TÍTULO ORIGINAL L'età di Cosimo de Medici
AÑO 1973
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS En inglés
DURACIÓN 252 min.
DIRECTOR Roberto Rossellini
GUIÓN Roberto Rossellini, Marcella Mariani, Luciano Scaffa
MÚSICA Manuel De Sica
FOTOGRAFÍA Mario Montuori
REPARTO Marcello Di Falco, Virgilio Gazzolo, Tom Felleghy, Mario Erpichini, Adriano Amidei Migliano, John Stacy, Sergio Nicolai, Michel Bardinet
GÉNERO Drama | Siglo XV
SINOPSIS Son tres las etapas que Roberto Rossellini identifica como fundamentales en la representación de una época rica en inquietud cognitiva y atravesada por impulsos contradictorios. La primera, correspondiente al primer episodio de esta larga obra realizada para la televisión italiana, se titula "El exilio de Cosimo". La segunda, "El poder de Cosimo", describe la llegada al poder del noble florentino Medici y el comienzo de una nueva era, rica en manifestaciones culturales y artísticas. La tercera, "Leon Battista Alberti", analiza, sobre el contexto histórico dominado por la figura de Cosme, el papel del artista e intelectual. (FILMAFFINITY)
Enlaces de descarga (Cortados con HJ Split)
I parte - L'esilio di Cosimo
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Subtítulos (Inglés)
http://www.mediafire.com/?v9az2z7czon34zm
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II parte - Il potere di Cosimo
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Subtítulos (Inglés)
http://www.mediafire.com/?s31whjtvrofyz21
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III parte - Leon Battista Alberti: l'Umanesimo
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Subtítulos (Inglés)
http://www.mediafire.com/?ft7ou4jf27ntw5u
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Tre episodi di circa ottanta minuti ciascuno, per questa smisurata — in termini di lunghezza e quindi anche di ricerca storica, del materiale su cui lavorare — opera del Rossellini 'adulto', quello fermamente convinto delle potenzialità didattiche del mezzo cinematografico. E come dargli torto, d'altronde? In queste quattro ore c'è un quadro molto approfondito della realtà fiorentina della prima metà del Quattrocento, con particolare riferimento anche alla figura di Leon Battista Alberti, architetto e scrittore cui è dedicata la terza parte del film. Un prodotto televisivo, questo L'età di Cosimo de' Medici, i cui limiti tecnici sono ravvisabili nell'utilizzo di scene e costumi non eccessivamente curati (tutti i vestiti sono nuovi di zecca, es.), di un cast composto di pochi elementi, nelle luci alte e nei frequenti utilizzi di interni palesemente costruiti in studio. Il cast non vede la partecipazione di nomi di grande rilievo (forse il più celebre è Virginio Gazzolo, fratello meno noto di Nando, nei panni di L. B. Alberti), ma nessuno sfigura; la recitazione è debitamente monotona, poichè l'obiettivo principale dell'opera è quello di illustrare un'epoca e l'azione, in questo tipo di approccio, passa nettamente in secondo piano rispetto ai dialoghi. La ricostruzione storica è comunque encomiabile; la sceneggiatura è opera del regista stesso, di Luciano Scaffa e di Marcella Mariani. 6/10.
Sulla tramaLa vita di Cosimo de' Medici, attraverso il quindicesimo secolo fiorentino, potente banchiere con le mani in pasta nella politica, prima esiliato nel Veneto e poi di ritorno in Toscana per riprendere le redini degli affari, sia quelli finanziari che quelli pubblici.
http://cinerepublic.film.tv.it/l-eta-di-cosimo-de-medici-recensione-di-mm40/2032/
http://cinerepublic.film.tv.it/l-eta-di-cosimo-de-medici-recensione-di-mm40/2032/
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Nel trittico televisivo realizzato da Roberto Rossellini nel 1972 le storie di due grandi protagonisti del Rinascimento, Cosimo de’ Medici e Leon Battista Alberti. Nei primi due episodi l’esilio e l’avvento al potere del nobile Medici, che dà inizio ad un periodo di grande sviluppo culturale ed economico della Repubblica fiorentina. Nell’ultimo episodio l’itinerario presso le corti italiane di Leon Battista Alberti, personaggio eclettico (fu scrittore, architetto, scienziato, matematico), che fondendo in sé cultura umanistica e cultura scientifica, incarnò appieno lo spirito del Rinascimento. Il film costituisce un capitolo fondamentale di quell'enciclopedia filmata del sapere, che Roberto Rossellini, avendo colto appieno le potenzialità divulgative ed educative del nuovo mezzo, ideò e realizzò negli anni '60/'70 per la televisione, e che annovera titoli quali: Età del ferro (1964), La presa del potere di Luigi XIV (1967, realizzato per la TV francese), Atti degli Apostoli (1968), Socrate (1971) Blaise Pascal (1972), Agostino d'Ippona (1972), Cartesius (1973).
