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jueves, 12 de septiembre de 2013

Storia di una capinera - Franco Zeffirelli (1993)


TITULO ORIGINAL Storia di una capinera
AÑO 1993
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español (Separados)
DURACION 99 min.
DIRECCION Franco Zeffirelli
ARGUMENTO Novela de Giovanni Verga
GUION Franco Zeffirelli, Allan Baker, Piero Mattei
REPARTO Angela Bettis, Johnathon Schaech, Mia Fothergill, John Castle, Sinéad Cusack, Valentina Cortese, Barbara Livi, Vanessa Redgrave
FOTOGRAFIA Ennio Guarnieri
MONTAJE Richard Marden
MUSICA Alessio Vlad, Claudio Capponi
PRODUCCION C.G.G. TIGER OFFICINA CINEMATOGRAFICA
GENERO Drama

SINOPSIS Approfittando di un'epidemia di colera, Maria, una giovane novizia, viene rispedita a casa dal convento. L'occasione è buona per assaporare le gioie della libertà e anche quelle dell'infatuazione nei confronti di Nino. Chiusa la parentesi colera, però, Maria è costretta a tornare al convento nel quale si strugge d'angoscia. Alla notizia che Nino sta per sposare sua sorella, Maria perde la testa. (FilmScoop)

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Subtítulos (Español)


CRITICA: 
"I protagonisti sono due giovani esordienti, Angela Bettis e Jonathon Schaech, privi però di quei carismi che Zeffirelli aveva saputo invece scoprire così bene, nei suoi due famosi innamorati di 'Romeo e Giulletta', Olivia Hussey e Leonard Whiting: piangono molto, anche lui, come del resto voleva far piangere Verga nel 1871 quando aveva dato alle stampe il suo romanzo. Preferisco perciò ricordare Valentina Cortese, che dà una voce piena di svolazzi e di veli al personaggio della Madre Superiora, e Vanessa Redgrave, nelle disperate arsure della vecchia monaca impazzita per amore: prefigurazione e specchio del destino di Maria." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 5 febbraio 1994)"Scritto in età giovanile, 'Storia di una capinera' riscosse gran successo nell'Italia del 1871. Zeffirelli sognava di portarlo sullo schermo da quando faceva l'aiuto di Visconti sul set de La terra trema. L'ombra del Maestro si avverte nel gusto pittorico delle immagini (di Ennio Guarnieri), nel contrasto fra la severità della vita in convento e lo sfarzo di scene e costumi (Giantito Burchiellaro e Piero Tosi), nel tentativo di metaforizzare le passioni attraverso la natura e i paesaggi. Ma ciò che nel maestro era stile nell'allievo è maniera; quel che dava forza ai personaggi di Visconti illanguidisce i protagonisti di Zeffirelli." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 7 febbraio 1994)"Costruito in forma epistolare attraverso le lettere. A un'amica in cui la povera reclusa sfoga i suoi tormenti, il romanzo ha una tensione sentimentale che in qualche modo prende il sopravvento sull'altro tema, pure importante, della denuncia sociale di un'atroce condizione di sottomissione femminile. Nella versione per lo schermo di Franco Zeffirelli la storia è oggettivata con qualche variante e messa in scena con il gusto sicuro del grande impaginatore di melodrammi formatosi alla scuola viscontiana. Per cui se l'opera di Verga è lirico-psicologica, il film è storicistico-formale nel visualizzare ambienti e situazioni che nel libro intravediamo negli stati d'animo sempre più alterati di Maria. (...) Peccato che immagini tanto belle e preziose siano banalizzate e l'agile ritmo narrativo appesantito dalle usuali leziosità zeffirelliane, intermezzi folcloristici, fotografia patinata, musica debordante. Perché con più asauttezza e rigore questa capineria rischiava persino di commuovere le emancipate pronipoti di quelle lontane avole." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 12 febbraio 1994)

NOTE: 
- TERZA RIDUZIONE CINEMATOGRAFICA 
- DOPO QUELLE DEL 1917 E DEL 1943 - DEL ROMANZO DI GIOVANNI VERGA.
- DAVID DI DONATELLO 1994 A PIERO TOSI PER I COSTUMI
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Siamo a Catania nel 1854, la bella Maria (Angela Bettis) novizia in un convento non per sua scelta si ritrova libera e rispedita a casa dopo un’epidemia di colera, la ragazza una volta tornata a casa riprenderà contatto con i luoghi che le hanno dato i natali e rinverdirà un’attrazione provata per il bell’Antonio che tutti chiamano Nino (Johnathon Schaech), figlio di alcuni vicini di casa e fratello della sua migliore amica. Purtroppo per Maria il sentimento che coltiverà e che presto si trasformerà in passione sarà destinato a sfiorire, perchè si scoprirà che Nino è stato promesso alla di lei sorellastra e per Maria devastata da un amore corrisposto, ma impossibile resteranno solo i voti e le mura di un convento a far da cornice al suo cuore spezzato.

