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miércoles, 21 de julio de 2021

Gli onorevoli - Sergio Corbucci (1963)


TÍTULO ORIGINAL
Gli onorevoli
AÑO
1963
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Español e Italiano (Separados)
DURACIÓN
106 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Sergio Corbucci
GUIÓN
Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi
MÚSICA
Armando Trovajoli
FOTOGRAFÍA
Enzo Barboni (B&W)
REPARTO
Totò, Franca Valeri, Peppino De Filippo, Gino Cervi, Walter Chiari, Franco Fabrizi, Aroldo Tieri
PRODUCTORA
Jolly Film
GÉNERO
Comedia | Política

Sinopsis
Comedia coral a la italiana que narra las andanzas de varios candidatos a diputados y senadores de unas inminentes elecciones. (FILMAFFINITY)
 
2 
4 

Critica:
Il filmetto di Corbucci non esce dall'abborracciata formula a episodi e dal dubbio umorismo da avanspettacolo tanto caro al bozzettismo romanesco. Insomma una sfilza di luoghi comuni con qualche episodico momento divertente che va a merito dei singoli interpreti più che del copione e del regista. Giulio Cattivelli, La Libertà, Piacenza, 6 ottobre 1963.

Il regista Sergio Corbucci compare brevemente nel ruolo del proprietario della pensione di Roccasecca dove La Trippa si appresta a passare la notte.

Ultimo dei sette film di Totò firmati da Sergio Corbucci, è una satira molto superficiale, ma talora divertente e perfino amara e grottesca, sulle elezioni politiche e sulla nuova società italiana..

Molto imbevuto del classico bozzettismo romano, il film ha una struttura corale, per così dire episodica, costituita di storie che si sviluppano intorno ad alcuni personaggi rappresentanti dei più importanti partiti politici, tutte ruotanti intorno alle imminenti elezioni.

II film soffre forse della presenza di troppi sceneggiatori, tra cui Metz, al quale devono essere addebitate alcune situazioni limite, che vanno oltre la barriera del realismo minimo, tuttavia divertenti, quali per esempio gli stessi comizi fatti dal balcone o il telegramma per Fallopponi (Aroldo Tieri) letto al microfono durante il comizio, o il crollo della pedana dove sta parlando Rossani Breschi (Gino Cervi), personaggio costruito sugli stessi parametri caratteriali del commendator Paoloni de "Il coraggio".

Le varie sequenze dedicate alla "banda di bambini" e alle loro imprese scurrili, è un chiaro calco da "La guerre des boutons", di Yves Robert, uscito l'anno prima in Italia con il titolo "la guerra dei bottoni" e divenuto subito molto popolare.

La scena di Antonio La Trippa che si presenta in un albergo di Roccasecca e deve dividere la camera d'emergenza con il moribondo Ercole Sansoni è tratta (anche se non sviluppata fino alla fine) dalla famosa farsa napoletana, "La camera affittata a tre".

Il personaggio di Antonio La Trippa anticipa, per alcuni tratti malinconici, soprattutto nel finale, il successivo e drammatico film ."Il comandante".

Anche in questo film Totò incarna due volti che sembrano differenti: quello un po' macchiettistico di un ottuso colonnello in pensione, qualunquista e caciarone, apparentemente privo di scrupoli morali pur di essere eletto onorevole, e quello del l'integerrimo servitore del popolo, di sincera fede monarchica, raggirato dai suoi compagni di partito, che ha il coraggio di sbugiardare e denunciare in un pubblico comizio.

In tutti e due i ruoli risulta, come sempre, dinamico e convincente, connotando il personaggio di tratti umani là dove è più clownesco e di tratti clowneschi là dove è più umano.

Nel primo si fa propaganda da solo ripetendo in modo monomaniaco dalla finestra del suo appartamento, attraverso un gigantesco imbuto, vota Antonio... Vota Antonio, oppure vota numero 47, cui segue l'immancabile commento di un inquilino "morto che parla".