«Sono tre le tappe che Roberto Rossellini individua come fondamentali nella rappresentazione di un'età ricca di inquietudini conoscitive e attraversata da spinte anche contraddittorie. La prima, cui corrisponde il primo episodio del lungo lavoro realizzato per la televisione italiana, si intitola "L'esilio di Cosimo". La seconda, "Il potere di Cosimo", descrive l'avvento al potere del nobile fiorentino Medici e l'inizio di una nuova epoca, florida anche sotto il profilo culturale e artistico. La terza, "Leon Battista Alberti", analizza, sullo sfondo storico dominato dalla figura di Cosimo, il ruolo dell'artista e intellettuale...».
http://dduniverse.net/ita/viewtopic.php?f=324&t=3525368
«Sono tre le tappe che Roberto Rossellini individua come fondamentali nella rappresentazione di un'età ricca di inquietudini conoscitive e attraversata da spinte anche contraddittorie. La prima, cui corrisponde il primo episodio del lungo lavoro realizzato per la televisione italiana, si intitola "L'esilio di Cosimo". La seconda, "Il potere di Cosimo", descrive l'avvento al potere del nobile fiorentino Medici e l'inizio di una nuova epoca, florida anche sotto il profilo culturale e artistico. La terza, "Leon Battista Alberti", analizza, sullo sfondo storico dominato dalla figura di Cosimo, il ruolo dell'artista e intellettuale...».
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Roberto Rossellini: La comunicación como terapia (II)
Autor: Roberto Amaba
2. Tratamiento (Historia, tecnología y carne)
La bisagra temporal a partir de la cual el director de Anno uno (1974) volverá la vista atrás, mientras otea el horizonte, quedará fijada con Europa ’51 (1952). El ser un gran conocedor de su momento histórico le otorga credencial para poner en cuestión qué significa estar enfermo dentro de esa sociedad, así como los medios de exclusión -foucaltianos -que ésta dispone para los que no terminan de cuadrar en sus catálogos. El internamiento definitivo en la institución mental sufrido por Irene Girard, su mirada encuadrada por las rejas, viene a gritar que en esa desconexión entre individuo y sociedad reside el germen de “la incomunicación de la Europa de los 50 como un fenómeno propio de la profunda crisis de la civilización”1 . Una década que, en su intento por olvidar la Segunda Guerra Mundial, supuso el arranque a ambos lados del Atlántico de la frenética renovación de los modelos sociales y de consumo – los conocidos “milagros económicos” europeos bajo el paraguas del Plan Marshall -, sin reparar más allá de los resultados que estos ofrecían al instante, unos resultados presentados, eso sí, con lustre propagandista frente al grisáceo y comunista Bloque del Este.
La esclavitud citada, para unos figurada, para otros, entre los que se encuentra Rossellini, fáctica, emerge como un signo más de la decadencia de esa civilización. Esta situación le llevará a buscar patrones anteriores a partir de los cuales poder aprender, pero siempre sin renunciar al la raíz profunda de un presente convertido en su preocupación inmediata. Ese será el principal apoyo para su irrenunciable y siempre declarada defensa de la Historia como disciplina ideal para el conocimiento; un método que para él debía estar apoyado además de en palabras, en imágenes.
De nuevo el camino resulta áspero y no se librará de múltiples ataques desde los diferentes bandos más cercanos a la ortodoxia, que verán en sus propuestas tanto un determinismo metodológico (evidente en algunos pasajes de sus series divulgativas para televisión), como un historicismo superficial, cuando no una visión de los acontecimientos “excesivamente simplista y teleológica”2 que termina en un organicismo sustentado en la conflictiva equiparación de momentos disímiles y alejados en el tiempo. En cualquier caso, su conocida preocupación por los pequeños detalles alejados de la historia como relato de los grandes sucesos, además de ponerle en la línea de los Annales3 , le sirve para reafirmarse en su afán por lo concreto y lo interdisciplinario.