Terzo adattamento ad opera di Franco Zeffirelli tratto dall’omonimo racconto di Giovanni Verga datato 1869, dopo un primo adattamento muto per il grande schermo del 1917 diretto da Giuseppe Sterni seguito da quello di Gennaro Righelli del ’43.
Zeffirelli prosegue la sua personale rappresentazione letteraria e tragica dell’amore, così dopo aver adattato l’amore impossibile di Romeo e Giulietta e la gelosia folle e tragica dell’Otello si dedica alla struggente storia d’amore narrata da Verga e ne fa un adattamento visivamente ricercato, prendendosi qualche libertà sull’evolversi degli accadimenti e confezionando un dramma in costume dalle numerose suggestioni pittoriche, ma come è nello stile di un regista piuttosto formale nella messinscena Storia di un capinera manca di quel pathos viscerale che l’inesperienza dei due protagonisti in qualche modo amplifica, rendendo l’operazione esteticamente interessante, ma emotivamente poco coinvolgente.

Note di produzione: nel cast figura anche Vanessa Redgrave, i due giovani attori protagonisti Angela Bettis e Johnathon Schaech sono alla loro prima esperienza cinematografica, con Schaech che è recentemente apparso nell’action-thriller Takers. film è stato girato ad Aci Trezza (Aci Castello), Catania, Etna, Noto, Zafferana Etnea e ad Aci San Filippo nei pressi dell’Eremo Sant’Anna.
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La capinera di Verga (già portata al cinema da Streni nel ‘17 e Righelli nel ‘43) trasformata in un "uccello di rovo". Sono solo due i tocchi di regia degni di nota (la vita vista attraverso le sbarre; il finale in cui, per l’oblio eterno, si è ordinate suore su di un feretro), mentre la direzione delle recitazioni è largamente pessima: si va dalla maniera, teatraleggiante, al dilettantismo puro (Zeffirelli ha ingaggiato attori inglesi sconosciuti, ma non ha la più pallida idea di come tirarne fuori la freschezza senza strafare o le potenzialità senza renderli convenzionali). C’è da stendere un velo pietoso sul disegno grossolano dei personaggi, in assenza di approcci psico-socio-culturali che non sono figli di una neutralità "verista", bensì di un cinema rozzo che si stima distinto ed autorale in virtù della cura nelle scenografie (ispirate ai dipinti di Lega) e nelle ambientazioni, oppure “illuminato” solo perché riproduce i classici della letteratura con una scrittura popolar-romanzesca dove, controcorrente, magnifica i sentimenti "puri" e "casti". L’impronta "strappalacrime telenovelistica” zeffirelliana la conosciamo molto bene, ma è anche vero che, dall'ex-scenografo di Visconti che torna ad "Aci Trezza" con Verga e La Terra Trema, ci aspettavamo qualcosa di più. A quanto pare dal Maestro ha appreso solo la sontuosità esteriore e l'amore per il teatro. La "Capinera" rientra, in modo del tutto trascurabile ed indistinto, nella sua galleria di amanti da Amore senza Fine: fra melassa, moralismi e verginità, questi giovani si struggono fra amore terreno e ultraterreno, in atteggiamento “religioso” dinanzi ad ardori inammissibili.   
Niccolò Rangoni Machiavelli


