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sábado, 31 de diciembre de 2011

I Vesuviani - A. Capuano, P. Corsicato, A. de Lillo, S. Incerti, M. Martone (1997)


TÍTULO ORIGINAL I vesuviani
AÑO 1997
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No 
DURACIÓN 140 min. 
DIRECTOR Antonio Capuano, Pappi Corsicato, Antonietta de Lillo, Stefano Incerti, Mario Martone
GUIÓN Pappi Corsicato, Ivan Cotroneo, Marcello Garofalo, Antonietta de Lillo, Laura Sabatino, Antonio Capuano, Stefano Incerti, Mario Martone, Fabrizia Ramondino
MÚSICA Flavio Brunetti, Pasquale Catalano, Pappi Corsicato, Antonello Paliotti
FOTOGRAFÍA Cesare Accetta, Antonio Baldoni, Luca Bigazzi, Pasquale Mari
REPARTO Anna Bonaiuto, Iaia Forte, Enzo Moscato, Nunzia Di Somma, Tonino Taiuti, Flavio Brunetti, Clelia Rondinella, Antonio Pennarella, Teresa Saponangelo, Renato Carpentieri, Toni Servillo, Cristina Donadio
PRODUCTORA Megaris / Mikado Films / Radiotelevisione Italiana / Telepiù
GÉNERO Comedia. Drama
 
SINOPSIS Non è soltanto la cornice – periferia ed entroterra di Napoli – che lega i 5 episodi ("Sofialorèn", "La stirpe di Iana", "Maruzzella", "Il diavolo nella bottiglia", "La salita"). C'è lo sguardo dei registi, amici e collaboratori tra loro; c'è la visione alterata della realtà, deformata con scatti fantastici e invenzioni barocche; c'è lo spazio dato a una sessualità trasversale, polimorfica, trasgressiva. Nessuna delle 5 novelle è completamente risolta, ma, in varia misura, tutte spiazzano, incuriosiscono, divertono o magari irritano. Sono 5 film di corpi, ossia di attori. Persino "La salita" di M. Martone, l'episodio più austero e civilmente impegnato (con T. Servillo con la fascia tricolore del sindaco che, salendo sul Vesuvio, si interroga sulla crisi della sinistra), è un apologo in cadenze di favola ironica dove si recupera il pasoliniano corvo parlante di Uccellacci e uccellini. (http://cinema-tv.corriere.it/film/i-vesuviani/02_74_51.shtml)


