di elogi quasi imbarazzanti. "Noi genitori", ha commentato per esempio l'Agedo, "riconosciamo che finalmente i nostri figli omosessuali sono stati rappresentati senza stereotipi e retorica". La pasionaria glbt Imma Battaglia, per non essere da meno, ha esclamato: "Bravo Buzzanca e bravo Odorisio. Queste due serate valgono come trent'anni delle nostre battaglie". Andrea Benedino e Anna Paola Concia, del coordinamento omosessuali Ds, si sono prodotti invece in un lungo elogio in tandem sull'"Unità", con affermazioni come questa: "Noi, che sulla nostra pelle abbiamo vissuto quello che viene descritto nel film, ma che soprattutto ci battiamo ogni giorno per l'affermazione dei diritti degli omosessuali e contro le discriminazioni, possiamo dire che Mio figlio ci ha dato una grande mano".
Il motivo di tante lodi è presto detto: il film dà per assodato che avere un figlio gay, per quanto possa apparire complicato, non è un motivo di disonore né una colpa. Lo è, al contrario, non accettarlo. Il personaggio interpretato da Buzzanca, il commissario Vivaldi, è costretto dai casi della vita a mettere in discussione la sua superficiale ideologia machista e a comprendere per amore quello che prima si rifiutava di capire. Finché non è pronto a sfoggiare il suo bravo orgoglio paterno con il collega omofobo che dice che "se si viene a a sapere che un poliziotto è gay, la polizia non ci fa una bella figura". Babbo Buzzanca risponde: "E pensi che faccia bella figura ad avere degli stronzi come te in servizio?". Se lo tengano per detto, e imparino a comportarsi come si deve, le legioni di "stronzi" che tra i ranghi delle forze dell'ordine ancora pensano che fare battute razziste, se non di peggio, nei confronti degli omosessuali sia una cosa simpatica e un modo del tutto normale di comprovare la propria virilità sempre in cerca di conferme.
Il più contento di tutti, in ogni caso, è Lando Buzzanca. Proprio a lui, che negli anni settanta costruì la propria carriera con i film di serie b in cui interpretava la caricatura del maschio latino, rimanendo poi inchiodato al cliché dell'allupato senza cervello, ha avuto infatti la soddisfazione artistica di chiudere il cerchio sulla parabola storica del maschio italiano, che per forza di cose in pochi decenni è dovuto maturare più di quan to non fosse riuscito a fare in diversi millenni: se solo trent'anni fa era come da tradizione uno spensierato monumento al testosterone, da grande ha imparato a fare i conti un po'meglio con una realtà che non prevede più la superiorità maschile come premessa inevitabile della convivenza sociale. "Sono contento", ha dichiarato Buzzanca, di aver stracciato quel cliché del 'merlo maschio con il quale avevo paura di invecchiare".
Tra il serio e il faceto, l'attore ha anche spiegato di comprendere bene gli omosessuali, perché sono persone discriminate dalla società come lui lo è stato nel corso della sua carriera per via delle sue note simpatie politiche di destra. Eppure, questa volta, gli unici che hano dato dei dispiaceri a Buzzanca stanno a destra. Anzi, proprio in An, il partito che Lando sostiene fin da quando si chiamava ancora Msi. "Il Secolo d'Italia", organo ufficiale di An, ha recensito "Mio figlio" con molte riserve, spiegando che rappresenta "in maniera normale le persone omosessuali, rischiando di legittimare il mondo gay". "Significa forse che gli omosessuali sono anormali? Dopo tante battaglie civili?" si è domandato Buzzanca.
Il problema che Lando per affetto non vede è forse che le battaglie civili per i diritti dei gay non hanno fin qui trovato molti sostenitori in An. E sicuramente hanno trovato molti detrattori. Come il consigliere d'mministrazione della Rai Marcello Veneziani, che si è sfogato con un un editoriale su "Libero" contro Buzzanca e il vezzo politicamente corretto di parlare bene dei gay. L'intellettuale organico Veneziani dimostra, con le sue spiritose ironie (tipo "se volere riofarvi una vita confessate di essere gay"), che le teste pensanti della destra rimangono ben lontane dalla disdicevole tentazione di entrare nel XXI. Il caso Buzzanca dimostra però che anche a destra ci sono persone che preferiscono vivere nella realtà anziché murati nell'ideologia. E questo per la destra di casa nostra è un bel nodo "di programma" da risolvere.