Sin embargo, Rossellini no caerá por sistema en esos problemas señalados, por otra parte tan frecuentes, y en las ocasiones más celebradas se limitará a representar con excelente claridad aquello que él vislumbra como problemas universales que no han perdido la vigencia en el discurrir de los siglos, huyendo así de una traslación directa de los hechos en favor de una conexión con la actualidad que le toca vivir del todo sutil, crítica y por momentos harto irónica. En contra de lo que podría parecer como más adecuado, esto es, inquirir ese enfoque en sus series para televisión, los ejemplos más apropiados dentro de su filmografía serán: La prise de pouvoir par Louis XIV (1966), Socrate (1971) y Agostino d’Ippona (1972).
Bastará con analizar la minuciosa reconstrucción de La prise…, para comprobar que, lejos de quedarse inmóvil en la valoración del momento histórico concreto, indagará en los mecanismos de poder y en su nueva (o al menos actualizada y potenciada) arma: la retórica. Afirmaba el propio Rossellini que en ese episodio histórico se podía ver “cuándo y cómo concebimos el Estado moderno (…) el Estado que todavía tenemos hoy”4 . Si bien esto será menos importante como idea global, al igual que toda generalización muy susceptible de matices, que por la llamativa aparición de la retórica mencionada. A partir de ésta, se construirá una gran representación de fácil parentesco con los Simulacros posmodernos que habrían de venir de la mano de Jean Baudrillard (los cuales, poseen ellos mismos una larga genealogía alejada de la originalidad pretendida y otorgada). José Luis Guarner5 explicaba con precisión esa concepción del poder y de la sociedad:
Todo el gobierno y la corte se transforman en una puesta en escena, el simple hecho de no conocerla (…) equivale a no existir a los ojos del Rey. Al mismo tiempo que un ensayo histórico, La prise… es una meditación sobre la noción de espectáculo .
El caso de Agostino d’Ippona sí quedará orientado de manera más generalista, menos acotada, como una alusión directa a la idea de decadencia vista con los ojos de un testigo de excepción. La decadencia occidental del siglo XX espejándose en el declive y la muerte del Imperio Romano. Por el contrario, Sócrates cumple idéntica labor a Luis XIV en cuanto a contemporaneidad: “Sócrates es el hombre de hoy”6 diría, dejando traslucir muchas más cosas que la eterna receta sobre la valiosa actualidad de los clásicos y su necesario conocimiento para el avance y la innovación.
Este filme para televisión que Rossellini rodara en nuestro país, nos sirve, al tiempo, como resumen de su preocupación por la comunicación y como manera de introducir los temas colaterales que ésta presenta. Así, la enseñanza primera obtenida del personaje nos será mostrada desde el comienzo mediante la conocida y discutida (pura invención del director, sin fundamento histórico) secuencia de Sócrates regresando a casa tras dos días sin aparecer. Una escena que, al margen de poder quedar inscrita en la extensa tradición italiana del costumbrismo cómico doméstico y sus mujeres fuertes y vocingleras, esconde la profunda motivación del protagonista: la comunicación deviene alimento. Un alimento gratuito, sin precio y con una única regla indispensable: el intercambio entre iguales. Una mayéutica que, viajando en el tiempo, adoptaría el menos afortunado nombre de “interactividad”.
El conocido debate en torno al discurso encarnado y vivo en la memoria frente a uno paralizado y sometido a la escritura. Tal será el punto más radical de esa visión socrática con el que Rossellini juguetea con gusto. El mito de Teuth y Thamus ocupa así una larga escena en absoluta gratuita. La escritura y el resto de tecnologías del lenguaje no harán para él más que desvirtuar su valor esencial, un posicionamiento extremo pero enmarcado en dicho mito y que lejos de una defensa total queda como aviso sobre dos grandes problemas: primero, la preponderancia del hecho tecnológico sobre el resto de las cosas, y segundo, el estancamiento y la inmovilidad de un conocimiento convertido en un archivo muerto y despersonalizado. En resumen, la incomunicación, o la comunicación incompleta o defectuosa, como grandes males derivados de esas prácticas.
