TÍTULO ORIGINAL
Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e di politica
AÑO
1996
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Italiano e Inglés (Separados)
DURACIÓN
101 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Lina Wertmuller
GUIÓN
Leonardo Benevenuti
MÚSICA
Pino D'Angiò
FOTOGRAFÍA
Blasco Giurato
REPARTO
Veronica Pivetti, Gene Gnocchi, Tullio Solenghi, Cinzia Leone, Mariano D'Amora, Piera Degli Esposti, Cyrielle Clair, Rossy de Palma
PRODUCTORA
Bruno Altissimi, Claudio Saraceni
GÉNERO
Comedia
Tunin e Zvanin, operai metalmeccanici, anche se ora litigano perché il primo è rimasto con il partito di Rifondazione e il secondo ha aderito al partito dell'Ulivo, sono vecchi amici con la passione per le automobili d'epoca. Eccitati politicamente, piombano in piena celebrazione del partito della Lega Nord: assaliti dai leghisti, Tunin si infiamma per una di loro, la debordante Rossella, parrucchiera, che accetta di cedergli, purché egli firmi l'adesione alla Lega. Zvanin, sposato con Mariolina, perora la causa dell'amico contrario ad aderire politicamente alla Lega Nord, ma finisce per incapricciarsi di Anitina, la bionda socia di Rossella. Costei adesca Tunin su un battello fluviale che poi fa scorrere davanti al ristorante aperto della moglie di lui, Palmina che lo caccia di casa, dopo aver insinuato che il loro unico rampollo, Tazio, fidanzato con Volga figlia di Zvanin, sia figlio di questi. Rossella, che si è fatta frattanto eleggere assessore alla cultura, organizza una corsa storica sperando che Tunin, che ormai vive segregato in un garage, partecipi. Costui, vedendo l'amico traditore in gara, si precipita con la sua vettura d'epoca facendolo sbandare in un campo di granturco, picchiandolo ed accusandolo di tradimento finché questi non gli ricorda che quando ha sposato Palmina costei era illibata. Riconciliati, i due salgono sull'automobile di Tunin e vincono la gara, ma alla premiazione insultano i leghisti e fuggono. Torna così la pace nelle famiglie.Ma alla vittoria del partito dell'Ulivo una manifestazione leghista turba la festa degli aderenti al partito al ristorante. Nella confusione generale Rossella e Palmina si accapigliano, e Tunin, nel separarle risente nuovamente l'attrazione fatale per la parrucchiera.
Critica
"Un po' sulla falsariga dello storico duetto Peppone-Don Camillo, il film stiracchia il primo tempo in un viavai iper-padano di agguati, sguardi assassini, incresciosi contrattempi ed ardori 'politicamente scorretti'. Le beghe strapaesane lasciano il tempo macchiettistico che trovano, Gene Gnocchi non ritrova il passo del Rubagotti della mitica 'Mai dire gol' e i dialoghi del protagonista col proprio indisciplinato pene ricordano un po' troppo uno dei più brutti libri di Moravia. Nonostante l'impeccabile cammeo del professor Mimmo De Masi nella parte di sé stesso, l'odissea dell'italico cassaintegrato non riesce, inoltre, a tradursi in doping cinematografico ed a sollevare il racconto dal suo pittoresco contesto scenografico. Ci si vorrebbe domandare perché la Wertmüller tenga in così poco conto la bella calligrafia e si ostini a filmare dei teatrini con una sciatteria non dissimile da quella simpaticamente in auge nella serie Banfi-Fenech degli anni Settanta. Ma è una domanda in fondo oziosa: anche perché il secondo tempo guadagna in ritmo indiavolato, in qualità delle battute (si fanno sentire Benvenuti e De Bernardi) e in delirio pochadistico, svincolando definitivamente il film da pericolose ambizioni." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 13 ottobre 1996)
https://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/metalmeccanico-e-parrucchiera-in-un-turbine-di-sesso-e-politica/34754/
