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sábado, 22 de diciembre de 2012

Il mio domani - Marina Spada (2011)


TÍTULO ORIGINAL Il mio domani
AÑO 2011
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACIÓN 88 min.
DIRECTOR Marina Spada
GUIÓN Daniele Maggioni, Maria Grazia Perria, Marina Spada
MÚSICA Bebo Ferra, Paolo Fresu
FOTOGRAFÍA Sabina Bologna, Giorgio Carella
REPARTO Claudia Gerini, Claudia Coli, Lino Guanciale, Paolo Pierobon, Raffaele Pisu, Erika Urban
PRODUCTORA Film Kairòs
PREMIOS 2011: Nominada Premios David di Donatello: Mejor actriz (Claudia Gerini)
GÉNERO Drama | Familia

SINOPSIS ¿Por qué cuando Mónica vuelve a casa de su padre, siente cada vez más el dolor y el rencor causados por algunos acontecimientos de su infancia? ¿Por qué ha empezado a notar que se estaba alejando de ella Vittorio Corradi, el presidente de la sociedad de formación empresarial donde trabaja y con el que tiene una relación? ¿Por qué Simona, la hermanastra, parece regañarle por su éxito profesional y su estilo de vida? ¿Y por qué no puede dejar de sentirse culpable? ¿Es sólo el deseo de arreglar las cosas que la empuja a ayudar a su sobrino Roberto, un chico de 17 años, frágil y esquivo? ¿Qué es lo que la ha empujado a asistir a un seminario sobre el autorretrato fotográfico para poder superar el límite que cada uno se pone a la hora de imaginarse a sí mismos?


Il mio domani, Marina Spada: "Racconto la modernità attraverso le donne"
Il cinema di Marina Spada , fatto di frequenti silenzi, lunghi sguardi sul paesaggio urbano, un tocco essenziale e delicato, arriva al Festival del film di Roma . Dopo essere già stata apprezzata alla Mostra del cinema Venezia, per due volte presente alle Giornate degli autori con Come l'ombra e Poesia che mi guardi, la regista milanese ora è in concorso nella Selezione ufficiale della Capitale con Il mio domani. Dove vedremo una Claudia Gerini in ruolo per lei un po' insolito, lontana dalla commedia e in vesti drammatiche (anche se già in La sconosciuta o Non ti muovere aveva calcato toni simili, ma non da protagonista).
"Abbiamo scritto questo film per lei" ci rivela la Spada. "Claudia Gerini è una brava attrice e ci siamo detti 'perché non farla recitare fuori ruolo, invece che continuare su strade già battute?'. Chiaramente non è stata una scommessa: Gerini ha tutta la mia stima d'attore, ce l'aveva prima, tanto più ce l'ha adesso".
Ne Il mio domani Clauda Gerini è Monica, una donna apparentemente serena e realizzata, finché gli accadimenti rimescolano il suo incerto equilibrio personale e professionale.
Da una parte ha un difficile rapporto con il padre (Raffaele Pisu), dolore e risentimenti legati a vicende della sua infanzia, una sorellastra (Claudia Coli) che sembra rimproverarle il suo successo professionale e verso cui si sente in colpa.
Dall'altra c'è il rapporto sempre più freddo con Vittorio Corradi (Paolo Pierobon), il presidente della società di formazione aziendale per cui lavora e con cui ha una relazione, e ci sono le lezioni di formazione ai manager, in cui ha investito tutto il suo talento professionale e la sua abilità, che sembrano sempre più uno strumento con cui le aziende giustificano ristrutturazioni e tagli al personale.
"Claudia Gerini è un'attrice di grandissimo livello e per altro una bellissima persona, risolta" continua la Spada. "È una diva, sì, ma anche una persona assolutamente normale con cui si discute del personaggio, a cui ha dato anche dei suggerimenti che sono stati accolti. Anche perché, diciamocelo, ha fatto molti più film di me".
Ma come nasce Il mio domani? "Per l'esigenza di raccontare il presente, che anche questa volta ho raccontato attraverso la figura femminile", ci risponde Marina Spada. "È un film che si svolge a Milano, tra la città e la bassa padana in provincia di Pavia. Sono andata a testimoniare la nascita dei nuovi quartieri in costruzione a Milano: volevo fare un film sulla modernità".
