TÍTULO ORIGINAL La vita che vorrei
AÑO 2004
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Inglés (Separados)
DURACIÓN 124 min.
DIRECTOR Giuseppe Piccioni
GUIÓN Linda Ferri, Giuseppe Piccioni, Gualtiero Rosella
MÚSICA Michele Fedrigotti
FOTOGRAFÍA Arnaldo Catinari
REPARTO Luigi Lo Cascio, Sandra Ceccarelli, Galatea Ranzi, Nini Bruschetta, Fabio Camilli, Roberto Citran, Paolo Sassanelli, Camilla Filippi, Sonia Gessner, Gea Lionello, Sasa Vulicevic
PRODUCTORA RAI Cinema / Lumiére & Co.
PREMIOS 2004: Premios David di Donatello: 5 nominaciones, incluyendo Mejor actriz (Sandra Ceccarelli)
GÉNERO Romance. Drama
SINOPSIS Laura, poco più che trentenne e con un'incerta carriera di attrice alle spalle, viene scelta come protagonista per girare un film in costume ambientato nell'Ottocento, che narra di una sfortunata storia d’amore. Sul set fa la conoscenza di Stefano, trentacinquenne attore piuttosto affermato, che torna a recitare dopo un film non riuscito. Tra i due nasce una relazione che ripercorre nella realtà le tappe e gli sviluppi della storia recitata sul set... (FilmScoop)
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Subtítulos (Inglés)
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Resulta interesante como variante temática que acerca el cine actual a la temática del cine clásico de los cincuenta. Anacrónico pero efectivo para aquellos que disfrutan con “el cine dentro del cine”."
La vida dentro del cine o el cine dentro de la vida. Quizás las dos cosas a la vez. Esa es la propuesta de La Vita che Vorrei donde un par de actores se ven relacionados emocionalmente más allá de la pantalla. Ella una actriz desconocida que se mete en la película como protagonista sin tener una experiencia previa. Él ya consagrado y consciente de su importancia en el cine y de su papel de divo displicente. Celos, envidias y éxitos que no se quieren compartir se irán sucediendo a la vez que avanza el rodaje de la película llamada La Vita che Vorrei en escenarios del siglo pasado con intrigas amatorias.
Cierto que la vida de un pobre actor europeo no tiene la mitad de glamour que la de uno de Hollywood donde las mieles del éxito son mucho más dulces y truculentas. Vamos que no nos encontramos con un Brad Pitt y una Angelina Jolie haciendo sus actos de caridad, es mucho más íntimo y escondido lejos de los ojos de los compañeros como si la relación no existiera huyendo de puntillas de las habitaciones de los hoteles antes del amanecer.
Un melodrama en toda regla vaya que contra más avanza más lento se hace y más tiempo pasa dentro de la película y lejos de la vida real. El inicio promete mucho, tanto para Stefano como para Laura, sus protagonistas pero según ella se va acomodando al estatus de estrella menos interesante se hace el desarrollo y el personaje arrastrando a todos los demás.
Una lástima que la mitad de la película sea absolutamente decepcionante a pesar de la labor de Luigi Lo Cascio (I Cento Passi) y Sandra Ceccarelli. Pero a pesar de ello resulta interesante como variante temática que acerca el cine actual a la temática del cine clásico de los cincuenta. Anacrónico pero efectivo para aquellos que disfrutan con “el cine dentro del cine”.
Ana Belén Pacheco
http://www.muchocine.net/criticas/5820/La-vita-che-vorrei
Cierto que la vida de un pobre actor europeo no tiene la mitad de glamour que la de uno de Hollywood donde las mieles del éxito son mucho más dulces y truculentas. Vamos que no nos encontramos con un Brad Pitt y una Angelina Jolie haciendo sus actos de caridad, es mucho más íntimo y escondido lejos de los ojos de los compañeros como si la relación no existiera huyendo de puntillas de las habitaciones de los hoteles antes del amanecer.
Un melodrama en toda regla vaya que contra más avanza más lento se hace y más tiempo pasa dentro de la película y lejos de la vida real. El inicio promete mucho, tanto para Stefano como para Laura, sus protagonistas pero según ella se va acomodando al estatus de estrella menos interesante se hace el desarrollo y el personaje arrastrando a todos los demás.
Una lástima que la mitad de la película sea absolutamente decepcionante a pesar de la labor de Luigi Lo Cascio (I Cento Passi) y Sandra Ceccarelli. Pero a pesar de ello resulta interesante como variante temática que acerca el cine actual a la temática del cine clásico de los cincuenta. Anacrónico pero efectivo para aquellos que disfrutan con “el cine dentro del cine”.