Lavoro collettivo più che vero e proprio film ad episodi, I Vesuviani, presentato in concorso al Festival di Venezia 1997, riunisce cinque registi diversissimi fra loro ed al tempo stesso legati dalle comuni origini. Antonio Capuano, Pappi Corsicato, Antonietta de Lillo, qui anche produttrice con la sua Megaris, Stefano Incerti e Mario Martone hanno tutti contribuito in questi ultimi anni, chi più chi meno, alla rinascita di un cosiddetto cinema napoletano, spesso apprezzato tanto dalla critica quanto dal pubblico, ma, si sa, ben difficilmente un film ad episodi riesce a confermare il valore dei propri autori ed anche I Vesuviani non sfugge, se non in minima parte, a questa certezza, rivelandosi come una delle maggiori delusioni della Biennale.
Ad aprire il film nel peggiore dei modi è La Stirpe di Iana di Pappi Corsicato. Il regista di Libera e de I Buchi Neri, da sempre sopravvalutato ed ormai in caduta libera, ci mostra cinque motocicliste, moderne seguaci del culto della dea Diana, capeggiate da una Anna Bonaiuto costretta ad acrobazie degne di una sceneggiatura a metà fra il film di kung fu di serie z ed i cartoni animati giapponesi. Proprio così, perchè le nostre eroine, tristemente ribattezzate Atlas, Ajax, Dixan, Tide e Fallo, oltre a seminare il terrore lungo le strade della provincia napoletana ed a dimostrare costantemente la loro supremazia sugli uomini, si trasformano all'occorrenza, come per magia, in temibili guerriere volanti. L'ironia a buon mercato è tanta, il divertimento latente.
Si continua con Maruzzella di Antonietta De Lillo, regista insieme a Giorgio Magliulo di due lungometraggi datati 1985 e 1990: La Casa In Bilico e Matilda, e ci troviamo qui di fronte ad un'idea di fondo interessante presto però sacrificata per fare spazio ad una delle storie d'amore più irreali che abbiano mai potuto vedere la luce in una mente umana. E' l'ambientazione in un cinema a luci rosse e la descrizione dei suoi frequentatori abituali ad incuriosire: uomini abituati a passare gran parte del loro tempo in quella sala, mangiando, scambiandosi opinioni, incontrandosi, consumando rapporti mercenari, ma, quel che interessa, disinteressandosi completamente del film che si sta proiettando. E' questo il regno di Maruzzella (Enzo Moscato), un travestito che del cinema ha fatto la sua stessa casa: si aggira cantando fra le poltrone vestito come una diva d'altri tempi, soddisfa i suoi clienti e si ritira nei suoi alloggi. Ma l'improvvisa apparizione di una angelica spettatrice, catapultata dal mondo esterno in quello di Maruzzella, sovvertirà tutti gli equilibri ed il ricordo di quei giorni felici si trasformerà in leggenda.
Fra mito e fantasia anche il terzo episodio, Sofialorén. Dopo l'ottimo esordio con Vito e gli Altri ed il controverso Pianese Nunzio, 14 Anni a Maggio, Antonio Capuano abbandona la cruda realtà dei nostri giorni per rifugiarsi nella favola incolore di un pescatore del Rione Terra di Pozzuoli. Solo lui, Toritore, vive ancora in quelle case abbandonate da tutti, sua unica compagna un polipo femmina che di notte si trasforma in una bellissima donna. Sarà un curioso principe nero alla ricerca di sua sorella, vittima di un sortilegio, a svelare il mistero, mentre la storia procede, fra lazzi, tristezze ed inseguimenti da comica di inizio secolo, verso un finale assolutamente ovvio che, d'improvviso, senza alcun apparente motivo, assume tinte del tutto grottesche.
Si arriva così, piuttosto sconsolati, al secondo tempo ed all'episodio di Stefano Incerti, già regista de Il Verificatore. Il Diavolo Nella Bottiglia è l'ennesima variazione sul tema rapporti uomo-diavolo. Fausto, e già il nome la dice tutta, è un barbone che entra in possesso di una diabolica bottiglietta grazie alla quale potrà esaudire tre desideri, con una sola precauzione: per evitare tremende disgrazie ci si deve sbarazzare della bottiglia vendendola ad un prezzo inferiore a quello di acquisto. L'argomento non è di certo originale, ma una attenta regia e dei buoni interpreti renderebbero piacevole la visione di questo quarto episodio se non fosse, ancora una volta, per un finale totalmente gratuito che lascia veramente sconcertati.
Ma, per fortuna, c'è anche Mario Martone che, dopo tanta desolazione, riesce a rincuorare l'ormai disperato spettatore. L'autore di Morte di un Matematico Napoletano e de L'Amore Molesto ci conduce con La Salita verso la cima del Vesuvio e con uno stile sobrio ed essenziale affronta dubbi morali ed incertezze della sinistra italiana. E' il sindaco di Napoli, il suo nome è Antonio (Toni Servillo), a scalare il monte in preda ai tormenti della propria coscienza ed in cerca della verità; improvvisi incontri e subitanee scomparse caratterizzano il suo cammino, dai lavoratori minorenni che costruicono case abusive alla vecchia compagna di sezione (Anna Bonaiuto) morta suicida e mai accettata per il suo passato da chi sarebbe dovuto esserle amico. E' però un corvo parlante, che proviene direttamente dal pasoliniano Uccellacci e Uccellini, il vero compagno di viaggio di Antonio, è lui a metterlo di fronte alle tante contraddizioni della vita politica contemporanea, alle perplessità dell'attivista di partito, del comunista alle prese con i compromessi del capitalismo.
Un episodio, questo di Martone, da non perdere, ricco di ironia e poesia al tempo stesso. Un episodio che, purtroppo, non può comunque evitare di farci giudicare I Vesuviani un film, nel suo complesso, poco più che scadente.
© 1997 reVision, Carlo Cimmino
http://www.revisioncinema.com/ci_vesuv.htm



"La stirpe di Iana"
Il culto della dea Iana è perpetuato ancora oggi da una banda di motocicliste che scorazzano lungo le strade della provincia napoletana, seminando terrore e distruzione tra i malcapitati che osano sfidarne l'autorità. Lo imparerà a sue spese la scalcinata banda di malviventi locali, che ha rapito la sorella di una delle ianare...

"Sofialoren"
Toritore, un pescatore che vive al Rione Terra di Pozzuoli, cattura un polipo che di notte si trasforma in una sensuale figura femminile. Un bislacco principe nero che si proclama il fratello della sventurata, spiega al pescatore il triste destino cui la donna è condannata per effetto di un sortilegio. Ma il polipo, che è alloggiato in una tinozza e di notte si trasferisce nel letto di Toritore, troverà suo malgrado la destinazione finale in una padella.

"Maruzzella"
Maruzzella è un travestito che si aggira come un moderno Fantasma dell'Opera per i corridoi di un cinema a luci rosse, trasformato nella sua dimora personale, fino a che, un giorno, l'incontro con un'angelica spettatrice di film hard, Elvira Lento, cambierà radicalmente la sua vita.

