TITULO ORIGINAL Capriccio all'italiana
AÑO 1968
IDIOMA Italiano
SUBTÍTULOS Español (Separados)
DURACIÓN 95 min.
PAÍS Italia
DIRECCIÓN Mauro Bolognini, Mario Monicelli, Pier Paolo Pasolini, Steno, Pino Zac, Franco Rossi
GUIÓN Roberto Gianviti, Agenore Incrocci, Pier Paolo Pasolini, Furio Scarpelli, Steno, Bernardino Zapponi, Cesare Zavattini
MÚSICA Sergio Battistelli, Ricky Gianco, Marcello Giombini, Piero Piccioni, Gianni Sanjust, Carlo Savina
FOTOGRAFÍA Tonino Delli Colli, Silvano Ippoliti, Giuseppe Rotunno
REPARTO Totò, Ugo D'Alessio, Regina Seiffert, Dante Maggio, Sandro Merli, Renzo Marignano, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Ninetto Davoli, Laura Betti, Carlo Pisacane, Silvana Mangano, Adriana Asti
PRODUCTORA Dino de Laurentiis Cinematographica
GÉNERO Comedia | Película de episodios. Sátira
Sinopsis
Film colectivo dirigido por seis realizadores, que consta de los siguientes episodios: La bambinaia (La niñera) dirigida por Mario Monicelli. Una niñera no quiere que los niños lean los cómics "Diabolik" y "Satanik", así que comienza a leerles las fábulas de Charles Perrault. Il mostro della domenica (El monstruo del domingo) dirigida por Steno. Un señor maduro que odia a los "melenudos", hace infinidad de cosas para capturarlos y hacerlos desaparecer. Al final es detenido por la policía y cuenta cual es el motivo de sus actos. Perché? (¿Por qué?) dirigida por Mauro Bolognini. Un automovilista, instigado por su mujer para que vaya más rápido, termina teniendo un accidente y una riña con otro conductor. Che cosa sono le nuvole? (¿Qué son las nubes?) dirigida por Pier Paolo Pasolini. Al término de una representación de Otello en un teatro de títeres, el público salta sobre el palco y destruye dos. Los títeres terminan en el basurero mirando el cielo sin saber dónde se encuentran. Viaggio di lavoro (Viaje de trabajo) dirigida por Pino Zac y Franco Rossi Una reina en visita a un país africano lee por error un discurso de otro país, hiriendo profundamente la susceptibilidad de los miembros del gobierno local. Es una mezcla de dibujo animado y actores de carne y hueso. La gelosia (Los celos) dirigida por Mauro Bolognini. Silvana cree que su marido Paolo la engaña, por eso no para de perseguirlo. (FILMAFFINITY)
Capriccio all’italiana è commedia all’italiana in cinque episodi realizzata da un gruppo di registi tra loro molto diversi che compongono un affresco divertente della società, a tratti realistico, per altri versi surreale. Il difetto della pellicola è la mancanza di un filo conduttore e di una vera e propria uniformità. A noi interessa soprattutto Che cosa sono le nuvole? di Pier Paolo Pasolini, dove spicca la presenza di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Vediamo in sintesi gli altri episodi. La bambinaia di Mario Monicelli prende di mira i falsi moralismi e critica la messa al bando dei fumetti neri. Silvana Mangano è una bambinaia che non vuole far leggere Satanik e Diabolik ai bambini ma in compenso li terrorizza con le fiabe di Perrault. Il mostro della domenica di Steno è interpretato da Totò, un integerrimo signore ossessionato dai capelloni, al punto che si traveste, attira i giovani con l’inganno per poi raparli a zero. Viene arrestato, ma il commissario di polizia è dalla sua parte, perché ha un figlio capellone, quindi lo rilascia è affida il ragazzo alle sue forbici. Perché? di Mauro Bolognini vede ancora protagonista Silvana Mangano, che istiga all’omicidio il fidanzato dopo un tamponamento stradale. Viaggio di lavoro di Pino Zac e Franco Rossi, è composto da un mix di cartoni animati e fiction. Silvana Mangano in visita a un paese africano rischia il linciaggio perché sbaglia discorso. In realtà il regista è solo Franco Rossi, mentre il cartoonist Pino Zac si limita a realizzare le animazioni. La gelosia di Mauro Bolognini vede protagonista Ira Fürstemberg, moglie gelosa che segue il marito Walter Chiari per scoprire i suoi tradimenti.
