TÍTULO Lunga vita alla signora
AÑO 1987
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACIÓN 115 min.
DIRECTOR Ermanno Olmi
GUIÓN Ermanno Olmi
MÚSICA Georg Philip Teleman
FOTOGRAFÍA Ermanno Olmi, Maurizio Zaccaro
REPARTO Marco Esposito, Simona Brandalise, Stafania Busarello, Simone Dalla Rosa, Lorenzo Paolini, Tarcisio Tosi, Marisa Abbate
PRODUCTORA RAI / Alitalia / Cinemaundici
PREMIOS 1987: Festival de Venecia: León de Plata, Premio FIPRESCI
GÉNERO Comedia
SINOPSIS Unos adolescentes se apean en una estación de tren en medio de ninguna parte. Allí los recoge un auto y son conducidos a una mansión. Los chicos son alumnos de una escuela de hostelería y han sido escogidos con ocasión de la comida de gala que celebra la anciana señora de la casa, para servir junto al avezado servicio habitual. (FILMAFFINITY)
Enlaces de descarga (Cortadas con HJ Split)
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Subtítulos (Español)
Attraverso gli occhi di ragazzi che hanno appena finito la scuola alberghiera e vanno a servire in un castello per la festa di compleanno di un'anziana e potente signora, una panoramica sull'umanità assetata di potere e di ambizioni che si siede a quella tavola.
Sei ragazzi allievi di una scuola alberghiera fanno il praticantato in un lussuoso hotel di montagna per un banchetto in onore di una vecchia signora. Gli invitati sono personalità della finanza, della politica, della cultura. Nella scala gerarchica della società di cui il pranzo è un emblema la signora è in cima e i suoi camerieri in fondo. All'alba del giorno dopo Licenzio, uno dei sei, lascia l'hotel come si fugge da una prigione. È il 1° film espressionista di Olmi che vi tenta la corda per lui inedita del grottesco, una favola fredda, intransigente, dura nel giudizio, scostante sebbene strappi più di una risata e sia pervasa da una pudica tenerezza per i giovani servitori. Continua il discorso sul Potere di Camminacammina. Nonostante la Musique de table (1733) di G.Ph. Telemann, è poco settecentesco, molto irrigidito, troppo metaforico con estrosi spunti felliniani. È il film del rientro sul set, dopo una lunga malattia, di Olmi che, come il solito, ne cura la fotografia (Eastmancolor), con l'aiuto di Maurizio Zaccaro, e il montaggio. Collaboratore al suono suo figlio Fabio e segretaria di edizione sua figlia Elisabetta. Prodotto da RAI, Cinemaundici e Istituto Luce.
http://cinema-tv.corriere.it/film/lunga-vita-alla-signora/01_35_84.shtml
Sei ragazzi allievi di una scuola alberghiera fanno il praticantato in un lussuoso hotel di montagna per un banchetto in onore di una vecchia signora. Gli invitati sono personalità della finanza, della politica, della cultura. Nella scala gerarchica della società di cui il pranzo è un emblema la signora è in cima e i suoi camerieri in fondo. All'alba del giorno dopo Licenzio, uno dei sei, lascia l'hotel come si fugge da una prigione. È il 1° film espressionista di Olmi che vi tenta la corda per lui inedita del grottesco, una favola fredda, intransigente, dura nel giudizio, scostante sebbene strappi più di una risata e sia pervasa da una pudica tenerezza per i giovani servitori. Continua il discorso sul Potere di Camminacammina. Nonostante la Musique de table (1733) di G.Ph. Telemann, è poco settecentesco, molto irrigidito, troppo metaforico con estrosi spunti felliniani. È il film del rientro sul set, dopo una lunga malattia, di Olmi che, come il solito, ne cura la fotografia (Eastmancolor), con l'aiuto di Maurizio Zaccaro, e il montaggio. Collaboratore al suono suo figlio Fabio e segretaria di edizione sua figlia Elisabetta. Prodotto da RAI, Cinemaundici e Istituto Luce.
http://cinema-tv.corriere.it/film/lunga-vita-alla-signora/01_35_84.shtml
Lunga vita alla signora! ha il non trascurabile pregio di rimarcare le implicazioni sociali e di ceto presenti in ogni percorso professionale, specie se comincia in minore età. Tutti i lavoratori, già dalle loro prime esperienze, si inseriscono in una scala gerarchica e in un tessuto interrelazionale complessi.
Spesso non si può modificare la realtà in cui ci s’imbatte, ma soltanto avallarla o rigettarla in toto. Per stabilire di quale ingranaggio si è il dente a poco vale il bagaglio formativo. Conta molto di più la provenienza di ceto della famiglia, la conoscenza – spesso sottintesa – di determinate regole di comportamento. Non basta: conta la “divisa” che indossi, il tipo di amicizie che hai, le esperienze pregresse, la capacità di accettare i compromessi o le lusinghe del prossimo, la disponibilità ad accantonare il proprio sistema di valori per favorire sé stessi a discapito degli altri.