Ana Belén Pacheco
http://www.muchocine.net/criticas/5820/La-vita-che-vorrei
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Laura e Stefano, attori entrambi un po’ in crisi professionalmente e sentimentalmente, si incontrano sul set di un film ambientato nell’Ottocento: la storia d’amore tormentato della finzione si interseca con quella, speculare, della realtà… Senza un grammo di ironia né, figuriamoci, la grazia di un Truffaut nel parlare di amore verso il cinema e, quindi, verso la vita, Piccioni (co-autore anche del soggetto e della sceneggiatura) punta alto ma si arena fin dalle prime battute, anzi quasi dà l’impressione di non volerci nemmeno provare a risultare convinto e convincente: e vai, dunque, con i tormenti esistenziali di personaggi (i due interpreti – Lo Cascio è ormai insostenibile, Ceccarelli non è né carne né pesce – di certo non aiutano, così come non aiuta l’interazione meccanica e artificiosa del mondo che ruota attorno a loro) in realtà troppo risolti per le loro problematiche e comunque del tutto incapaci di appassionare minimamente; la regia di Piccioni, invece, sta lì - sciatta, povera (quadri mal studiati, controluci orrendi, giochi col fuori fuoco a dir poco amatoriali, controcampi svogliati, ritmo narrativo e ritmi di montaggio non calcolati, movimenti o soltanto accenni di movimento maldestri, insicurezza nel gestire e far interagire la parte della finzione e la parte della realtà, e via dicendo) e un tantino miserabilista – senza provare non si dice un guizzo di vitalità cinematografica ma nemmeno un quid di intensità, di imprevedibilità, di seduzione. Tanto che, vedendo le sequenze del film nel film (quasi un cinema italiano - inesistente ma tuttavia realmente ridicolo - che insegue forse utopie di perfezione kubrickiana e si adagia invero su standard da serie televisiva: guarda caso, co-produce la Rai), viene davvero da pensare - cosa da far tremare le vene nei polsi - che Piccioni giri in quella maniera lì. E, in mancanza di una storia d’amore sofferta e pregnante, pure il tema della vita come teatro della finzione (o viceversa) risulta di un qualunquismo raccapricciante e di un pirandellismo da educande, visto il tono fieramente didascalico con cui Piccioni vuole spiegare tutto, ma proprio tutto, agli spettatori: sentire per credere la canzone di Gianna Nannini con cui il film si chiude. Tolto il finale in ospedale, l’imbarazzo narciso di un cinema minimalista che non sa cosa sia il minimalismo della realtà, tuttavia, tocca probabilmente il fondo con la fugace (e, ça va sans dire, inutile) apparizione di Silvio Muccino nella parte di sé stesso.
Roberto Donati
Roberto Donati
Vivere vuol dire fingere
Giuseppe Piccioni (Fuori dal mondo, Luce dei miei occhi) è il regista italiano che possiede maggiormente una sensibilità da cinema francese. Centro della sua opera è l’indagine minuziosa dei sentimenti, delle psicologie e dei moti dell’animo dei suoi personaggi. In la vita che vorrei i piani del racconto sono doppi come i protagonisti. La scelta è quella metacinematografica del film nel film. Lo Cascio e Ceccarelli vivono due storie d’amore speculari, nel film in costume che interpretano e nella vita fuori dal set. L’intreccio fra finzione e realtà, tra personaggio e interprete crea un labirinto di specchi, dove è sempre più difficile ritrovare la verità. Se il plot è abusato, da sempre (Effetto notte, Stardust memories...) bisogna riconoscere l’abilità di Piccioni nell’indagare le pieghe dell’animo dei suoi interpreti, regalandoci una notevole dichiarazione d’amore per il cinema e per il mestiere d’attore. Purtroppo la sceneggiatura si smarrisce nella seconda parte, prolungando inutilmente il minutaggio della pellicola con ripetizioni eccessive. L’alternarsi dei due piani del racconto diventa scontato, prevedibile, noioso. L’atmosfera sospesa, emotiva, coinvolgente, creata con abilità è rotta bruscamente da un finale posticcio, completamente fuori luogo (che ciazzecca poi Gianna Nannini?), che toglie molto al valore della pellicola. Un vero peccato perchè il progetto era dèmodè, ambizioso e ad un passo dalla riuscita.
Paolo Bronzetti
http://www.centraldocinema.it/recensioni/ott04/la_vita_che_vorrei.htm
Paolo Bronzetti
http://www.centraldocinema.it/recensioni/ott04/la_vita_che_vorrei.htm
Entrevista a Giuseppe Piccioni y Sandra Ceccarelli
Giuseppe Piccioni y Sandra Ceccarelli, director y actriz respectivamente de La vida que sueño (2004), una película que aborda el vínculo entre dos actores que están filmando una reconstrucción de época. Cine dentro del cine, entrevista dentro de la entrevista.
Por Federico Godfrid y Silvana Irimia.
