ESPACIO DE HOMENAJE Y DIFUSION DEL CINE ITALIANO DE TODOS LOS TIEMPOS



Si alguién piensa o cree que algún material vulnera los derechos de autor y es el propietario o el gestor de esos derechos, póngase en contacto a través del correo electrónico y procederé a su retiro.




domingo, 9 de diciembre de 2012

Giulietta degli spiriti - Federico Fellini (1965)


TÍTULO ORIGINAL Giulietta degli spiriti
AÑO 1965
DURACIÓN 148 min.
DIRECTOR Federico Fellini
GUIÓN Federico Fellini, Tullio Pinelli, Ennio Flaiano
MÚSICA Nino Rota
FOTOGRAFÍA Gianni Di Venanzo
REPARTO Giulietta Masina, Sandra Milo, Valentina Cortese, Lou Gilbert, Mario Pisu, José Luis de Vilallonga, Caterina Boratto, Frederick Ledebur
PRODUCTORA Rizzoli Film
PREMIOS
1966: 2 nominaciones al Oscar: Mejor dirección artística color, vestuario color
1965: Globos de oro: Mejor película de habla no inglesa
1965: Premios David di Donatello: Mejor actriz (Giulietta Masina)
GÉNERO Drama

SINOPSIS Giulietta, que duda de la fidelidad y del amor de su marido, acude a reuniones espiritistas buscando un consejo, una verdad, una señal que le haga ver que su marido aún siente cariño por ella y que puede recuperarlo. Por casualidad, conoce a Susy, perniciosa mujer que sólo vive para el amor y que está a punto de dar al traste con las ilusiones de Giulietta. (FILMAFFINITY)



Cabiria, Saraghina e le altre:
La rappresentazione della prostituta nell'opera di Federico Fellini (pdf)
Parnetti Simone

TRAMA
Siamo a Fregene (Via Volosca) in una elegante abitazione circondata da pini e ville: è la casa della scultrice Giulietta – di interessi, oltre che artistici, metafisici e religiosi – frequentata da scrittrici salottiere, adulatori, e docili omosessuali. Per l’anniversario del suo matrimonio con Giorgio, che si occupa con successo di “pubbliche relazioni”, Giulietta organizza una festa, nel corso della quale sisvolge una seduta spiritica. Durante la serata si riaccende la crisi di identità che da tempo travaglia Giulietta, mentre comincia ad avere la certezza che il marito la tradisca. “Voci”, avvertimenti e apparizioni aggravano la sua crisi: non sa se seguire gli impulsi sensuali, cui la incita Susy, o restare fedele agli insegnamenti ricevuti, con esperienze traumatiche, nell’infanzia, nel collegio delle suore dove è stata educata, e donde le è rimasto vivo il ricordo della “santa della graticola”, in un’esortazione alla penitenza e alla rinuncia, alla mortificazione dei sensi. Ma Susy, che ha una villa trasformata in un paradiso del sesso, la esorta a liberarsi dei suoi freni inibitori. In una festa dell’amica libertina, Giulietta sta per cedere. Poi fugge terrorizzata: le immagini di una recita del collegio, in cui aveva il ruolo della Vergine martire, si mescolano ai fantasmi della lussuria. Lotta contro tutti i suoi incubi, aiutata anche da uno psichiatra, e riesce a vincere le proprie ossessioni, aiutata da quanto di sano, di vero e di vitale è in lei. Un gioviale Nonno, che già l’ha salvata dalla graticola durante lo spettacolo della Vergine martire, nel teatrino delle suore, cala dal cielo per liberarla dall’assedio dei fantasmi-mostri che l’hanno a lungo perseguitata. Ora finalmente ritrova, davanti al mare la sua serenità.

