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viernes, 14 de octubre de 2011

EXTRA: Teatro > L'Anomalo Bicefalo - Dario Fo e Franca Rame (2003)


TITULO  L'anomalo bicefalo
AÑO 2003
IDIOMA Italiano 
AUTOR  Dario Fo 
DIRECTOR  Dario Fo 
INTERPRETES  Dario Fo, Franca Rame
PRODUCCION C.T.F.R. srl 
ESCENOGRAFIA  Dario Fo 
VESTUARIO  Dario Fo 
MUSICA Fiorenzo Carpi

ARGUMENTO L'anomalo bicefalo ripercorre i fatti salienti dell'impero Berlusconi, dalla P2 in avanti. Come era in Clacson trombette e pernacchie, e Il Fanfani rapito, è tutta satira documentata quella che il Nobel e la moglie, interpreti unici, mettono in scena.
Intorno alla coppia, sul palcoscenico, si muoveranno un paio di mimi recitanti, molti effetti speciali, proiezioni, maschere e pupazzi. Fo, raccontando questa sua ultima produzione teatrale spiega che si tratta di "un riconoscimento appassionato alla stupenda e ineguagliabile fantasia e versatilità" del Premier.
Sulla scena un personaggio dice e si contraddice, scherza, racconta frottole, giura sulle teste dei propri figli, vende, compera, svende, finisce sotto processo ma sguscia ogni volta come un'anguilla, perché – commenta Fo- "Silvio è svelto, imprevedibile, inarrestabile, nessuno riesce a punirlo: è impunito. Solo da noi, nel Paese del diritto civile e del diritto canonico, dei delitti e delle pene, il paese dei diritti, poteva nascere e svilupparsi un simile fenomeno e noi siamo qui a cantarvelo con la maggior giocondità ed ironia possibile".
Poi, citando un passaggio di Voltaire, Fo conclude, "guai a quel Paese dove non si sa ridere di se stessi e dei propri governanti, soprattutto di questi ultimi. Guai a quel Paese dove i comici ed i satirici si nascondono per timore d'essere censurati e perseguitati, pardon, perseguiti. Noi lo diciamo con tutta sincerità, abbiamo paura ma ci facciamo coraggio sperando nell'appoggio e nella solidarietà di un grande pubblico. E poi nella nostra storia, Berlusca appare buono, diverso. In fondo, gli facciamo un complimento e chissà che vedendosi così, non migliori davvero".


Copione di scena a cura de Franca Rame

Mi hanno chiesto una breve presentazione della commedia che abbiamo appena scritto e che fra qualche giorno (siamo agli inizi di ottobre) cominceremo a mettere in scena.
Interpreti principali saremo Franca ed io, anzi, saremo gli unici interpreti. Intorno a noi si muoveranno un certo numero di tecnici e un paio di mimi recitanti, molti effetti speciali, proiezioni, trucchi scenici, maschere e pupazzi. Qual’è il titolo della commedia? Provvisoriamente i titoli sono due. Il primo è E allora buttiamola in farsa, il secondo L’anomalo bicefalo. Cosa vuol dire quest’ultimo titolo? Lo scoprirete solo assistendo alla commedia! Di cosa si tratta? E’ un riconoscimento appassionato alla stupenda e ineguagliabile fantasia e versatilità del nostro Presidente del Consiglio. Sulla scena abbiamo inventato un personaggio che dice, si contraddice, scherza, racconta frottole, giura sulle teste dei propri figli, vende, compera, svende, finisce sotto processo ma sguscia ogni volta come un’anguilla perché lui, Silvio, è svelto, sfessuoso, imprevedibile, inarrestabile, nessuno riesce a punirlo: è un impunito. Solo da noi nel paese del Diritto Civile, del Diritto Canonico, dei diritti e delle pene, il paese dei dritti, poteva nascere e svilupparsi un simile fenomeno e noi siamo qui a cantarvelo con la maggior giocondità ed ironia possibile. Voltaire diceva: “Guai a quel paese dove non si sa ridere di se stessi e dei propri governanti, soprattutto di questi ultimi”. Guai a quel paese dove i comici ed i satirici si nascondono per timore d’esser censurati e perseguitati, pardon, perseguiti. Noi, lo diciamo con tutta sincerità, abbiamo paura ma ci facciamo coraggio sperando nell’appoggio e nella solidarietà di un grande pubblico.
Dario Fo