Milano, come in Come l'ombra, è ancora una volta protagonista, nella sua poesia malinconica.
"Milano è un personaggio del film" spiega la regista. "Del resto è il luogo dove ho imparato a guardare. In trent'anni e più di mestiere mi è capitato di girare anche da altre parti, però soprattutto mi interessa raccontare le storie di Milano e a Milano. Ma non perché sono storie milanesi: Milano poi trasfigura e diventa tòpos della città dell'occidente. Le storie che racconto si potrebbero svolgere in qualsiasi altra città occidentale".
http://cultura.panorama.it/cinema/al-cinema/Il-mio-domani-Marina-Spada-Racconto-la-modernita-attraverso-le-donne-Video-in-anteprima2
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Storia di una donna interrotta nella Milano della riqualificazione
Monica è una consulente impiegata presso una società di formazione aziendale. Single e 'amante' del suo capo, vive a Milano e frequenta nel tempo libero un corso di fotografia. Ogni fine settimana non manca di fare visita al suo vecchio padre, fervente cattolico che vive aspettando soltanto di morire. Nella bassa padana risiedono anche il nipote, un adolescente sensibile e depresso, e la sorellastra, figlia illegittima di una scappatella materna. Dentro una città in trasformazione e a quattro anni dall'Expo, si muove muta e uguale a se stessa la vita di Monica, incapace di vedere il mondo e di vedersi. Almeno fino a quando il padre viene a mancare e con lui il legame con un passato rimosso e doloroso. In sintonia con la sua città e coi suoi progetti di 'riqualificazione', Monica comincerà a riempire i vuoti e a (ri)costruire da zero e davvero.
In Italia solo il cinema di Marina Spada è capace di inventare sullo schermo spazi architettonici e puntare dichiaratamente sulle immagini. Immagini che vanno a cercare l'interiorità delle sue protagoniste abituate fino all'assuefazione alle regole delle grandi città. La Monica di Claudia Gerini, sbiadita, annebbiata e affinata, è persa nel vuoto a rendere di una vita che gira su se stessa e nelle isole pedonali di una metropoli che prova a risorgere all'ombra di edifici ecosostenibili in vetro e ferro. Il mio domani, terzo lungometraggio della regista milanese, è un film che abita letteralmente a Milano e idealmente altrove, in un luogo interiore nel quale da troppo tempo è impigliata la protagonista. Un vuoto di senso da cui non riesce a uscire, da cui non può uscire. Tuttavia non è impedita la fuga geografica che interrompe le coordinate metropolitane per spingersi nella campagna della bassa padana, dove sopravvivono i ricordi rabbiosi di Monica, donna 'interrotta' dagli occhi colmi di malinconia e della mania milanese del controllo. Ma proprio Milano, ancora personaggio ma questa volta organismo vivente e riconoscibile, è il punto di riferimento e il luogo dove Monica impara a guardare. Una città lontana dal comune senso del rumore, una città silenziosa perché è nel silenzio che le voci di fuori ci raggiungono e la realtà si avvia. Il mio domani ci dice molto e bene di quello che si è costruito, che si sta costruendo e che si costruirà, restituendo allo spettatore la piena percezione dei mutamenti in corso nelle nostre città e all'impatto che avranno sulle nostre esistenze come su quella di Monica, che guarda al di là delle nuvole grigie per 'grattare' il cielo e rubarne un po' di azzurro. Orgoglioso di non appartenere a nessuna moda del momento, il cinema della Spada si muove ai margini e dalle parti della Poesia, producendo una precisa cifra stilistica sintonizzata sulle esperienze personali e sulle sensibilità dell'autrice, che al funerale del padre di Raffaele Pisu 'comprende' dentro un'inquadratura il dolore privato accanto quello interpretato della (e dalla) protagonista. Un'addolorata Claudia Gerini che lontano da Roma si mostra (più) bella e possibile, investendo su uno splendore algido e giocando la carta dell'essenzialità. Occhi nudi, i suoi, che si aprono sull'infinito e indicano la strada per una nuova lettura attoriale e autoriale.
