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domingo, 3 de julio de 2011

Medee Miracle - Tonino De Bernardi (2007)

TÍTULO Médée Miracle
AÑO 2007 
SUBTITULOS Italiano (Incorporados)
DURACIÓN 81 min
DIRECTOR Tonino de Bernardi
GUIÓN Tonino de Bernardi
MÚSICA Warren Ellis
FOTOGRAFÍA Tommaso Borgstrom
REPARTO Isabelle Huppert, Tommaso Ragno, Maria de Medeiros, Lou Castel, Giulietta de Bernardi, Isabel Ruth, Rossella Dassu, Marco Sgrosso, Eugenia Capizzano, Julia Camps
PRODUCTORA Coproducción Francia-Italia; Lontane Provincie Film / Stella Films / Les Films du Camélia / arte France Cinéma
GÉNERO Drama | Drama psicológico

SINOPSIS Irene se muda a París para empezar una nueva vida con su marido Jason y sus dos hijas, pero una traición y su deseo de venganza pronto la llevan al borde de la locura. (FILMAFFINITY)


"MéDéE MIRACLE" di Tonino De Bernardi
Prigioniera del suo tempo

"Medea", forse la tragedia greca per antonomasia, viene riletta in chiave moderna e prende le sembianze di Isabelle Huppert.
In questa nuova trasposizione filmica del mito di Euripide, Medea prende il nome di Irene mentre il compagno, Giasone, mantiene con la declinazione francese di Jason lo stesso nominativo a testimonianza di una nuova veste del personaggio femminile. Dopo aver abbandonato e tradito la sua terra per sposare Jason, Irene va a vivere con lui e le due bambine nella "banlieu" di Parigi. Lei però continua a sentirsi la straniera che ha rinnegato la sua terra, finché Jason l’abbandona per una donna francese, socialmente più regolare. Per vendicarsi di Jason, lo tradisce con numerosi uomini e alla fine perde anche le figlie a causa della sua cattiva condotta.
Come nella tragedia classica, Medea si trova a combattere con i codici socio-culturali del suo tempo ma soprattutto continua a impersonificare tutte quelle donne che rimangono vittime del proprio destino. Nonostante l’evoluzione della trama prenda una piega inaspettata per via di scelte narrative insolite e spiazzanti, De Bernardi è bravo nel mantenere alto il "pathos" generale dell’opera rimodellando a suo piacimento alcuni "topoi" della civiltà antica senza cadere nel ridicolo. L’idea di far cantare a Medea/Huppert (in maniera ripetuta) la canzone di Nick Cave e Marianne Faithfull Crazy love testimonia un delicato spirito post-moderno funzionale ad aumentare la carica di solitudine e di amore posseduta dalla storica infanticida.
Ancora fascinato dal potere evocativo della drammaturgia greca, il regista torinese rievoca la figura immortale di Medea non solo con uno spirito moderno ma nello stesso tempo asciutto. I richiami al mito classico avvengono attraverso l’uso di un linguaggio specifico ma mai ridondante. Strega, intervento divino, rito, straniera e colonizzazione vengono ripetute con una certa frequenza per enfatizzare il senso di spiazzamento insito in questa nuova lettura dell’eroina tragica. In più, la fotografia in bianco e nero rompe, all’improvviso, gli schematismi del colore creando un vero e proprio salto temporale nella storia intesa, ambivalentemente, come trama e come processo in divenire.
La volontà del regista è quella di mantenere un filo sottile tra la mitologia e il presente cercando di far avvicinare quest’ultimo verso un’idea di fiaba e leggenda che - secondo De Bernardi - è parte integrante dell’oggi. L’idea di richiamare continuamente il peso della città su Irene con l’eco delle strade e delle persone rafforza la violenza trascinatrice delle regole e la debolezza di ogni singolo destino in rapporto a un destino che intrappola. La recitazione attenta e mai sopra le righe di Isabelle Huppert è anche frutto di un fortunato incontro avvenuto con il cineasta italiano al Festival di Locarno del 1993.
Matteo Signa
http://www.nonsolocinema.com/MeDeE-MIRACLE-di-Tonino-De.html