Il giullare senza artigli
di Giovanni Fornaro

Lo scorso 31 gennaio ci siamo recati al Politeama Greco di Lecce (sold out!) per assistere a L'anomalo bicefalo – il nuovo spettacolo che Dario Fo e Franca Rame portano in giro per l'Italia – animati dalle migliori intenzioni e ben disposti d'animo per il grande drammaturgo, premio Nobel ecc. ecc.: ne siamo usciti, dopo un paio d'ore, non vorrei dire delusi ma, il che forse è peggio, annoiati. In scena, davanti al bel fondale dipinto da Fo con una sorta di "citta ideale" abitata però da attori, saltimbanchi, maschere di carnevale, dopo un bell'incipit, programmaticamente tratto da Lisistrata di Aristofane e letto da Franca, viene presentato il plot narrativo: un doppio attacco terroristico a Putin e Berlusconi porta conseguenze irrimediabili per il primo ma non per il secondo, al quale è però necessario integrare chirurgicamente una parte di cervello. Sarà proprio Putin il malcapitato donatario, per cui il Berlusca si salva ma rimane un po' "toccato": non ricorda molti particolari del rapporto con la moglie Veronica (la stessa Rame), si meraviglia per le stesse sue attività precedenti, ogni tanto parla in russo e così via.
Questa macchina narrativa non è altro che lo script di un film per il quale il regista (sempre Fo) sta operando il reclutamento degli attori, raccontato da questi alla candidata Franca Rame, con tutto il noto armamentario di risate, nanetti impenitenti, lazzi vari che tutti ricordiamo. Ad una Veronica Lario dalla palpabile vis polemica, si contrappone quindi Fo, come sempre interprete di molti personaggi, in una serie di situazioni esilaranti il cui riso, però, ha quasi sempre un retrogusto amaro, la coscienza di una ineluttabilità del presente che annichilisce attori e pubblico.
Dunque: teatro, nel cinema, nel teatro. Una scatola cinese dalle molteplici sorprese? Piuttosto, una goffa matrioska che fatica a stare in piedi. Durante i "palleggiamenti" tra i vari esponenti politici per la scelta di un nuovo cervello donatore che possa rimettere al proprio posto le sconnessioni del premier, ci si rende improvvisamente conto che non importa come la pièce vada a finire, è chiaro che si tratta di un pretesto per attivare una serie di battute satiriche sul presidente del consiglio e sul suo entourage. A ben analizzare, il problema è proprio lì: lo spettacolo si riduce alla derisione delle continue gaffes che l'"Unto dal Signore" dispensa giornalmente, non graffia, non arriva al cuore dei problemi come Fo ci aveva abituati nel passato. A questa visione, d'altronde, non giungiamo per critico intellettualismo; questa era la comune opinione che circolava nel foyer del dopo-spettacolo.
La stessa vox populi dava anche la sua spiegazione di questa mancanza d'afflato: in una fase politica come questa non si può fare di più, la situazione è andata talmente oltre i vaticini delle più fosche cassandre da lasciare sgomenti anche coloro che della critica al potere in forma d'arte hanno fatto una ragione di vita, si può solo evidenziare e stigmatizzare perché lo scempio è sotto gli occhi di tutti. A noi, per la verità, non sembra credibile questa luce che tutto illuminerebbe e nulla riesce più a stanare. Ci sembra, anzi, che si tratti di una scusa – per la verità già registrata in altri spettacoli comico - satirici – per giustificare quella che appare come una carenza di idee realmente teatrali, forse una stanchezza intellettuale, oltre che fisica, che lascia approdare al facile doppio senso, alla battuta tutto sommato scontata. Così congegnato è, effettivamente, uno spettacolo che nulla aggiunge a ciò che i commentatori più arguti rilevano e denunciano ogni giorno sulla stampa. Non serve, in questa prospettiva, il taglio di work in progress che è stato dato al testo, per adattarlo alla realtà quotidianamente mutevole: a Lecce, ad esempio, i due attori hanno molto insistito sulla denuncia ricevuta da Marcello Dell'Utri per una sola frase, nemmeno offensiva, prevista nel copione originale, illustrandone l'intera vita politico-affaristica.
Se dovessimo scegliere un momento di antica verve, non una battuta riuscita ma una situazione di iconoclastica tensione drammaturgica, dovremmo cercarla in un battibecco non programmato fra i due coniugi, per una parola pronunciata da Franca e non concordata, "spuzzolentare", che ha dato la stura ad un accenno di protesta di Fo ed alla irritata risposta della moglie: dopo un attimo di esitazione il pubblico ha riso, finalmente, con terapeutica liberazione.
Data di pubblicazione su web 09/02/2004
http://www.drammaturgia.it/recensioni/recensione1.php?id=297



