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martes, 4 de octubre de 2011

Profumo di Donna - Dino Risi (1974)


TÍTULO Profumo di donna
AÑO 1974
IDIOMA Italiano 
SUBTITULOS Si (Separados)
DURACIÓN 103 min.
DIRECTOR Dino Risi
GUIÓN Ruggero Maccari & Dino Risi (Novela: Giovanni Arpino)
MÚSICA Armando Trovajoli 
FOTOGRAFÍA Claudio Cirillo
REPARTO Vittorio Gassman, Agostina Belli, Alessandro Momo, Moira Orfei, Franco Ricci, Elena Veronese, Stefania Spugnini, Lorenzo Piani
PRODUCTORA Dean Film
PREMIOS
1975: 2 nominaciones al Oscar: Mejor película de habla no inglesa, guión adaptado
1975: Festival de Cannes: Mejor actor (Vittorio Gassman)
GÉNERO Comedia | Discapacidad

SINOPSIS A un joven cadete de la Armada se le ha encomendado la tarea de servir de acompañante a un irascible capitán ciego durante un fin de semana de viaje entre Turín y Nápoles. Del capitán, un hombre bebedor y mujeriego, recibirá el muchacho ciertas lecciones que no podrá olvidar. (FILMAFFINITY)


Tratto dal romanzo "Il buio e il miele" di Giovanni Arpino; il capitano in pensione Fausto Consolo, divenuto cieco a causa di un grave incidente, si fa accompagnare dal giovane soldato Giovanni Bertazzi per un viaggio lungo tutta la penisola (da Torino a Napoli), con l'intento d'incontrare il suo vecchio compagno Vincenzo, anch'egli non vedente. E' forse il primo vero dramma d'autore di Dino Risi, che mette in atto una storia di sarcasmo, severità, pietà esistenziale e ingenuità. Gli ambienti che accompagnano il percorso dei due protagonisti rispecchia un'Italia senza indole nè morale, un paese dall'animosità complessa, fatti di luoghi comuni antichi e senza prospettiva. Su tutta la pellicola prevale il costante istrionismo di V.Gassman, possessore di un carattere freddo e violento, come se volesse far pagare al mondo intero la sua disgrazie fisica; ma nasconderà una sensibilità facilmente estraibile nel finale che riecheggia la rassegnazione dell'uomo, in una costante ricaduta verso gli istinti primordiali.Lo sguardo infantile di Giovanni, adolescente che sembra fin troppo fuori luogo, dovrà sopportare i molteplici capricci dell'istintivo capitano, che nel complesso gli insegnerà come godersi la vita e ciò che fare di fronte ad una donna. Ecco, proprio dietro la ricerca della donna, il desiderio sessuale che si attinge col gentil sesso, si nasconde la rassegnazione alla morte, elemento nascosto nella mentalità dei personaggi ma pronto ad esplodere al termine dell'odissea. Il rapporto complesso vedente/non-vedente è il topos principale dell'intreccio, ma l'istinto e l'affetto più recondito scavalcheranno le barriere di visività fra i due caratteri.La maestria registica di Risi si conferma in un Italia volgare dai colori spenti e poco convinti, ma il più della pellicola lo fa l'immenso Gassman.
http://tatana-blogbuster.blogspot.com/2009/09/profumo-di-donna-di-dino-risi.html