Recensione di Gianni Rossi Barilli alla serie Tv Mio figlio (2005-2005) inserita il 30/03/2005
Edito originariamente in "Pride", n. 68, febbraio 2005, con lo pseudonimo Paolo Belmonte
http://www.culturagay.it/cg/recensione.php?id=10856
MIO FIGLIO: UNO SCENEGGIATO TV "RIVOLUZIONARIO"
Onore al regista Odorisio e ai protagonisti, in primis Lando Buzzanca che ha tenacemente difeso il progetto, per un film civile e coraggioso che aiuta la società a migliorarsi. Stonato e grave l'attacco del Secolo d'Italia.
15/1/05 - La destra italiana, fortunatamente non tutta, non ha sopportato lo sdoganamento dell'omosessualità tentato (e con successo) dalla fiction tv "Mio figlio". Soprattutto perché promossa da un attore (Buzzanca) che si è sempre dichiarato di destra (AN) e poi perché trasmesso da una RAI che ai vertici ha uomini di destra. Prima un articolo sul "Secolo d'Italia" (organo di AN) scritto da Enrico Nistri che dice che non è possibile legittimare l'omosesseualità in quanto gli omosessuali non sono persone normali. Il giorno dopo lo stesso giornale tenta di fare marcia indietro pubblicando un'intervista allo stesso Buzzanca dal titolo Sono di destra e contro l'intolleranza. Ma su Libero dello stesso giorno (14.1.04) appare una articolo ridicolizzante ed offensivo di Marcello Veneziani (in quota AN) dal titolo Se vuoi riuscire nella vita confessa di essere gay. Non sappiamo se queste persone hanno cercato solo di mettersi in mostra cercando di distinguersi dal coro unanime di approvazioni ricevuto dal film televisivo o se invece rappresentino ancora l'anima di un partito e di un popolo di destra che non riesce a liberarsi dal retaggio di omofobia e oscurantismo illiberale e antidemocratico che fino a ieri accompagnava le dichiarazioni di tanti massimi esponenti di quel partito (vedi, tra glia altri, le dichiarazioni di Fini sui maestri omosessuali e di sua moglie sui calciatori, per non parlare delle dichiarazioni assai più recenti dei vari Tremaglia, Fiori, Pedrizzi, ecc.). Molto interessante la risposta di Cecchi Paone (gay del centro-destra) in un'intervista al Corriere dal titolo Questa destra è ignorante
15/1/05 - La destra italiana, fortunatamente non tutta, non ha sopportato lo sdoganamento dell'omosessualità tentato (e con successo) dalla fiction tv "Mio figlio". Soprattutto perché promossa da un attore (Buzzanca) che si è sempre dichiarato di destra (AN) e poi perché trasmesso da una RAI che ai vertici ha uomini di destra. Prima un articolo sul "Secolo d'Italia" (organo di AN) scritto da Enrico Nistri che dice che non è possibile legittimare l'omosesseualità in quanto gli omosessuali non sono persone normali. Il giorno dopo lo stesso giornale tenta di fare marcia indietro pubblicando un'intervista allo stesso Buzzanca dal titolo Sono di destra e contro l'intolleranza. Ma su Libero dello stesso giorno (14.1.04) appare una articolo ridicolizzante ed offensivo di Marcello Veneziani (in quota AN) dal titolo Se vuoi riuscire nella vita confessa di essere gay. Non sappiamo se queste persone hanno cercato solo di mettersi in mostra cercando di distinguersi dal coro unanime di approvazioni ricevuto dal film televisivo o se invece rappresentino ancora l'anima di un partito e di un popolo di destra che non riesce a liberarsi dal retaggio di omofobia e oscurantismo illiberale e antidemocratico che fino a ieri accompagnava le dichiarazioni di tanti massimi esponenti di quel partito (vedi, tra glia altri, le dichiarazioni di Fini sui maestri omosessuali e di sua moglie sui calciatori, per non parlare delle dichiarazioni assai più recenti dei vari Tremaglia, Fiori, Pedrizzi, ecc.). Molto interessante la risposta di Cecchi Paone (gay del centro-destra) in un'intervista al Corriere dal titolo Questa destra è ignorante
11/1/05 - Non capita spesso che una fiction televisiva si prenda lo spazio di un dossier in questo archivio a tematica glbt. Succede con lo sceneggiato in due puntate "Mio figlio" trasmesso dalla RAI il 9 e 10 gennaio per non pochi motivi e meriti. Anzitutto sottolineiamo il coraggio di presentare una storia che ha come argomento principale l'omosessualità. Una storia prodotta dalla televisione di Stato e trasmessa in prima serata. Qualche anno fa la RAI trasmise "Difetto di famiglia" che pure affrontava il tema dell'omosessualità, ma ancora con estrema delicatezza. Questa volta abbiamo invece un film molto più incisivo, che ha lo scopo, apertamente dichiarato dai realizzatori, di fare dell'agiografia gay, di fare cioè comprendere che anche i gay sono persone normali, magari migliori di tante altre, e che sono ingiustamente perseguitati e derisi. Ma lo sceneggiato va anche molto oltre affrontando il tema dell'amore gay, della gelosia gay e della famiglia gay (esaltante il momento in cui il padre dà al figlio le chiavi della nuova casa dove già c'è il suo fidanzato), tutto questo accade in TV lo stesso giorno in cui il Papa tuona contro le unioni che non siano tra un uomo e una donna. Non bastasse tutto ciò, assistiamo anche ad una denuncia chiarissima contro l'omofobia ingiustificata di una istituzione come la polizia di Stato.