Cristina Cabrejas (El Períodico)
El fantasma de la censura sobrevuela la nueva obra de teatro del premio Nobel italiano Dario Fo L'anomalo bicefalo, en la que arremete contra Silvio Berlusconi. Tras un fallido intento de estreno en Roma, el montaje tuvo que trasladarse a Milán para regresar ahora a la capital donde han colgado el cartel de "agotadas las localidades". La obra estará en el Teatro Olímpico de Roma hasta el 7 de diciembre.
La polémica pieza coescrita por Dario Fo y su mujer, Franca Rame, es una comedia satírica sobre la vida antes y después del salto a la política del empresario y ahora primer ministro, Silvio Berlusconi.
Antes de su estreno en el Piccolo de Milán, Sergio Escobar, director del teatro, manifestaba que estaba recibiendo presiones para "evitar que la obra se estrenase". Finalmente, debido al clamor popular, L'anomalo bicefalo fue puesta en escena y ahora sigue su gira por Italia.
"No quería trabajar este año ya que todavía me encuentro convaleciente de una operación, pero la censura que han sufrido otros compañeros de sátira me ha obligado a volver a las tablas", explicó Fo, de 77 años, antes del estreno de su obra en Roma, el pasado lunes.
Fo se refería a la decisión de la RAI, la televisión estatal, de suspender el programa de televisión RaiOt de la actriz cómica Sabina Guzzanti, que representaba satíricamente a varios personajes de la política del país, entre ellos Berlusconi. "En estos momentos, uno tiene que hacer ciertas cosas para que la gente no se sienta traicionada", dijo Fo sobre su decisión de estrenar en Roma su obra de teatro.
ATENTADO A PUTIN
La obra da comienzo con Fo. El autor, en el papel de un director de cine, se plantea hacer una película sobre la vida de Silvio Berlusconi y como protagonista elige a Franca Rame, que interpreta a Verónica Lario, exactriz de teatro y esposa del primer ministro.
La cinta del director comienza cuando tras un atentado al presidente ruso, Vladimir Putin, a Berlusconi se le trasplanta parte del cerebro del líder ruso, lo que le provoca pérdida de memoria y una natural confusión. Intentando paliarla, su mujer le recuerda su vida: la forma en que construyó un imperio y cómo ha llegado a ser presidente del Gobierno.
La trama sirve como excusa al premio Nobel para recordar con ironía todos los episodios judiciales y políticos de la vida de Berlusconi. Tras conocer los hechos, el primer ministro de la obra, que ahora sólo habla ruso, decidirá abolir todas las provechosas leyes --en especial, para sí mismo-- que hasta el momento ha emitido su Gobierno.
A lo largo de la obra, en la que aparecen otros personajes del mundo político italiano, como Massimo D'Alema, uno de los líderes de la oposición, Fo utiliza la improvisación y el ingenio con frases del tipo: "Berlusconi quiere dos cerebros, uno para hacer declaraciones y otro para desmentirlas".
Según el autor de Muerte accidental de un anarquista, Italia vive una situación muy peligrosa "que se parece al fascismo o al nazismo".
http://www.rebelion.org/hemeroteca/cultura/031203df.htm



