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sábado, 29 de diciembre de 2012

All'onorevole piacciono le donne - Lucio Fulci (1972)

TÍTULO ORIGINAL 
All'onorevole piacciono le donne (Nonostante le apparenze... e purché la nazione non lo sappia)
AÑO 
1972
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS 
Español e Inglés (Separados)
DURACIÓN 
109 min. 
DIRECTOR 
Lucio Fulci
GUIÓN 
Sandro Continenza, Lucio Fulci, Ottavio Jemma
MONTAJE 
Vincenzo Tomassi
MÚSICA 
Fred Bongusto
FOTOGRAFÍA 
Sergio D'Offizi
ESCENOGRAFIA 
Nedo Azzini
VESTUARIOS 
Luciana Marinucci
REPARTO 
Lando Buzzanca, Lionel Stander, Laura Antonelli, Corrado Gaipa, Renzo Palmer, Agostina Belli, José Quaglio, Arturo Dominici, Eva Czemerys, Anita Strindberg, Francis Blanche, Armando Bandini, Christian Aligny, Aldo Puglisi, Claudio Nicastro
PRODUCTORA 
Coproducción Italia-Francia; Fida Cinematografica / Les Productions Jacques Roitfeld / New Film Production S.r.l.
GÉNERO 
Comedia | Sátira. Política 

Sinópsis 
El político Giacomo Puppis vive obsesionado con la política. Es una persona solitaria y con una rigurosa educación. Giacomo es chantajeado por unas fotos comprometedoras acariciando a una importante política. Su represión se manifiesta con arrebatos de agresividad sexual. Por ello y debido al chantaje, su carrera política peligra. Al amparo del Cardenal, se somete a tratamiento en un convento, donde acabará manteniendo con las monjas algo más que una relación enfermera-paciente... (FILMAFFINITY) 
 