LA ACTRIZ QUE SUEÑA
LA ACTRIZ QUE SUEÑA
(fecha de realización: Diciembre 2005)
El pasado 2006 se estrenó en nuestro país la película La vida que sueño(1)de Giuseppe Piccioni, que cuenta con las actuaciones protagónicas de Sandra Cecarelli y Luigi Lo Cascio. Su reciente estreno en DVD nos permite acercar esta detallada entrevista que realizamos junto a su director y protagonista en el Encuentro Pantalla Pinamar 2005. Durante dos horas desarrollamos esta conversación en torno al trabajo del director y el actor en una película que particularmente habla del vínculo entre dos actores que están filmando. Cine dentro del cine, entrevista dentro de la entrevista, Giuseppe y Sandra nos desglosan en detalle su manera de concebir la actuación y la dirección de actores cinematográficas.
En La vida che vorrei vuelven a trabajar juntos director-actriz-actor, al igual que en la película anterior Luce dei miei occhi(2), con la que ganaron los premios principales de actor y actriz del Festival Internacional de Venecia.
¿Cómo entendés el trabajo del director con relación a sus actores?
Giuseppe: Cuando se habla de dirigir a un actor se piensa en un director encantador de cabello blanco con sombrero y yo no soy así. Para mí el trabajo de la dirección de actores está intrínsecamente relacionado con el encuentro. Es un trabajo que empieza mucho antes de la filmación, mucho tiempo de probar, probar, probar, registrar con una cámara, hacer apuntes, cancelar, corregir, para que el actor capte el sentido del personaje. Yo necesito que el actor asuma completamente la responsabilidad de un proyecto, de un personaje y eso implica compromiso en el Tiempo, no es venir a actuar e irse a la casa.
Giuseppe: Cuando se habla de dirigir a un actor se piensa en un director encantador de cabello blanco con sombrero y yo no soy así. Para mí el trabajo de la dirección de actores está intrínsecamente relacionado con el encuentro. Es un trabajo que empieza mucho antes de la filmación, mucho tiempo de probar, probar, probar, registrar con una cámara, hacer apuntes, cancelar, corregir, para que el actor capte el sentido del personaje. Yo necesito que el actor asuma completamente la responsabilidad de un proyecto, de un personaje y eso implica compromiso en el Tiempo, no es venir a actuar e irse a la casa.
¿Cómo encarás el proceso de ensayo con los actores?
G: Los ensayos son muy importantes. A mí por lo general me gusta leer el guión con toda la troop(3) y establecer grandes discusiones sobre cada una de las escenas. Pienso que el trabajo de un director consiste en estar continuamente en busca de la esencia de la escena.
En este film era aún más complicado por el hecho que la película que actúan dentro del film es una película de época y cuyo lenguaje era del Ochocento(4)… y entonces el trabajo con ellos dos principalmente tenía que ver con encontrar una identificación personal con sus personajes. Me gusta que un actor introduzca su vida en los personajes pero no que se copie.
Sandra: Él buscaba que los actores pudiéramos jugar el personaje y que no fuéramos nosotros mismos actuando, o sea yo soy actriz y en la película no hago exactamente como en mi vida: esperando para rodar, ensayando, leyendo el guión. Parece un trabalenguas pero a él le interesaba que fuésemos “más verdaderos” en la película dentro de la película que apela a lenguajes antiguos que en la parte en donde nos interpretamos a “nosotros mismos”.
En la trama de la La vita che vorrei, la forma en la que está contado el proceso de ensayo es falso, los actores-personajes se encuentran por su cuenta a practicar el texto, porque es la forma de contar el vínculo entre estos dos actores. Eso en la realidad nunca sucedería con Giuseppe porque jamás se quedaría afuera de los ensayos (risas), él ensaya muchísimo con todos los actores, no sólo con los principales. Cada actor, aunque tenga un pequeño papel en la película, para Giuseppe es un papel indispensable y busca que encuentre la mejor manera de hacerlo.
G: Un aspecto importante en este film es el asunto del travestimento -vestuario, disfraz, máscara-, no sólo por el vestuario de época que debían usar los personajes sino también Laura (el personaje-actriz) viste una peluca rubia y de pelo corto, estilo que Sandra (la actriz) nunca utilizaría en su vida real.
S: Me sirvió para sentirme distinta porque el pelo de alguna forma te cambia el carácter, porque para mí ser rubia es algo tan distinto de mí como usar un vestido del Ochocento. Es encontrar en la parte inmediatamente reconocible algo que sea diferente a lo que somos.
G: Los ensayos son muy importantes. A mí por lo general me gusta leer el guión con toda la troop(3) y establecer grandes discusiones sobre cada una de las escenas. Pienso que el trabajo de un director consiste en estar continuamente en busca de la esencia de la escena.
En este film era aún más complicado por el hecho que la película que actúan dentro del film es una película de época y cuyo lenguaje era del Ochocento(4)… y entonces el trabajo con ellos dos principalmente tenía que ver con encontrar una identificación personal con sus personajes. Me gusta que un actor introduzca su vida en los personajes pero no que se copie.