Le recensioni di "ateatro": L'anomalo bicefalo di Dario Fo
di Oliviero Ponte di Pino 
L’anomalo bicefalo di Dario Fo è naturalmente – prima di tutto – un testo di satira e controinformazione politica. Lo spunto surreale intorno a cui ruota lo spettacolo è presto riassunto: un attentato lascia Berlusconi e Putin mezzi morti, ma un’équipe di chirurghi russi riesce a rammendare il cervello del leader italiano con quello che resta del cervello del collega, irrimediabilmente moribondo. Il risultato è prevedibile: un po’ di confusione mentale e una mezza amnesia, che obbliga un Berlusconi un po’ stranito a ristudiare – con l’aiuto della consorte – alcune delle teppe della sua resistibile ascesa. Sì, perché da sempre la satira non è solo risate: è anche informazione e memoria collettiva. Anche se poi, quando un potente finisce nel mirino di un maestro della satira, le battute e le gag non possono mancare. Per restituire il look del leader del Polo della Libertà (Provvisoria), Fo rispolvera il vecchio e infallibile trucco utilizzato a suo tempo (1975) nel Fanfani rapito (a proposito, la satira a volte è anche profezia, o quasi): grazie a un mimo nascosto dietro di lui che muove le braccia e a un paio di scarpe che indossa come guanti, sceso in una trincea che gli nasconde le gambe, Fo diventa un irresistibile «nano bicefalo», in un balletto esilarante e scatenato.
La realtà e la satira continuano a inseguirsi, e nelle repliche lo spettacolo continua a modificarsi e arricchirsi. Dunque, piuttosto che rubarle o riassumerle, le battute e le gag è meglio godersele dal vivo (anche se la tournée, organizzata all’ultimo intorno a un testo nato e cresciuto all’impronta, per motivi di urgenza politica dopo l'Ubi Bas dello scorso anno, offre meno date del richiesto). Vale invece la pena di riflettere sulla struttura drammaturgica che Fo utilizza per trasformare in spettacolo quella che è poco più che una trovata da sketch comico. In scena per oltre due ore con la sola Franca Rame (più tre mimi-servi di scena), Fo continua infatti a entrare e uscire dal gioco teatrale con un mestiere tanto sapiente da risultare inavvertito.
Lo spettacolo vero e proprio è preceduto – al solito – da un prologo, con l’attore in proscenio a illustrare la genesi dello spettacolo e le sue ragioni; parallelamente, calato il sipario, Franca Rame e lo stesso Fo inviteranno a sostenere una delle loro campagne, in questo caso un ampliamento dell’impegno a favore degli handicappati cui hanno devoluto l’ammontare del Premio Nobel. Sono due situazioni di soglia, che guidano lo spettatore prima nello spettacolo e poi fuori da esso, in un passaggio «morbido». Al tempo stesso ribadiscono il legame tra la compagnia e il suo pubblico: un vincolo fatto di un sentire condiviso, ma (ormai) anche di storia comune: è una sorta di «riconoscersi» che trascende il singolo spettacolo ma rimanda all’intero impegno artistico e politico della coppia.
Dopo di che, lo spettacolo è costruito su un continuo slittamento tra tre coppie. Al cuore della finzione ci sono ovviamente Silvio e Veronica, cui tocca ricordare al consorte smemorato un discutibile passato fatto di amici mafiosi, P2, casalinghe e pensionati prestanome, paradisi fiscali). Poi il regista-attore e l’attrice che, nella finzione, stanno girando un film che ha per soggetto L’anomalo bicefalo. Infine gli stessi Dario Fo e Franca Rame, che continuano a entrare e uscire dalle parti con notazioni e commenti sullo spettacolo che stanno recitando, ma anche con informazioni personali («Il 24 giugno prossimo io e Dario festeggiamo 50 anni di matrimonio»). Sono tre livelli di realtà che si riverberano di continuo: la realtà privata della coppia di attori (che sono tuttavia personaggi pubblici, le cui vicende sono note agli spettatori; va anche aggiunto che molte delle gag – l’improvvisazione di Dario che spiazza Franca, scatenando il suo fou rire, e il successivo battibecco, oppure i commenti sulla loro vita coniugale – fanno ormai parte integrante dei soggetti della compagnia); i due attori al centro della fiction, lui antiberlusconiano, lei polista (prima clandestina e poi dichiarata), che devono interpretare l’improbabile pellicola; infine Veronica e Silvio, che sono finzione nella finzione al tempo stesso rimandano alla realtà esterna, al mondo reale della politica. A questi livelli di realtà corrispondono anche – in sintonia con il soggetto della pièce in quanto magnate del piccolo schermo – una serie di proiezioni televisive, sullo schermo che cala dall’alto a chiudere la scena davanti a un sipario dipinto: sono frammenti delle riprese del film che i due stanno interpretando (riprese in diretta e successivamente in una sorta di premontaggio), un brevissimo blob di trasmissioni Fininvest, un finto discorso parlamentare dell’«anomalo bicefalo», impersonato dal Fo «nanificato» ma inframmezzato dalle immagini di politici «veri»...
Fino al colpo di scena finale, quando in un effetto tipo Chorus Line dalla cabina di regia – dietro e oltre il pubblico – una voce fuori campo mette fine a una situazione che era diventata talmente intricata da diventare ingestibile. E’ un intervento chiaramente fittizio, e che mette fine a tutti i giochi della coppia, quelli veri e quelli recitati.
http://www.trax.it/olivieropdp/mostrarecensioninew.asp?num=62&ord=41

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