Come la Parigi di Hemingway, Gassman è una festa mobile: in  qualsiasi luogo del cinema da un po’ di tempo venga  a cadere, manda in vacanza gli orecchianti e gli arruffoni, e col suo spavaldo virtuosismo afferma il dominio   del grande attore che sostenta la vocazione col lungo studio e l’ardente vitalità. Un’eminente convalida ce ne offre, dopo aver fatto da comprimario in C’eravamo tanto amati, e annunciando ahimè un suo temporaneo ritiro   dagli schermi, con un film che è quasi tutto sulle sue spalle, e dove il suo genio dello spettacolo, fondendosi col alento letterario di Giovanni Arpino e la vivacità acuta del regista Dino Risi, tocca il sommo del prezioso   in un memorabile cocktail di lacrime e risate. Una scommessa: un film su un cieco, che nasconda la pietà fra le pieghe della celia, e dia alla disperazione un abito sarcastico. Perduta la vista e una mano in un incidente, l’intrepido capitano Fausto vive a Torino assistito da una vecchia zia. Minorato nei corpo, serba un carattere   imperioso. Guai a contraddirlo, guai a compatirlo: esibendo un crudo cinismo, schernisce se stesso e quanti ha d’intorno. Facinoroso e maligno, sembra avere per unica religione il whisky e le donne. La sua vittima è ora un soldatino della sanità, il giovane Ciccio, mandato ad aiutarlo in occasione d’un viaggio che il capitano vuol fare a Napoli. Coperto di insulti, e più quanto più si mostra servizievole, il ragazzo inghiotte: l’ingrata «licenza premio» dovrà durare una sola settimana. Durante il  viaggio, il cui scopo resta misterioso (perché Fausto ha in valigia una pistola e la foto d’una ragazza?), il mutilato rivelerà tuttavia, sotto la crosta arrogante, ambasce segrete. La sua corazza di protervia, con cui si difende dal ricatto della pietà, e che suscita in Ciccio meraviglia e furore, è in più punti smagliata: emerge un’angoscia che la tracotanza del militare avvezzo al comando, il veleno dell’infelice e l’impudenza del donnaiolo non riescono a medicare. Lo si vede in una sosta a Genova, dove Fausto incarica Ciccio di procurargli una donna, e poi a Roma, dove ritrova un   cugino prete, e finalmente a Napoli, quando s’incontra con l’amico che è venuto a cercare: cieco come lui, e come lui, ora si capisce il perché del viaggio, deciso a morire. Ma a Napoli c’è Sara, una ragazza giovane e bella che dolcemente ama il capitano, benché n’abbia in cambio soltanto sgarbi e ripulse. Invece Sara vincerà. Il tragico epilogo progettato dai due ciechi infatti non si avvera: Fausto spara all’amico, ma non ha il coraggio, lui tanto sprezzante, di uccidersi. E inutilmente, dopo aver fallito la prova più alta, respinge ancora l’aiuto di Sara: verrà l’ora in cui il braccio e l’amore di lei saranno il suo unico sostegno. Ciccio ha visto com’è fatto un uomo, quale tristezza abiti l’orgoglio. Tre virtù, si diceva, presiedono al - successo del film: la qualità letteraria di Arpino (il romanzo ispiratore, «Il buio e il miele», è  finemente sceneggiato da Risi e Ruggero Maccari), la vibrante regia di Risi, intelligenza di Gassman. Ora s’aggiunge che i tre fattori si fondono nel   segno d’un senso compiuto del vivere, d’un’analisi penetrante degli umori racchiusi nei gesti. Reso onore al merito d’una regia che definisce i caratteri con rara sicurezza, li colloca su uno sfondo d’ambienti e di figure sempre azzeccato, e dà alla recita un lieto fervore, speriamo l’aneddoto: Fausto è il simbolo del nostro rumoroso giocare a mosca cieca, e la sua grottesca iattanza traduce la nostra fragilità, l’amore di Sara indica il costo e il conforto della tenerezza disinteressata. Sono temi incrociati, in cui si configura l’incaglio del vivere, che  il film sviluppa, nonostante qualche frantumazione del racconto, con un equilibrio ammirevole, integrando le linee crudeli con scoppi d’ilarità e un sottofondo dolente in cui la beffa si bagna di pianto. Un singhiozzo sepolto nella rabbia domina il film, la smorfia di uno spasimo percorre le gesta di quest’uomo disperato, e tuttavia da prendere a schiaffi, che s’illude d’essere cattivo e di non aver bisogno degli altri, e di questo ragazzo sbigottito, testimone d’una vicenda che capirà intera col crescere. Benché la realtà ci venga in soccorso: la morte di Alessandro Momo, interprete di Ciccio, forse anche ci dice l’ultima sostanza del film, come la verità dell’uomo sia nei suoi sentimenti, e l’età adulta coincida con lo stupore del soffrire. Il Ciccio che assiste alla resa del suo capitano gradasso e il Momo che cade a diciott’anni partecipano insieme, il soldatino inventato e il ragazzo di carne, d’un mistero che chiede la carità dei superstiti. Al fianco di un Gassman che dà a occhi chiusi un superbo ritratto del suo miles gioriosus, e d’un Momo che fa capire come l’attore avrebbe potuto maturare una volta sottratto al cinema delle porcheriole, c’è Agostina Belli: una sorpresa, una presenza aggraziata e gentile, uno sguardo pulito, una attrice redenta. Potenza di Dino Risi.
Giovanni Grazzini, ‘Il Corriere della Sera’, 23 dicembre 1974

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