Nel secondo ha il coraggio di dire tutta la verità in difesa dei suoi concittadini di Roccasecca, venendo malmenato dai suoi compagni di partito e facendo ritorno solo e incerottato nel cortile del caseggiato, dove strappa i suoi manifesti, fino al giorno prima accanitamente difesi. Nel primo duetto con Riccardo Billi recita nello stesso modo in cui ha sempre recitato ... "a livella", enfatizzando il ritmo, come se stesse pronunciando un discorso funebre.

La scena più intelligente e satirica del film è quella con Walter Chiari e Peppino De Filippo, dove quest'ultimo viene pesantemente truccato da un regista un po' folle e un po' vendicativo e va in onda in diretta con il viso di un pagliaccio.

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione
http://www.antoniodecurtis.org/onorev.htm


Perché la gola è molto politica

Nel 1963, anno in cui il PSI di Pietro Nenni entra nell’Esecutivo guidato per la prima volta da Aldo Moro, segnando così la nascita del centrosinistra e lo strappo definitivo tra i socialisti e i comunisti, Sergio Corbucci  dirige un film che diviene ritratto impietoso, ironico e graffiante di una classe politica spesso rimpianta. Le elezioni, molto apprezzate dalle sceneggiature cinematografiche, sono sempre momenti di grandi contrasti e colpi bassi: la pellicola rivista oggi ci riporta una propaganda fatta di manifesti, volantini e comizi, di altoparlanti e galoppini: un mondo totalmente diverso dall’era Social dominata da algoritmi, boot, selfie, photoshop e fake news esasperate. Non che i toni fossero meno accesi, anzi, erano solo reali e non virtuali. Passato alla storia per il celeberrimo tormentone “Vota Antonio, vota Antonio…”  del candidato monarchico interpretato da Totò (a cui si deve la memorabile battuta  “A proposito di politica, cosa si mangia?”, Gli Onorevoli propone un cast davvero meraviglioso della storia del nostro cinema e del nostro teatro. Mi limiterò a ricordare i principali: la democristiana Bianca Sereni, donna troppo emancipata per lo scudo crociato democristiano e che dovrà prendere una decisione sul proprio futuro elettorale; nei panni di questa rivoluzionaria c’è la fantastica Franca Valeri. Di Antonio La Trippa e Totò abbiamo già detto, quindi passiamo agli altri candidati. C’è il missino Giuseppe Mollica, il Professore vittima di alcuni imprevisti e interpretato dall’insuperabile Peppino De Filippo, messo alla berlina da Walter Chiari, un regista televisivo che ne deve registrare la tribuna politica; l’editore dall’aristocratica “r moscia” Rossani-Breschi, che si vanta della qualità dei libri, ma che ha accumulato la sua ricchezza grazie nei giornaletti di basso valore, è il candidato del Partito Liberale e interpretato dal comunista per eccellenza del grande schermo di quegli anni, Gino Cervi, il guareschiano Sindaco Peppone. In realtà si dice che Cervi fosse veramente un liberale e nel film ha come più temibile avversario, che gli sabota persino i comizi, il figlio Tonino, capobanda di alcuni ragazzotti di Villa Borghese e se vogliamo anticipatore del figlio ribelle della borghesia, che animerà proprio il finire di quel decennio incarnando il prototipo dell’extraparlamentare o dell’anarchico. Infine, legato a Rossani-Breschi, c’è Saverio Fallopponi, l’intellettuale e  scrittore e candidato comunista che pubblica con lui e fortemente critico con gli Stati Uniti: a vestirne i panni un Maestro del nostro teatro, Aroldo Tieri. Fallopponi finirà per ottenere un passaporto per i criticati U.S.A. grazie a un parente Monsignore; e non solo: alle pubbliche virtù filosovietiche si opporranno i vizi privati a suon di dollari. La ricetta tratta dal film è quella del Mont Blanc, che Tonino offre a Fallopponi: i due, tra una forchettata di dolce e l’altra, discuteranno di politica, di U.R.S.S. e U.S.A.. Fallopponi etichetterà come “delfino” il buon Tonino ma verrà da questi freddato con: “Scommetto che sei comunista, per tutte le fregnacce che dici”. Alla fine i candidati, seppur distanti ideologicamente, sono uniti dalla repentina fine dei loro sogni di elezione: cosa che accade spesso pure oggi.
Fabio Muzzio
https://www.sevenblog.it/il-mont-blanc-di-saverio-fallopponi-tonino-rossani-breschi/