STORIA DI UNA CAPINERA 
Giovanni Verga

La pagina introduttiva spiega il perché della scelta del titolo. La storia narrata, di una giovane costretta dalla famiglia a scegliere la vita monacale, viene paragonata alla vicenda di una povera capinera, rinchiusa in una gabbia, muore di dolore e malinconia per la libertà perduta.
La protagonista, Maria, entrata in convento a soli sette anni, in seguito alla morte della madre, è una novizia destinata per volontà della famiglia a una vita monacale.
La vicenda comincia a Monte Ilice, dove la famiglia di Maria (suo padre, la matrigna e i fratelli, Giuditta e Gigi, nati dal secondo matrimonio del padre) si è rifugiata per scampare all'epidemia di colera che imperversava su Catania. Anche l’educanda viene allora allontanata dal convento per evitare il contagio e lascia temporaneamente, per la prima volta, il convento, a diciannove anni, per trasferirsi con la famiglia in campagna dove la sua famiglia ha una casetta.
E’ un romanzo epistolare e la vicenda viene narrata attraverso le lettere che Maria scrive alla sua amica Marianna, una consorella che durante il periodo dell’epidemia si trasferisce anch’ella presso la famiglia.
Nelle sue prime lettere Maria manifesta una gioia ed una felicità quasi infantile di trovarsi libera di godere a pieno della bellezza della natura nella spensieratezza tipica della gioventù che non aveva mai vissuto in convento.
Ella trascorre le sue giornate correndo e saltando per i verdi prati ed intrattenendosi con la famiglia insieme ai signori Valentini, ed i loro due figli, Annetta e Nino.
Al tempo stesso, Maria, dimostra paura e disagio per quella vita mondana nella quale si è trova improvvisamente: ha paura di ballare, trema se solo qualcuno la guarda, arrossisce per ogni parola che i signori Valentini, vicini di casa e amici dei suoi, le rivolgono.
Col passare dei giorni tuttavia la vita fuori dal convento le appare così sempre più bella, più degna di essere vissuta: avere una famiglia, crescere dei figli, non sentirsi imbarazzata al cospetto di un uomo.
Nello scenario rigoglioso della campagna siciliana, Maria scopre sensazioni ed emozioni mai vissute prima, il piacere di passeggiare nei campi, di giocare, di godere della bellezza della natura ed anche di provare la gioia dell’amore, seppur pudicamente vissuta, per Nino, suo vicino di casa.
I sentimenti che lei prova per lui sono ricambiati; Nino si innamora dell’ingenuità e della semplicità di Maria.
Fra due nasce l'amore, un amore fatato di sguardi, di sorrisi e parole non dette che, però in qualche modo mette in allarme i suoi famigliari e la famiglia Valentini,  perché Maria è destinata, per decisione della famiglia alla vita monacale, per non disperdere un patrimonio destinato ai due fratelli più giovani.
Maria, dopo qualche settimana felice, deve confessare a se stessa e a Marianna di essere attratta da Nino ma non trova il coraggio di ribellarsi ai suoi familiari che l'hanno costretta a monacarsi. La felicità di quei giorni, dunque, dura poco. Questa passione e la consapevolezza di essere destinata alla clausura mettono in moto forti sentimenti di colpa, e inutilmente la ragazza tenta di negare a se stessa quello che prova. Tutto ciò le creerà forti tensioni che la porteranno ad ammalarsi e ad isolarsi.
Isolamento accentuato dalla matrigna che, resasi conto di quello che sta accadendo, la esclude da feste e giochi e da ogni occasione di incontro con Nino.
L’unico sfogo di Maria sono le lettere a Marianna, sempre più impetuose e disperate, divise tra l’accettazione del proprio destino ed il desiderio di amare e di essere amata.
I due giovani vengono completamente e definitivamente isolati. Le loro occasioni di incontro vengono accuratamente evitate,  e Maria, la cui malattia andrà aggravandosi non potrà più rivedere, anche per un solo istante, il suo Nino.
Passato il pericolo del colera, la famiglia Valentini torna a Catania. Poco dopo, anche Maria rientra in convento, a Catania, e dopo un mese inizia il noviziato per prendere definitivamente il velo.
Il destino della sua amica Marianna sarà ben diverso perché ella resterà presso la famiglia e abbandonerà definitivamente il convento.
In un primo tempo Maria crede di essersi riconciliata con Dio, e vede il suo innamoramento come un peccato di cui disfarsi. Ma ben presto si accorge che nulla potrà essere come prima, Maria non riesce a dimenticare il suo amore per Nino e quando le viene comunicato che lui sta per sposarsi con la sorellastra Giuditta, diventa ogni giorno più pazza.
Dal momento in cui la giovine affronta la cerimonia in cui pronuncia i voti definitivi, il sentimento puro per Nino si trasforma in passione struggente, la malattia si aggrava sempre di più, acuita dalla vicinanza della casa dei novelli sposi  al convento, che Maria può intravedere dalle mura del convento, fino a portarla alla totale pazzia.
L'insofferenza per la vita monacale diventa sempre più insopportabile, fino a renderla invidiosa dei suoi e di tutti quelli che vivono nel mondo.
Maria è terrorizzata al pensiero di essere rinchiusa nella cella delle pazze insieme a suor Agata che ci sta da molti anni, e quando effettivamente vi verrà rinchiusa, piano piano si consumerà  morendo per la disperazione. La pazzia e il dolore, la porteranno alla morte.
Prima di morire Maria, ormai inerme nel suo letto di morte e senza neppure la forza di parlare, chiede con gli occhi a Suor Filomena, che consegnava tutte le lettere alla sua amica Marianna, di consegnare al suo Nino un crocifisso d'argento, le sue ultime lettere e tre petali di rosa; ma la suora, dopo aver superato la censura della madre Badessa con uno stratagemma, consegna tutto all'amica Marianna: Nino non saprà mai che Maria è morta consumata dall'amore per lui.