Che cosa sono le nuvole? di Pier Paolo Pasolini è l’episodio più importante della pellicola, interpretato magnificamente da Totò, Ninetto Davoli, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Laura Betti e Adriana Asti, nei panni di surreali marionette. La storia rivisita l’Otello con un taglio fantastico. Le marionette interpretano il dramma di Shakespeare e nelle pause si pongono domande sui motivi delle loro azioni. Il pubblico presente in teatro a un certo punto interrompe la recita e impedisce l’omicidio di Desdemona (Betti) da parte di Otello (Davoli), facendo a pezzi le marionette di Jago (Totò) e del principe in preda alla gelosia. Il finale poetico vede lo spazzino Domenico Modugno portare alla discarica le marionette distrutte mentre canta una struggente melodia (Tutto il mio folle amore/ lo soffia il cielo…). I due fantocci restano incantati a guardare le nuvole e la scena conclusiva finisce per dare il titolo all’episodio.
Che cosa sono le nuvole? è uno dei film più poetici e surreali di Pier Paolo Pasolini. Gli interpreti sono eccellenti, a cominciare da un Domenico Modugno monnezzaro che canta, per finire con un ispirato Ninetto Davoli nei panni del tormentato Otello che parla romanesco, passando per un grandissimo Totò nel ruolo del perfido Jago. Brava anche Laura Betti come romantica Desdemona, molto calato nella parte Franco Franchi (Cassio) e Ciccio Ingrassia, aiutante di Iago. Alcune sequenze sono pura poesia e si ricordano come grandi pagine di letteratura. “Noi siamo in un sogno, dentro a un sogno”, dice Jago. Otello commenta dietro le quinte: “Iago, come sei cattivo…”. Il tema della gelosia è affrontato con Otello versione popolare e Jago marionetta dipinta di verde, diabolico invidioso della felicità altrui. “Qual è la verità? Quello che penso io di me o quel che pensano gli altri?”, si chiede Otello. “Cosa senti dentro? Ecco, quella è la verità, ma non bisogna nominarla, altrimenti scappa”, risponde Jago. Il finale vede Jago e Otello fatti a pezzi dal pubblico che parteggia per la mite Desdemona. Alla discarica le marionette scoprono per la prima volta le nuvole. “Quanto so’ belle”, dice Otello. “Oh, straziante meravigliosa bellezza del creato…”, mormora Jago.
Capriccio all’italiana è l’ultimo film interpretato da Totò, esce nel 1968, ma lui non può vederlo perché muore il 15 aprile 1967. Paolo Mereghetti concede due stelle con questo commento: “Tenuto insieme senza nessuna logica, il film si salva solo per la bravura di Totò e per l’improvviso squarcio di poesia dell’episodio di Pasolini”. Una tantum condividiamo l’opinione dell’illustre critico milanese, ma aggiungiamo che anche Ninetto Davoli, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia sono impiegati al meglio da una regia abile e ispirata. Pino Farinotti assegna tre stelle, trova il solito difetto della mancanza di filo conduttore, che condividiamo. In ogni caso l’episodio di Pasolini giustifica ancora oggi la visione del film. Morando Morandini concede due stelle e mezzo: “Spiccano gli episodi interpretati da Totò e non soltanto perché furono gli ultimi che interpretò. Quello di Pasolini fa perno su una sgangherata e buffissima rappresentazione di Otello in una compagnia napoletana di marionette”. Un piccolo capolavoro fantastico pervaso da momenti lirici e sorretto da dialoghi poetico - esistenziali.
Gordiano Lupi
http://cinetecadicaino.blogspot.com/2012/03/capriccio-allitaliana-1968.html
Critica:
Negli anni Sessanta, il film a episodi era piuttosto di moda. Super cast ed alcune perle come la partecipazione di Pier Paolo Pasolini per raccontare vizi e virtù degli italiani.
Qualche momento pieno di poesia come appunto nell'episodio Che cosa sono le nuvole, da non perdere.
Viaggio di lavoro firmato da Pino Zac in realtà è stato diretto da Franco Rossi. Zac ne realizzò solamente le animazioni.
Totò da accostumato e stravagante conformista ha modo di far vedere le sue sperimentate "macchiette", non di più. Il regista è quasi assente, si è solo adoperato a aiutarlo con un canovaccio più attuale.
E il "Capriccio" è divertente per merito e per colpa del comico così sfacciatamente esibito a tirare avanti con gli occhi chiusi. Alfonso Gatto, Vie Nuove, Roma 30 maggio 1968.
Il mostro della domenica. Una banale e debole satira sceneggiata e recitata sulla falsariga degli sketch televisivi interpretati da Totò, del tipo "Il tuttofare", "Don Giovannino" e soprattutto "Totò yè yè", tutti del 1967. L'episodio, che si conclude con Totò che inserisce una lunga forbice nella fondina ed esibisce una targhetta con su scritto "KO7 con licenza di rapare", si riduce ad una barzelletta sceneggiata senza vita, con Totò vestito da prete, da prostituta e da viveur, che adesca giovani capelloni per raparli a zero.
Scontate e deboli le trovate comiche, tra cui quella di Totò che spruzza il DDT sui giovani capelloni. Un solo gioco linguistico, con mi era parvo in luogo di mi era parso e la celebre espressione tomo tomo, cacchio cacchio.