Un esauriente quadro politico dell'Italia anni '60

Il cavalier Antonio La Trippa (Totò), gloriosa quanto ridicola figura di militare in congedo, è uno dei candidati di una piccola lista di centro-destra, il Partito Nazionale della Restaurazione. Con pochi soldi ma tanta inventiva e buona volontà si fa propaganda da solo rompendo le scatole a tutti con il celeberrimo motto "VOTANTONIO VOTANTONIO" ripetuto all'infinito. Il giorno del suo comizio conclusivo a Roccasecca, il suo paese natio, denuncia pubblicamente le sporche manovre clientelari del suo partito perdendo così le elezioni ma rimanendo in pace con la propria coscienza.

Parallelamente alla storia di Antonio La Trippa si dipanano le storie di altri candidati: 

1) Gino Cervi è un "pezzo grosso" del Partito Liberale (PLI, ricordate?), convinto assertore del sistema capitalistico di tipo democratico-statunitense; avrà la campagna elettorale rovinata da un gruppo di inconsapevoli ragazzini (tra cui suo figlio e il fratellino del comunista Tieri).

2) Aroldo Tieri è il prototipo del perfetto comunista anni ’60 (P.C.I.) con capelli a spazzola e occhialetti da intellettuale. Allo scopo di ridicolizzare i borghesi e il loro sistema tenta un dialogo con Cervi. Ma la contaminazione gli sarà fatale, perché avuta la possibilità di possedere una macchina sportiva, soldi in tasca e buone prospettive per il futuro, abbandonerà l’ideologia e partirà felice per l’America.

3) Franca Valeri è una candidata nelle liste della Democrazia Cristiana (D.C.): seria, integerrima, moralmente irreprensibile si invaghirà di uno squallido latin lover truffatore e falso.

4) Peppino De Filippo veste i panni di un "aspirante onorevole" del Movimento Sociale Italiano (M.S.I.) in viaggio verso gli studi RAI di Roma dove dovrà prendere parte ad una tribuna politica. Gli succede di tutto: dapprima sfugge alle ire di un metalmeccanico comunista, poi si ritrova coinvolto in una baruffa con dei camionisti fascisti; da ultimo finisce nelle mani di un regista semi-pazzo, Walter Chiari. Costui, introverso, incompreso, sull'orlo del licenziamento riversa la sua arte sul malcapitato Peppino truccandolo come un gay da strada: capello oliato e tirato all'indietro (per essere più piacevole), sopracciglione e matita nera intorno agli occhi (per far risaltare l'espressività), rossettone rosso e labbro inferiore sporgente (la bocca deve essere come un vassoio per porgere meglio le argomentazioni) ecc. Al momento della tribuna Peppino è ridotto ad un mascherone grottesco e ributtante, farà una imbarazzante e catastrofica apparizione e si ritroverà addirittura in mezzo ad un gruppo di ballerine, in tutù: straordinario!

Lo sketch con Peppino e l'affascinante, bravissimo Walter è il più esilarante del film; ancora una volta l'attore napoletano ha dimostrato di essere l'unico in grado di competere ad armi pari con il "mostro" (di bravura) Totò. C'è infine da fare una considerazione: sarebbe possibile oggi realizzare un film come questo? passerebbe le maglie della censura? si riuscirebbe a trovare un produttore abbastanza coraggioso da finanziarlo? e il regista, gli attori e tutti gli altri si esporrebbero? Nutro forti dubbi. Si dice che oggi ci sia molta più libertà. Forse non sempre.
Meditate gente, meditate.
Pregi: Peppino e Walter da antologia
Difetti: qualche attacco di noia con Franca Valeri
http://www.funnyfans.it/toto/onorevoli.htm



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