TÍTULO
Una breve vacanza
AÑO
1973
IDIOMA
Italiano
SUBTITULOS
Español (Separados)
DURACIÓN
112 min.
DIRECTOR
Vittorio De Sica
GUIÓN
Cesare Zavattini, Rafael J. Salvia (Historia: Rodolfo Sonego)
MÚSICA
Manuel De Sica
FOTOGRAFÍA
Ennio Guarnieri
REPARTO
Florinda Bolkan, Renato Salvatori, Daniel Quenaud, José María Prada, Teresa Gimpera, Hugo Blanco, Julia Peña
PRODUCTORA
Coproducción Italia-España
GÉNERO
Drama. Romance | Drama romántico
Sinópsis
Clara lleva una vida miserable en su humilde apartamento de Milán, donde convive con tres niños y sus cuñadas. Aquejada de tuberculosis, tendrá que ir a un sanatorio de los Alpes italianos, donde conocerá a un mecánico afectado de la misma enfermedad. Vivirán un apasionado romance, pero el problema surgirá cuando, una vez curada, deba volver de nuevo a su mísera existencia.(FILMAFFINITY)
Vittorio De Sica, attore e regista tra i più prolifici del cinema italiano, iniziò la sua carriera sui palcoscenici, ma si conquistò la fama internazionale – è ancora celebrato e citato dai più grandi autori americani, con in testa Martin Scorsese – con i capolavori neorealisti, scritti in coppia con il grande Cesare Zavattini: "Sciuscià" (1946), "Ladri di biciclette" (1948) e "Umberto D." (1951). Una lunghissima serie di premi e riconoscimenti internazionali, tra cui il primo Oscar speciale (che poi diverrà il premio per il miglior film straniero) per "Sciuscià", a cui seguiranno altri per "Ladri di biciclette", per Sophia Loren (miglior attrice protagonista) in "La ciociara", "Ieri, oggi e domani" e infine per "Il giardino dei Finzi Contini" (1971).
Il successo dei suoi film neorealisti contribuì alla sua popolarità negli Stati Uniti, anche se qualcuno a proposito di "Sciuscià" lo scambiava con Roberto Rossellini, forse per l'assonanza con "Paisà", fatto che purtroppo accade ancora oggi e, quel che è più grave, da noi. Il successo negli Usa lo porta a realizzare film coprodotti dagli americani (anche se spesso poco fortunati e/o un po' ibridi), da "Stazione Termini" (1953) a "Caccia alla volpe" (1966) con Peter Sellers. Ed è stato De Sica a lanciare sul piano internazionale la coppia Marcello Mastroianni-Sophia Loren che aveva debuttato proprio al suo fianco in "Peccato che sia una canaglia" di Alessandro Blasetti (1954). Il successo mondiale di film quali "Matrimonio all'italiana" (1964), "Ieri, oggi e domani" (1963) e "I girasoli" (1969) hanno convinto altri produttori e registi a sfruttare la coppia più bella e affiatata del mondo (da "La moglie del prete" di Dino Risi all'indimenticabile "Una giornata particolare" di Ettore Scola). Ma la Loren era stata la prorompente pizzaiola di "L'oro di Napoli", con cui il regista aveva dimostrato di essere capace di ottenere il più e il meglio dei suoi attori.
Infatti, l'autore che tirava fuori tutta l'umanità dei personaggi attraverso i protagonisti – siano essi professionisti o attori presi dalla strada – e delle storie, riusciva a commuovere lo spettatore in ogni angolo del mondo, senza mai cadere nel sentimentalismo né tantomeno nella retorica. Il suo tema era la dolorosa condizione sociale degli italiani nel dopoguerra (bambini orfani o abbandonati, disoccupati, pensionati) e perciò le sue opere diventano universali, comprensibili e vicine a tutti. Non per questo bisogna dimenticare la favola neorealista "Miracolo a Milano" (1951), dove il dramma sociale assume i toni della poesia. Le sue erano storie tipicamente italiane ma rispecchiavano l'universalità dei problemi sociali, economici e politici in un periodo in cui l'Europa aveva ancora aperte le ferite della Seconda guerra mondiale.