COMMENTO
Se l’arte è fondamentalmente una questione di scelta, di misura, di armonia, questo film di Federico Fellini mi pare ci sia più virtuosismo, provocazione o “pasticcio” che arte autentica. GIULIETTA DEGLI SPIRITI ha avuto la sua anteprima assoluta non già a Venezia come a suo tempo si sperava, o a Rimini come si favoleggiava, bensì a Roma davanti a trecento scrittori riuniti in occasione del convegno della loro “comunità europea”. E’ toccato al poeta sovietico Tvardovski rompere il ghiaccio, sciogliere la riserva e forse infrangere la consegna: comunque è lui che, el quadro di un discorso sulla vera avanguardia che si teneva in quei giorni, ha espresso sulla attesissima opera un’opinione press’a poco analoga a quella da me appena riferita. Ed è un’opinione, purtroppo, sostanzialmente esatta, anche se forse non ne condivido certe esemplificazioni e sfumature.
Naturalmente è sempre stata una caratteristica di Fellini, in particolare nelle sue opere precedenti a cominciare da LA DOLCE VITA, quella di avvincere e anche di frastornare lo spettatore con il gioco pirotecnico della sua fantasia suggestiva, spericolata e barocca. Ma in GIULIETTA DEGLI SPIRITI si verifica un fatto curioso, e cioè si scopre che la struttura del film, la linea del racconto sarebbero, in se stesse, ben più semplici e dirette che nell’affresco caleidoscopico della DOLCE VITA oppure nell’introspezione frastagliata (giudicata impervia dal pubblico normale) di OTTO E MEZZO. Dico di più: in GIULIETTA DEGLI SPIRITI l’autore presenta un tema, lo svolge e lo conduce a soluzione con una lucidità d’impianto superiore a quella delle opere precedenti. Anzi, se non fossimo in presenza di uno dei campioni dell’irrazionalismo contemporaneo e se l’aggettivo, applicato a Fellini, non suonasse veramente troppo inconsueto verrebbe voglia di asserire che il suo atteggiamento di fronte alla materia è, qui, ben altrimenti “razionale” del solito.
Infatti GIULIETTA DEGLI SPIRITI vuole essere un discorso, per certi aspetti quasi un pamphlet, sull’indipendenza della donna. Lo assicura lo stesso Fellini e non vi è, questa volta, motivo di dubitare delle sue parole…
“L’intento del film è di restituire alla donna una sua indipendenza vera, una sua indiscutibile e inalienabile dignità”.
Del resto Fellini si è sempre occupato del rapporto tra l’uomo e la donna, del problema della coppia, delle inibizioni e degli stridori dello stato matrimoniale. L’unione in atto, l’unione in prospettiva, o l’unione già disgregata come nell’enigmatico episodio di Steiner nella DOLCE VITA. E’ un tema su cui il regista si batte e ribatte, specie nei film interpretati da Giulietta Masina come LA STRADA e come LE NOTTI DI CABIRIA, in quanto proprio ilo confronto tra l’uno e l’altro sesso, condizionato o meno dal contratto matrimoniale, gli consente di portare il riflettore sui miti di estrazione cattolica e piccolo-borghese, che hanno sempre costituito i motivi dominanti della sua ispirazione.
Certo, molto cammino compiuto dall’autore divide oggi la Gelsomina de LA STRADA, sottoproletaria sensitiva e sacrificata (anche se riscattata poi da quel che Fellini chiama il “trasalimento di coscienza” del bruto Zampanò, folgorato dalla Grazia), da questa Giulietta borghese, sensitiva ancor come l’altra e anzi padrona di una propria dimensione magica, ma sistemata, colta e, nonostante il suo perdurante infantilismo, assunta nella cosidetta buona società Eppure prigioniera di quei miti, sui quali il regista della DOLCE VITA, di OTTO E MEZZO, e anche dell’episodio di aveva ben proiettato qualche luce.
Sono miti familiari, religiosi, sessuali, forze del bene e forze del male, complessi di frustrazione, la speranza di un principe azzurro, la paura di un’apocalisse (“gli invasori”), un’alternanza di candore infantile e di deviazioni erotiche, il bisognosi ricorrere a segni profetici o di immergersi in immagini antiche (come quella di un connetto gentile che fuggì con una ballerina, su una delle prime “macchine volanti”). Tutto ciò viene acutizzato e scatenato, in Giulietta, da un altro suo mito che è, per lei, il principale: quello del marito. Disprezzata, per la sua ineleganza, da madre e sorelle bellissime, incapace di legare con amici ed amiche appartenenti a un altro pianeta, donna senza figli, Giulietta vive, nel suo villino sereno, solo per colui che crede essere il suo uomo. E se le viene a mancare questa fiducia, questo unico punto d’appoggio, tutto minaccia di crollare.