Al di là dei meriti specifici dell'opera in sè, che forse non è qualitativamente eccelsa, anche se a noi è piaciuta moltissimo, basta e avanza quanto sopra per inserirla nella storia dei cambiamenti sociali e culturali del nostro paese. Un segno di questo sono già stati sia la risonanza che la stampa ha dato all'evento, sia la risposta molto positiva data dal pubblico con record di ascolti in entrambe le serate di programmazione.
Tutto questo è stato ben compreso anche dal massmediologo Klaus Davi che poteva risparmiarsi le ingiustificate e gratuite critiche all'Arcigay dicendo che "Una operazione così produce molto di più di tante inutili battaglie delle associazioni gay la cui efficacia comunicativa è francamente molto dubbia e si limitano a rincorrere i temi più che a imporli". Mi piacerebbe sapere cosa conosce il signor Davi della fatica e del lavoro quotidiano che tanti di noi perseguono all'interno di Arcigay, giorno dopo giorno e senza nessun riflettore addossso. Capiamo bene anche noi il grosso merito, e l'abbiamo appena detto, che un film come questo può avere per la causa gay, ma siamo anche sicuri che niente nasce da niente!
Al di là dei meriti specifici dell'opera in sè, che forse non è qualitativamente eccelsa, anche se a noi è piaciuta moltissimo, basta e avanza quanto sopra per inserirla nella storia dei cambiamenti sociali e culturali del nostro paese. Un segno di questo sono già stati sia la risonanza che la stampa ha dato all'evento, sia la risposta molto positiva data dal pubblico con record di ascolti in entrambe le serate di programmazione.
Tutto questo è stato ben compreso anche dal massmediologo Klaus Davi che poteva risparmiarsi le ingiustificate e gratuite critiche all'Arcigay dicendo che "Una operazione così produce molto di più di tante inutili battaglie delle associazioni gay la cui efficacia comunicativa è francamente molto dubbia e si limitano a rincorrere i temi più che a imporli". Mi piacerebbe sapere cosa conosce il signor Davi della fatica e del lavoro quotidiano che tanti di noi perseguono all'interno di Arcigay, giorno dopo giorno e senza nessun riflettore addossso. Capiamo bene anche noi il grosso merito, e l'abbiamo appena detto, che un film come questo può avere per la causa gay, ma siamo anche sicuri che niente nasce da niente!
Comunicato stampa di Sergio Lo Giudice, presidente Arcigay:
“MIO FIGLIO” METTE IN SCENA IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI
La fiction trasmessa su RaiUno squarcia il velo sulla realtà diffusa dei gay in divisa
Il silenzio degli innocenti: dei tanti gay costretti al silenzio da una famiglia oppressiva e dalla diffusa incapacità sociale di accettare una condizione umana che non è né un vizio né un male, ma un naturale modo di essere. E’ questa la realtà messa in scena ieri dalla prima puntata della fiction televisiva “Mio figlio”, diretta da Luciano Odorisio e messa in onda su Rai Uno in prima serata.
Emblematica la scena madre della puntata, nella quale il commissario Vivaldi, interpretato dal bravo Lando Buzzanca, affronta il figlio, anch’egli poliziotto. Vivaldi sospetta che il ragazzo sia gay, ma sa anche che potrebbe essere implicato in un omicidio: tuttavia, quando decide di affrontarlo, non una parola né un’emozione sono dedicate a questa seconda possibilità. L’uomo è ossessionato solo dall’idea che il figlio non corrisponda alle sua aspettative di virilità. Un’ossessione avvertita dal giovane in modo così opprimente da indurlo a mettere in pericolo il proprio lavoro e la propria onorabilità pur di cancellare ogni traccia che potrebbe portare il padre a scoprire la sua omosessualità.