Il neorealismo, e "Sciuscià" in particolare, era nato nelle strade fra la gente, dove l'autore era andato a riprendere "dal vivo" storie e situazioni. "Sciuscià" era un documento vivo e un atto d'accusa contro una realtà brutale, tra una vecchia Italia non ancora scomparsa del tutto e una nuova ancora in fasce. Ma nel film c'è anche della poesia e della tenerezza, quelle caratteristiche che spesso sono state bollate come "sentimentalismo", "velleità letteraria", ovviamente, sbagliando. La forza di De Sica regista risiedeva proprio nella sua umanità, mai eccessiva né sopra le righe.
"Ladri di biciclette" divenne sinonimo di neorealismo, capolavoro di un attore passato alla regia che sorprese un po' tutti, addetti ai lavori e pubblico, e che dimostrava di avere delle qualità insospettate di osservatore della gente e dei suoi problemi; di fotografo del dolore e delle piccole gioie. Uno dei pochi autori che riusciva a dare sguardo umano attraverso l'occhio freddo della cinepresa. Insieme a Zavattini, De Sica affronta temi di scottante attualità proponendoli al pubblico e cercando di attirare l'attenzione del governo su questioni urgenti: l'infanzia abbandonata e gli istituti di reclusione in "Sciuscià"; la disoccupazione e il diritto al lavoro in "Ladri di biciclette"; la miseria e l'abbandono a cui vanno incontro gli anziani pensionati in "Umberto D."
"Ladri di biciclette" fu comunque un vero avvenimento per il cinema mondiale e (ri)conquistò Hollywood, mecca incontrastata della celluloide, che già allora dominava gli schermi italiani. Intellettuali, registi e pubblico lo riconobbero come un vero capolavoro.
"Nutro grande ammirazione per il film di De Sica – affermava nel 1956 Jean-Paul Sartre –, 'Ladri di biciclette' è, secondo me, uno dei film più importanti che siano stati realizzati dal 1945 ad oggi". E anche il filosofo Lukàcs lo ricorda "come film capace di esprimere, nella natura particolare della visibilità del cinema, una ricca scala di sensazioni, dalla tristezza opprimente fino al riso liberatore, in fatti della vita del tutto semplici, del tutto quotidiani, ai quali altrimenti non si presterebbe attenzione". (da "Tutti i De Sica", a cura di Orio Caldiron – E. Carpentieri Editore).
Nonostante i venti premi internazionali, tra cui 6 Nastri d'Argento, l'Oscar e il Globo d'oro), c'è chi allora gridò allo scandalo, che "i panni sporchi si lavano in casa", soprattutto per "Umberto D." che scatenò l'ira dell'allora sottosegretario allo spettacolo Giulio Andreotti. Le questioni poste dalla trilogia di De Sica-Zavattini sono sempre attuali – fatte le dovute considerazioni – e possono andare bene anche oggi e non solo per il terzo mondo. Non è un caso se la coppia Gabriele Muccino-Will Smith hanno ammesso pubblicamente che il loro riferimento per "La ricerca della felicità" non è solo il Chaplin di "Il monello" ma soprattutto il De Sica di "Ladri di biciclette".
Ma anche dopo, negli anni Sessanta-Settanta, fra alti e bassi, il regista continuò a dipingere l'Italia di ieri e di oggi senza dimenticare la realtà e nemmeno la sana ironia.
Nato a Sora nel 1901, De Sica esordì a teatro nel 1923 nella compagnia di Tatiana Pavlova, per passare appena tre anni dopo al cinema. Dividendosi tra i due fronti dello spettacolo, nel 1930 divenne primo attore e nel 1933 si trovò a capo di una compagnia teatrale con la prima moglie Giuditta Rissone e Sergio Tofano, specializzandosi in commedie sentimental-brillanti di Ghepardi e De Benedetti. E, appunto, il suo debutto nella regia cinematografica sarà proprio con la trasposizione di una commedia di Aldo De Benedetti, "Rose scarlatte" (1940).