Ora, di fronte a questo personaggio Fellini manifesta una posizione nuova: lo invita decisamente ad assumere consapevolezza e autocoscienza. Per lui la donna, la moglie, deve finalmente svezzarsi dai propri complessi di soggezione, districarsi entro la selva dei timori, dei sospetti, dei condizionamenti, far piazza pulita di essi e cercare solo in sé la propria salvezza, la vera serenità che solo l’indipendenza può dare.
Anche la signora molto borghese “arrivata”, proprio come la povera Gelsomina venduta e vagabonda, ha un marito che non la guarda e non l’ascolta, un uomo che lei ha adorato, mitizzato, e che non pensa minimamente a lei; è corretto e compìto, a differenza di Zampanò, ma la tradisce e si prepara a lasciarla. L’abbandono da parte di Giorgio è la cosa che essa teme di più, che le sconvolge i sentimenti e le provoca le allucinazioni. Ebbene, alla fine del film, quando essa rimane sola, ma tutti gli “spiriti” sono stati esorcizzati, Giulietta comincia a rivivere. Anzi, come dice Fellini, “la vera vita di Giulietta comincia quando esce dall’ombra di Giorgio”.
Si capirà dunque, a questo punto, perché l’impostazione tematica di GIULIETTA DEGLI SPIRITI mi sembra più razionale e avanzata rispetto a quella degli altri film. Non c’è nemmeno più il recupero dei miti che c’era alla fine di OTTO E MEZZO: al massimo c’è un buffetto di riconoscenza, in quanto spiriti buoni e spiriti cattivi sono egualmente serviti a Giulietta e alla sua liberazione. Senonché i miti, scacciati dalla porta, rientrano dalla finestra. Certo, nella danza conclusiva di OTTO E MEZZO il regista – che era anche, come personaggio, il protagonista del film – li “recuperava” letteralmente: in quella sorta di generico embrassons-nous, realtà e immaginazione, sogni e ricordi, virtù e vizi, presente e passato, allucinazioni e riflessioni, struttura e sovrastruttura tutto partecipava alla festa della vita, in quanto nulla poteva, secondo l’autore, esser negato e respinto dal suo crogiolo fantastico, al suo universo artistico. Però l’ambientazione assai autobiografica del film – il mondo del cinema – contribuiva a cementare i vari lati dell’esperienza soggettiva, a risolvere la crisi nel momento stesso in cui il regista sapeva raccogliere gli sparsi frammenti per farne un film.
Invece, in GIULIETTA DEGLI SPIRITI, gli “spiriti” hanno completa prevalenza su Giulietta, le allucinazioni sulla realtà. In altre parole, alla giustezza della tesi, alla sua maggiore “logica” in confronto agli slanci e ai tradimenti lirico-misticheggianti di un tempo, fa qui disgraziatamente riscontro una forma pletorica e ridondante, una forzatura e una gelidità dell’ispirazione. Il che conduce, nell’economia dell’opera, a un vero e proprio trionfo dei mostri sopra chi li vuole esorcizzare, a una rivincita, anzi a una vendetta dei miti contro la coscienza che intendeva respingerli.
Figurativamente, plasticamente, coloristicamente (dato che Fellini impiega il colore, questa volta), l’autore si trova ad essere irretito, diventa egli stesso schiavo e succube delle proprie immaginazioni. Non crea, come in OTTO E MEZZO, una dialettica tra la realtà e la favola, ma cancella la prima e lascia esplodere la seconda. Non riuscendo, evidentemente, a penetrare con l’onestà e la profondità che avrebbe voluto nel mondo di sensazioni della sua Giulietta, attribuisce a lei le sensazioni proprie, ossia carica il personaggio femminile della esasperata mitologia del Fellini più ossessionato, a poco a poco riducendo la “donna” a un simbolo evanescente e impreciso, quando non addirittura scostante, mentre disordinatamente e incessantemente fa grandeggiare i simboli mostruosi d’una “dolce vita” da salotto, ormai ridotta a un’emblematica puramente contemplativa e cupamente edonistica, svuotata di carica demistificatoria e satirica. Da ciò la prolissità dominante del film, che nemmeno la squisitezza di certe forme, o il fervore polemico di certi passaggi riescono purtroppo a scalfire.