Non mi sono mai occupato di Lina Wertmüller (Roma, 1928), anche se ho visto quasi tutti i suoi film, apprezzandone senza riserve soltanto tre: Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto (1974), Mimì metallurgico ferito nell’onore (1971) e Pasqualino Settebellezze (1975). Non voglio togliere niente a una regista apprezzata anche oltreoceano, spesso candidata a premi prestigiosi, ma trovo che molti suoi lavori siano stati sopravvalutati da certa critica alla disperata ricerca di pellicole intrise di messaggi politici. Lina Wertmüller comincia con il teatro con Garinei e Giovannini, si avvicina al cinema come assistente prima di Armando Grottini, poi di Federico Fellini (La dolce vita e Otto e mezzo), non trascura radio (sceneggia Un olimpo poco tranquillo), teatro (Carmen, Amore e magia nella cucina di mamma) e televisione (Canzonissima 1959, Il giornalino di Gian Burrasca). Debutta come regista con un film che ricorda I vitelloni del maestro Fellini, ma si intravede una cifra stilistica tesa alla satira grottesca: I basilischi (1963). Il vero e proprio successo arriva con il suo film migliore: Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972), che mette in campo per la prima volta la coppia Giannini – Melato in una commedia grottesca intrisa di elementi sociopolitici. Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto (1974) rappresenta il culmine della poetica femminista e della polemica antiborghese, con una storia d’amore improbabile tra un rozzo marinaio (Giannini) e una ricca industriale (Melato), uniti dal naufragio su un’isola deserta. Uno dei suoi minimi storici – anche per colpa di un cast inadeguato – è Sotto… sotto… strapazzato da anomala passione (1983), ma una caratteristica della regista restano i titoli interminabili, spesso di cattivo gusto. Ottimo Io speriamo che me la cavo (1992), con un grande Paolo Villaggio nei panni di un maestro del nord che affronta una problematica scolaresca meridionale. Il suo ultimo lavoro cinematografico è Peperoni ripieni e pesci in faccia (2004), con Sophia Loren protagonista, mentre chiude con la televisione girando Mannaggia alla miseria (2009), sempre interpretato dalla Loren. David di Donatello alla carriera nel 2010. Cammeo nel 2013 in Benevenuto presidente di Riccardo Milani.
Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica (1995) è uno degli ultimi lavori di Lina Wertmüller, ma non è così mal riuscito, anche se i protagonisti non hanno la classe di Mariangela Melato e Giancarlo Giannini. Tullio Solenghi è Tunin, operaio di Rifondazione Comunista, Gene Gnocci è Zvanin, operaio revisionista del PDS, entrambi messi in cassa integrazione dalla Ferrari. Piera Degli Esposti e Cinzia Leone sono le mogli che affrontano la situazione – da brave donne coraggio – e mettono in piedi una trattoria alla foce del fiume dove servono rane fritte. Le donne sono i personaggi migliori, perché i due mariti invece di impegnarsi nel lavoro sono farfalloni e fedifraghi. Il tempo libero – teorizzato in un cammeo del sociologo Domenico De Masi – viene utilizzato per farsi le amanti, non tanto per riscoprire poesia, arte e attività sportive. Solenghi corre dietro alle gonne della parrucchiera leghista Veronica Pivetti – sorella di Irene, Presidente della Camera dei Deputati – e ci finisce a letto dopo averle promesso di passare dalla parte di Bossi. Nel frattempo Gnocchi tradisce la moglie con Cyrielle Claire che interpreta una giovane maestra di tango. Il tema politico si innesta sul versante erotico – abbastanza spinto – e la lotta tra leghisti e comunisti si stempera tra le lenzuola. Crisi coniugale, tradimenti, lotta di classe, ignoranza leghista, superficialità della sinistra, sono tutti elementi mixati in un gran calderone sociopolitico. La storia diverte, presa come commedia