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Il candidato alla Presidenza della Repubblica Giacinto Puppis, “Giacintuzzo” per gli amici e per gli “amici degli amici”, è l’uomo politico perfetto. Un doroteo costruito in laboratorio. Il prototipo incarnato dell’ideale scudocrociato. Abito scuro e paludato, volto rassicurante, tetragono come la montatura dei suoi occhiali, moderato, abile nel verbo del politichese e nella liturgia degli intrighi palazzo. Dedito al partito di governo e alla specialità democristiana dell’ubiquo esercizio del potere con una devozione che rimanda alla sacralità del sacerdozio. Di fatti è stato cresciuto come un prete, in mezzo ai preti, è celibe e forse pure vergine, anche se qualcuno, ad un certo punto, ventila l’ipotesi che gli piacciano i…
Ma in realtà la sua debolezza è un'altra. L’onorevole, nonché Presidente del Consiglio (ahi, ahi!),  a furia di “tastare il meridione” è, per così dire, preda di pubblici raptus erotici durante i quali, in stato di semi-incoscienza, aggredisce, senza distinguo né inibizione alcuna, le natiche delle poverette che gli capitano a tiro (un primo ministro donna, la sua segretaria, persino un turista scozzese in kilt che, di spalle, ha scambiato per il gentil sesso).
Urge immediata e segretissima riabilitazione. Così, mentre l’onorevole Puppis è “in ritiro spirituale” e lo scrutinio elettorale per la massima carica dello stato prosegue con cadenza monotona e ossessiva senza approdare a nulla di fatto, sulla nostra sventurata italietta rischia di abbattersi il tornado di un complotto a sfondo clerico-militare-massonico-pornografico. E il popolo che dice? Niente, che deve dire? È troppo impegnato a seguire la campagna acquisti, il disco per l’estate, poi il Festival di Sanremo, la partita della nazionale e via discorrendo.
Nonostante il titolo e l’apparenza tutto sommato innocui, l’opera più controversa, maledetta, sequestrata, tagliuzzata, censurata (ancora oggi è raro vederlo in tv prima delle 3 notte), avveniristica, presaga dei suoi e dei nostri tempi, che il regista romano abbia mai realizzato.
La pellicola che fece tremare la già traballante maggioranza di governo alla vigilia delle elezioni del febbraio 1972. Visionato al Viminale dai vertici della DC in persona, contravvenendo apertamente a quanto previsto della costituzione. E quindi bocciato dagli organi preposti con la falsa motivazione di “ostentata oscenità e licenziosità del linguaggio”. L’offesa al comune senso del pudore che è l’ultimo rifugio di un governo di corrotti e mascalzoni. Se c’è un film chiave per comprendere perché, fra le tante e non sempre lusinghiere etichette che gli sono state appiccicate in quasi quarant’anni di onorata carriera, quella di “terrorista dei generi” sia la più aderente alla realtà dei fatti, nonché la più apprezzata e condivisa da Fulci stesso, questo è sicuramente All’Onorevole Piacciono Le Donne.
All’Onorevole… è un film che, appunto, parte da un presupposto di “genere” e, decostruendo dall’interno l’intelaiatura della commedia di costume a sfondo meridionalistico e pruriginoso (filone di cui Buzzanca era, in quegli anni, il volto simbolo nell’iconografia regionale dello star system “all’italiana”, e che aveva ne Il Bell’Antonio di Brancati e dell’inarrivabile coppia Germi-Mastroianni, l’inevitabile quanto bistrattato archetipo di riferimento), scaglia un attacco esplosivo e dinamitardo non solo all’attualità delinquenziale che coinvolge un’intera classe dirigente, ma anche alla bovina acquiescenza di un’opinione pubblica sempre con la testa altrove anche di fronte alla schiacciante evidenza delle cose e comunque, per sicurezza, tenuta all’oscuro di tutto, e ai modelli linguistici con cui certo cinema dell’epoca (nella fattispecie: la commedia all’italiana) troppo spesso edulcorava (o evitava di spingere fino alle estreme conseguenze) la rappresentazione di un Italia dilaniata dalle bombe e dagli scandali, l’essenza più sordida, oscura ed ipocrita che è nella natura (dis)umana di un esercizio del potere fine a se stesso.