Marzia Gandolfi  
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Marina Spada, esponente di punta del cosiddetto "nuovo cinema milanese”, ha qualche anno fa raccontato la vita della poetessa Antonia Pozzi nel documentario Poesia che mi guardi. Ora, ricollegandosi a quella letteratura in un'epigrafe finale, sceglie come protagonista de Il mio domani quella che lei stessa ha definito "una donna che vive oggi a Milano, una simile a molte altre che vivono nelle città del mondo e nella quale tante e tanti si possono rispecchiare".
Speriamo di no, verrebbe da dire.
Perché la Monica interpretata da Claudia Gerini è una donna sola, dal passato familiare difficile, che ha trovato (o ha pensato di trovare) nel lavoro un riscatto e un illusorio equilibrio. Una figura triste e grigia, che si aggrappa ad amori clandestini e senza futuro, senza amici, senza un vero dialogo con il vecchio padre.
Il mio domani scopre lentamente le sue carte, lasciando che il puzzle riguardante la vita passata e presente della sua protagonista si componga man mano che procede la narrazione: emblematico, in questo senso, che nei minuti iniziali del film la regista scelga volutamente di non inquadrare quasi mai il volto di Monica o persino la sua figura intera. Se la scelta non è di per sé errata o censurabile, diverso è il caso se si parla delle modalità che la supportano: la Spada eccede infatti nell'astrazione e soprattutto nella freddezza formale e narrativa con la quale vorrebbe trasmettere il senso di vuoto di Monica, risultando cinematograficamente frigida.
Anche i cementi, i vetri e gli acciai degli ambienti milanesi che il film racconta sono privi di fascino ed eleganza, amplificando il distacco emotivo che improvvisamente, però, la Spada vorrebbe negare quando la sua protagonista è chiamata all'immancabile svolta: alla riscoperta e all'accettazione delle origini, delle radici. Della terra e del passato fino a quel momento negati da panorami post-industriali e senza futuro.
Impietosa nell'aggrapparsi di continuo a una Claudia Gerini in affanno nel contesto di un film che non l'abbandona nemmeno per un istante (e che le mette in bocca battute indubbiamente difficili da rendere con efficacia), Marina Spada sembra aver mirato troppo in alto, partendo con un approccio che mette in campo questioni che sfiorano il filosofico e finendo con un semplicistico inno al recupero dei valori "di una volta" che fa riecheggiare nelle orecchie le note di "Voglio andare a vivere in campagna" e assai meno il raggiungimento di quell'identità consapevole che era nelle ambizioni della regista.
Federico Gironi
http://www.comingsoon.it/News_Articoli/Recensioni/Page/?Key=9706

L’oggi di Monica non è doloroso, non è felice, semplicemente, è: una padre anziano con cui pregare, una sorellastra così vicina così lontana e un nipotino fragile, una madre mai perdonata e una relazione (non) sentimentale con il capo. Monica è manager, Monica è donna, Monica è una donna manager, suo malgrado: non riesce a tenersi insieme, ma non crolla, soffre un po’, in silenzio. Perché è rigorosa, asciutta, fino all’anaffettività nei rapporti occasionali: insegna, anzi, forma altri manager, ma è un’educazione meccanica e, in definitiva, fuorviante, correa. Crisi, cambiamento, sacrificio, condivisione: parole sulla lavagna, ma nella vita? Un altro, proprio mondo è possibile?
Interrogativo buono per il quarto film di Marina Spada, Il mio domani, che offre a Claudia Gerini il ruolo da protagonista, drammatica e “d’autore”. In concorso a Roma, ambientato in una Milano senza luoghi comuni, guarda al movimento da fermo di Antonioni, alle divagazioni bucoliche di Olmi e, più in generale, al minimalismo emotivo, al tutto scorre del piano sequenza, che mette in fuoricampo le scene madri: Monica è una e cento altre donne come lei, ha una natura saggistica, forse perfino pedagogica. Vorrebbe dire dell’essere donna metropolitana oggi, senza emozionare, mantenendo le distanze, ovvero senza cercare l’immedesimazione del pubblico: figura esemplare, ma non “sentimentale”.