"Il diavolo nella bottiglia"
Fausto, un barbone che passa le notti nelle giostre dei giardini pubblici, acquista da un misterioso individuo una bottiglia nella quale sarebbe intrappolato il diavolo in persona. Il possessore della misteriosa bottiglia potrà vedere esauditi tre desideri, ma sarà poi perseguitato dalla malasorte se non riuscirà a rivenderla ad un prezzo inferiore a quello per cui l'ha acquistata. Fausto trova così la ricchezza e l'amore, ma sbarazzarsi della bottiglia non sarà semplice...

"La salita"
Una landa desolata. E' l'impervio crinale del Vesuvio. Il sindaco di Napoli arranca sulla salita del monte. Durante la salita, accompagnato per un tratto da un corvo, loquace ed ironico interlocutore, incontra diversi personaggi, simboli e testimonianze di un mondo trasformato e deludente.

"Non è soltanto la cornice – periferia ed entroterra di Napoli – che lega i 5 episodi (“Sofialorèn”, “La stirpe di Iana”, “Maruzzella”, “Il diavolo nella bottiglia”, “La salita”). C'è lo sguardo dei registi, amici e collaboratori tra loro; c'è la visione alterata della realtà, deformata con scatti fantastici e invenzioni barocche; c'è lo spazio dato a una sessualità trasversale, polimorfica, trasgressiva. Nessuna delle 5 novelle è completamente risolta, ma, in varia misura, tutte spiazzano, incuriosiscono, divertono o magari irritano. Sono 5 film di corpi, ossia di attori. Persino “La salita” di M. Martone, l'episodio più austero e civilmente impegnato (con T. Servillo con la fascia tricolore del sindaco che, salendo sul Vesuvio, si interroga sulla crisi della sinistra), è un apologo in cadenze di favola ironica dove si recupera il pasoliniano corvo parlante di Uccellacci e uccellini." (M. Morandini)
".. cinque registi napoletani quasi tutti giovani si uniscono in un film a episodi per raccontare la loro città ma attraverso fiabe, sogni, immaginazioni fantasiose. Quasi un film-manifesto d'un gruppo culturale-creativo importante, se non di una vera scuola napoletana di cineasti: e in questo senso 'I vesuviani' è riuscito, la presentazione d'una aggregazione attuale a Napoli di mestiere e talento anche tecnico del cinema che non s'era mai vista, unica in Italia (il gruppo dei toscani è composto quasi esclusivamente di registi, i filmakers milanesi o torinesi non sono sempre arrivati alle sale cinematografiche, agli spettatori). Da altri punti di vista, invece, 'I vesuviani' è poco riuscito, ma almeno due dei cinque episodi che lo compongono sono interessanti..." (Lietta Tornabuoni, 'L'Espresso', 18 settembre 1997)
"Operazione audace e ovvia nello stesso tempo, quella di un film a episodi, come usava decenni fa, realizzati su Napoli e dintorni da registi napoletani, noti e meno noti, 'I vesuviani' ci sembra, purtroppo, una occasione perduta. 'La stirpe di Jana' di Pappi Corsicato; 'Maruzzella' di Antonietta De Lillo; 'Sofialorèn' di Antonio Capuano, 'Il diavolo nella bottiglia' di Antonio Incerti, 'La salita' di Mario Martone sono i cinque cortometraggi. E se 'La stirpe di Jana' è il più inutile e insignificante, 'Il diavolo nella bottiglia' è il più criptico e il meno 'napoletano': non è mal girato ma ne rimangono oscure le motivazioni. L'episodio di Martone mette in scena un sindaco (di Napoli, si direbbe), con tanto di fascia tricolore, che si chiama Antonio e che scala il Vesuvio: per dire che reggere l'amministrazione di Napoli è come essere continuamente su un vulcano ? per dire che il terreno brucia sotto i piedi? per dire che la fatica è ardua? I simboli possono essere tanti, il film si nota perché, trenta e più anni dopo Pasolini, rimette sullo schermo un corvo parlante. I cortometraggi della De Lillo e di Capuano sono - d'altronde - i migliori e, per la cronaca, sono entrambi, con misura, discrezione e una qualche finezza, testimonianza di omosessualità, non sappiamo quanto emblematica della Napoli d'oggi, innestata comunque su una buona originalità narrativa: questo, specialmente, per 'Sofialorèn', è il nome che T.T. che abita nel rione Terra di Pozzuoli, in una casupola giudicata più volte non agibile, dà al suo bel pesce conservato in una vaschetta di vetro." (Giacomo Gambetti, 'Rocca', 1 dicembre 1997)
http://www.cinemagay.it/schede.asp?IDFilm=3197

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