Contenuti che conoscono perfettamente coloro che entrano nel mondo del lavoro, ma che Olmi raffigura argutamente attraverso una fiaba grottesca che esacerba tali fenomeni rendendoli chiaramente visibili a tutti. Libenzio proviene da una famiglia contadina, ha fatto la scuola alberghiera e fa il suo ingresso nella villa come aiuto-cameriere. In quanto apprendista, parte da uno dei gradini più bassi della scala sociale, conscio di poter avanzare per pochi stadi, fino a capo cameriere, dopo anni di gavetta e di esperienza.
Egli osserva in silenzio chi lo circonda per apprendere il più in fretta possibile. Tuttavia bastano poche ore all’adolescente per capire che dietro alla patina di ricchezza ostentata, alle belle tavole imbandite, ai bei vestiti e alle belle mobilie, è vivo un mondo pieno di ipocrisie, di poco onorevoli relazioni (la ragazza minorenne che tende la mano al vecchio), di gerarchie insensate, ma ormai cristallizzate nel tempo. Libenzio ha, almeno all’inizio, uno sguardo candido, incontaminato, una voglia di guardarsi intorno dettata dall’indole curiosa e dal piacere della conoscenza (come le grandi lenti degli occhiali stanno a simboleggiare).
Poco per volta, il suo percorso di formazione e di (apparente) ingresso nel mondo del lavoro si trasforma in un processo di deturpazione dello sguardo. Quella ragazza – la sola commensale coetanea del protagonista, che ai suoi occhi appariva come gli angeli dipinti nei quadri sacri – nasconde, forse, una relazione con un uomo che potrebbe essere suo padre (o suo nonno); un attempata nobildonna tenta morbose avance con la scusa di farsi accendere una sigaretta; una specie di scanzonato aviatore, apparentemente indisciplinato al galateo e ai codici di comportamento, finisce per seguire la vecchia proprietaria della villa fin nelle sue stanze.
I codici valgono per i sottoposti, chi sta al vertice della piramide può permettersi di trasgredirli, giacché è l’ipocrita garante degli stessi. Una sequenza, su tutte, anche se apparentemente secondaria, mostra il motivo per cui Libenzio è costretto a scappare dalla villa a notte inoltrata alla ricerca di un po’ di aria fresca e di libertà. Il padre, per fargli una sorpresa, si presenta alla villa per vedere come si sta comportando il figlio e per fargli gli auguri per quel suo “debutto in società”: le misere attese del genitore, seppur oneste e sincere, dimostrano la sua totale cecità verso il mondo e il suo funzionamento, mentre permettono al ragazzo di comprendere – ora sì lucidamente – qual è il posto assegnato a lui e alla sua famiglia in quello strano e ingiusto “gioco di società” rappresentato dalla cena nella villa.
Se la fuga probabilmente arrecherà dolore all’umile padre, per Libenzio, paradossalmente, sarà il modo migliore per testimoniare la propria maturità e il desiderio di non essere solo una comparsa.
http://www.minori.it/?q=node/1013
Spesso non si può modificare la realtà in cui ci s’imbatte, ma soltanto avallarla o rigettarla in toto. Per stabilire di quale ingranaggio si è il dente a poco vale il bagaglio formativo. Conta molto di più la provenienza di ceto della famiglia, la conoscenza – spesso sottintesa – di determinate regole di comportamento. Non basta: conta la “divisa” che indossi, il tipo di amicizie che hai, le esperienze pregresse, la capacità di accettare i compromessi o le lusinghe del prossimo, la disponibilità ad accantonare il proprio sistema di valori per favorire sé stessi a discapito degli altri.
Contenuti che conoscono perfettamente coloro che entrano nel mondo del lavoro, ma che Olmi raffigura argutamente attraverso una fiaba grottesca che esacerba tali fenomeni rendendoli chiaramente visibili a tutti. Libenzio proviene da una famiglia contadina, ha fatto la scuola alberghiera e fa il suo ingresso nella villa come aiuto-cameriere. In quanto apprendista, parte da uno dei gradini più bassi della scala sociale, conscio di poter avanzare per pochi stadi, fino a capo cameriere, dopo anni di gavetta e di esperienza.
Egli osserva in silenzio chi lo circonda per apprendere il più in fretta possibile. Tuttavia bastano poche ore all’adolescente per capire che dietro alla patina di ricchezza ostentata, alle belle tavole imbandite, ai bei vestiti e alle belle mobilie, è vivo un mondo pieno di ipocrisie, di poco onorevoli relazioni (la ragazza minorenne che tende la mano al vecchio), di gerarchie insensate, ma ormai cristallizzate nel tempo. Libenzio ha, almeno all’inizio, uno sguardo candido, incontaminato, una voglia di guardarsi intorno dettata dall’indole curiosa e dal piacere della conoscenza (come le grandi lenti degli occhiali stanno a simboleggiare).