E la regia, che prende da analoghe contingenze anni ’60-’70, aiuta, ma fino a un certo punto: quando Monica cambia, chiede allo spettatore di com-patirla, ma è troppo tardi, anzi, incongruo. La Spada finisce per rinnegare le premesse formali e poetiche seguite fin lì per fare di Monica non più una come noi, ma una di noi: ci sentiamo chiedere l’immedesimazione, e Il mio domani mostra una coperta troppo corta. Se l’eredità ’70 poteva giustificare una “splendida inattualità” (preghiere, RadioMaria e campagna) e uno scatto fotografico del qui e ora senza far intravedere il dopo ( ancora licenziamenti: e poi?), l’epilogo manda in crisi la rarefazione fatta saggio, e apre al solipsismo, ovvero all’egoismo di una felicità raggiunta in solitaria, senza chiedere al pubblico finché non è tale.
Monica è cambiata, Monica ora è felice, e vuole condividerlo con noi, vuole che ci sentiamo come lei: ma il suo domani è anche il nostro?
Federico Pontiggia
http://www.cinematografo.it/recensioni/il_mio_domani/00020450_Il_mio_domani.html
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Una consulente di una società milanese vive un momento di difficoltà personale: divisa tra un lavoro in cui deve vendere parole e concetti a persone perplesse, un capo che è anche il suo amante che la stringe in un rapporto squallido e un padre anziano e rancoroso (nonostante la sua fede), Monica si aggira per Milano come un fantasma. In un corso di fotografia cerca uno sfogo alla creatività personale, nel rapporto con il figlio adolescente della sorellastra si sente forse quella madre che non è mai (o ancora) diventata e che vorrebbe essere, forse per distanziarsi dal negativo modello materno. E nella sorella, cerca di riunire in qualche modo pezzi dolorosi della sua vita (la madre abbandonò il padre e lei per scappare con un altro, da cui il rancore del padre). Ma ogni suo tentativo si trasforma in fallimento: anche quando cerca una storia diversa e più seria con un uomo, lo perderà.
Marina Spada è regista sensibile e appassionata. Al Festival di Roma 2011, a chi le faceva notare un certo sguardo raggelato sul film, replicava stizzita su questo punto; non è lo sguardo a essere raggelato – perché la regista osserva con affetto e partecipazione la vita frammentaria e disordinata di Monica – ma l’ambiente, a cominciare da una Milano poco ospitale con i suoi cantieri, i suoi grattacieli, i suoi luoghi di convivenza sempre più alienata. E in questo c’è sicuramente un limite, una disperazione che non permette di cogliere e valorizzare gli aspetti che si salvano nella fragilità e nella confusione umana. Ma Spada è regista di talento. Certo lo stile debitore alla lezione di Michelangelo Antonioni, con tanto di citazione di un luogo di un suo film, non aiuta a tenere avvinti spettatori non preparati. Ma la capacità di far parlare luoghi e ambienti e il lavoro sugli attori è convincente, a cominciare da una Claudia Gerini credibile, seppure mostri ogni tanto lo sforzo della recitazione a discapito di una naturalezza che non può avere (dopo tanti film di commedia, per la prima volta è protagonista di un film drammatico). Ma ancor più azzeccati sono i comprimari, da un gigante come Raffaele Pisu (star della televisione in bianco e nero, riscoperto dal cinema negli ultimi anni: aveva un bel ruolo anche in Le conseguenze dell’amore di Paolo Sorrentino) e i meno noti Claudia Coli, Paolo Pierobon e Lino Guanciale oltre all’esordiente e giovanissimo Enrico Bosco; tutti insieme ci fanno entrare in un mondo, fatto di persone reali, senza troppi preamboli.
Ma quel che ci convince di più del film, pur non esente da limiti, è che a un certo punto irrompono spunti di riflessione decisivi sulla vita, senza forzature. Come quando un attempato allievo di un corso di Monica (un personaggio molto interessante e vero, di cui si vorrebbe saperne di più), prima di metterla in guardia dall’uso strumentale che l’azienda può fare dei suoi corsi, le smonta teorie e frasi fatte (come per esempio la crisi come opportunità) con una semplice domanda: “Ma se ogni gesto o offerta nasconde una dinamica di potere, come la mettiamo con chi è gratuito come Gesù?”.
