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sábado, 18 de junio de 2011

Cronaca di un amore - Michelangelo Antonioni (1950)


TÍTULO Cronaca di un amore
AÑO 1950 
SUBTITULOS Si (Separados)
DURACIÓN 100 min.
DIRECTOR Michelangelo Antonioni
GUIÓN Michelangelo Antonioni, Daniele d'Anza, Silvio Giovanietti, Francesco Maselli, Piero Tellini
MÚSICA Giovanni Fusco
FOTOGRAFÍA Enzo Serafin (B&W)
REPARTO Lucía Bosé, Massimo Girotti, Ferdinando Sarmi, Franco Fabrizi, Gino Rossi
PRODUCTORA Fincine / Villani Film
GÉNERO Drama

SINOPSIS Un veterano industrial sospecha de su joven y bella mujer Paola, a la que ama apasionadamente. Decide entonces vigilarla por medio de una agencia de detectives. Paola es de Ravenna y cuando era estudiante estuvo perdidamente enamorada de Guido, un compañero de clase que era el novio de su mejor amiga. Ópera prima de Antonioni. (FILMAFFINITY)



utto comincia sul Po. Oppure in un laboratorio dell'industria dei fumetti, o ancora lungo le strade deserte e tra gli spazzini di Milano in un'alba intessuta di silenzio e lavoro. Quello che conta è che a ridosso di «Cronaca di un amore» (1950), l'esordio di Antonioni nel lungometraggio, ci sono i cortometraggi documentari realizzati tra il 1943 e il 1949: «Gente del Po»,«N. U.», «L'amorosa menzogna», «Superstizione». Un'officina dello sguardo grazie alla quale Antonioni imbocca da solo la strada del neorealismo e definisce i punti cardine (ma non necessariamente programmatici) della propria poetica: il paesaggio come elemento significante e non come accessorio, la ricerca di una verità nascosta al di sotto delle apparenze, l'individuo come oggetto unico e imprescindibile dell'indagine.
«Eravamo nel '43 - dichiarerà il regista molti anni dopo - Visconti girava «Ossessione» sulle rive del Po, e sempre sul Po, a pochi chilometri di distanza, io giravo il mio primo documentario».
Possibile che si tratti di una coincidenza esclusivamente spaziale?
Come Visconti, anche Antonioni si affida per il suo primo film a soggetto agli schemi consolidati del melodramma e del noir. La sua «Cronaca», infatti, comincia come un'inchiesta: indagando sul passato della moglie di un industriale milanese, un detective scopre una sua relazione giovanile su cui grava il sospetto di un quasi omicidio(meglio, di un'omissione di soccorso ai confini dell'omicidio)proprio mentre la donna sta progettando col suo amante di un tempo, con cui ha riallacciato il rapporto, l'assassinio del marito.
Triangolo amoroso e un pizzico di giallo: forse è per questo che, almeno dal punto di vista dell'intreccio, "Cronaca di un amore" appare così diverso - più strutturato, apparentemente più "tradizionale" - rispetto alla stagione inaugurata dalla trilogia («L'avventura», «La notte», «L'eclisse»). Solo apparentemente però: perché suspence e melò si sgretolano quasi immediatamente come involucri inconsistenti, per lasciare in primo piano l'ambigua tessitura di rapporti tra i personaggi, la fragilità dei loro sentimenti, la pochezza morale delle loro aspirazioni: la trama si assottiglia, entra in scena la vita interiore. E la "cronaca" diventa impercettibilmente il "processo ad un amore", talmente incerto e sfigurato nell'asfissia dell'immediato dopoguerra da non trovare più il coraggio né la dignità(forse neppure la sostanza)per esprimersi.
Antonioni giudica, ma non lo fa da giudice. Nessuna tesi preconcetta. il suo cupo ritratto di borghesia arricchita(Paola, suo marito, il loro gruppo di amici)con contorno di reduce fallito(Guido)si compone da sé, nonostante o proprio grazie alla freddezza e al distacco dello sguardo.



Che invece di limitarsi a pedinare la realtà, la spia - consapevole che ""sotto l'immagine rivelata ce n'è un'altra più fedele alla realtà, e sotto quest'altra un'altra ancora" - attraverso lo studio quasi ossessivo dei personaggi. Pur presentandosi nella forma dell'inchiesta, "Cronaca di un amore" è un film stranamente reticente: dialoghi secchi, semplici, quasi sempre di superficie, nessuna tentazione di psicologismo, nessun preavviso sull'evoluzione dei sentimenti e dei rapporti. La strada del neorealismo così autonomamente imboccata non porta Antonioni né alla drammatizzazione psicologica né all'intimismo, ma alla fenomenologia: al1'osservazione dei sintomi piuttosto che alla pretesa di analizzare le cause. Ed è quasi inevitabile - in un regista per cui la forma è sempre stata parte del contenuto - che la novità di questo sguardo porti come conseguenza una novità nello stile: "Se ho utilizzato quella tecnica, fatta di inquadrature molto lunghe, di carrelli e panoramiche che seguivano ininterrottamente i personaggi... l'ho fatto istintivamente. Però, riflettendoci adesso, riesco a capire perché fossi indotto a muovermi in quella direzione. Ritenevo, in effetti, che fosse giusto non abbandonare i personaggi nel momento in cui, esaurito l'esame del dramma o perlomeno quello che del dramma interessava, le punte drammatiche più intense, il personaggio rimaneva solo con se stesso... Mi sembrava opportuno seguirli anche in quei momenti apparentemente secondari, nei quali sembrerebbe che non ci fosse alcun motivo di vedere che facce avessero o quali fossero i loro gesti, i loro atteggiamenti". È già, istintivo ma non inconsapevole, l'uso psicologico, non descrittivo (morale, verrebbe voglia di dire) del piano-sequenza che dalla metà degli ami Cinquanta in poi caratterizzerà il suo stile.
Beatrice Manetti
http://www.cineclub.it/cineclubnews/cn0208-a.htm

5 comentarios:

  1. Hola, el link 1 no funciona.

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  2. Por favor, revisá que ahora funciona.
    A veces, momentanemente, no están disponibles.

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  3. Si, ahora si funciona Amarcord, gracias.

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  4. Saludos, los enlaces estan rotos.

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  5. AMARCORD:
    Podrías reponer os enlaces. Gracias

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