Es así como se puede atender al discurrir histórico del problema que Rossellini conoce perfectamente. El teléfono vino a pulverizar las toneladas de material celulósico empleado para la vetusta tradición epistolar ya en decadencia, y luego llegarían otros tantos artilugios que continuaban con la industrialización (tomando el término que Paul Virilio empleó para la mirada) de la comunicación. Pero todo ello radica, como hemos visto a propósito del mito de Theut y Thamus, en la concepción de la propia escritura – y su posterior socialización con la imprenta – como espectro del lenguaje oral, como acto de desmaterialización y descorporeización que podemos explicar de manera semiótica: en ella el lenguaje se objetiva mediante signos, su enunciación deviene simulacro no encarnado (no hay yo, si acaso un fantasma diluido en el texto) y se reconcentra en la superficie empleada para marcarlo en lugar de expandirse en el espacio-tiempo.
Con Sócrates, de esta manera, se condensa la gran preocupación ya expresada a lo largo de su filmografía. El poder tecnológico y su influencia directa en la realidad mediante conceptos como el de archivo, la incomunicación , el conocimiento, la corporeización, etc. vertebran su mirada histórica al pasado como laboratorio de pruebas para el presente. Será ahí, en ese problema surgido de la insolvencia, el desinterés o la apatía para procesar la abundancia (consumo informativo e icónico), donde advertirá los notables efectos secundarios de la enfermedad social en forma de desequilibrios, neurosis, angustias y frustraciones diversas.
La Paura (1954) será una buena puesta en imágenes de esa comunicación perversa plagada de efectos secundarios. Al no existir un saneamiento de la pareja protagonista en dicha comunicación, se dará pie a una macabra perífrasis en forma de chantaje emocional. Un punto más arriba en la medición de la crueldad, ya atisbada en Viaggio…, que aparece aquí como efecto degenerado de esa ausencia de comunicación por la incapacidad de la pareja protagonista.
Pero, ¿es entonces el estado de esa sociedad y de sus individuos irremediable? En absoluto, y ese será el objetivo de su cine, demostrar que, a pesar de encontrarse la enfermedad en un estadio agudo con serio peligro de convertirse en crónico, aún existe margen de maniobra y vías terapéuticas para lograrlo. Dentro de estas últimas, la comunicación ocupa, como venimos avisando, el primer lugar, y la tecnología aplicada como mediación será el mecanismo más visible del que se hará valer para mostrarlo, aplicando un punto de vista nada retrógrado ni salpicado de ludismo barato, sino marcado por la utilidad inmediata hacia el humano. En última instancia, el hombre debe ser el responsable de los acontecimientos, sin coartadas ni delegaciones en mecanismos abstractos o tecnológicos. Como asumía el mismo Sócrates: a él no le habían condenado las leyes, sino los hombres mediante sus acciones y el uso torticero de dichas normas.
Su fascinación desde niño, que nunca llegó a abandonar, por las invenciones mecánicas y técnicas, no menoscaba su visión crítica y nada idealizada de estas en su aplicación al cine. Para Roberto7 , en todo caso, siempre deberían permanecer en un segundo plano:
La técnica es necesaria, pero no se habla de ella (…) Siento un respeto muy profundo por la técnica (…) pero esto va más allá (…) Éste es el problema grave: los hombres de hoy no saben hacer uso de la civilización que ellos mismos han construido.
De ahí su defensa irrenunciable del criterio de funcionalidad aplicado al caso, que explicaría su puesta en escena basada en el pancinor desde la segunda mitad de la década de los 50, el episodio8 de la compleja recolección (colas sobrantes de otros rodajes, película 35mm. de fotógrafos convencionales, material caducado, mercado negro, diversas tiendas y almacenes, etc.) de película virgen para filmar Roma, città aperta (1945), la renuncia al sonido directo sincronizado o los “primitivos” trucajes ópticos para recrear paisajes y monumentos del pasado. Esa idea de utilidad vivía en el mismo centro de una de sus principales advertencias y enseñanzas.
