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domingo, 12 de junio de 2011

Storie di vita e malavita - Carlo Lizzani e Mino Giarda (1975)


TITULO Storie di vita e malavita
AÑO 1975
SUBTITULOS No
DURACION 120 min
DIRECCION Carlo LizzanI, Mino Giarda
PRODUCCION Carlo Maietto, Adelina Tattilo
GUION Mino Giarda, Carlo Lizzani, Marisa Rusconi
MUSICA Ennio Morricone
FOTOGRAFIA Lamberto Caimi
MONTAJE Franco Fraticelli
VESTUARIO Lia Francesca Morandini
GENERO Drama
REPARTO Cinzia Mambretti, Nicola Del Buono, Cristina Maranzoni, Annarita Grapputo, Walter Valdi, Mimmo Craig

SINOPSIS Milano, primi anni 70. Alle vicende di alcune ragazze, finite o inseritesi nel giro della prostituzione, si affiancano quelle dei loro clienti e di alcuni giovani malavitosi lombardi intenzionati a sfruttarle. Le vicende sono sei. All'inizio una donna fa prostituire la nipote minorenne in cambio di un passaggio in auto. C'è poi la storia di una giovane sarda, introdotta nel giro con l'illusione di un impiego onesto e ben remunerato. Una vergine viene conservata tale dagli impeccabili sfruttatori per far salire il prezzo. Una ragazzina appassionata di musica classica si vende per protesta contro la famiglia. Una quattordicenne incinta è malvista dagli sfruttatori. Due ragazze si raccontano le proprie esperienze e, tra un cliente e l'altro, si amano tra loro, fino al suicidio della più giovane. Infine la donna dell'inizio con la nipote, aggredite in casa dagli sfruttatori, ne massacrano uno a colpi di bastoni per poi occultare il corpo e lasciare Milano con la solita tattica dei passaggi.

Enlaces de descarga (Cortados con HJ Split)
http://www19.zippyshare.com/v/8373168/file.html

Senza redenzione nell'inferno del racket

L'opera maledetta, controversa e per molti anni irreperibile del maestro Lizzani (la Raro Video ha finalmente pubblicato un'eccellente edizione DVD), resta a distanza di molti anni un pugno nello stomaco dello spettatore, decisamente irripetuto nel suo genere.
Il film racconta diverse vicende sul tema annunciato dal sottotitolo: il racket della prostituzione minorile. Due sono i filoni di fondo: quello delle giovani sprovvedute, immigrate nelle grandi città del Nord dalle province meridionali o dalle grandi isole, spinte dal bisogno di lavorare e allettate con promesse lusinghiere e quello delle ragazze di famiglie borghesi, i cui genitori conducono ipocritamente una doppia vita oppure sono incapaci di rapporti affettivi e confidenziali con i propri figli. Per tutte queste minorenni, dopo le prime esperienze amorose, si fa avanti la piovra avvinghiante del racket, alle cui imposizioni e ricatti non si sfugge se non a prezzo di amare delusioni o di tragiche ribellioni.
Girato con interpreti non professionisti e sviluppato su un plot piuttosto elementare e schematico (di Mino Giarda e dello stesso regista) l'opera è una libera rielaborazione della scomoda inchiesta di una giornalista de "L'Espresso" sul fenomeno della prostituzione minorile. Il risultato appare oggi indubbiamente datato, eppure l'efficacia essenziale dell'opera è qualcosa che “resta dentro”, un disturbo che irrompe violento nelle nostre certezze più costituite. Impossibile rimuovere dopo una sola visione i volti smarriti delle vittime, i giochi perversi dei facoltosi clienti (al limite del mostrabile lo smunto ragioniere amante delle umiliazioni scatologiche), l'industriale annoiato che adora umiliare ragazze più giovani della stessa figlia.
I dialoghi affiancano e completano quest'approccio crudo del film, evitando accuratamente qualsiasi ellisse concettuale e centrando così in pieno il bersaglio cardine delle intenzioni: spiazzare con soluzioni narrative davvero efficaci, tanto da rischiare di apparire maldestramente accondiscendenti e compiaciute. Libero da metri di giudizio propriamente artistici, Storie di vita e malavita spalanca gli occhi di fronte ad un mondo efferato con gli stessi cruenti mezzi che lo caratterizzano. Un esperimento davvero prezioso da recuperare. (Jacopo Coccia)
Da notare- Tra le differenti storie raccontate solo una risulta essere totalmente inventata in fase di sceneggiatura, quella della ragazza borghese che ama isolarsi dalla propria famiglia ascoltando musica classica a tutto volume.
Perché su Bizzarro- Esperimento davvero efficace di docu-fiction, che sfonda abbondantemente (forse incoscientemente) nelle scene erotiche, i limiti della censura del tempo.
http://www.bizzarrocinema.it/component/option,com_jmovies/task,detail/id,86/