CONCLUSIONE
Comunque sia, invece, la vittoria di Giulietta è tutta interiore, perché già in se stessa era la possibilità di vittoria; non nella meschinità, non nel qualunquismo femminile, ma nella semplicità. Al paesaggio artificioso dell’inizio, milleluci, intercambiabile come un paesaggio dell’anima, come lo stesso spirito di Giulietta, subentra, alla fine, un nuovo paesaggio, che poi non è diverso dal primo, come lo sono due diverse “prove di stampa” di un a stessa litografia: teneramente verde, limpido, georgico; quello della serenità riconquistata.
http://cinetramando.blogspot.com.ar/2011/08/giulietta-degli-spiriti-juliet-of.html
---
Giulietta es una burguesa acomplejada por una crisis personal, que se da cuenta de sus carencias afectivas en un mundo de placeres. Filme rebosante de escenas extravagantes, exageradas y surrealistas, y digna de interpretaciones simbólicas en términos “freudianos”. Con bastante autocrítica, ya que Fellini dijo alguna vez: “Todo lo que hace un artista tiene que ver consigo mismo”.

Rodada a continuación de la excelente 8 1/2, Giulietta de los espíritus -cuyo argumento sirvió años después como base a Noches en la ciudad (1969, Bob Fosse)-supone una bella digresión sobre la mediocridad de la vida burguesa, el engaño, el peso del pasado, siempre tamizada por la poderosísima personalidad de su artífice; Federico Fellini. Sin lugar a dudas pocos realizadores europeos contemporáneos han sido tan admirados como el cineasta de Rímini e Ingmar Bergman por sus propios colegas de profesión. En el caso que nos ocupa es evidente esa progresión desde su apuesta por la evolución del modelo neorrealista hacia una capacidad de fabulación realmente paralela a su experto manejo del lenguaje cinematográfico.
Este filme es una muestra más de ello, personificado en el personaje de Giulietta -la siempre maravillosa Giulietta Masina, esposa del realizador-, una mujer procedente de una familia voluptuosa, perteneciente a una clase acomodada, y que descubre de repente que está siendo engañada por su marido cuando este se relaciona con una modelo.
A partir de ahí Giulietta se desarrolla en un mundo que para ella tiene una percepción casi extrasensorial -así se lo ha vaticinado el adivino de la primera secuencia-, mientras que recuerda sus fantasmas familiares y unas vivencias de infancia caracterizadas por su represiva religiosidad. En realidad no se trata más que de una excusa para dar rienda suelta al enorme talento visual de Fellini, dentro de una película sorprendentemente “sixtie” en el conjunto de su obra, que goza de una extraordinaria plasticidad en su fotografía en technicolor de Gianni di Venanzo, y de la que cabría destacar algunas de sus magníficas “set pieces”. De entre ellas no podría dejar de destacar la que prácticamente abre el filme presentÁndonos los invitados de su marido -una tan deslumbrante como ya habitual sucesión de primeros planos, entrecruce de personajes, servido por grúas, panorámicas-… todo un mundo irreal y cuasi fantástico para un hombre que sabía las enormes posibilidades de su talento.
Junto a ellos, se ofrecen numerosos momentos de especial sensibilidad -el instante en que en la cama el esposo de Giulietta está con la venda en los ojos y a ella le iluminan los suyos; ha descubierto el engaño que le rodea-; la vaciedad que se ofrece en el decorado del hogar con encuadres descompensados cuando se ha marchado definitivamente su esposo; el plano en el que sobre la pantalla del investigador que proyecta las películas de la infidelidad de su marido se ofrece el perfil cada vez más pequeño de Giulietta…
Estoy seguro que en un filme de esta enorme riqueza -a la que aporta no poco de nuevo su talento el gran Nino Rota-, cada uno podrá elegir sus momentos preferidos. Pero dentro de su valía, no puedo omitir una cierta irregularidad en su metraje, o una recurrencia a planos cortos en algunos momentos que no se encuentran tan integrados como en el precedente filme de su autor. Aún pareciéndome un titulo de gran brillantez, no logró conmoverme como si lo lograron otros filmes de su filmografía, lo cual no va en menoscabo de sus múltiples cualidades, seguramente apreciables en más de un visionado.
Situada entre 8 1/2 (1963) e Historias Extraordinarias (1968), el presente largometraje siempre ha sido definido como uno de los más completos de su autor, y siempre es una constante fuente de consulta para aquellos que quieran hablar, conocer o adentrarse en el mundo de Fellini.
Quizás no sea su mejor película (¿Cuál lo sería? Pocas veces encontraríamos un debate más difícil en torno a la obra de un cineasta debido a su aproximación pero a la vez distancia entre cada una de sus obras) pero sin duda alguna es una de sus más representativas, y con ello no me refiero a que sea la más recordada, publicitada o cacareada sino la que posiblemente encierre la visión y explosión posterior del particular mundo propio del cineasta italiano.