Totò appare in tutta la sua implacabile spietatezza con un volto decrepito, corroso dalle rughe, con delle grosse borse sotto gli occhi, un volto stanco, forse malato, ma la voce, la recitazione, il modo di dire le battute sono sempre gli stessi, inalterati ed efficaci, il segno di un mestiere che ha assorbito "secoli" di teatro, di cinema, di spettacolo, di umana saggezza.
Il grande clown, con tutta la sua stanchezza, ormai quasi completamente cieco, riesce come sempre ad incantare con la sua recitazione semplice, lineare, garbata, basata sui dettagli più marginali, che fanno il risultato finale. La chiusura del modesto episodio, con il commissario (il bravissimo Ugo D' Alessio) che non solo lascia libero il "mostro", ma gli consegna anche suo figlio per farlo rapare, sancisce la definitiva mediocrità di quanto viene rappresentato.
Che cosa sono le nuvole. Incredibile gioco del caso, che ha voluto Totò nella sua ultima interpretazione nel ruolo di una marionetta umanizzata. Così come era dunque nato al teatro egli muore al cinema e non avrebbe potuto lasciare un "testamento" di più alto valore poetico. Questo racconto misterioso e affascinante di Pasolini, che conclude la trilogia con Totò è di difficile interpretazione, per la complessa rete di rimandi e di intrecci poetici e stilistici.
Potrebbe essere: un apologo sulla morte, sulla vita, sul potere ingannatore dell'arte, sui diritti dei popoli a non più subire l'ipnosi del bello, che educa alla passività; una diagnosi sui danni devastanti provocati da una rivoluzione che può distruggere anche i valori più alti su cui si fonda la convivenza civile; un monito sui rischi dell'ignoranza; un inno straziante sulla distrazione dilagante, che impedisce di vedere la straordinaria bellezza della natura violentata dal consumismo; un lamento elegiaco sulla disumanizzazione del mondo, che riduce gli uomini a marionette e le marionette ad uomini; insomma, quanto più si coglie la profondità del messaggio, tanto più ci si accorge che ogni sua interpretazione è parziale e riduttiva.
Pasolini costruisce un pezzo di virtuosismo poetico eccezionale, portando pienamente alla luce il volto di Totò: surreale, astratto, ma sempre legato ad una dimensione di profondo lirismo; malinconico, come quello di tutti i grandi clown apparentemente ridicolo, ma insieme sempre profondamente triste. L'apologo si consuma nella cornice surreale e pirandelliana del racconto, con la splendida canzone composta e cantata da Domenico Modugno, che accompagna il destino delle povere marionette umane, fino a quando saranno rovesciate nella disca rica dell'immondizia, come esseri ormai non più utilizzati.
Il netturbino Modugno, che carica nel suo camion quei corpi inanimati fatti a pezzi dal popolo che non ha capito o non ha sopportato il sottile gioco della finzione artistica, e poi li rovescia tra l'immondizia di una periferia, sembrerebbe Dio, che con la sua indifferenza e lontananza dalle vicende e dalle sofferenze umane, elimina quello che ha creato.
Su quel teatrino assurdo dove si sta recitando l'Otello, la vita si esprime e condiziona gli attori-marionette, che, come i sei personaggi pirandelliani, escono dal testo per parlare di se, fino alla frase che sembrerebbe tutto spiegare e ricomporre: "Siamo in un sogno dentro un sogno", alla domanda: "Che cos'è la verità?" e alla spiegazione psicanalitica del burattinaio, che, di fronte al comportamento incomprensibile di Desdemona, afferma risoluto: "A Desdemona piace essere ammazzata".
Totò, vestito e truccato da marionetta e da clown, recita la parte di uno Jago odioso, che però porta alla luce e rivela i suoi piani, senza paura ne pudore. È una maschera da clown che non è più Augusto, ma un triste clown bianco, lunare e buffo, anche antipatico, che non ha rinunciato ai sui tipici gesti, quelli di sempre (per esempio il portare in avanti la bocca con le labbra chiuse, mosse ripetutamente e accompagnate dalla parola "mosca", per dire "silenzio assoluto").
Questo spettacolo della vita e delle passioni, esibito come fosse una sceneggiata napoletana, bruscamente interrotto dal pubblico, ha il suo triste ed elegiaco epilogo con le due marionette, quella di Totò-Jago e quella di Otello-Ninetto Davoli, ormai accomunati nella stessa fine, che, immersi nell'immondizia, nonostante il loro così amaro destino, hanno il coraggio e la forza di guardare in alto, verso il cielo.
Il film si conclude con la frase di Totò, che à anche l'ultima, nell'ultimo fotogramma della sua vita di attore: "Straziante, meravigliosa bellezza del creato". >Articolo correlato 3.3 Che cosa sono le nuvole<
http://www.antoniodecurtis.org/capric.htm