Sandra: Él buscaba que los actores pudiéramos jugar el personaje y que no fuéramos nosotros mismos actuando, o sea yo soy actriz y en la película no hago exactamente como en mi vida: esperando para rodar, ensayando, leyendo el guión. Parece un trabalenguas pero a él le interesaba que fuésemos “más verdaderos” en la película dentro de la película que apela a lenguajes antiguos que en la parte en donde nos interpretamos a “nosotros mismos”.
En la trama de la La vita che vorrei, la forma en la que está contado el proceso de ensayo es falso, los actores-personajes se encuentran por su cuenta a practicar el texto, porque es la forma de contar el vínculo entre estos dos actores. Eso en la realidad nunca sucedería con Giuseppe porque jamás se quedaría afuera de los ensayos (risas), él ensaya muchísimo con todos los actores, no sólo con los principales. Cada actor, aunque tenga un pequeño papel en la película, para Giuseppe es un papel indispensable y busca que encuentre la mejor manera de hacerlo.
G: Un aspecto importante en este film es el asunto del travestimento -vestuario, disfraz, máscara-, no sólo por el vestuario de época que debían usar los personajes sino también Laura (el personaje-actriz) viste una peluca rubia y de pelo corto, estilo que Sandra (la actriz) nunca utilizaría en su vida real.
S: Me sirvió para sentirme distinta porque el pelo de alguna forma te cambia el carácter, porque para mí ser rubia es algo tan distinto de mí como usar un vestido del Ochocento. Es encontrar en la parte inmediatamente reconocible algo que sea diferente a lo que somos.
Por un lado un trabajo analítico, de adentro hacia fuera del personaje, en busca de la esencia de la escena y por otro un trabajo físico, de afuera hacia adentro del personaje. En un momento Laura (el personaje-actriz) le pide a la chica de vestuario que le ate el corsé como lo ataban en el siglo XIX. ¿Vos utilizás esos recursos en la construcción del personaje?
S: Sí, bastante… son ayudas y todo lo que me puede ayudar a entender al personaje será bienvenido. Te doy otro ejemplo. Cuando hicimos Luce dei miei occhi mi personaje tenía una pescadería, era una mujer con muchos problemas y que la pescadería no funcionase era particularmente importante en la historia. Cuando estábamos preparando la película yo le pedí que me llevasen a una pescadería, un poquito a la Actor´s Studio(5), y fue muy bueno. Pude ir varias veces... y no es que aprendí a tener una tienda de pescados, pero después de diez veces, una de las cosas que más recuerdo es el olor que había, mezcla de pescado, de cartón mojado y de algo más. Todos los días lo aspiraba y el ruido permanente producido por mil frigoríficos martillaban mi cabeza. Volvía a mi casa como alguien
después de trabajar todo el día en una fábrica y aún sentía el ruido y el olor. Giuseppe no es un director “método Stanislawski(6)” total, pero tampoco está cerrado a eso.
S: Sí, bastante… son ayudas y todo lo que me puede ayudar a entender al personaje será bienvenido. Te doy otro ejemplo. Cuando hicimos Luce dei miei occhi mi personaje tenía una pescadería, era una mujer con muchos problemas y que la pescadería no funcionase era particularmente importante en la historia. Cuando estábamos preparando la película yo le pedí que me llevasen a una pescadería, un poquito a la Actor´s Studio(5), y fue muy bueno. Pude ir varias veces... y no es que aprendí a tener una tienda de pescados, pero después de diez veces, una de las cosas que más recuerdo es el olor que había, mezcla de pescado, de cartón mojado y de algo más. Todos los días lo aspiraba y el ruido permanente producido por mil frigoríficos martillaban mi cabeza. Volvía a mi casa como alguien
después de trabajar todo el día en una fábrica y aún sentía el ruido y el olor. Giuseppe no es un director “método Stanislawski(6)” total, pero tampoco está cerrado a eso.
Como mencionábamos anteriormente, escribiste el guión sabiendo que Sandra y Luigi serían tus protagonistas. ¿Cómo es esta situación de desarrollar los personajes sabiendo qué actores los van a interpretar?
G: En este caso particular veníamos de una hermosa experiencia en Luce dei miei occhi y queríamos volver a hacer una película juntos. Por lo general siempre hago castings una vez terminado el guión, pero en este caso ya estaba pensando en ellos mientras escribía la historia. Cada uno tiene su método de trabajar. A mí me gusta probar mucho con los actores… Sandra es una actriz distintiva con una tendencia a hacer films de tipo exclusivamente dramáticos. Mientras escribía pensaba que varías cosas del personaje le pertenecían a ella como persona pero que nunca las había experimentado antes. Por ejemplo, en este caso quise que el personaje que interpreta en el Ochocento, Eleonora, fuese dramático, siguiendo la tónica a la que está acostumbrada, pero que el personaje de la actriz, Laura, encontrara sus aspectos más ligeros como persona.