In All’Onorevole… si vede un bipolarismo bloccato e imperfetto, un assolutismo di maggioranza che da anni governa ininterrottamente il paese, sempre nello stesso modo, pensando di poter prescindere da qualsiasi ricambio (vi ricorda qualcosa?). Un’opposizione perennemente latitante, inesistente, di cui in pratica non si parla mai (vi ricorda qualcosa?). Un Presidente del Consiglio che si ritira in un convento e in preda al proprio inconfessabile delirio “satiriaco” fa scempio di donnine compiacenti (scommetto che, se fate un attimo mente locale, anche questo vi ricorderà qualcosa…). Ci sono militari che progettano, prima in concorrenza e poi a braccetto con le forze dell’ordine, una sterzata autoritaria come soluzione all’immobilismo democratico, servizi segreti che spiano i suddetti e che vengono a loro volta spiati dalla cupola della mafia siciliana al vertice della quale vi è nientemeno che un cardinale della curia (monsignor Maravidi), un altissimo uomo pubblico e funzionario dello stato che salta in aria col suo aereo privato, tutto questo vi ricorda qualcosa?
Se si, allora non potete perdervi il film di Fulci.
Un’opera i cui meriti non si esauriscono nell’aver messo in scena col pessimismo dell’intelligenza e un’efficacia polemica fuori dal comune tutti i nodi politici più scottanti del proprio tempo o nell’averne preconizzati altrettanti, ma che conferma una volta di più l’eversiva efficacia dello stile e l’unicità del suo percorso di autore/regista all’interno del cinema italiano. All’Onorevole… è una sorta di “Hellzapoppin’” della Prima Repubblica. Una comica forsennata e catastrofica sulla rimozione dell’Eros - forza tellurica, primordiale, a-politica e a-sociale - che, una volta trovata la strada per affiorare agli strati superiori della coscienza, sgretola e manda in frantumi il super-io ufficiale del potere e dell’ordine costituito. Un meccanismo perfetto, quello dell’autoconservazione del paese legale, ad ogni costo e quasi sempre a spese degli interessi di quello reale, che s’inceppa quando uno dei suoi congegni fonde sotto la pressione dell’irrazionale.
Fulci può sbizzarrirsi in tutto il suo caleidoscopico ed eclettico repertorio: gag ricorrenti da slap-stick comedy (il deliquio di Puppis che precede la “tastata”, il coro ecclesiastico che sottolinea ogni volta il nome di “Padre Lucion”, il tormentone del povero On. Torsello che teme “che glielo stiano mettendo nel…”); l’alternarsi febbrile di registri visuali spesso agli antipodi (dal finto reportage che mette alla berlina l’ipocrisia della RAI indottrinata e a un solo canale dell’epoca, al realismo stilizzato delle stanze e delle parate del potere, al kitsch freudiano e psichedelico delle coloratissime visioni in cui Puppis/Buzzanca, con infantile e repressa sessualità da seminarista, immagina di cogliere il frutto proibito dall’albero della tentazione, ma al posto delle mele troviamo ovviamente “i culi”, pardon, “i popò”, come direbbe lui, all’oscurità barocca e ferale, degna quasi dei futuri horror fulciani, delle sequenze in cui i testimoni degli eccessi del senatore vengono “canonizzati”, ovvero uccisi dalla lupara bianca e trasformati, idea superbamente blasfema, in statue di cera raffiguranti santi e martiri), inquadrature sghembe e paradossali, ritmi scatenati che assomigliano più a quelli di Blake Edwards, dei fratelli Marx o al Dr. Stranamore di Kubrick che ai vari Risi, Salce e Monicelli (questi ultimi, fra l’altro, autori di due film quasi coevi su temi analoghi: rispettivamente Colpo Di Stato e Vogliamo I Colonnelli). E pazienza se dopo una prima parte straordinaria, il film scade in una pochade (gli amanti nudi e i loro persecutori che s’inseguono da una stanza all’altra) formalmente più prevedibile ed allineata. Ma non per questo rinuncia ad uno dei finali più beffardi e terrificanti nella storia del regista e del cinema italiano (perché, pur trattandosi di una commedia, questa è la commedia - nera, nerissima - del potere e in ballo, nell’indifferenza generale, c’è il destino del Belpaese non quello di una fantomatica cittadina infestata dai morti viventi).
Citazione finale per gli attori: a partire da un allucinato Buzzanca (che qui è truccato come l’allora presidente Emilio Colombo e si esibisce in analisi socio-economiche ingarbugliate ed incomprensibili, una parodia del compianto Moro), libero di mostrare tutte le potenzialità psicotiche e pirandelliane della sua, altrove fin troppo usurata, maschera dialettale, un gigionesco Lionel Stander (attore americano, d’idee anarchiche e progressiste, che si ricostruì una carriera in Italia dopo essere rimasto impigliato nella rete del Maccartismo) nei panni del Cardinal Maravidi, un mellifluo Renzo Palmer, sorta di Arlecchino goldoniano, di servo furbo della commedia classica, è il libertino Padre Lucion, mentre un appetitosa Laura Antonelli interpreta la suorina innamorata di Puppis che verrà, ahinoi, anch’essa “canonizzata” nel “supremo interesse della nazione”.
Simone Coacci
http://www.storiadeifilm.it/commedia/commedia/lucio_fulci-all_onorevole_piacciono_le_donne(severin-1972).html