El verdadero interés era comprobar su repercusión en la vida y en la evolución del hombre, de ahí el motor para construir sus primeras y desiguales series: L’Età del Ferro (1964) y La Lotta dell’uomo per la sua sopravvivenza (1970). Sobre esta última, su ambición, no del todo cumplida a nuestro entender por evidentes problemas de formato y amplitud, era eludir: “… cualquier concepción heroica del progreso científico y tecnológico para convertirse en una modesta y objetiva crónica seriada del poder liberador del conocimiento.”9
Rossellini aplicará al resto, empezando por la tecnología, lo mismo que se aplica a sí mismo: “Yo no quiero hacerme famoso, sino útil desde el punto de vista humano”10 . Una utilidad de la cultura con la que no estaría de acuerdo el marxismo por considerarla de carácter burgués. Para él, en las sociedades occidentales capitalistas se arrinconaba por sistema la otra vertiente del discurso tecnológico: la de su universo narrativo, la de los actores sociales, los campos de aplicación y los niveles culturales. El progreso y los avances tecnológicos no son autónomos, no se desarrollan por sí solos. Pero su aplicación al estudio humano también es tentadora para la teleología, en la que para algunos cayeron ciertos filmes del director.
En resumen, todo debía confrontarse con las inclemencias externas y todo debía someterse a una balanza donde equilibrar las siguientes dimensiones de la de la tecnología: la ideológica y su ligazón con el poder, y la estrictamente técnica. Los recursos, el control y las necesidades humanas, ejercerían el papel de brazo en esa balanza imaginaria. En esta mediación y en el citado escrutinio del pasado para su aplicación en el presente, es donde se advertirán parecidas intenciones a las de algunos miembros de la Escuela de Frankfurt. Y, nosotros, estamos convencidos de que Rossellini suscribiría11 la siguiente cita: “Un proyecto tecnológico puede ser factible, sumamente eficiente, efectivo y fiable, y, sin embargo, no ser interesante para ningún grupo humano.”12
A este respecto, también son apreciables otros ejercicios como La macchina ammazzacattivi (1952) y Una voce umana (1948). En la primera, se percibe un buen ejemplo de esa mediación tecnológica, de la dialéctica entre los objetos y los usos. Toda una serie de consecuencias que alejan a la máquina (fotográfica en esta ocasión) de cualquier relación inocua con quienes la manejan, bien sea por exceso o por defecto, haciendo el mal o el bien. De igual manera que resulta complicado aislar sus efectos en la individualidad o en lo privado, su acción será desbordante con tendencia a lo incontrolable. La vieja discusión moral sobre el doble shoot anglosajón (verbo que designa tanto el disparo de un arma de fuego como de una cámara) de viaje ahora en la costa de Amalfi.
Rossellini no busca humanizar objetos tecnológicos, sino los usos. De la misma manera que nunca buscaría hacer algo semejante con las normas de comportamiento individual y de la colectividad de acuerdo a una Ley Natural o Divina que borre el discurrir histórico y ético. Las consecuencias y los males no serán pues esencialistas, sino que serán fruto, como ya vimos con la condena a muerte de Sócrates, de las acciones humanas y de los manejos que estos hagan dentro de un contexto histórico determinado. Marco que bien puede ser elevado de lo particular a lo general mediante el empleo de narrativas apropiadas como la fábula y la fantasía vistas en La macchina ammazzacattivi.
En Una voce umana asistiremos a la constatación explícita de la castración sentimental ejercida por la tecnología. El teléfono convertido, como Jean Cocteau (autor del monólogo representado) afirmaba, en “instrumento de tortura”13 . Frío y negro14 símbolo de la ruptura y la distancia de los recién separados, que, por mucho que sea estrujado y besado por la Magnani, jamás le devolverá el amor, jamás se convertirá en carne. Esto último tal vez pudiera llegar a suceder en una película de David Cronenberg, nunca en una de Rossellini, para quien la carne concluye en el ápice de unos dedos y unos labios malogrados por no alcanzar y sentir más allá.
La carne como gran preocupación rossellinana a la hora de la comunicación y del conocimiento. En este sentido, compartimos las palabras de Alain Bergala: “La cámara y el micrófono no sirven para traducir una verdad representada, sino que son el estilete que inscribe esta verdad en la carne del actor, superficie sensible sajando la piel de la realidad.”15
La llamativa encarnación de todos sus personajes, como también apunta Guarner16 , se rebelará contra esa incipiente tiranía de la tecnología. Ingrid Bergman deviene así voluptuosa Juana de Arco, en Giovanna d’Arco al rogo (1954), que queda enfrentada a una tradición icónica y literaria que siempre la retrató desde el ángulo místico y célibe atado a un cuerpo andrógino. De la misma manera que sucederá con la galería de personajes santos, empezando por Francesco, giullare di Dio (1950) y sus acompañantes, o por los impedimentos físicos de Blaise Pascal (1972). Todo para terminar en lo alto de la pirámide, en el mismo Dios y en Jesús.