S: Yo creo que lo que quiere decir es que yo no he podido sentirme como “bueno, esta soy yo, esto es lo que voy a hacer”, porque además en todo el período de ensayos -este creo yo que es el punto- si el actor encuentra la comodidad rápidamente Giuseppe luchará para que eso no pase y siga investigando.
G: En este caso particular veníamos de una hermosa experiencia en Luce dei miei occhi y queríamos volver a hacer una película juntos. Por lo general siempre hago castings una vez terminado el guión, pero en este caso ya estaba pensando en ellos mientras escribía la historia. Cada uno tiene su método de trabajar. A mí me gusta probar mucho con los actores… Sandra es una actriz distintiva con una tendencia a hacer films de tipo exclusivamente dramáticos. Mientras escribía pensaba que varías cosas del personaje le pertenecían a ella como persona pero que nunca las había experimentado antes. Por ejemplo, en este caso quise que el personaje que interpreta en el Ochocento, Eleonora, fuese dramático, siguiendo la tónica a la que está acostumbrada, pero que el personaje de la actriz, Laura, encontrara sus aspectos más ligeros como persona.
S: Yo creo que lo que quiere decir es que yo no he podido sentirme como “bueno, esta soy yo, esto es lo que voy a hacer”, porque además en todo el período de ensayos -este creo yo que es el punto- si el actor encuentra la comodidad rápidamente Giuseppe luchará para que eso no pase y siga investigando.
¿Cómo son los ensayos de las escenas más importantes a nivel dramático?
S: Nos encontramos con él en su casa, muchas veces con el actor y una videocámara. Él va grabando todo. Después lo ve y nos aporta nuevas ideas o nos señala lo que no funciona. Trabajamos sobre las escenas fundamentales para el personaje, donde hay transformaciones. La verdad es que llegamos muy preparados al set y así y todo algunas cosas se modifican el día anterior a rodar la escena.
G: Cuando trabajamos en mi casa lo primero es hacer una lectura del guión para entender lo que sucede. No le damos mucha importancia a la forma de decirlo, ni al grado de intensidad, sino a la comprensión del texto. Lo importante es entenderlo porque después vas a rodar la última escena el primer día y todo se mezcla. Así que lo importante es entender la dinámica y qué es lo que pasa en la película. De esta forma todos llegan con su mapa, con la estructura a la filmación. Luego probamos las escenas claves grabando con una cámara de video. Me sucede que hasta cuando hago un casting con una actor o una actriz que no quedan seleccionados, también me aporta sugerencias de las cosas que debo cambiar o mejorar en el guión, o cosas que deben ser dichas de otro modo. Después de ese gran trabajo de análisis, de observación de lo que iremos a hacer, frenamos y nos distanciamos del texto hasta el día de filmación. De esta manera el día del rodaje aparece algo nuevo.
S: Nos encontramos con él en su casa, muchas veces con el actor y una videocámara. Él va grabando todo. Después lo ve y nos aporta nuevas ideas o nos señala lo que no funciona. Trabajamos sobre las escenas fundamentales para el personaje, donde hay transformaciones. La verdad es que llegamos muy preparados al set y así y todo algunas cosas se modifican el día anterior a rodar la escena.
G: Cuando trabajamos en mi casa lo primero es hacer una lectura del guión para entender lo que sucede. No le damos mucha importancia a la forma de decirlo, ni al grado de intensidad, sino a la comprensión del texto. Lo importante es entenderlo porque después vas a rodar la última escena el primer día y todo se mezcla. Así que lo importante es entender la dinámica y qué es lo que pasa en la película. De esta forma todos llegan con su mapa, con la estructura a la filmación. Luego probamos las escenas claves grabando con una cámara de video. Me sucede que hasta cuando hago un casting con una actor o una actriz que no quedan seleccionados, también me aporta sugerencias de las cosas que debo cambiar o mejorar en el guión, o cosas que deben ser dichas de otro modo. Después de ese gran trabajo de análisis, de observación de lo que iremos a hacer, frenamos y nos distanciamos del texto hasta el día de filmación. De esta manera el día del rodaje aparece algo nuevo.
¿Y vos como actriz cómo sentís este acercarse y alejarse del texto para encontrar algo nuevo?
S: No sé bien cómo explicarlo. Nunca se termina de reflexionar, siempre podés ir más adentro hasta analizar el valor de una palabra. Hay escenas a las que no les encontrás el significado y un día lavándote las manos lo descubrís. También hay muchas escenas que no llegás a comprender hasta el momento en que las hacés y otras que no
las comprendés ni habiéndolas hecho. Hay escenas que comprendí después de tres años de haber hecho la película, aunque la escena haya salido bien. No sé responderte exactamente lo que pasa porque también son procesos muy abstractos, quizás un psicólogo pueda…
S: No sé bien cómo explicarlo. Nunca se termina de reflexionar, siempre podés ir más adentro hasta analizar el valor de una palabra. Hay escenas a las que no les encontrás el significado y un día lavándote las manos lo descubrís. También hay muchas escenas que no llegás a comprender hasta el momento en que las hacés y otras que no
las comprendés ni habiéndolas hecho. Hay escenas que comprendí después de tres años de haber hecho la película, aunque la escena haya salido bien. No sé responderte exactamente lo que pasa porque también son procesos muy abstractos, quizás un psicólogo pueda…
¿Podés hacer una valoración entre las primeras y las últimas tomas?