Conversazione con Carlo Lizzani
un regista di sinistra che sogna Hitler e Mussolini


Lizzani: Devo confessarle che in quel periodo (parliamo del 1942-1943) cominciavo a sognare di diventare un rivoluzionario politico di professione. Ma già nel ‘44-’45, con Roma liberata, e l’attività politica legalizzata, la vicinanza con Berlinguer mi fece capire che non avevo la tempra di tessere quella rete fitta di rapporti e conoscenze, fatta di pazienza che ci vuole per un vero politico.

Caruso: Ho letto infatti che subito dopo la guerra Lei lavorò fianco a fianco con Enrico Berlinguer alla Federazione Giovanile Comunista ma come dice Gualtiero De Santi nella bella biografia a Lei dedicata e pubblicata da Gremese nel 2001 “La strada del rivoluzionario di professione non gli era congeniale, ed in ogni caso non ebbe il sopravvento”. Credo però che la formazione politica Le sia servita come scuola di rigore intellettuale e di onestà formale per il suo cinema, che comincerei a distinguere come psicologico soprattutto rispetto alle immagini, nel senso che la sua capacità di ottenere uno scandaglio profondo del comportamento umano consiste nel mostrare crudamente ciò che gli uomini e le donne fanno, e mi riferisco a film come “Actung banditi”, “L’oro di Roma”, “Il gobbo”, “Kleinhof Hotel”, “Banditi a Milano”, “Svegliati e Uccidi”, “Storie di vita e malavita”, “San Babila ore 20”. Ma torniamo alla Sua biografia.

Lizzani: La mia autobiografia comincia proprio con il sogno in cui mi apparve Hitler. Hitler in realtà lo avevo visto già la prima volta nel 1938 quando mi trovavo tra i giovanissimi avanguardisti che lo salutavano in via IV Novembre a Roma. Ne avevo sentito però l’odore malsano anche a Berlino nel 1947 dove mi trovavo come aiuto regista di Rossellini per “Germania Anno Zero”. Dalle macerie del bunker e della Cancelleria, esalavano ancora miasmi che sapevano di putrefazione, di morte. Il sogno viene a visitarmi nel 1960, o forse era il ‘61. Sto girando un film. Durante la pausa mi accorgo che una delle comparse è proprio lui, Adolf Hitler. Chiedo al maestro d’armi di procurarmi subito una pistola che mi viene fornita. Sono così deciso ad affrontarlo ma mi accorgo di procedere molto lentamente perché in realtà sono diviso interiormente tra due grandi possibilità: diventare un eroe, il giustiziere del secolo che passerà alla storia per aver cancellato dalla faccia della terra l’artefice dell’Olocausto oppure l’artista, l’autore che riesce a farsi raccontare i segreti del Bunker, colui insomma che mette a punto uno scoop mondiale, che gli consente di entrare nel labirinto del cervello del più malefico criminale della storia, intervistandolo in un posto tranquillo. Sono deciso però a spaventarlo, a metterlo in ginocchio e la pistola serve proprio a questo... ma nell’attimo in cui sto per premere il grilletto mi sveglio e resto con una sensazione di amaro e il desiderio di saperne di più. Come ho scritto nella mia biografia, continuo ancora oggi ad interrogarmi sui molteplici significati di quel sogno.
http://www.centrostudipsicologiaeletteratura.org/intcar6.html

6 comentarios:

  1. ¿De qué versión se trata? Yo sé que existen dos, una censurada y una no, pero como nunca pude ver ninguna antes (volvemos al discurso de las películas que no se publican...) no sé ésta cual sea de las dos.

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  2. Estimado Amarcord, agradeceria que pudieras actualizar los link de descarga de esta película, la cual desde hace mucho ha sido descatalogada de los comercios, muchas gracias.

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  3. Hola Amarcord,
    ¿Podrías reponer (nuevamente) los enlaces de esta peli?
    Mil gracias.

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    Respuestas
    1. Gracias Amarcord por esta obra de Lizzani. Gracias a tu blog ya he visto tres de este maestro.
      Me pregunto por qué no es tan conocido como Elio Petri o Pietro Germi.

      Saludos,
      A.

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