L’uscita di questo film di Fulci, targato 1972, fu accompagnata da polemiche, sequestri tagli e ire censorie, provocate non tanto dalle scene di nudo, peraltro molto caste, ma dalla carica dissacrante, ironica, anche blasfema che esso conteneva. Un attacco diretto, violento e senza mediazioni al potere politico di allora, alle sue ipocrisie, al malcostume dilagante degli intrecci tra stato e poteri criminali, a quello tra il potere politico e quello ecclesiale. Un attacco forse confuso, perché nel film c’è troppa carne al fuco, ma sicuramente corrosivo, tanto da provocare reazioni sdegnate e furibonde proprio dal potere politico, messo impietosamente a nudo, ma non solo; vengono sbeffeggiati i poteri forti, la chiesa, l’esercito e le istituzioni. Non si salva nulla.
Giacinto Puppis è cresciuto, per colpa di un’educazione repressiva, con la fobia per le donne. Ha fatto carriera politica, ed è in ballottaggio per diventare il nuovo Presidente della Repubblica, anche se il suo principale antagonista, Torsello, è politicamente appoggiato da un altro schieramento forte. Ma Puppis ha dalla sua l’influenza determinante del cardinale Maravidi, ammanigliato con altri politici, e non solo con poteri propriamente istituzionali.
Puppis, morigerato al limite della bacchettoneria, all’improvviso si trasforma; un giorno, durante il ricevimento in onore dell’ambasciatore francese, viene colto da una visione onirica, quella dell’affascinante lady dell’ambasciatore in vesti succinte. Da quel momento per Giacinto inizia la tortura; perseguitato da visioni erotiche, si confessa con l’amico prete, che decide di mandarlo, tramite uno psicanalista, in un convento; qua però la sessualità repressa di Puppis esplode letteralmente, e ben presto il timido e represso onorevole si trasforma in un gaudente playboy.
Preoccupato dalle ripercussioni che potrebbe avere la notizia del comportamento del probabile Presidente della Repubblica, il cardinale, con l’aiuto di alcuni mafiosi, fa sparire gli scomodi testimoni. Ma lo scandalo sembra sul punto di scoppiare comunque quando una suora si libera dei veli e decide di seguirlo; il cardinale la fa rapire dalla mafia, e convince con le minacce il titubante Puppis a riprendere la sua corsa al Quirinale, che verrà agevolata anche dall’eliminazione del pericoloso rivale, Torsello.
Anche se tecnicamente confuso, sfilacciato, a tratti incomprensibile, anche per i pesanti tagli operati dalla censura (1), All’onorevole piacciono le donne (nonostante le apparenze… e purché la Nazione non lo sappia), titolo completo del film, è un’opera intrigante, divertente, in cui non mancano però grossi difetti, come la mancanza di ritmo, la confusione che sembra regnare sopratutto nelle arti in cui Puppis si abbandona a sogni erotici, che allentano la trama facendola deragliare pericolosamente.
Fulci, assistito da un cast di ottimo livello, nel quale giganteggia Lando Buzzanca, assolutamente perfetto nei panni di Puppis e con un Lionel Stander che sembra nato cardinale, dirige una commedia al vetriolo, che vista oggi mostra ancora sinistri accostamenti con la realtà odierna. Il partito di maggioranza di allora, la Dc, può essere facilmente identificata nei politici affaristi che manovrano dietro le quinte, mentre il potere della chiesa si è occultato con molta abilità.
Nel cast figurano molte bellissime dello schermo, come la meravigliosa Laura Antonelli, la suorina in abiti succinti sedotta da Puppis; Anita Strindberg, splendida nel ruolo della moglie dell’ambasciatore francese e ancora Agostina Belli, la sfortunata Eva Czemerys oltre al grande Renzo Palmer. Un cast di rilievo, che contribuisce in maniera determinante alla riuscita di una pellicola troppo frettolosamente archiviata, forse per la sua potente e feroce carica trasgressiva. Non gioca a favore del film nemmeno il titolo, che sembra occhieggiare verso la commedia erotica, che nel 1972 iniziava a muovere i primi passi.
Il film venne proiettato, in spregio alla Costituzione, al Viminale di fronte alla nomenclatura DC, Fanfani e Andreotti compreso e solo dopo presentato alla Commissione censura, che lo respinse e quindi, il 3 febbraio, sequestrò per oscenità.
Note:
(1) Le vicissitudini censorie paiono dovute più alla natura politica del film (e ai rapporti tra Chiesa, politica e mafia che mette in scena) che al suo contenuto erotico, a dire il vero piuttosto blando anche per l’epoca. Infatti, anche su Fulci smentiva, il personaggio di Puppis era ispirato al fino a pochissimo prima Presidente del consiglio Emilio Colombo, in quota DC. Lo conferma il truccatore Giannetto De Rossi nell’intervista rilasciata nel novembre 2000 a Paolo Albiero e Giacomo Cacciatore e pubblicata in Il terrorista dei generi (Edizioni Un mondo a parte, pag. 55).
Paul Bari
http://www.rapportoconfidenziale.org/?p=5556

5 comentarios:

  1. Buongiorno dall'Australia,
    Sto cercando a scaricare :
    "JAMES TONT - OPERAZIONE U.N.O. (1965}"
    Ed anche "JAMES TONT - OPERAZIONE D.U.E. (1965)"
    Tutti due films con LANDO BUZZANCA.
    Grazie milla per la risposta.
    Alberto

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  2. please up date new links ,all are death

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