Poco per volta, il suo percorso di formazione e di (apparente) ingresso nel mondo del lavoro si trasforma in un processo di deturpazione dello sguardo. Quella ragazza – la sola commensale coetanea del protagonista, che ai suoi occhi appariva come gli angeli dipinti nei quadri sacri – nasconde, forse, una relazione con un uomo che potrebbe essere suo padre (o suo nonno); un attempata nobildonna tenta morbose avance con la scusa di farsi accendere una sigaretta; una specie di scanzonato aviatore, apparentemente indisciplinato al galateo e ai codici di comportamento, finisce per seguire la vecchia proprietaria della villa fin nelle sue stanze.
I codici valgono per i sottoposti, chi sta al vertice della piramide può permettersi di trasgredirli, giacché è l’ipocrita garante degli stessi. Una sequenza, su tutte, anche se apparentemente secondaria, mostra il motivo per cui Libenzio è costretto a scappare dalla villa a notte inoltrata alla ricerca di un po’ di aria fresca e di libertà. Il padre, per fargli una sorpresa, si presenta alla villa per vedere come si sta comportando il figlio e per fargli gli auguri per quel suo “debutto in società”: le misere attese del genitore, seppur oneste e sincere, dimostrano la sua totale cecità verso il mondo e il suo funzionamento, mentre permettono al ragazzo di comprendere – ora sì lucidamente – qual è il posto assegnato a lui e alla sua famiglia in quello strano e ingiusto “gioco di società” rappresentato dalla cena nella villa.
Se la fuga probabilmente arrecherà dolore all’umile padre, per Libenzio, paradossalmente, sarà il modo migliore per testimoniare la propria maturità e il desiderio di non essere solo una comparsa.
http://www.minori.it/?q=node/1013
Muchas gracias! Hacía mucho que buscaba esta película.
ResponderEliminarAlucinante tu blog!
Amarcord: los enlaces están borrados (Invalid or Deleted file). Saludos
ResponderEliminarTrataré de solucionarlo en unos días.
EliminarCambiados todos los enlaces. Espero que duren.
ResponderEliminar¿Se pueden renovar los enlaces de esta película, para que pueda ser bajada? Gracias.
ResponderEliminarMuchas gracias...
ResponderEliminarGracias Amarcord por este regalo.
ResponderEliminarSegún crítica de Antonio Checa Godoy ésta es una de las obras menos logradas de Ermanno Olmi.
Puede ser como trabajo cinematográfico, pero como página educativa gastronómica es muy didáctica, especialmente para aquellos que se inician en la laboriosa profesión de experto en atenciones culinarias.
A pesar que no se observa la sofisticada elaboración de las comidas que pondrían a éste film en la lista gastronómica, se trata de una cena que raya en lo exotico y raro de los potajes (que no se ven pero se sienten) y de la meticulosidad y esmero que se pone en el amoblamiento del ambiente y de la sutileza y refinamiento a la hora de escoger personal, menaje y licores (en ese órden) para la atención del dia en sí. Todo esto, para que dentro de la misma cena se presente un informe ante socios y otros elegidos que pronto lo serán, por la decrépita dama (al parecer la jefa de todo este mejunje) que maneja o piensa manejar a futuro. De allí los dispares personajes llegados de todas partes del mundo (y seleccionados de antemano) a este suculento ágape y que al fin de cuentas tendrán un entrevista con la añeja dama. De allí mas nada,
Los actores son personajes variopintos que no hablan mucho o nada y los que se llevan las palmas son la señorita encargada de la cena (al parecer, la secretaria de la doña), el Maestre Young, francés por su lenguaje y marchante de su señoría, que pone de vuelta y media a la vecina de mesa, el maitre principal y los seis muchachos, estudiantes de cocina contratados para tal ocasión y que son los que menos hablan o no hablan nada.
Los primeros planos de los rostros son de mucha belleza, especialmente de los jóvenes que están en la reunión (bebes y adolecentes) y muy en especial de "Grifo" que se roba la película en los últimos 2 minutos del final.
Momento supremo del filme: La manera de cocinar un pez de casi un metro de largo y por lo menos de 100 kilos de peso y su presentación final, antes de ser devorado por los comensales. Fabuloso, ya que al término del festín sale en esqueleto solamente (creo que de verdad se lo comieron).
Desde mi irreverente punto de vista cinéfilo esta película hay que verla, primero porque es de Ermanno Olmi y segundo porque no pueden perderse una cena de esa magnitud. Provecho.
Encontré un subtítulo en inglés y lo traduje al castellano latino, le quité todo lo gringo y lo reduje simplemente a un idioma masticable. Espero les guste porque a mi me encantó, ya que pude entender la película de principio a fin.
http://www.4shared.com/zip/t7ge-yCW/Lunga_vita_alla_signora__Erman.html
Como está en 4Shared y recién hoy lo deposité, creo entender que hay que esperar 24 horas para su descarga, entonces paciencia. Gracias.
Gracias...gracias...gracias.
EliminarUn fuerte abrazo.
Cambiados los enlaces.
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