En Giulietta de los espíritus un argumento simple y llano, casi banal sirve como eclosión y desencadenante de un viaje hacia una visión personal acerca del mundo y la significación de los espíritus. A través de la simple historia de Giulietta quien encerrada en una vida vacía se escapa creándose un mundo propio a base de sueños protagonizados por espíritus en la que la propia mujer a medida que avanza la película se asemeja cada vez más a uno de ellos. Ahí radica el mejor apunte de la película, la asociación de Giulietta como un espíritu atrapado en un mundo irreal, que al fin y al cabo es el mundo verdadero para sentirse cómoda en el mundo propio y fantástico que ella va creando. Para ello Fellini se apoya en la actuación de su musa Giulietta Massina quien dota al personaje principal de una ingenuidad y hastío francamente encomiable convirtiéndose a veces en un verdadero espíritu a medida que avanza la película. El cineasta descarga todo el peso dramático en su mujer en la vida real y Massina sabe coger el testigo para mostrar una perfecta sincronización con el director llegando a ser una especie de guía para el público que fácilmente se puede perder ante tanto salto al mundo del sueño y la realidad.
Además de la actriz, Fellini no duda en explayarse a la hora de mostrar los dos diferentes mundos. Mientras que el mundo real es filmado de un modo formal, pero haciendo mella y potenciando lo aburrido y penoso que puede ser nuestro mundo para el espectador como pueden ser los personajes que aparecen por la película, del mismo modo que la música y el color demasiado excesivo que a veces nos recuerda a una película de Ozores más que una de Fellini dando la sensación que esa parte fue despachada con un total despecho, algo totalmente falso ya que ese es precisamente el sentimiento que debemos recibir. Por otra parte, el mundo de los sueños está cuidado al detalle, dando el director rienda suelta a toda su creatividad plástica jugando de manera asombrosa con los decorados, los colores, o el vestuario siendo siempre rojo cada vez que Giulietta está en el mundo que ella crea frente al blanco virginal e inocente del mundo auténtico a la que ella es ajena. Fellini va filmando cada sueño con una elegancia pictórica que se asemeja más cada uno de los encuadres, milimétricamente compuestos, los movimientos de cámara lentos, sinuosos, elegantes, dando ese aire de misterio que se va perdiendo paulatinamente a medida que se va produciendo esa asociación entre la audiencia y la protagonista.
Además de lo anteriormente citado, Fellini puebla su película de todos los demonios que ha venido explotando anteriormente con una fuerza hasta entonces impensable. Además de la ya comentada presencia de su mujer-musa Giulietta Massina, repite con él Nino Rota en la música, y es imposible no ver todos aquellos apuntes que siempre ha ido introduciendo en sus anteriores largometrajes. Aquí el mundo de los sueños es el protagonista de la historia y está poblado por personajes típicamente Fellinianos como por ejemplo el encarnado por el marqués De Vilallonga exponiendo como debe prepararse una sangría acentuando el surrealismo constante durante todo el metraje. Por otra parte, la sexualidad y erotismo es latente cuando no directo. Eso es lo que me hace afirmar que Giulietta de los espíritus se convierte en su película más significativa (aunque en mi caso prefiero Amarcord, sin duda alguna su obra maestra).
Aunque para ser sinceros hay que reconocer que las mayores virtudes de Fellini son también su mayor enemigo. El hecho que sea único a la hora de mostrar y hacer partícipe al espectador de su peculiar visión respecto al mundo y de la exteriorización de su mundo propio lo convierte en uno de los creadores más interesantes del siglo pasado, pero la personalidad de ese mundo y la necesidad de una implicación emocional por parte del público también le hace perder puntos.
El cine de Fellini al fin y al cabo es un escupitajo de sus miedos, fantasías y demonios, y uno puede entrar en él o no. Es lo que ocurre con todas sus películas, si te dejas llevar por su visión y entras al juego, Federico Fellini es tu director sin duda puesto que verás cosas nunca vistas hasta ahora. Sus películas van más allá de lo meramente cinematográfico (para quien esto escribe, ciñéndome a lo puramente cinematográfico, Fellini es un buen director de cine, nada más. Sabía rodar muy bien, pero no es alguien que sobresalga con sus juegos espaciales, asociaciones de encuadres o movimientos de cámara dramáticamente necesarios) con lo que su obra no puede ser catalogada solo como películas aisladas. Si por el contrario no entras, por mucho que veas todos sus trabajos, seguirás observando desde una perspectiva demasiado fría e incapaz de comprender porque hay tanta gente que le admira, algo totalmente lógico ya que la excesiva duración de sus películas y el intencionado ritmo lento son una lacra no apta para todos los paladares, con lo que imposibilita el disfrute absoluto de ese mundo tan propio.
Y por suerte y por desgracia Giulietta de los espíritus representa todo lo que representa Fellini, por eso no es bueno iniciarse en él con esta película, y para los que ya lo estén y entiendan ese juego, ésta es su película, para los que no les guste, no lo entiendan o sencillamente no les interese, lo mejor es que dediquen las dos horas y once minutos de su tiempo que dura la película en hacer otra cosa.
http://www.claqueta.es/1965-1967/giulietta-de-los-espiritus-giulietta-degli-spiriti.html