Il successo sul grande schermo arrivò però come protagonista delle commedie dirette da Mario Camerini, da "Gli uomini che mascalzoni" a "Grandi magazzini", con Assia Noris con cui formò la copia più famosa e amata del periodo. Come regista si impose con "Teresa Venerdì" (1941) e si affermò con "Un garibaldino in convento" (1942), dove mostrava di possedere uno stile personale, garbato, e ben diverso da quello dei registi delle commedie dei "telefoni bianchi" che dominavano lo schermo all'epoca. Equivoci e sorrisi sì, ma anche sana ironia e freschezza, e una riscoperta italianità che i colleghi tentavano di soffocare, magari col tocco ungherese, allora in voga. La sua carriera di attore continuò comunque parallelamente a quella di regista. Indimenticabile il suo maresciallo dei carabinieri Antonio Carotenuto in "Pane, amore e fantasia" (1953) di Luigi Comencini, e poi in tutta la serie: "Pane, amore e gelosia", Pane, amore e…", Pane, amore e Andalusia".
Anticipatore, in un certo senso, dello spirito neorealista è il suo film successivo "I bambini ci guardano" (1943), un film capostipite anche per la tematica, oltre che per la narrazione. Fatti che si riscontrano anche nel poco visto "Le porte del cielo", restaurato qualche anno fa con "Sciuscià" dall'ex Centro Sperimentale di Cinematografia.
E' stato però con la trilogia neorealista, e l'appendice favolistica, che Vittorio De Sica ha espresso il suo talento di autore nato e di uomo sensibile, e con cui raggiunse i livelli più alti della sua opera. Una sorta di "processo alla nazione" – come amava definirla lui stesso – che diventava un grido, anzi (parafrasando il titolo di un suo altro film dimenticato) un "giudizio universale" contro le ingiustizie non solo del paese ma anche del mondo moderno. I suoi lustrascarpe senza famiglia né infanzia; i suoi disoccupati disperati; i suoi pensionati umiliati, offesi e abbandonati rimarranno nella storia del cinema e nella memoria collettiva (si spera) come il documento della crudeltà del secolo scorso, il Novecento dominato da due guerre mondiali e dalla paura di una terza.
De Sica morì il 13 novembre 1974, dopo aver finito "Il viaggio" con Sophia Loren e Richard Burton, mentre già stava preparando un nuovo film tratto dalle "Novelle della Pescara" di Gabriele D'Annunzio.
http://www.associazioneclaramaffei.org/claraCMS/articolo.jsp?id=1_0&sub=0&art=0
A Brief Vacation (1973) es un drama italiano dirigido por Vittorio De Sica que recibió el David europeo en los premios David di Donatello en 1973 por esta obra.
Una trabajadora diligente de una fábrica milanesa, Clara Mataro ( Florinda Bolkan ), está harta de su odiosa y monótona suerte, que consiste principalmente en mimar a su egoísta esposo Franco ( Renato Salvatori ) y dar a luz en su espeluznante lugar de trabajo. Un día, tras ser examinada por un médico, la envían con tuberculosis a un sanatorio remoto en los Alpes donde ve el mundo desde una perspectiva absolutamente nueva ...
"La película es como una vela humeante que calienta al espectador con su llama humanista"
El fenomenal director italiano Vittorio De Sica ejecuta con compasión esta historia insoportablemente conmovedora rebosante de sinceridad y sencillez que describe la vida de una mujer sencilla postrada con su arduo trabajo que le da todo menos alegría. La protagonista no solo se ve obligada a mantener a su familia, que está financieramente debilitada debido al hecho de que su consorte es incapaz de encontrar un trabajo decente con la pierna rota que se lesionó mientras conducía una motocicleta, sino que también se ve obligada a cumplir con sus familiares. egocentrismo y obstáculos cotidianos que poco a poco van enflaqueciendo su ya agotada alma. De Sica realza magistralmente la abrumadora sensación de desolación al utilizar un panorama sórdido y otoñal de turbios suburbios urbanos y el sentimiento de indigencia se intensifica al emplear claustrofóbicos, pisos de obreros que parecen estar repletos de tristeza y desesperación. Cuanto más lejos estéPasan unas breves vacaciones , las imágenes presentadas más alegres aparecen y la liberación transitoria de Clara de su onerosa vida que recuerda a una triste pesadilla es tácitamente congruente con el aspecto visual de la película, ya que De Sica ilumina con consideración el sombrío escenario del destino de Clara con matices gradualmente más brillantes. También es el momento en el que Clara encuentra el único gesto de amabilidad que proviene de un hombre totalmente desconocido al que conoce mientras espera su turno para ser examinada por un médico. El joven también demuestra ser un paciente y al discernir algo de amargura en su comportamiento, se esfuerza por consolarla en su difícil situación en un acto de pura bondad, algo muy esporádico a lo largo de su desalentadora vida.