ANALISI

Personaggi:

Maria: è priva di carattere, perché non riesce a ribellarsi al destino stabilito dalla famiglia. Del resto la mentalità dell'epoca, e le ristrettezze economiche in cui versava la sua famiglia, non sembrano darle scampo. Maria dice di volere bene a Dio, ma la sua religiosità è molto sentimentale e momentanea, pertanto non regge il confronto con il sentimento, ancora più forte, di amore per Nino.

Nino: Nella lettera del 21 Novembre confessa alla ragazza di amarla e le consiglia di reagire al sopruso che la sua famiglia le stava facendo, sperando che lei si ribelli alla sua monacazione forzata. Però neppure lui riesce poi a superare le ostilità delle rispettive famiglie e si adegua alla loro decisione e prende in moglie la sorella Giuditta.

La matrigna di Maria: aveva sposato il padre di Maria alla morte della moglie. Maria la descrive come una donna eccellente, buona ed indulgente. In realtà è tutto il contrario… E’ una matrigna che la emargina, è preoccupata soltanto di perseguire il proprio interesse e quello della propria figlia. Non a caso è lei a decidere che Maria sia destinata al noviziato perché altrimenti avrebbe preso il posto di Giuditta sposandosi. E’ crudele e fredda, infatti, è lei che “tira il collo al tacchino in occasione della festa” ed è lei che preferisce in regalo la lepre ai fiori.

Il padre di Maria: modesto impiegato, è molto affezionato alla figlia. Infatti, nei suoi confronti si mostra dolce, buono e paziente. Tuttavia a volte dimostra di essere troppo succube della moglie, vorrebbe "liberare" Maria, ma non ne è capace, perché dipende psicologicamente dalla sua nuova moglie, matrigna di Maria. Tutto il denaro per la dote deve confluire sulla sorellastra, e quindi Maria è costretta a monacarsi.

Giuditta: è la sorellastra di Maria. E’ viziata, capricciosa, egoista, privilegiata e vanitosa. E’ colei che dopo la “reclusione” di Maria in convento sposa Nino.

Tempo:

Gli avvenimenti narrati nel testo si svolgono nell'arco di tempo di due anni, poiché la protagonista smette di scrivere per un anno (dal 30 gennaio 1855 all' 8 febbraio 1856).

Due ambienti principali:

Monte Ilice e la campagna circostante
Il convento

E’ particolarmente importante il rapporto che s’instaura con la natura circostante, infatti i luoghi giocano un ruolo rilevante nella narrazione.
Ci sono molti spazi aperti all'inizio del romanzo, quando la vicenda si svolge a Monte Ilice e lei è felice e spensierata. La natura è ridente e rigogliosa nel primo periodo che corrisponde al periodo di felicità di Maria, poi quando la vicenda comincia ad avere toni cupi e malinconici anche la natura diventa spoglia, triste, il sole non splende più e imperversano i temporali.
Troviamo solo spazi chiusi, sempre più chiusi, quando la protagonista torna in convento e si sente prigioniera di un mondo che non le appartiene.

3 comentarios:

  1. Caro Amico mancano i links se puoi fare qualcosa grazie

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    1. I link sono online. Scarica con Mipony o JDownloader..
      Un altro è, copiare il file, aprire una nuova finestra e incolla.
      Luck.

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