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sábado, 23 de julio de 2011

Into Paradiso - Paola Randi (2010)


TÍTULO Into Paradiso
AÑO 2010 
SUBTITULOS No
DURACIÓN 100 min.
DIRECTOR Paola Randi
GUIÓN Chiara Barzini, Luca Infascelli, Michela Bozzini, Pietro Albino Di Pasquale, Antonia Paolini, Paola Randi, Stefano Voltaggio
MÚSICA Fausto Mesolella
FOTOGRAFÍA Mario Amura
REPARTO Gianfelice Imparato, Saman Anthony, Eloma Ran Janz, Giovanni Ferreri, Peppe Servillo
PRODUCTORA Acaba Produzioni / Instituto Luce
PREMIOS 2011: Premios David di Donatello: 3 nominaciones
GÉNERO Comedia

SINOPSIS Alfonso es un científico de Nápoles. Un hombre tímido y torpe, que acaba de perder su trabajo. Gayan es un fascinante campeón de cricket de Sri Lanka que acaba de llegar a Nápoles sin dinero y cree que ha encontrado el paraíso. Alfonso ha dedicado toda su vida al estudio de la migración de las células y ver telenovelas con su mamá. Gayan ha viajado, ha conocido la fama, la gloria y el dinero. ¿Qué une a estos dos hombres? ¿Cómo puede la gente diferente, que posiblemente no tiene nada en común, encontrarse unidos? En la multi-étnica Nápoles, los destinos de Alfonso y Gayan se enredan. Por un malentendido tragicómico, Alfonso tiene que esconderse de una banda de criminales y Gayan se convierte en un rehén de su único amigo y aliado. (FILMAFFINITY)


Into Paradiso. Paola Randi e la chiraptofobia
Articolo di: Antonella D'Ambrosio
E’ nata una nuova regista italiana: Paola Randi, al suo primo lungometraggio, Into Paradiso, ci stupisce favorevolmente con la sua fresca anticonvenzionalità. Era finora autrice di apprezzati corti; forse, vista la poca circolazione nelle sale italiane, qualcuno avrà potuto vedere e ricorderà, Giulietta della spazzatura, per la presenza di uno stralunato Valerio Mastrandrea nella parte dello spazzino che indaga nei rifiuti.
Il film esplora il problema dell’immigrazione come difficoltà ad ambientarsi in culture e modi di vivere diversi, ma ribalta in modo ironico e divertente la visuale: è il napoletano a ritrovarsi, per una serie di vicissitudini, catapultato nella comunità srilankese. Indimenticabile la scena in cui Gianfelice Imparato, che interpreta l’azzeccatissimo protagonista, tenta di tratteggiare al telefono il posto dove si trova: impariamo così che non è in grado di calarsi nella realtà né di descriverla, ma verrà comunque tradito dalla presenza delle lanterne lanciate dagli srilankesi per festeggiare il loro parente appena arrivato.
Alfonso che, si intuisce, è sempre vissuto da solo con la madre, guardiana di cimitero, e da ciò la nomea di portaiella, è diventato anche chiraptofobico (l'irrazionale ed eccessiva paura di essere toccati) a forza di non avere contatti diretti con gli altri e vive in un mondo tutto suo, avendo chiaro in testa che “I morti stanno tranquilli, sono i vivi il vero problema”.
L’evento scatenante, che cambierà la sua vita, è il licenziamento dal laboratorio dove studia le cellule; infatti quest’uomo, schivo e timido, fa il ricercatore universitario. Proprio le cellule, che comunicano tra di loro e gli parlano del loro posto nello spazio, della loro vita, di come per esempio migrino, saranno per lui un momento di riflessione.
L’incontro accidentale con un altro disadattato forzato, un ex campione di cricket (interpretato dall’affascinante Saman Anthony), giunto a Napoli dallo Sri Lanka per trovare fortuna, e l’amicizia che ne deriva, porterà Alfonso a maturare e crescere nella consapevolezza di sé, superando le nevrosi d’insicurezza e paura dell’altro.
Molti sono i difficili temi sociali e privati toccati da questo film che si fa guardare con allegria, vista la delicata vena ironica e la felice mano nel delineare figure, anche di secondo piano, ridicole ma non macchiettistiche, come, per esempio, i camorristi che fanno la guardia al palazzo dove si è rifugiato Alfonso.
Sagaci battute, a volte amare, come la voce fuoricampo – tipica, peraltro, nei mezzi di trasporto napoletani: “sono un ex carcerato aiutatemi, la cerco la fatica, ma la fatica non si trova”, dove già è chiaro, dal termine usato, che il lavoro non potrà mai essere considerato nobilitante, né tanto meno piacevole, proprio perché, per esperienza, anche qualora lo si trovasse, non lo è mai.



Il protagonista, per isolarsi dalla realtà circostante, quando questa diviene troppo rumorosa ed egli non è in grado di governarla, si mette i tappi nelle orecchie o fa mettere la cuffia, con musica ad alto volume per non farlo partecipare a ciò che succede, al corrotto politico di turno (Peppe Servillo), che tiene sequestrato – immagine visiva che richiama alla memoria Le vite degli altri di Donnersmark (2006), film che ha un’affinità di temi nella tesi dell’intercettazione - non ascolto dell’altro.
La televisione, incantatrice di serpenti, che viene usata per nascondere o per non far sentire, è un filo conduttore presente in tutte le vicende narrate: dalla madre, che perfino ora, ridotta a fotografia, ancora resta sola in casa a guardarsi la sua telenovela, all’anziana signora cui il giocatore srilankese dovrebbe badare, ma vorrebbe ammaliare col suo sapere posticcio.
Degna di nota la colonna sonora con musiche originali di Fausto Mesonella, chitarrista, compositore e arrangiatore, che dal 1986 fa parte, come l’attore Peppe Servillo, degli Avion Travel.
La stessa  regista dice che, per mostrare il mondo interiore di Alfonso e le sue pre-visioni delle situazioni, ha usato: “tutti effetti in ripresa, perché io credo che gli effetti in ripresa conservino quell’unicità, quella dose di irripetibilità e di originalità che desta inevitabilmente meraviglia”. E questi effetti sono originali e ben costruiti; da non perdere anche i titoli di coda che aggiungono un ulteriore tocco di poesia all’insieme.
Insomma Into Paradiso, titolo che gioca con l’assonanza tra il dialetto napoletano (int ‘o paradiso = all’interno del paradiso) e l’inglese, è un raro esempio di commedia profonda che diverte e fa pensare
http://www.gothicnetwork.org/articoli/paradiso-paola-randi-chiraptofobia

 

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