ESPACIO DE HOMENAJE Y DIFUSION DEL CINE ITALIANO DE TODOS LOS TIEMPOS



Si alguién piensa o cree que algún material vulnera los derechos de autor y es el propietario o el gestor de esos derechos, póngase en contacto a través del correo electrónico y procederé a su retiro.




lunes, 14 de febrero de 2011

La Ciociara - Vittorio De Sica (1960)


TÍTULO La ciociara
AÑO 1960 
SUBTITULOS Si (Separados)
DURACIÓN 100 min.
DIRECTOR Vittorio de Sica
GUIÓN Cesare Zavattini & Vittorio De Sica (Novela: Alberto Moravia)
MÚSICA Armando Trovajoli (AKA Armando Trovaioli)
FOTOGRAFÍA Gábor Pogány
REPARTO Sophia Loren, Jean Paul Belmondo, Raf Vallone, Eleanora Brown
PRODUCTORA Productor: Carlo Ponti.
PREMIOS
1961: Oscar: Mejor actriz (Sophia Loren)
1961: Festival de Cannes: Mejor actriz (Sophia Loren)
GÉNERO Drama | II Guerra Mundial. Neorrealismo

SINOPSIS Año 1943. Italia durante los nueve meses de ocupación alemana. Cesira (Sophia Loren) es una mujer que vive en Roma con su hija Rosetta, una adolescente de 13 años. Ante el avance de la guerra, decide huir de la capital y refugiarse en casa de unos parientes, en los montes de Ciociaria, donde es recibida con gran entusiasmo. La vida discurre serena lejos del frente. La bella Cesira conoce a Michele (Jean Paul Belmondo), un joven intelectual que quiere ser partisano y que, enamorado de ella, intenta atraerla a la causa de la libertad. (FILMAFFINITY)

Enlaces de descarga (Cortados con HJ Split)

