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miércoles, 16 de febrero de 2011

Fuori dal mondo - Giuseppe Piccioni (1999)


TÍTULO Fuori dal mondo
AÑO 1999 
SUBTITULOS No
DURACIÓN 100 min.
DIRECTOR Giuseppe Piccioni
GUIÓN Giuseppe Piccioni, Gualtiero Rosella, Lucia Zei
MÚSICA Ludovico Einaudi
FOTOGRAFÍA Luca Bigazzi
REPARTO Margherita Buy, Silvio Orlando, Carolina Freschi, Maria Cristina Minerva, Sonia Gressner, Giuliana Lojodice, Marina Massironi
PRODUCTORA Lumière & Co.
PREMIOS
1999: Montreal: Gran Premio Especial de Jurado
1999: 5 David de Donatello, incluidos los de mejor película, actriz y guión original
GÉNERO Drama

SINOPSIS Una joven monja de Milán, Caterina, se encuentra en un parque a un recién nacido abandonado. En su intento por encontrar a la madre del bebé conocerá a personas y situaciones que le harán plantearse su vocación. Su única pista sobre el bebé le conduce a Ernesto, propietario de una tintorería, un hombre siempre solitario que sólo piensa en el trabajo. (FILMAFFINITY)


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 Spesso si parla del cinema italiano così come si potrebbe parlare d’un povero disgraziato, uno che nella vita ha anche avuto in mano le sue carte, ma se l’è bruciate tutte e ora, abbandonato da amici e familiari, sopravvive come un fallito in un monolocale alla periferia dell’interesse generale. In chi tratta questo argomento si avverte sempre un tono di commiserazione e fastidio, unito all’idea rassicurante che in fondo «se l’è cercata e peggio per lui» e al gusto di girare accuratamente il coltello nella piaga. Il fatto è che il nuovo cinema ha vissuto le stesse indecisioni esistenziali dei suoi autori, le stesse debolezze di quella generazione di artisti quarantenni che conosco bene perché ne faccio parte. Il problema nasce dal contrasto tra sfrontatezza e pudore. Da un lato c’è la volontà di esprimersi totalmente, la sacrosanta spinta creativa che muove ogni autore a mostrare al mondo intero le sue visioni, a ruotare in aria le sue tre arance, a parlare a voce alta dei suoi sogni. Dall’altro c’è – per una generazione educata nell’ammirazione dei grandi maestri e nel senso di giustizia e di frugalità tipico degli anni Settanta – la sensazione che alla cultura contemporanea, così tremendamente volgare, non bisogna aggiungere più nulla di vistoso, che parlare dei propri sogni è ineducato, che per ora è meglio trattenersi in una decenza minimale. Le due correnti, sfrontatezza e pudore, creano un mulinello nel quale si finisce spesso per affogare.

Questi artisti sono pavoni con le penne semichiuse, canarini silenziosi, cavalli da corsa fermi a nitrire nelle stalle. Un esempio evidente di tutto ciò è stata Margherita Buy, una brava attrice che si vergognava delle proprie capacità e della propria bellezza, che con una mano faceva e con l’altra subito cancellava. La naturale vanità del mestiere la portava in qualche salotto televisivo, ma poi faceva di tutto per sembrare una sciagurata capitata lì per caso. Voleva dimostrare quanto fosse dotata e insieme se ne vergognava. Era un pendolo che segnava gli attimi del disagio. Però, fatta questa annotazione, bisogna riconoscere che sentirsi inadeguati, timorosi di aggiungere un altro sacchetto alla discarica generale, incerti tra esistere e non esistere, non è affatto un sentimento spregevole: tutt’altro. Il tempo del dubbio e della verecondia può diventare un tempo di approfondimento, di scavo privato, l’insoddisfazione può farsi ricerca. Certo, un artista deve osare, lanciare il suo grido o il suo canto più lontano che può – guai crepare con il proprio suono stagnante nei polmoni! –, però è altrettanto miserevole produrre per puro narcisismo un chiasso inutile o addirittura fastidioso. Insomma, credo che molti dei registi e degli attori del cinema nostrano, se anche sono partiti per timidezza con passo lento e un po’ vacillante, non è detto che ora, muscolarmente tonificati, non possano marciare pii.’i spediti, con falcate più consapevoli. Ne è una prova il nuovo film di Piccioni Fuori dal mondo, che mi è sembrata un’opera riuscita, pensata bene e soprattutto ben recitata. Margherita Buy non è più una ragazza esitante, ha trovato il suo centro, il tono giusto, le parole e i gesti precisi per raccontare il personaggio complesso di una suorina con malcelati desideri di maternità, un’anima obbediente che per capire meglio se stessa e il mondo deve uscire dalle regole del convento e affrontare la confusione della vita. In questa avventura le è accanto Silvio Orlando, sempre più bravo nel disegnare il ruolo di italiano in crisi, di quarantenne con un piede nella rinuncia e un altro nella speranza. Dunque nulla è perduto per il nostro cinema: dall’incubatrice, dove sono entrati settimini gracili e disperati, spesso escono bambini che cresceranno bene.
Marco Lodoli
Fuori dal cinema. Il diario di 100 film, Torino, Einaudi, 1999

5 comentarios:

  1. Estimado Amarcord: te escribo desde Santa Fe y te felicito por el gran aporte cultural que estás haciendo, para todos los que amamos el cine italiano... Quería avisarte, por si lo podés reparar, que la tercera parte de Fuori dal mondo (http://www.mediafire.com/?561tgv77we77ri7) no funciona. Ya bajé el resto, y te agradecería inmensamente si podés restaurar ese archivo. GRACIAS!

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    1. Alejo
      Voy a tratar de solucionarlo a la brevedad.
      Saludos.

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  2. Cambiados todos los enlaces en Mediafire. (Espero que duren)

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  3. ¡Gracias, estimado! Todos los links funcionan ahora. ¡Saludos!

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