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jueves, 20 de enero de 2011

Venga a prendere il caffè... da noi - Alberto Lattuada (1970)


TÍTULO Venga a prendere il caffè... da noi
AÑO 1970 
SUBTITULOS Si (Separados)
DURACIÓN 90 min.
DIRECTOR Alberto Lattuada
GUIÓN Alberto Lattuada, Piero Chiara, Adriano Baracco, Tullio Kezich (Novela: Piero Chiara)
MÚSICA Fred Bongusto
FOTOGRAFÍA Lamberto Caimi
REPARTO Ugo Tognazzi, Francesca Romana Coluzzi, Milena Vukotic, Angela Goodwin, Jean-Jacques Fourgeaud, Valentine, Checco Rissone
PRODUCTORA Mars Film Produzione
GÉNERO Comedia | Comedia negra

SINOPSIS Ugo Tognazzi interpreta a Emerenziano Paronzini, un inspector de hacienda que busca casarse con una mujer para vivir del cuento. Finalmente conoce a las hermanas Tettamanzi, herederas de una gran fortuna, y consigue casarse con una de ellas, y tomar a las otras dos como amantes. Las virginales hermanas poco a poco se convierten en expertas cazadoras de hombres, desarrollando cada una sus propias habilidades sexuales. Emerenziano sufre un ataque cuando iba a convencer a la criada para tener relaciones. Entonces se convierte en un indefenso prisionero sujeto a los caprichos de las hermanas hambrientas de amor. (FILMAFFINITY)


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Subtítulos

A quanto pare ci sono dei lettori che scrivono delle lettere lamentando che in questa rubrica noi ci occupiamo troppo di film che nessuno ha veduto e troppo poco di film che invece tutti sono corsi a vedere. Vorremmo rispondere a questi lettori che la questione non è così semplice. Lo spartiacque non passa tra film che nessuno vede e film che tutti vedono; ma tra film “prodotti” e film d’autore. Dei film della prima categoria è difficile anzi impossibile parlare perché il prodotto, con la sua assoluta mancanza di mistero, nega a se stesso in partenza ogni possibilità di esistenza, e allora com’è possibile parlare di ciò che non c’è, che non esiste? Perché, poi, esistenza e mistero siano in arte sinonimi; perché l’esistenza sia misteriosa; e perché, infine, non si possa parlare se non di ciò che esiste, ossia del mistero, questo è un discorso forse troppo lungo per una nota così breve. Semmai, vorremmo domandarci perché il pubblico in genere preferisce i film prodotti ai film d’autore cioè preferisce ciò che non c’è a ciò che c’è, ciò che non esiste a ciò che esiste. La domanda è giustificata dal successo della cosiddetta commedia all’italiana. Questi film sono dei tipici prodotti”, cioè, in realtà “non esistono”; tuttavia il successo c’è ed esiste; e almeno da un punto di vista sociologico e di costume, val la pena di domandarsene i motivi. Prendiamo per esempio l’ultimo film della serie: Venga a prendere il caffè... da noi, di Alberto Lattuada. Questo film e un prodotto se mai ce n’è stato, ossia una macchina composta di elementi smontabili che, a loro volta, sono dei prodotti già adoperati in altre macchine anteriori, così che, da una macchina all’altra si potrebbe facilmente risalire addirittura alla commedia dell’arte e magari anche più indietro. Quanto a dire che ci troviamo di fronte, almeno per quanto riguarda la rappresentazione di una certa società, alla più completa mancanza di agganci con una realtà qualsiasi. La vicenda, ricavata dal romanzo

La spartizione di Piero Chiara, narra di un funzionario di stato, ghiottone ed erotomane, il quale, presumendo della propria virilità, sposa la più brutta di tre sorelle facoltose, si porta a letto anche le altre due e finisce, punizione provvidenziale ed edificante, paralitico, in carrozzella. La qualità principale di questo film è forse una certa umiltà. Composto di elementi, come abbiamo detto, del tutto irreali ed esanimi, non pretende, come altri film del genere, di “incidere” sui costume; si autolimita fin dall’inizio al livello di farsa. Ritorna, adesso, la domanda che ci siamo fatta poco fa: perché il pubblico preferisce queste e altre simili “commedie all’italiana” ai film d’autore, ai film d’arte? La risposta, purtroppo, non può essere che una sola. Il pubblico preferisce quello che non c’è e non esiste a quello che c’è ed esiste (o almeno tenta di esservi e di esistere) per un motivo di somiglianza e di analogia, vale a dire perché il pubblico stesso almeno oggi, nel presente momento storico, preferisce non esserci e non esistere sul piano culturale ed esistenziale. Un film che ci fosse, che esistesse, darebbe per contrasto, al pubblico l’impressione di non esserci, di non esistere e di conseguenza lo metterebbe in crisi. Che vuoi dire questo? Vuoi dire che il pubblico non desidera e non ama essere criticato e che il successo della critica di costume della commedia all’italiana deriva dal fatto che in questi film non c’è né critica, né costume, né un bel nulla. Ma allora cosa c’è? Stringendo dappresso la commedia all’italiana, diremmo che c’è di solito la bravura di un attore comico, secondata più o meno da registi di provato mestiere come per esempio, appunto, Alberto Lattuada. Questi attori comici hanno un loro gioco che va molto ai di là dell’occasione narrativa che gli fornisce il pretesto per esibirsi. È un gioco fine a se stesso che crea tra l’attore e il pubblico un rapporto assolutamente indipendente dalla vicenda del film. Ugo Tognazzi in Venga a prendere il caffè... da noi rinnova puntualmente questo rapporto che, tale e quale, si verificava nei suoi film precedenti. Dove siamo? Nella commedia dell’arte? Nell’atellana? Nella farsa classica? Siamo in Italia.
Alberto Moravia
Da Al cinema, Bompiani, Milano, 1975



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