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jueves, 6 de octubre de 2011

Le Barzellette - Carlo Vanzina (2004)


TITULO Le Barzellette
AÑO 2003
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 92 min.
DIRECCION Carlo Vanzina
GUION Carlo Vanzina, Enrico Vanzina
FOTOGRAFIA Claudio Zamarion
MONTAJE Luca Montanari
MUSICA Andrea Guerra
ESCENOGRAFIA Tonino Zera
VESTIARIO Nicoletta Ercole
PRODUCCION Aurelio De Laurentiis per Filmauro
REPARTO Gigi Proietti, Carlo Buccirosso, Enzo Salvi, Biagio Izzo, i Fichi d'India, Vito, Gianfranco Barra, Giuseppe De Rosa, Lorenzo Flaherty, Max Giusti, Marco Messeri, Chiara Noschese

SINOPSIS Un collage di barzellette, sketch e storielle divertenti della tradizione comico-popolare italiana.


Rispetto alla struttura episodica di "E adesso sesso", "Le barzellette" appare un'opera più schematica inserita in un quadro dove la barzelletta non viene reinventata visivamente ma solo meccanicamente filmata, piuttosto anonima e insolitamente sciatta, quasi un'esercitazione fine a se stessa.
Coatti romani, Michelangelo e la Cappella Sistina, vigili bolognesi, medici, avvocati extraterrestri. Personaggi e luoghi disparati popolano l'ultimo lungometraggio di Vanzina in un campionario di situazioni sterminate, in cui certe figure ritornano e fuggono. La barzelletta, per come è strutturata, è più adatta per uno sketch piuttosto che per un film sia pure continuamente frammentato. Il tentativo di Vanzina (Carlo regista, Enrico sceneggiatore) di filmarle è certamente una sfida ambiziosa, ma alla fine si vede come il cinema rimanga come impermeabile a uno schema del genere. La capacità di dissolvere i set, di allargare gli spazi, operazione pienamente riuscita in A spasso nel tempo, si chiude qui nell'arco della scena o addirittura dell'inquadratura dove la situazione comica si sviluppa e poi si esaurisce. C'è certamente una squadra di attori collaudata che mescola parte del cast dei film natalizi di Neri Parenti (Biagio Izzo, Enzo Salvi e i Fichi d'India) a quello di La mandrakata (Gigi Proietti e Carlo Buccirosso), con momenti (pochi) anche divertenti - dalla fuga collettiva del ristorante con il cameriere che ha le piattole, momento già ampiamente pubblicizzato dal trailer al "siciliano" Biagio Izzo che minaccia con la lupara un automobilista per farlo masturbare e poi gli chiede di dare un passaggio alla sua bellissima moglie - ma si ha l'impressione che queste situazioni abbano più presa nel racconto verbale piuttosto che nella loro presa cinematografica. Rispetto alla struttura episodica di E adesso sesso, Le barzellette appare un' opera più schematica inserita in un quadro dove la barzelletta non viene reinventata visivamente ma solo meccanicamente filmata, piuttosto anonima e insolitamente sciatta, quasi un'esercitazione fine a se stessa. Ecco perché queste deformazioni di figure che si esauriscono brevemente (tranne il caso della storia di Buccirosso, uomo sfigato con la moglie che alla fine lo tradisce con un collega abile a raccontare barzellette in cui s'intravede quelle tracce di malinconia e di sottile cinismo del Vanzina migliore), rimanda a quella formula tra il realistico e il grottesco propria de I mostri di Dino Risi in cui la macchina da presa diventa soltanto un mezzo per registrare lo sketch e non per reinventare una storia e/o molteplici storie.
http://www.sentieriselvaggi.it/6/6683/Le_barzellette,_di_Carlo_Vanzina.htm



Critica 
"Si può fare un film solo di storielle comiche, dementi o sublimi, zozze o sofisticate, per giunta ambientate in epoche e luoghi disparati? Si può, lavorando sulla struttura narrativa, ovvero trovando il modo per incastonarle fino a formare un racconto (quasi) coerente. Difatti 'Le barzellette' è forse il film più d'avanguardia, ci si passi la parolaccia, dei Vanzina. Un oggetto inclassificabile che è insieme il grado zero del cinema comico e la sua più intima essenza. Un contenitore discontinuo ma affascinante, come le barzellette che veicola e soprattutto gli attori chiamati a farle vivere con i risultati più diversi. Perché naturalmente la struttura della storiella fa a pugni con qualsiasi drammaturgia, ma proprio questo rende la sfida almeno curiosa. Cosa che non si può dire di tanti campioni d'incassi del nostro cinema 'comicarolo'. E poi fra tante barzellette ce ne sono diverse irresistibili. In testa quelle interpretate da un immenso Gigi Proietti. Ma noi abbiamo un debole anche per il tormentone di Carlo Buccirosso, filo conduttore del film. E per i Fichi d'India, comici all'antica, perfetti per quelle storielle dove è la situazione in sé a far ridere, senza aspettare lo scioglimento. Qualcuno, magari evocando i sublimi Chiari e Bramieri, dirà che la barzelletta è oralità, immaginazione, allusione, che si consuma al bar e il cinema è di troppo. Ma aspettate di vedere Proietti e ne riparliamo."
(Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 6 febbraio 2004)

"Escluse le storielle politiche, nel campionario di oltre 40 barzellette messe insieme dai fratelli Vanzina ce n'è per tutti i gusti, affidate a intrattenitori che vanno dal peppinesco Carlo Buccirosso al trucido Enzo Salvi, dai surreali Fichi d'India all'eclettico Biagio Izzo e alla brava Chiara Noschese, per nominarne solo alcuni. E' chiaro che un film intitolato 'Le barzellette' non va in paradiso, ma bisogna riconoscere ai Vanzina di averlo imbastito con professionalità facendo emergere vaghi spunti narrativi e concedendosi molte cadute di gusto senza incappare nelle cadute di ritmo. E Gigi Proietti, formidabile erede della generazione dei 'colonnelli della risata', vale il prezzo del biglietto: il racconto del sogno degli amorazzi con le dive, che fa all'attonito Gianfranco Barra, potrebbe diventare un classico come il 'Sarchiapone' di Walter Chiari.
(Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 7 febbraio 2004)

"Il film è un gioco d'incastro negli incastri, di scatole cinesi o di rimandi infiniti come fanno due specchi uno di fronte all'altro. Ogni barzelletta rimbalza su un'altra, a ritmo serrato. Con una vaga cornice costituita da Marco Messeri, assai simpatico chirurgo burlone (...) E anche con una vaga morale, di cui è portatore Gigi Proietti, che sul finale ci lascia intendere di essere Dio. Il Dio che prova a dispensare allegria e buonumore come antidoto alle brutture del mondo. Siamo vanziniani di provata fede, e ammiriamo lo stakanovismo dei fratelli, l'umiltà professionale che ispira il loro spirito di servizio. Però questo film è una fetenzia, checché ne dicano i critici più snob e a dispetto dell'adesione di pubblico."
(Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 13 febbraio 2004)
http://www.nuovocinemalcantone.ch/img/0403.htm

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