S: Depende. Hay veces que una escena la hacés tantas veces que al final de verdad lográs obtener lo que al principio no lograbas y hay otras en que las primeras dos son las mejores y hacés muchas más y te queda una sensación de que eran mejores las primeras y que no podés cambiarlo. Depende muchísimo de la escena, del día, de la situación, eso es una cosa del arte ¿no?
G: A veces sucede que el ensayo es más bello que la escena del film… y puedo llegar a tirar veinte tomas para tentar encontrarlo nuevamente.
S: Depende. Hay veces que una escena la hacés tantas veces que al final de verdad lográs obtener lo que al principio no lograbas y hay otras en que las primeras dos son las mejores y hacés muchas más y te queda una sensación de que eran mejores las primeras y que no podés cambiarlo. Depende muchísimo de la escena, del día, de la situación, eso es una cosa del arte ¿no?
G: A veces sucede que el ensayo es más bello que la escena del film… y puedo llegar a tirar veinte tomas para tentar encontrarlo nuevamente.
¿Qué marcaciones concretas podés recibir de él durante el rodaje, entre toma y toma?
S: A veces es una palabra, una respuesta que no es lo que él quiere y te la hace repetir veinte veces, a veces es el tono general de la escena…
G: El director tiene que saber cuidar y acompañar al actor en el set. Muchas veces el propio actor no se cuida, piensa que está haciendo todo mal cuando lo está haciendo bien. Entonces uno es el que debe cuidarlos.
G: Si vos querés que un actor atienda un llamado telefónico, él debe ir y atenderlo como una cosa de todos los días. A lo mejor esa llamada en la película es importantísima y entonces el actor piensa que tiene que atender la llamada fundamental de la película ¡Y no!, debe llegar al teléfono pensando en que tiene que salir y el coche está en doble fila. Y después esa llamada será muy importante, pero no tiene que hacerla importante, porque nunca en tu vida… la llamada más importante no tenías ganas de responderla. O sea que no es que a todo hay que encontrarle un significado, hay escenas que tienen que ser justamente una acción y nada más, tienen importancia en el equilibrio de la historia y el actor no tiene que dejar el alma para atender el teléfono. Después el público y el significado de la película saldrá lo mismo y esa llamada será muy importante.
S: A veces es una palabra, una respuesta que no es lo que él quiere y te la hace repetir veinte veces, a veces es el tono general de la escena…
G: El director tiene que saber cuidar y acompañar al actor en el set. Muchas veces el propio actor no se cuida, piensa que está haciendo todo mal cuando lo está haciendo bien. Entonces uno es el que debe cuidarlos.
G: Si vos querés que un actor atienda un llamado telefónico, él debe ir y atenderlo como una cosa de todos los días. A lo mejor esa llamada en la película es importantísima y entonces el actor piensa que tiene que atender la llamada fundamental de la película ¡Y no!, debe llegar al teléfono pensando en que tiene que salir y el coche está en doble fila. Y después esa llamada será muy importante, pero no tiene que hacerla importante, porque nunca en tu vida… la llamada más importante no tenías ganas de responderla. O sea que no es que a todo hay que encontrarle un significado, hay escenas que tienen que ser justamente una acción y nada más, tienen importancia en el equilibrio de la historia y el actor no tiene que dejar el alma para atender el teléfono. Después el público y el significado de la película saldrá lo mismo y esa llamada será muy importante.
Es la segunda película junto a Luigi Lo Cascio(7). ¿Cómo es esta relación que se establece entre ustedes como actores, tiene una forma similar de entender la actuación?
S: No, Luigi es lo contrario a mí. Es un actor que estudió mucho, que empezó con el teatro, que hizo todas las etapas de un actor, empezando con pequeños papeles de teatro y después más y más, y lo que él dice de su trabajo es que cuando lee un guión lo que busca en principio son las diferencias entre él y el personaje, mientras lo que yo busco es siempre lo que más se asemeja a mí. Además yo no he estudiado, no quería ser actriz, venimos de dos mundos distintos. He conocido y trabajado con otros actores con formación académica y él no es así, no es un actor que llega y habla con la voz impostada, que aunque no esté actuando actúa. No quiere acaparar la escena, nunca tiene problemas como “de quién es el plano” y ese tipo de cosas, no tiene ningún vicio para mí del actor clásico y al mismo tiempo es un actor con mucha técnica… como en la película. Yo creo que en ese sentido sí que nos asemejamos a los personajes, a él no le interesa buscar una experiencia suya para construir el personaje. Yo sin mi experiencia de vida, sin mis pensamientos, no puedo trabajar.