Critiche
Morando Morandini
Paradossalmente si potrebbe sostenere che Giulietta degli spiriti è un film da sfogliare più che da vedere; il modo migliore di assaporarlo sarebbe quello di ridurlo a un migliaio di inquadrature, e poi esaminarle, a una a una, come si fa con un album [...] Viene il sospetto che Fellini sia stato condizionato - e frenato - dal colore, non soltanto da Giulietta.
"L'Osservatore Politico Letterario", Milano, 12 dicembre 1965

Leo Pestelli
Quello che poteva anche essere un racconto scarno, per linee interne, diventa nelle mani di Fellini una fantasmagoria di forme e di colori oggettivanti i pensieri, i ricordi, i sogni e le visioni del personaggio; il quale personaggio non è ben certo che sia sempre quello della signora Giulietta e non diventi per lunghi tratti quello del regista prevaricatore. Un altro cospicuo saggio, dunque, della tumultuaria, barocca immaginazione felliniana, e insieme della sua splendida facoltà di ordinare il mondo in visione cinematografica, qui arricchita dall'uso del colore, da lui trattato si può dire per la prima volta e con effetti sorprendenti. Ma anche un film di sosta, che assommando vari motivi del regista (da Lo sceicco bianco a Otto e mezzo), non li trascende e lascia immutata, e per ciò stesso un po' stanca, la prospettiva dell'artista.
"La Stampa", 29 ottobre 1965

Gordon Gow
Le risorse tipiche del film sono: una macchina da presa frenetica, immagini incalzanti unite a un eccezionale dominio della luce e del colore. Questo è cinema da maestro, non solo in rapporto all'opera immediatamente precedente di Fellini, Otto e mezzo, ma si colloca vicino al Citizen Kane di Welles e al Marienbad di Resnais. Si muove liberamente e significativamente nel tempo e nello spazio, nell'immaginazione e nella memoria.
"Films and Filming", april 1966
http://www.federicofellini.it/node/528
---
LA SANGRÍA, LA BEBIDA DEL OLVIDO