Sobre esto, la ilustración más apropiada la localizamos en una de las primeras secuencias de la tercera y última parte de L’Età di Cosimo de Medici (1973), en el capítulo dedicado a Leon Battista Alberti (L’Umanesimo). Allí, en el interior de la iglesia florentina de Santa María Novella, para la que el arquitecto trabajaba en su fachada, el protagonista y su acompañante asistirán a las quejas de una religiosa sobre la nueva manera de representar a Cristo en la Cruz. La Trinidad que Masaccio pintara al fresco en uno de los laterales de la iglesia, sobre los años veinte del Quattrocento, le servirá a Rossellini para exponer cuáles son esos motivos que escandalizan a la religiosa, al tiempo que para alabar las virtudes de las nuevas técnicas pictóricas asociadas al uso de la perspectiva.
El abandono de las convenciones hasta entonces tenidas como inmutables en la representación plástica de Cristo, enerva a la pobre mujer que no atina a identificar ninguno de los rasgos de aquella “Santa Tradición”. Adiós al poder divino y distante, a lo glorioso, a la infinitud y a la magnificencia, bienvenida la carne doliente. La humanización ya no hace distingos ni con lo más sagrado y, en esa pintura, para Alberti late la nueva concepción humanista: “el hombre como centro del devenir”. No podrá extrañar, entonces, que el problema de la encarnación de lo sagrado se convirtiera en constante a lo largo de una filmografía que culmina, de manera significativa, con Atti degli apostoli (1969) y con Il Messia (1975)17 , su último largometraje de ficción.
Esta preocupación por el tabú carnal de lo cristológico en la época final de su carrera, además de valerle numerosos ataques – ante los que no calló18 – desde varios frentes incluido el marxista (Guido Aristarco) de los años 70, que consideraba una involución volver a un tema religioso de ese corte, nos devuelve a la más rotunda de las invocaciones, la lanzada por Karin en la cumbre del volcán: hablar con Dios. Cualquier interlocutor resulta válido para entablar comunicación, más todavía cuando en la situación desesperada termina por brotar la ambigüedad, la mezcla entre lo banal y lo sagrado, entre lo inmaterial y una carne de la que los mismos creyentes renegarían, como vimos con la religiosa, convirtiéndola en apenas un ritual simbólico y aséptico, esto es, en un sacramento.
En ese grito al cielo, Rossellini decía que sólo veía la llamada más simple, primitiva y común, que podía salir de la boca de una persona oprimida por el dolor, y no le faltaba razón. La elevación de esa inmediata y consoladora funcionalidad comunicativa al grado de experiencia mística será el punto de arranque de interpretaciones del todo desenfocadas. La acción deviene existencial o espiritual, nunca religiosa y, en cualquier caso, queda presentada de acuerdo a ideas que nada tendrán que ver con las de otros cineastas que transitaron los mismos lugares, a pesar de emplear los mismos recursos: la palabra, la incomprensión, la injusticia y la espera (Dreyer en general, Ordet y La pasión de Juana de Arco, en particular), frente al silencio de Dios (Ingmar Bergman). La incomunicación, siendo más reconocida por los estudiosos en su compatriota Antonioni, revienta aquí las costuras y transforma la pintura gélida de aquél en auténtica fiebre. Michelangelo parecía resignarse a criticar mediante la mostración, Rossellini, en cambio, se involucra y transmite el deseo activo.
Si algo demostrará Karin, a lo largo de toda su difícil experiencia en la isla, será su apremiante necesidad de comunicación. Y en el trance, empelará todos – pocos – sus recursos, desde la invocación a Dios mencionada, pasando por la del niño que encabezaba este artículo, hasta terminar con la pura relación sexual. Si Karin hace el amor con el lugareño, será porque en ello intuye la única forma factible de establecer una comunicación, al menos primaria y universal.
01.QUINTANA, p. 152.
02.Elena, Alberto: Ciencia, cine e Historia. De Méliès a 2001, Alianza, Madrid, 2002, p. 252.
03.QUINTANA, p. 241.
04.Op. cit. p. 168
05.Guarner, José Luis: Roberto Rossellini, Fundamentos, Madrid, 1985, p. 173.
06.Quintana, Ángel: Roberto Rossellini, Cátedra, Madrid, 1995, p. 263.
07.ROSSELLINI, 2000, pp. 118 y 126.