Subtítulos

Come altri romanzi di Alberto Moravia, La ciociara prima di essere il ritratto di un personaggio è l’analisi di un’idea, o meglio un saggio in forma narrativa dove i personaggi sono i portavoce delle idee dell’autore. Il tema de La ciociara è la guerra vista ed esecrata nella sua violenza profanatrice che tutto insudicia e corrompe, materialmente e moralmente, collettività e individui: come capita alla protagonista Cesira e alla sua giovane figlia, le quali, dopo aver patito la dolorosa odissea dello sfollamento e della fame, nel 1944, quando l’incubo sembra ormai finito, vengono assalite da soldati marocchini in un villaggio deserto e la fanciulla, dopo la feroce violenza, subisce una radicale metamorfosi e si abbandona passivamente alla corruzione. Anche sulla madre le terribili esperienze lasciano tracce profonde, ma in un senso opposto, meno negativo: matura in lei, povera donna ignorante, una nuova e amara consapevolezza, una pietà prima sconosciuta verso sé e il prossimo e insieme una chiara seppur embrionale presa di coscienza che l’aiuterà a continuare l’incerto cammino della vita.
Come tutti i libri dove le idee e i sentimenti hanno maggior peso dei fatti (anche se i pochi fatti contano moltissimo), La ciociara non si prestava facilmente a una riduzione cinematografica; soprattutto considerando la profonda diversità che separa il temperamento, gli interessi, lo stile, la visione del mondo di Moravia da quelli della coppia De Sica-Zavattini, la cui attitudine all’idillio patetico e casto non poteva francamente trovare, dopo una cosi lunga parentesi di silenzio, occasione meno propizia e congeniale di questa per riprendere la fruttuosa collaborazione interrotta dopo il Letto (1956). Sarebbe stato peraltro lecito e possibile (gli esempi in proposito non mancano) ispirarsi al romanzo di Moravia per cavarne un’opera del tutto diversa, purché provvista di una sua autonoma vitalità e necessità, e tale da consentire agli autori di sviluppare un loro personale discorso e di reinserirsi, con un contributo adeguato all’autorità dei loro trascorsi, nelle nuove e mutate prospettive del cinema italiano. De Sica e Zavattini non hanno invece trovato lo slancio, o l’opportunità, di attuare questo distacco e, rassegnandosi in partenza a una funzione esecutiva anziché creativa, hanno cercato di restare fedeli al romanzo senza riuscirvi, o comunque senza accorgersi che lo avrebbero inevitabilmente impoverito e svuotato, quando non falsato a causa di certi ostacoli e compromessi preventivabili in partenza.
Le modifiche e le varianti di maggior peso al testo moraviano sono infatti determinate dalla scelta a protagonista di Sophia Loren, molto più giovane della Cesira di Moravia, e dalla conseguente necessità di ringiovanire anche la figlia Rosetta, che non è più una ragazza diciottenne ma un’adolescente di tredici anni, correzione anagrafica che comporta tutto un mutamento di dimensioni psicofisiologiche con particolare riguardo all’episodio dello stupro e relative conseguenze e che si risolve in una diminuita importanza del personaggio (anche per i limiti dell’interprete, l’acerba Eleonora Brown) e di tutto quanto esso rappresenta. Per esempio il carattere di Rosetta, l’entità e il significato della sua brusca metamorfosi dalla quasi-santità alla depravazione più sfacciata restano forzatamente generici e appena accennati (e ciò nonostante la corruzione della tredicenne, a poche ore di distanza dal tremendo “choc”, è una reazione difficilmente credibile). Un altro elemento che la ristretta economia del lavoro non permette di rendere a fondo è l’interminabile attesa degli sfollati sulla montagna, il senso e il peso di quei giorni uguali che esasperano le privazioni e la penuria di cibo e che peraltro scavano più profondamente i caratteri e definiscono meglio le rispettive posizioni.
Ma la più evidente debolezza del film si ravvisa nella figura-chiave di Michele, l’intellettuale antifascista che rappresenta la coscienza e la diretta proiezione dell’autore; qui ridotto a un abbozzo fumoso che non riesce ad assumere consistenza realistica né a svolgere plausibilmente, nei confronti delle due donne, la sua funzione catalizzatrice (e il ridurre a un banale idillio i rapporti fra lui e Cesira è un altro grave travisamento dell’originale). Non basta riaffermare e sottolineare la forte tematica progressista, democratica e pacifista del romanzo per fare de La ciociara un’opera che dica qualcosa di fecondo agli italiani d’oggi, che si collochi validamente in quel processo di rinnovamento del nostro cinema, cui concorrono anche certi film minori e meno “ben fatti”. Alla regia di De Sica non si possono naturalmente muovere appunti sul piano del mestiere: La ciociara è un film abilmente raccontato, esatto nel restituire il clima del tempo, sapiente nello scorciare situazioni e nel risolvere con pudica misura le pagine più acri e scabrose; ma si sente che gli manca qualcosa d’importante, d’essenziale. Che cosa? Una più diretta, calda e avvertibile partecipazione del regista, l’espressione di un mondo suo, di ragioni sue.

Se Il tetto era un film già anacronistico, ma di inconfondibile attribuzione, La ciociara è un’opera avvolta da una patina neutra e anonima, un “digest” un po’ scialbo e impersonale che non appartiene né a Moravia né a De Sica; appartiene semmai a Sophia Loren, che nel personaggio primitivo, generoso e vibrante di Cesira, perfettamente connaturato ai suoi mezzi e al suo temperamento, ha trovato la buona occasione che da tempo puntigliosamente cercava. Ma per De Sica (e Zavattini) resta aperto il problema di adeguarsi a una realtà che si è fatta più complessa e che forse non può più essere interpretata con gli strumenti di una volta; il problema di trovare nuove “aperture”, nuove prospettive e nuove forme per una libera ispirazione che si ha diritto di non ritenere esaurita.
Giulio Cattivelli
Da Cinema Novo, 1960

3 comentarios:

  1. hallo mate, it's me again dede from indonesia. link for part 4 seems have trouble, i cannot download it. would you please fix it? many many thanks before.

    ResponderEliminar
  2. Acabo de revisar los enlaces con JDownloader y funcionan todos.

    ResponderEliminar