S: No, Luigi es lo contrario a mí. Es un actor que estudió mucho, que empezó con el teatro, que hizo todas las etapas de un actor, empezando con pequeños papeles de teatro y después más y más, y lo que él dice de su trabajo es que cuando lee un guión lo que busca en principio son las diferencias entre él y el personaje, mientras lo que yo busco es siempre lo que más se asemeja a mí. Además yo no he estudiado, no quería ser actriz, venimos de dos mundos distintos. He conocido y trabajado con otros actores con formación académica y él no es así, no es un actor que llega y habla con la voz impostada, que aunque no esté actuando actúa. No quiere acaparar la escena, nunca tiene problemas como “de quién es el plano” y ese tipo de cosas, no tiene ningún vicio para mí del actor clásico y al mismo tiempo es un actor con mucha técnica… como en la película. Yo creo que en ese sentido sí que nos asemejamos a los personajes, a él no le interesa buscar una experiencia suya para construir el personaje. Yo sin mi experiencia de vida, sin mis pensamientos, no puedo trabajar.
¿Qué sucede en los momentos donde la percepción respecto de una escena o del comportamiento del personaje genera tensiones entre director y actriz?
S: Hay momentos... yo tuve escenas que no comprendía y no las comprendía. Por ejemplo, en Luce dei miei occhi hay un momento muy dramático de la vida de mi personaje, donde ella le cuenta telefónicamente a un chico que no ve hace mucho tiempo que le han quitado a su hija. Giuseppe quería que fuera al teléfono y sonriera, aunque fuese el peor momento para ella. Yo no podía comprender por qué sonreía, no llegaba a entenderlo porque nunca en mi vida hubiera sonreído en ese momento y él dijo “tu no te preocupes, sonríe, encuentra una motivación distinta, piensa en lo que quieras, no me importa en lo que pienses, pero yo quiero que sonrías y para mí es importante que esa escena aunque sea muy dramática la abordes sonriendo. Es más dramático una sonrisa que una lágrima”. Finalmente lo hice y recién cuando ví en la película comprendí que funcionaba. Pero en la filmación me empaqué y no quería sonreír… y él me decía: “pero es que eso no es una sonrisa” y otra vez “pero es que ella no puede sonreír ahora” y Giuseppe me decía “Ella puede, porque yo decido que puede, en mi sueño ella sonríe”. Y es ahí cuando tienes que hacerlo porque no es tu película, es la suya y él sabe lo que quiere obtener. A veces es muy difícil.
G: Viene el director de fotografía y te dice “¿pero no es mejor que la pongamos allí? Porque la luz…” y así el actor, la vestuarista y todos tus colaboradores. Creo que la dificultad de un director es la de saber acoger las sugerencias que ayudan y descartar las que no. A veces debés defender tu punto de vista que no corresponde con el de los demás. El film es algo vivo, siempre hay errores, pero creo que el fin de todo es arribar al final del film con el menor número de inquietudes y arrepentimientos. No existe la perfección.
Acerca de Giuseppe Piccioni
S: Hay momentos... yo tuve escenas que no comprendía y no las comprendía. Por ejemplo, en Luce dei miei occhi hay un momento muy dramático de la vida de mi personaje, donde ella le cuenta telefónicamente a un chico que no ve hace mucho tiempo que le han quitado a su hija. Giuseppe quería que fuera al teléfono y sonriera, aunque fuese el peor momento para ella. Yo no podía comprender por qué sonreía, no llegaba a entenderlo porque nunca en mi vida hubiera sonreído en ese momento y él dijo “tu no te preocupes, sonríe, encuentra una motivación distinta, piensa en lo que quieras, no me importa en lo que pienses, pero yo quiero que sonrías y para mí es importante que esa escena aunque sea muy dramática la abordes sonriendo. Es más dramático una sonrisa que una lágrima”. Finalmente lo hice y recién cuando ví en la película comprendí que funcionaba. Pero en la filmación me empaqué y no quería sonreír… y él me decía: “pero es que eso no es una sonrisa” y otra vez “pero es que ella no puede sonreír ahora” y Giuseppe me decía “Ella puede, porque yo decido que puede, en mi sueño ella sonríe”. Y es ahí cuando tienes que hacerlo porque no es tu película, es la suya y él sabe lo que quiere obtener. A veces es muy difícil.
G: Viene el director de fotografía y te dice “¿pero no es mejor que la pongamos allí? Porque la luz…” y así el actor, la vestuarista y todos tus colaboradores. Creo que la dificultad de un director es la de saber acoger las sugerencias que ayudan y descartar las que no. A veces debés defender tu punto de vista que no corresponde con el de los demás. El film es algo vivo, siempre hay errores, pero creo que el fin de todo es arribar al final del film con el menor número de inquietudes y arrepentimientos. No existe la perfección.