grottesca, interpretata sopra le righe da Solenghi e Gnocchi, ma anche da una Pivetti molto nuda e in gran forma, come non la vedremo più. Certo, sono lontani i tempi di Giannini e Melato, siamo nel 1996, dobbiamo accontentarci di una disfida Solenghi – Pivetti, condita di riferimenti politici e di allusioni culturali. Il tentativo di attualizzare Travolti da un insolito destino in salsa erotico – politica non riesce più di tanto, ma il film va preso per quel che è: una pochade senza pretese, abbastanza volgare, zeppa di dialoghi tra Solenghi e il suo pene, ricca di momenti da commedia sexy condita da una spruzzatina di sociologia politica. La crisi della sinistra appena s’intuisce, la diffidenza verso D’Alema pure, l’astio contro i leghisti è stemperato dal sesso a buon mercato, alla fine l’immagine che resta impressa è quella di Soleghi che si copre le terga sia con la bandiera dell’Ulivo che con quella della Lega. La lotta politica sta andando a puttane, in pratica. Se Wertmüller, De Bernardi e Benvenuti volevano lanciare questo messaggio (ma non credo) ci sono riusciti in pieno. Buona l’ambientazione padana, alla periferia di Mantova, nel comune di Pizzighettone, alla foce del fiume Po.
A nostro giudizio comunque da recuperare, se ci accontentiamo di rivedere una pochade, ma dobbiamo avere la capacità di sopportare l’irritante non recitazione di un Gene Gnocchi sempre uguale a se stesso.
Giordano Lupi
https://cinemaitalianodatabase.com/2018/05/11/metalmeccanico-e-parrucchiera-in-un-turbine-di-sesso-e-politica-1995-di-lina-wertmuller-recensione-del-film/
Lina Wertmuller ha condotto una curiosa carriera. A costo di ricevere accuse di sessismo, resto convinto del fatto che la sua importanza nel cinema italiano sia da accreditarsi al suo essere donna, data l’inconsueta presenza femminile nostrana dietro le macchine da presa. Al suo attivo ha una serie di film vivaci quanto grevi, grotteschi e romantici al contempo, realizzati nella prima parte del suo percorso artistico. Dalla metà degli anni settanta si può tranquillamente parlare di stasi se non di involuzione.
Apice di questo periodo mediocre (successivamente solo stantii e tristi ricordi di un glorioso passato) è questo Metalmeccanico e parrucchiera, dichiaratamente girato con l’intenzione di rinverdire i fasti della coppia Mariangela Melato e Giancarlo Giannini. Commedia sociale, insomma, con al centro due militanti (un rifondarolo e una leghista) padani travolti da un insolito destino d’anarchia sentimentale.
Il primo guaio è che Veronica Pivetti e Tullio Solenghi non sono nemmeno lontanamente accostabili a Melato e Giannini e sovente azzardano vaghe imitazioni di tic e guizzi dei due mostri sacri. Il secondo è che una storia del genere poteva funzionare negli anni cinquanta, benché in certe parti del centro nord si respiri tuttora quell’aria un po’ guareschiana del manicheismo politico che finisce a tarallucci e vino (e in questo caso nel letto).
In realtà Wertmuller non osa più di tanto in questa ennesima versione di Don Camillo e Peppone in salsa erotica, gioca di rimessa non eccedendo come in passato (ritmo come sempre forsennato ma attenuato e forse edulcorato), adeguandosi ad un passo tutto sommato televisivo in cui la scioltezza narrativa non è in armonia con la fluidità stilistica.
Il fatto che il film si lasci guardare senza troppe pretese non c’entra con l’evidenza che trattasi di film confusionario e fuori tempo massimo, in cui il richiamo sessuale se ne fotte dell’ideologia politica, perché è tutto talmente debole che non si rinuncia ad una scopata per una falce e un martello o per un luogo di fantasia su bandiera verde.
https://lorciofani.com/2015/06/09/italian-retro-metalmeccanico-e-parrucchiera-in-turbine-di-sesso-e-politica-1996/