Odorisio ha messo in scena una condizione purtroppo ancora assai diffusa fra i gay italiani. Ma ha aperto il velo anche su un’altra realtà ancora poco indagata: la presenza diffusa di persone omosessuali fra le forze dell’ordine e nell’esercito. Per i tanti poliziotti, carabinieri o soldati gay il silenzio sulla propria identità è la regola, segno di un deficit molto forte di democrazia effettiva e di un persistente machismo fra i lavoratori in divisa.
In diversi Paesi del nord Europa questo fenomeno è uscito allo scoperto da anni e le organizzazioni di poliziotti e militari gay sono uscite allo scoperto rivendicando il diritto alla propria identità in modo visibile ( vedi ad esempio il sito http://www.gay.police.uk/ ). All’ultimo raduno dei GayCop (poliziotti omosessuali) tenutosi lo scorso anno ad Amsterdam era presente per la prima volta, anche se in modo informale, una piccola delegazione italiana. Confidiamo che la fiction di Odorisio possa aiutare ad imprimere un’accelerazione in questo senso anche in Italia.
Il silenzio degli innocenti: dei tanti gay costretti al silenzio da una famiglia oppressiva e dalla diffusa incapacità sociale di accettare una condizione umana che non è né un vizio né un male, ma un naturale modo di essere. E’ questa la realtà messa in scena ieri dalla prima puntata della fiction televisiva “Mio figlio”, diretta da Luciano Odorisio e messa in onda su Rai Uno in prima serata.
Emblematica la scena madre della puntata, nella quale il commissario Vivaldi, interpretato dal bravo Lando Buzzanca, affronta il figlio, anch’egli poliziotto. Vivaldi sospetta che il ragazzo sia gay, ma sa anche che potrebbe essere implicato in un omicidio: tuttavia, quando decide di affrontarlo, non una parola né un’emozione sono dedicate a questa seconda possibilità. L’uomo è ossessionato solo dall’idea che il figlio non corrisponda alle sua aspettative di virilità. Un’ossessione avvertita dal giovane in modo così opprimente da indurlo a mettere in pericolo il proprio lavoro e la propria onorabilità pur di cancellare ogni traccia che potrebbe portare il padre a scoprire la sua omosessualità.
Odorisio ha messo in scena una condizione purtroppo ancora assai diffusa fra i gay italiani. Ma ha aperto il velo anche su un’altra realtà ancora poco indagata: la presenza diffusa di persone omosessuali fra le forze dell’ordine e nell’esercito. Per i tanti poliziotti, carabinieri o soldati gay il silenzio sulla propria identità è la regola, segno di un deficit molto forte di democrazia effettiva e di un persistente machismo fra i lavoratori in divisa.
In diversi Paesi del nord Europa questo fenomeno è uscito allo scoperto da anni e le organizzazioni di poliziotti e militari gay sono uscite allo scoperto rivendicando il diritto alla propria identità in modo visibile ( vedi ad esempio il sito http://www.gay.police.uk/ ). All’ultimo raduno dei GayCop (poliziotti omosessuali) tenutosi lo scorso anno ad Amsterdam era presente per la prima volta, anche se in modo informale, una piccola delegazione italiana. Confidiamo che la fiction di Odorisio possa aiutare ad imprimere un’accelerazione in questo senso anche in Italia.
Sergio Lo GiudicePresidente nazionale Arcigay
http://www.arcigaymilano.org/crono/sezione.asp?sez=Cultura&sotto=Cinema&IDEvento=507
http://www.arcigaymilano.org/crono/sezione.asp?sez=Cultura&sotto=Cinema&IDEvento=507
puedes subirlo de nuevo por favor, se cayeron los links
ResponderEliminarHello,
ResponderEliminarAny chance you still have this and can repost?
Thanks,
kchase
Thanks very much!
ResponderEliminarNow, I really have a big ASK! Do you know where I can find English subtitles for it? I have already found the subs for the 6 episodes that come after it.
Zippyshare is down now so will get the last two files later.
ResponderEliminarMany thanks again!
Fair warning to anyone who downloads these....first 6 minutes of the movie there is a huge blue box at the bottom that is the width of the screen...looks to be the cable company's channel info....also these have hardcoded subs...not sure what language (Spanish, maybe?).
ResponderEliminarAll in all, an incredibly disappoint effort.....not on the part of the person posting here, but whoever capped it to begin with and why hardcode subs.
Will keep looking for a better copy than this.
Thanks anyway,