Acerca de Giuseppe Piccioni
Nació en Ascoli Piceno en el año 1953. Es Licenciado en Sociología, estudió en la Escuela de Cine creada por Gaumont y en 1982 realizó el cortometraje Il prologo y luego, mientras trabajaba en el sector de la publicidad, el video Voglio andare via.
En su producción se destacan Il grande Blek, que obtuvo una alentadora acogida por parte de la crítica y varios premios entre los que destacan el "Nastro d'Argento" y el "Premio De Sica" al joven cine italiano; Chiedi la luna (1991), Condannato a nozze (1993), Cuori al verde (1996), Fuera del mundo (Fuori dal mondo, 2000) que obtuvo premios del Festival de Mons, del David de Donatello, del Festival de Montreal y del Festival de Chicago; Luz de mis ojos (Luce dei miei occhi, 2001) que ganó el premio del Festival de Venecia (mejor actor y mejor actriz) y La vida que sueño (La vita che vorrei, 2004).
En su producción se destacan Il grande Blek, que obtuvo una alentadora acogida por parte de la crítica y varios premios entre los que destacan el "Nastro d'Argento" y el "Premio De Sica" al joven cine italiano; Chiedi la luna (1991), Condannato a nozze (1993), Cuori al verde (1996), Fuera del mundo (Fuori dal mondo, 2000) que obtuvo premios del Festival de Mons, del David de Donatello, del Festival de Montreal y del Festival de Chicago; Luz de mis ojos (Luce dei miei occhi, 2001) que ganó el premio del Festival de Venecia (mejor actor y mejor actriz) y La vida que sueño (La vita che vorrei, 2004).
Acerca de Sandra Ceccarelli
Nació el 3 de julio de 1967. En su producción como actriz se destacan: L Demoni e dio (2007), Family game: Se una vita non basta (2007), Libertas (2006), Luz de mis ojos (Luce dei miei occhi, 2001) que ganó el premio del Festival de Venecia (mejor actor y mejor actriz) y La vida que sueño (La vita che vorrei, 2004).
Para más Información acerca del realizador y la actriz: http://www.giuseppepiccioni.it/
Notas al Pie
Para más Información acerca del realizador y la actriz: http://www.giuseppepiccioni.it/
Notas al Pie
(1) La vida que sueño (La vita che vorrei, 2004) de Giuseppe Piccioni.
(2) Luce dei miei occhi (2001) de Giuseppe Piccioni.
(3) Tropa.
(4) Siglo XIX.
(5) The Actors Studio es una asociación para actores profesionales con sede en el Old Labor Stage en Nueva York.. Fundado en 1947 por Elia Kazan, Cheryl Crawford y Robert Lewis, el Studio es conocido por su trabajo refinando y enseñando el método, un enfoque originalmente desarrollado por el Group Theatre en los años 1930 a partir de las innovaciones de Konstantin Stanislavski. El Studio logró reconocimiento mundial bajo la dirección de Lee Strasberg, quien tomó el mando en 1952.
(6) Konstantin Stanislavski (1863-1938). Director teatral ruso, conocido por ser el creador de una metodología de la actuación que apelaba al trabajo de los recuerdos de los actores en la construcción del personaje, conocida como Memoria Emotiva.
(7) Actor italiano. Nació en 1967. Trabajo junto a Sandra en las dos últimas películas de Giuseppe. Entre su filmografía se destacan también: Il dolce e l´amaro (2007), Mare Negro (2006), La bestia nel cuore (2005).
http://www.grupokane.com.ar/index.php?option=com_content&view=article&catid=42%3Acatroles&id=75%3Aartentrevpiccioniaceccarelli&Itemid=29
(2) Luce dei miei occhi (2001) de Giuseppe Piccioni.
(3) Tropa.
(4) Siglo XIX.
(5) The Actors Studio es una asociación para actores profesionales con sede en el Old Labor Stage en Nueva York.. Fundado en 1947 por Elia Kazan, Cheryl Crawford y Robert Lewis, el Studio es conocido por su trabajo refinando y enseñando el método, un enfoque originalmente desarrollado por el Group Theatre en los años 1930 a partir de las innovaciones de Konstantin Stanislavski. El Studio logró reconocimiento mundial bajo la dirección de Lee Strasberg, quien tomó el mando en 1952.
(6) Konstantin Stanislavski (1863-1938). Director teatral ruso, conocido por ser el creador de una metodología de la actuación que apelaba al trabajo de los recuerdos de los actores en la construcción del personaje, conocida como Memoria Emotiva.
(7) Actor italiano. Nació en 1967. Trabajo junto a Sandra en las dos últimas películas de Giuseppe. Entre su filmografía se destacan también: Il dolce e l´amaro (2007), Mare Negro (2006), La bestia nel cuore (2005).
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