Una vez que se delega a Clara para que se recupere en un sanatorio de los Alpes, la película adquiere un mínimo de atmósfera de fábula que reconforta tanto al espectador como a Clara, cuya interminable y agotadora lucha llega a su fin y le permite mirar al cosas perceptivamente menos ser apresuradas por sus deberes profesionales o maternales. De Sica enfatiza hábilmente su cámara en el héroe principal y, como corolario, seguimos la trama casi a través de sus ojos, al igual que Clara, regodeándose ávidamente con la belleza del paisaje invernal y mirando caras nuevas. El primer día en el sanatorio es un shock para Clara, quien parece estar virtualmente desconcertada por la milagrosa transición y De Sica compara de manera sobresaliente su nueva habitación con su indigente apartamento milanés lleno de cosas extrañas y extravagantes. exponiendo el espectacular contraste espacial entre ambos lugares. Asimismo, la serenidad que mantiene Clara inmediatamente después de su llegada al sanatorio es impactante y puntúa perfectamente su espíritu interior. Posteriormente, el concierto al que la paciente Scanziani (Adriani Asti ) invita a Clara y a otras dos mujeres obtiene un significado especial. El momento se convierte en el centro narrativo durante el cual Clara se encuentra con el hombre con el que habló mientras espera ser examinada por un médico, mientras otras mujeres curan sus heridas psicológicas con la hermosura de la música. Este factor narrativo de A Brief Vacation apuntala inmensamente la trama que no gira en torno a su romance o la recuperación del protagonista, sino que igualmente da mucho espacio a sus personajes secundarios. En última instancia, también se basa en que la mejor terapia para Clara es ayudar a otros pacientes a lidiar con sus propias molestias en lo más profundo de sus almas.
La actuación de Florinda Bolkan es ferviente, convincente y exquisitamente sutil. Bolkan realmente sabe cómo representar el papel que exige mucha delicadeza y sensibilidad. Renato Salvatori no es menos satisfactorio como su esposo egocéntrico que requiere mucho más de su esposa que de sí mismo. La actuación y el papel de Daniel Quenaud pueden no ser particularmente prominentes, pero su apariencia distintiva satisface la deficiencia contingente en la singularidad del papel del amante de Clara. Anna Carena y Adriana Asti transmiten otras graciosas actuaciones.
La música de Manuel De Sica parece bastante sentimental, pero nunca excesivamente entrometida, ya que en su mayoría permanece de fondo, sin perjudicar la película con tonos innecesariamente estridentes o discordantes. La cinematografía de Ennio Guarnieri captura de manera auspiciosa la abrumadora metamorfosis de la vida de Clara al yuxtaponer su entorno cotidiano exuberantemente enmarcado en acero, objetos agrupados y personas con su recuperación en el sanatorio donde los sucesos están profusamente estetizados con vidrio, nieve y espacios huecos.
A Brief Vacation es como una vela ardiente que calienta a su espectador con su llama humanista que dura incluso después de haber sido apagada por el tiempo de duración de la película. Lo que cautiva de la historia vibrante y fascinante de De Sica es que a pesar de abordar temas extremadamente serios de sufrimiento, muerte y condición de vida agonizante de ciudadanos empobrecidos, además de dejar un regusto agridulce, también produce un montón de vigor en su cautivadora y hermosa descripción de ventisqueros cremosos, montañas así como pasillos aireados y lustrosos llenos de llantos y dolores de pacientes que siempre pasan en busca de su recuperación física y espiritual.