Entre medias de su obra cumbre dos años antes "Otto e mezzo" y la posterior e irregular "Satiricón", Fellini vuelve a sorprendernos, esta vez en color, su primera
y bendita paranoia en color, con una obra difícil de catalogar, pues aunque el maestro de Rímini sigue exponiéndonos sus inquietudes existenciales de manera tan personal y sublimemente artística, al mismo tiempo nos gotea con una sucesión de imágenes delicatessen y oníricas...
El miedo a afrontar la realidad por miedo a una situación distinta a la comodidad de lo ya
conocido..., los fantasmas del pasado que atormentan nuestras pusilánimes existencias con recuerdos mitad reales, mitad ficiticios...las pócimas para el olvido...el recurso espiritual como instigador de esos fantasmas y el recurso del psicoanálisis para ahuyentarlos...
Con una estupenda fotografía en color a cargo de Gianni Di Venanzo ("Otto e mezzo" y "Rufufu") y una correcta banda sonora a cargo del maestro Nino Rota con la participación especial de Eugene Walter para el corte final en "Go milk the Moon" y la ambientación
jazzisística en general, Fellini factura esta obra de ritmo y cadencia desigual, adquiriendo por momentos el carácter de un alubión de gags visuales y surrealistas que hacen que el espectador pierda comba de la trama, pues los fantasmas y espíritus que se le presentan a
la genial Giulietta Masina(esposa del director) forman parte de una vida en su apogeo sentimental más tensionado, llena de contradicciones y dudas existenciales...
Fellini falla esta vez a mi modo de ver en partes del planteamiento y sobre todo en la exposición de la obra, pues como piezas inconexas y difíciles de ensamblar y ubicar, la obra naufraga finalmente en su desarrollo narrativo, si bien quedarán para el recuerdo sus habituales exhibiciones de portento creativo e imágenes de una belleza plástica difícilmente comparables en la filmografía de cualquier otro autor de cualquier época...
La participación anecdótica del inclasificable y bien relacionado José Luis de Villalonga como José, el huésped español de su marido Giorgio, ensalzando los "valores" patrios (toros, sangría y demás tópicos sandungueros y pandereteros) me confirman en la puntuación final, pues a
fuerza de creativo a veces se pasa dos pueblos cayendo en la más profunda y burda pretenciosidad...
Auque sólo sea por deleitarnos con la plasticidad y creatividad original de las imágenes de su particular mundo onírico merece la pena su visionado. Cuando menos;
I N T E R E S A N T E.
Un movimiento de cámara en mano penetra a través de la frondosidad vegetal de un jardín hasta adentrarnos en la casa burguesa de Giulietta Boldrini(Giulietta Masina) quien prepara junto con sus sirvientas Teresina y Elisabetta los últimos detalles del aniversario de su boda con su marido Giorgio (Mario Pisu)...
Giulietta es una mujer burguesa casada con Giorgio, un relaciones públicas y publicista quien no parece muy entusiasmado por la vida conyugal...
Cuando Giorgio entra en casa finge no haberse acordado del aniversario...Giulietta ya tenía preparado el regalo y la cena...Giorgio finalmente da inicio a una fiesta sorpresa a la que acuden toda una serie de personajes de lo más variopinto, destacando por encima de todos Valentina (Valentina Cortese) quien le presenta a un amigo futurista y astrólogo...Giulietta
es una mujer con un campo magnético envidiable para atraer espíritus...esa misma noche Giulietta es avisada por el astrólogo de que tal vez su marido no sienta lo mismo por ella ...
Obsesionada por el recuerdo de su abuelo(Lou Gilbert) fugado en aeroplano con una bailarina...A partir de entonces alrededor de Giulietta se van a ir dando una
serie de circunstancias y vivencias que tensionarán su existencia...
Así por ejemplo conocerá a José, un huésped español de su marido, mitad cordobés, mitad levantino quien no para de hablar en tono grave del "arte" español; toros, sangría, la poesía de Lorca, los refranes...
También entablará relaciones con su enigmática y liberal vecina Suzy(Sandra Milo) una vez haya sabido por mediación de unos detectives que su marido le es infiel con Gabriela Olsen, una modelo , y la tentará con su ahijado y egregio efebo para liberarle de sus
ataduras conyugales y obrar en consecuencia...
Otros personajes recurrentes y espirituales son sus sobrinas gemelas, su madre siempre atormentándole con sus consejos, el recuerdo suyo de pequeña abrasada en una representación de teatro suspuestamente por salirse de los cánones establecidos de la ortodoxia cristiana, y la tentación entre lo que para ella es el bien(vivir en santo matrimonio) o lo que para ella es el mal(empezar a vivir más al libre albedrío)...
burton
http://www.filmaffinity.com/es/reviews/1/239756.html

1 comentario:

  1. Gracias Amarcord, por este excelente ripeo de Giulietta, sideralmente mejor del que tenía.

    Qué nivel el de tu trabajo, amigo. La selección de pelis, los textos, la calidad de las copias: no hay día que no pase por tu admirable blog a mirar lo que subes

    Saludos y suerte en todo!

    ResponderEliminar