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viernes, 9 de septiembre de 2011

Il Muro di Gomma - Marco Risi (1991)


TÍTULO Il muro di gomma
AÑO 1991 
SUBTITULOS Si (Separados)
DURACIÓN 120 min.
DIRECTOR Marco Risi
GUIÓN Sandro Petraglia, Andrea Purgatori, Stefano Rulli
MÚSICA Francesco De Gregori
FOTOGRAFÍA Mauro Marchetti
REPARTO Corso Salani, Angela Finocchiaro, Antonello Fassari, Ivano Marescotti, Sergio Fiorentini, Luigi Montini, Bruno Vetti
PRODUCTORA Televisione Penta / Trio Cinema
GÉNERO Drama

SINOPSIS El 27 de junio de 1980, un avión DV-9 que vuela de Bolonia a Palermo, explota en vuelo. Se encuentran los restos cerca de Ustica y se cuentan ochenta y uno las víctimas. Un joven periodista propone la hipótesis de un misil de guerra, pero la autoridad militar desmiente con desdeño. Escrito por el periodista Andrea Purgatori, es un buen ejemplo de cine periodístico y civil: cada secuencia da una noticia, la reconstrucción de un hecho de crónica se vuelve un apólogo fuerte sobre el poder político-militar y sus vergüenzas. (FILMAFFINITY)



27 giugno 1980. Roma, aeroporto di Ciampino. I controllori di volo seguono la traccia radar che identifica il tragitto del DC-9 della compagnia aerea Itavia che da Bologna va verso Palermo. D'un tratto le comunicazioni s'interrompono. “Rispondi India Hotel, rispondi!” ripete sempre più insistentemente l’uomo al terminale ma nessuno risponde e, dopo poco, il puntino luminoso scompare e tace.
Così comincia Il muro di gomma, il film di Marco Risi del 1991 che racconta una “storia” italiana della quale è ricorso pochi giorni fa il trentesimo anniversario, la strage di Ustica. Risi si affida allo sguardo del giornalista Rocco Ferrante, interpretato dall’attore e regista Corso Salani, scomparso prematuramente pochi giorni prima dell’anniversario della strage, il 17 giugno scorso.
L’aereo si è inabissato a largo di Ustica, nel cuore del Mar Tirreno, dove la profondità delle acque supera i 3500 metri. Il Corriere della Sera, il giornale per il quale scrive Rocco, gli affida la notizia e lo invia a Palermo, all’obitorio dove vengono portati i cadaveri che l’indomani il mare inizia a restituire. Di fronte al dolore dei famigliari delle vittime, al composto disarmo di Giannina, Angela Finocchiaro, moglie di Alberto che stava raggiungendo la donna e loro figlia piccola in Sicilia per le vacanze, Rocco si fa carico di questa storia mostrando il piglio dei veri giornalisti, di chi cerca con tale fervore la verità da contaminare la propria vita privata e gli affetti più intimi e sacrificarli. Rocco litiga con Anna, Eliana Miglio, sua compagna da tre anni e non riesce a occuparsi della sua storia d’amore che si spegne perché da Palermo, da quei “pezzi di corpi” dei quali Giannina gli fa confessione, tutto è cambiato per sempre.
Da subito l’ipotesi del cedimento strutturale caldeggiata dall'Aeronautica Militare è diffusa e difesa con un aggressività e una risolutezza tali da risultare troppo affrettata e incompleta tanto da alimentare, in un giornalista coscienzioso e preparato, più dubbi che certezze e, scartata l’ipotesi di una bomba a bordo, l’aereo si è alzato da Bologna con due ore di ritardo e sarebbe esploso ancora a terra, Rocco capisce che è stato un missile ad abbattere il Dc-9 e decide di dimostrarlo nell'incredulità e titubanza generale.
Tra Londra, il Kent, Parigi e i vicoli di Roma, Rocco cerca la verità e sembra il solo a volerlo fare. Sempre meno difeso, sostenuto e capito da chi lo circonda: Anna, i colleghi e il redattore capo del giornale, Ivano Marescotti, un misterioso uomo dei servizi segreti, David Zard, e il giudice suo confidente, Benito Artesi, l’uomo giunge al limite della paranoia e solo l’impegno ancor più ferreo e intransigente di Bruno Giordani, avvocato di Parte Civile, Bruno Vetti, lo ricongiungerà nuovamente con l'estenuante quanto necessaria ricerca della verità.
Nove anni dopo, al processo, le prime avvisaglie delle responsabilità dell’Aeronautica Militare, dei suoi depistaggi e delle sue bugie, vengono a galla, come il relitto dell’aereo ripescato dal fondo del mare e, sotto una pioggia battente, i primi passi verso la verità sono messi. Dice l’avvocato Giordani: “Dopo anni e anni per la prima volta uno squarcio si apre in questo muro di omertà, in questo muro di gomma”. E da qui anche il titolo del film che così si conclude.
In Italia non esiste un cinema di denuncia. Se è esistito, penso a Francesco Rosi e ai documentari di Joris Ivens, è stato in anni che ora raccontiamo come oscuri, confusi, nei quali accadeva quanto quei film raccontavano. Ora questo cinema è quasi completamente gettato nei cestini dei produttori, anch’essi gettati nei cestini dei direttori dei palinsesti televisivi. Epocale è la visione che Risi fa della giustizia in Italia: sempre il tribunale di Roma è raccontato come un cantiere aperto con operai che cantano disturbando le udienze, con i calcinacci che cadono sui documenti ricoprendoli della polvere che offusca la visione, con statue e fregi che simboleggiano un potere mai realmente esistito, quello sovrano italiano, e un potere mai realmente stimato, quello della magistratura.