Peccato che il film non sviluppi piccole gemme come questa. Il mio domani si limita a mostrarci la crisi di una donna, o meglio di una persona, alle prese con la solitudine, la tristezza, la mancanza di significato. E un riscatto finale che suona un po’ di maniera, da ottimismo della volontà non suffragato di ragioni e sostanza. L’autrice sembra dirci che si può sterzare la propria vita prima che degrada in un definitivo squallore, ma quel cambio di vita che sembra una soluzione coraggiosa sa tanto di fuga.
Antonio Autieri
http://www.sentieridelcinema.it/recensione.asp?id=1683
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Monica, tacchi alti e tailleur di sartoria, è una consulente filosofica che fa formazione nelle grandi aziende. I suoi corsi parlano di sacrificio, cambiamento, valore positivo del “vuoto”, ma sempre più spesso sono momenti di mistificazione che servono ai dirigenti per giustificare i tagli poco etici del personale. “Le sue lezioni servono a dare una spruzzata di Chanel che copre la puzza di merda”, le dice un giorno un manager appena licenziato. Monica ha un capo-amante che non lascerà mai la moglie, ma a lei in fondo va bene perché ben si incastra con la sua determinazione a controllare tutto senza lasciarsi coinvolgere dai sentimenti. Monica ha anche un padre malato e bigotto, che va a trovare ogni fine settimana e che inevitabilmente le ricorda un passato scomodo, fatto di rancori verso una madre traditrice. E ha una sorellastra con un figlio adolescente, una ragazza “disordinata” e decisamente diversa da lei, che le chiede continuamente soldi rimproverandole i successi professionali e la superiorità economica.
“Il mio domani”, terzo film di Marina Spada già in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma, avanza per brevi pennellate privilegiando le immagini ai dialoghi, l’inquadratura agli snodi narrativi. Il linguaggio della protagonista, una convincente Claudia Gerini in un ruolo introverso e asciutto, inedito e sorprendente per un’attrice di commedie brillanti, è fatto di sguardi e lunghi silenzi. L’azione si svolge in una Milano che potrebbe essere una qualsiasi altra città e che diventa un luogo dell’anima, in un parallelismo immediato tra le atmosfere plumbee (palazzi geometrici, muri riempiti di graffiti, colori che vanno dal grigio al bianco ghiaccio) e la desolazione interiore dei personaggi. Per questo la comprensione delle singole personalità, pur nella povertà di parole, non ne soffre e anzi ne esce arricchita. Non solo per il personaggio della Gerini, centro narrativo ed emozionale del film, ma anche per gli altri ruoli: dal padre Raffaele Pisu alla sorella Claudia Coli, dal capo ufficio Paolo Pierobon al nipote problematico Enrico Bosco.
Il pensiero corre veloce alla cinematografia di Antonioni che però Spada adatta al presente. Qui, i lunghi piano sequenza, i segni di avanzamento disseminati nei luoghi, parlano sì di incomunicabilità ma anche di incapacità ad accettare l’immagine più profonda di sé (Monica si sente perfetta nel ruolo di manager, ma quando al corso di fotografia le assegnano il compito di autoritrarsi nuda non riesce ad entrare nell’inquadratura), di segreta ribellione verso un mondo dove il precariato, lavorativo ed esistenziale, è diventato legge. Il film avanza lentamente confidando un po’ troppo nella pazienza dello spettatore, che forse avrebbe voluto vedere dei personaggi più liberi dai modelli di un certo cinema. Nel complesso va apprezzato il coraggio dell’autrice nel confrontarsi con temi “alti” in modo non semplice e con uno stile elegante, evitando i facili sotterfugi narrativi e lasciando a chi guarda l’impegno di trasformare il non detto in parole e significati.
Marialuisa Di Simone
http://www.rbcasting.com/recensioni/2011/11/07/%E2%80%9Cil-mio-domani%E2%80%9D-gerini-e-spada-raccontano-l%E2%80%99incomunicabilita-del-presente/


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