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jueves, 3 de febrero de 2011

Lo straniero - Luchino Visconti (1967)


TÍTULO Lo straniero
AÑO 1967
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español (Separados)
DURACIÓN 105 min.
DIRECTOR Luchino Visconti
GUIÓN Luchino Visconti, Suso Cecchi D'Amico, Georges Conchon, Emmanuel Robles (Novela: Albert Camus)
MÚSICA Piero Piccioni & Bruno Nicolai
FOTOGRAFÍA Giuseppe Rotunno
REPARTO Marcello Mastroianni, Anna Karina, Georges Wilson, Bernard Blier, Pierre Bertin, Jacques Herlin, George Geret, Bruno Cremer
PRODUCTORA Coproducción Italia-Francia
GÉNERO Drama

SINOPSIS En 1935, un empleado francés asesina a tiros a un árabe en Argelia y durante el juicio renuncia a defenderse. (FILMAFFINITY)

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“Non sentivo più che i cembali del sole, sulla mia fronte, e, indistintamente, il gladio accecante sprizzato dal coltello in faccia a me. Questa spada bruciante mi rodeva le ciglia e frugava nei miei occhi doloranti. È stato allora che tutto ha vacillato. Il mare ha alitato un respiro spesso e ardente. Mi è sembrato che il cielo si aprisse per tutta la sua distesa, per lasciare cadere del fuoco...” Così, con enfasi improvvisa, Albert Camus, a pagina 81 dello Straniero, esalta il proprio stile per far fare l’impossibile al suo eroe indifferente e apatico: l’uccisione di un uomo. Camus si rende conto che il delitto di Meursault, possibile a livello ideologico, è impossibile (almeno per lui) a livello espressivo; e per farglielo commettere ricorre all’abusato procedimento naturalistico e dannunziano consistente nel trasferire la tensione dal personaggio al paesaggio. Più tardi, al processo, Meursault dirà al giudice che la colpa del delitto è stata del sole. Camus, in questo modo, cerca di nascondere il trucco, ammettendolo e ribadendolo in chiave quasi ironica. S’intende, però, che nessuno ha mai ucciso per colpa del sole. In realtà il protagonista di Camus è composto di due personaggi che nella cultura europea di quegli anni erano coesistenti e complementari: l’indifferente intellettuale che non agisce né può agire; l’assassino che agisce, in fondo, per conto e in nome dell’indifferente. Il nesso tra i due personaggi è, in Camus, puramente ideologico. Donde il ricorso alla retorica nei momenti, diciamo così, di fusione esistenziale. Albert Camus era forse più ideologo e soprattutto più moralista che artista. O meglio, era un artista che dava spesso in quel particolare genere di falsità che è propria dell’arte al servizio dell’ideologia. Concepito come una dimostrazione, lo Straniero ha il torto di non esserlo sempre. Nei punti in cui l’ideologia non ce la fa a sostituire la rappresentazione Camus alza la voce, ricorre all’enfasi. Luchino Visconti non ha voluto interpretare secondo il proprio modo di sensibilità il romanzo; ha preferito essere fedele così al contenuto come, fino a un certo segno, allo stile. Diciamo subito che bisogna riconoscere non soltanto la nobiltà di quest’assunto ma anche la sua estrema difficoltà. Perché, secondo noi, non ci può essere fedeltà in nessun senso nella versione cinematografica di un testo letterario; e comunque, meno ce n’è, meglio è. Visconti per giunta è un artista molto diverso da Camus. Intanto è diversa la sua tematica (illustrata soprattutto in film come La terra trema, Senso, Il Gattopardo); e poi è diverso il suo temperamento: più aperto, più vario, più sensuale, meno moralistico e ideologico. Comunque, poiché la fedeltà è stata voluta e perseguita con puntiglio, ne seguirà logicamente che qualità e difetti del testo si rifletteranno esattamente nel film.

E così è avvenuto, infatti. Visconti, là dove Camus stava sulla rappresentazione, ha saputo degnamente rappresentare; là dove invece in Camus prevaleva l’intento ideologico, ha dovuto, a causa del suo impegno di fedeltà, lasciare immutate cose che andavano sia cambiate sia dette in altro modo. Nel testo di Camus tutta la parte della morte e del funerale è la migliore; così è anche nel film, con una singolare, efficace impostazione volutamente veristica nella sequenza della veglia. Nelle prime sequenze il personaggio di Meursault è ben delineato, con precisione e presaga pietà, pur nella sua apatica indifferenza che, prim’ancora di diventare un delitto, è il segno di un destino anonimo. Poi c’è il delitto: lo preferisco nel film, più semplice e diretto, piuttosto che nel testo così enfatico. Dopo il delitto, il processo dovrebbe farci assistere al contrasto tra l’indifferenza di Meursault e le convenzioni e le credenze della società. Ma ci voleva più lealtà verso gli avversari di Meursault; meno prepotenza dimostrativa. Camus, invece, non ha avuto questa lealtà; ha voluto che Meursauit avesse ragione. Così, tanto nel testo quanto nel film, il processo si cobra di toni caricaturali e Meursault ha ragione ma troppo facilmente. Visconti avrebbe potuto evitare questo carattere sbrigativo del processo? Sì, ma a patto di essere infedele al testo. Marcello Mastroianni è un Meursauit convincente nella prima parte. Poi l’ideologia sembra passargli sopra la testa. Ma forse non si poteva fare meglio con un personaggio simile, il quale, appunto, non è un personaggio ma una dimostrazione.
Alberto Moravia
Da Al cinema, Bompiani, Milano, 1975

3 comentarios:

  1. Llevaba muchísimo tiempo buscando esta película. Muchísimas gracias por compartirla y enhorabuena por este fantástico blog.
    Un saludo!

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