Meglio tardi che mai. Anche se con ritardo finalmente giunge nelle sale e non più solo nei festival “Médée Miracle” l’ultimo atteso film di uno dei registi più interessanti della cinematografia italiana, Tonino De Bernardi.
Autore di un cinema non favorito dalle grandi produzioni, ritenuto spesso a torto elitario, solo perché il suo sguardo non è mai banale o limitato sui prevedibili e popolari cliché di un linguaggio cinematografico sempre più televisivo. Non fa eccezione questo film, dove ancora una volta De Bernardi parla di una donna, delle donne. Il suo cinema ha del resto nelle donne un suo costante riferimento (basta ricordare “Appassionate”, “Rosa Tigre”, “Lei”, tra i film più celebri della sua ricca e sempre interessante filmografia).
Irene-Medea, interpretata da Isabelle Huppert, perfetta nel suo dolente ruolo, ripropone in una luce nuova e al tempo classica la Medea della tragedia, riproposta in diverse visioni e versioni più volte dalla cinematografia (quasi ovvio pensare alla versione pasoliniana).
Questa Medea è una donna dell’est Europa, senza legami in Francia. Ha lasciato per amore, nel rancore e odio generale, il suo paese per seguire il suo Giasone con il quale ha dei figli. Vive drammaticamente il suo bisogno di affermazione della sua, e sottolineo ‘sua’ liberta, fuori dagli schemi e dalle regole della società (in questo caso la Parigi prossima alle periferie), fedele alla sua natura. Il suo amatissimo Giasone, una volta arrivato in Francia, la tradisce per essere accolto nella nuova comunità, calpestando non solo le sue stesse radici, ma soprattutto il suo amore. Pertanto, separatosi da Irene, sposa una parigina, sancendo così il suo ingresso nella nuova comunità.
Non basta. Come il leggendario Giasone della Tragedia greca, reclama per sé i figli.
Irene “la magliarda”conduce una vita sbandata e libera, cantando nel locale che avevano acquisito insieme e dandosi a diversi uomini. Chiusa nella sua solitudine esistenziale, sarà respinta da una comunità che non ne accetta il suo modo di essere libero, pur essendo linguisticamente ben più inserita del suo uomo. Irene/Medea non potrà fare a meno di essere se stessa, non potrà come il debole Giasone tradire il suo essere, ed finirà per essere reietta in una società le cui regole, spesso ipocrite, non possono riconoscere la sua autonomia di persona. Inevitabilmente quindi, le saranno tolti i figli.
Per lei si apre un destino di solitudine. Ma qui è il MIRACOLO. Irene, questa Medea, non sacrificherà i suoi figli sull’altare della vendetta contro Giasone.
Nell’andare via, nell’attraversare il suo percorso di dolore, nello scaricare su se stessa la sua rabbia e sofferenza, si predispone ad un futuro che sarà frutto, forse positivo, proprio della sua esperienza: una nuova vita improntata alla dedizione verso gli altri in Romania.
Fin qui i contenuti espressi nella lingua francese, un omaggio forse, voluto da De Bernardi ad un paese che ha sempre amato e riconosciuto il suo cinema. Ma, contenuti espressi soprattutto nella sua grande sensibilità visiva. Dove i bambini restano oggetto dell’amore, senza approfondimenti che potrebbero facilmente cadere nel pietismo, tratteggiando la figura d’Irene attraverso flash che la illuminano specie nelle strade, forse ancor più che negli interni. Spesso, il cinema di De Bernardi usa quale teatro la strada e anche questo film ne dà suggestive visioni. L’abilità di De Bernardi è di raccontarci ancora una volta di una donna, delle donne senza mai tentare teoremi, oppure cadere nelle semplificazioni sociologiche, senza mai cercare di spiegare, ma lasciando negli occhi nel volto, sulla pelle della protagonista, dei protagonisti, la forza narrativa di raccontarsi e di raccontare, senza tesi preconfezionate ed ideologiche interpretazioni. Il dolore diviene quindi materia pura da leggere nella visione pittorica e fotografica del inconfondibile tratto autorale di De Bernardi.
Ancora una volta, come in altri suoi film, la donna appare nella sua fragilità, nella sua ingenua rabbia, nel suo puro darsi, molto più profonda e meno convenzionale delle tipologie maschili, verso cui De Bernardi ha più volte palesato uno sguardo amorevolmente critico (basta ricordare “Appassionate”, dove i maschi certamente non sono all’altezza delle protagoniste n.d.r.).
Nel cinema di De Bernardi, si evidenzia come la vita appartiene al genere umano, non è carne (se ne vede tanta macellata in questo film simbolicamente) da sacrificare nel nome di regole e patti sociali che si scontrano con l’elementare natura umana.
Infine, va detto del suo linguaggio narrativo, dove più volte la finzione cinematografica e la verosimiglianza dei sentimenti s’intrecciano in modo assolutamente libero creando un continuum che non si limita ad una coerenza cronologica degli avvenimenti ma inserisce una consequenzialità dei sentimenti e degli stati d’anima, rendendoci così un percorso più attento alla contraddittorietà dell’essere, che alla logica dei suoi effetti.
In tal senso ecco che rivoluziona l’uso della musica : la canzone “Crazy Love” di Marianne Faithfull e di Nick Cave cantata splendidamente dalla Huppert in diversi momenti del film e secondo varie interpretazioni, ma anche l’extradiegetica “Carmela” (antica canzone napoletana) che diviene diegetica con Enza di Blasio la cantante con chitarra che canta l’appassionata canzone napoletana che ben è utile a disvelare Irene e che sembra essere una sorta di moderna e meno retorica forma del coro greco.
Il gioco di diegetico ed extradiegetico è del resto frequente nella cinematografia di De Bernardi, che mette insieme culture e canzoni diverse ritrovando in esse le matrici di un sentimento d’origine comune e che non ha frontiere.
In un tempo in cui la cultura in genere e il cinema italiano sono penalizzati da una politica governativa che evidentemente non ha interesse verso di essi, diviene necessario per tutti quelli che amano il cinema e non solo le banalità, vedere questo film. Un dovere, ma soprattutto un piacere per l’anima.
Da consigliare specialmente a tutti coloro che sperano in un futuro migliore.
Nicola Guarino
http://www.altritaliani.net/spip.php?article699

2 comentarios:

  1. Que tal amigo servidor...? Agradecido por su blog; por su gran entusiasmo y dedicacion!
    Me gustaria pedirte, por favor, que coloques los links de esta película, si está a tu alcance, y disculpa la molestia. Muy buena suerte. Continua así.

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