Rischia Risi di scendere nel caricaturale quando racconta la dolce vita delle alte gerarchie militari che cantano canzoni napoletane in trattorie della capitale aperte solo per loro, in una città intessuta di trame diplomatiche e politiche lunari e menzognere: “Un diplomatico non giura mai!” Dirà a Rocco un membro dell’Ambasciata Americana di Roma.
In queste esagerazioni, in queste tenui sbavature, sta un’Italia “innocente” che ancora non ha visto Tangentopoli, infinitesimalmente di poco successiva, e che sogna la grandezza con i mondiali di calcio organizzati in fretta e furia e tangenti, e con Bettino Craxi, precursore di una politica tele-demagogica ora endemica, che spettacolarizza il Convegno Nazionale Socialista. Gli italiani hanno rimosso, all’uscita del film, la storia di Ustica, così come la strage di Bologna di pochi giorni dopo,la “strategia della tensione” e i fatti della P2 e vivono serenamente nei miti di una nazione moderna e veloce, industrializzata e all’avanguardia. La televisione privata ha benedetto il riflusso storico e politico nel quale gli italiani si sono chiusi alla fine della stagione delle lotte civili tra 1968 e il 1977 e ha allontanato dal racconto corale della Storia di questo Paese così democraticamente fragile e insicuro, con fondamenta labili come quelle del Tribunale di Roma raccontato da questo film.
Risi, senza dubbio al suo più importante e meglio riuscito lavoro, racconta una storia che ne contiene un’altra e ottantuno diverse e poi quasi sessanta milioni di altre ancora. Parla di un uomo solo, Rocco, alter ego di Andrea Purgatori, tra gli sceneggiatori del film, il giornalista al quale tutte le vicende accorse a Rocco sono realmente successe da quando iniziò a occuparsi del caso all'indomani della tragedia. E’ il racconto poi, ben più doloroso e atroce, delle 81 vittime di questa strage, di Alberto Bonfietti, il marito di Giannina, che scrive per Lotta Continua e non sopporta le ingiustizie, che non si è mai laureato e non è iscritto all’albo dei giornalisti, che “vale poco”, quindi, per la compagnia assicurativa che regola i conti con la vedova ricompensandola con una cifra irrisoria per la sua perdita. Si parla poi degli italiani, tutti, che ancora non sanno che cosa è successo e non solo al tempo del film nel 1991 ma il 27 giugno 2010, esattamente trenta anni dopo quella sera nera sui cieli del Tirreno.
Non è ancora stata fatta luce, ha detto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano poco tempo fa e tutti i processi svoltisi fino a oggi non hanno messo la parola FINE a una storia che ha visto disporsi sul campo servizi segreti doppiogiochisti, scacchieri diplomatici confusi e incerti ai quali l’Italia partecipava giocando pericolosamente su più fronti. Ci sono tutti gli elementi per un ottimo romanzo di spionaggio tranne le vite recise e la verità stralciata, vere e non romanzate. Questo film si erige a monumento storico, a testo di valore fondamentale nel raccontare la sete di verità di un Paese dalla coscienza troppo facilmente riducibile al silenzio, dalla Storia sempre troppo poco interrogata e dalla classe politica troppo facilmente disimpegnata ai propri obblighi
Ormai invisibile in televisione, Il muro di gommadovrebbe essere proiettato nelle scuole e nelle piazze e considerato d'interesse comune quale lezione di Storia Contemporanea Italiana. Un Paese storicamente recalcitrante alla fruizione del proprio passato dovrebbe essere favorito dalla forma testuale cinematografica nell'apprendimento della propria storia più recente. Se le lezioni di Storia tenute da storici importanti e rinomati all'auditorium di Tor Vergata a Roma, poco tempo fa, segnavano il tutto esaurito sebbene fossero collocate la domenica mattina, se fanno registrare ottimi ascolti i documentari storici che Rai Tre trasmette quasi sempre come riempitivo da fine programmazione stagionale il tratto comune dal quale muovere sarà questo, quello di una sete di verità che pungeva Rocco/Andrea e, ora, sempre più gli italiani.
Aldo Romanelli
http://www.sentireascoltare.com/recensione/7378/il-muro-di-gomma-marco-risi.html



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