08.Explicada en diferentes fuentes una y otra vez, convierte las simples anécdotas en un auténtico ejercicio de supervivencia cinematográfica en medio de los estragos de la guerra. Véanse algunas, por ejemplo, en: Ferrando García, Pablo: Guía para ver y analizar Roma ciudad abierta. Ediciones Octaedro S.L., Barcelona, 2006, pp. 119-120. También en: ROSSELLINI, 2000, p. 146. O en el curioso filme de Carlo Lizzani: Celluloide (1996).
09.ELENA, p. 251.
10.ROSSELLINI, 2000, p. 122.
11.Léanse las páginas 65 y 66 de ROSSELLINI, 2001.
12.QUINTANILLA, 1989, p. 111.
13.QUINTANA, p. 96.
14.Lejos quedaban los “teléfonos blancos” fascistas
15.ROSSELLINI, 2001, p. 17.
16.GUARNER, p. 106.
17.Por otro lado, con una puesta en escena más torpe. Siempre haciendo uso del pancinor, en esta ocasión la reordenación del movimiento a través del encuadre que este mecanismo favorecía, aparecerá menos refinada y hasta temblorosa, con constantes back y forward. Además, resulta llamativa la introducción de más travellings convencionales (no-ópticos).
QUINTANA, p. 320.
02.Elena, Alberto: Ciencia, cine e Historia. De Méliès a 2001, Alianza, Madrid, 2002, p. 252.
03.QUINTANA, p. 241.
04.Op. cit. p. 168
05.Guarner, José Luis: Roberto Rossellini, Fundamentos, Madrid, 1985, p. 173.
06.Quintana, Ángel: Roberto Rossellini, Cátedra, Madrid, 1995, p. 263.
07.ROSSELLINI, 2000, pp. 118 y 126.
08.Explicada en diferentes fuentes una y otra vez, convierte las simples anécdotas en un auténtico ejercicio de supervivencia cinematográfica en medio de los estragos de la guerra. Véanse algunas, por ejemplo, en: Ferrando García, Pablo: Guía para ver y analizar Roma ciudad abierta. Ediciones Octaedro S.L., Barcelona, 2006, pp. 119-120. También en: ROSSELLINI, 2000, p. 146. O en el curioso filme de Carlo Lizzani: Celluloide (1996).
09.ELENA, p. 251.
10.ROSSELLINI, 2000, p. 122.
11.Léanse las páginas 65 y 66 de ROSSELLINI, 2001.
12.QUINTANILLA, 1989, p. 111.
13.QUINTANA, p. 96.
14.Lejos quedaban los “teléfonos blancos” fascistas
15.ROSSELLINI, 2001, p. 17.
16.GUARNER, p. 106.
17.Por otro lado, con una puesta en escena más torpe. Siempre haciendo uso del pancinor, en esta ocasión la reordenación del movimiento a través del encuadre que este mecanismo favorecía, aparecerá menos refinada y hasta temblorosa, con constantes back y forward. Además, resulta llamativa la introducción de más travellings convencionales (no-ópticos).
QUINTANA, p. 320.
* Artículo publicado en: “Roberto Rossellini: un cineasta socrático”. Shangri-La. Derivas y ficciones aparte, nº 9, Septiembre-Diciembre del 2009, ISSN 1988-2769, pp. 45-63. *
http://www.kinodelirio.com/dossier/cineastas/roberto-rossellini-la-comunicacion-como-terapia-ii/#identifier_10_733
http://www.kinodelirio.com/dossier/cineastas/roberto-rossellini-la-comunicacion-como-terapia-ii/#identifier_10_733
Muy buen blog, ahora más que nunca necesitamos páginas temáticas ;D
ResponderEliminarPor cierto, me podrías mandar una invitación para entrar en 'Patio de butacas' (una de las webs que recomiendas)?, el mail: manu.rodri93@gmail.com
Muchas gracias, un saludo.
Hola, No hace falta agregar una felicitacion mas a este blog maravilloso sobre cine italiano que realmente tiene un merito supremo. Quise acceder tambien al patio de butacas para acceder a cine de otras legiones y necesito una recomendacion, que no se como conseguir. Podria alguien que acceda ayudarme con dicho tramite?
ResponderEliminarMuchas Gracias!!!
danielrmartinez@fibertel.com.ar
Por favor, ¿pueden reponer esta película de Rossellini?
ResponderEliminarGracias. Un saludo.