ESPACIO DE HOMENAJE Y DIFUSION DEL CINE ITALIANO DE TODOS LOS TIEMPOS



Si alguién piensa o cree que algún material vulnera los derechos de autor y es el propietario o el gestor de esos derechos, póngase en contacto a través del correo electrónico y procederé a su retiro.




sábado, 14 de mayo de 2011

Il Brigante di Tacca del Lupo - Pietro Germi (1952)


TITULO Il Brigante di Tacca del Lupo
AÑO 1952
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español (Separados)
DURACION 93 min.
DIRECCION Pietro Germi
GUION Pietro Germi, Tullio Pinelli e Fausto Tozzi (De la novela de Riccardo Bacchelli, reducida para el film por Federico Fellini, Pietro Germi y Tullio Pinelli)
FOTOGRAFIA Leonida Barboni
AYUDANTE DE DIRECCION Giorgio Arlorio
MUSICA Carlo Rustichelli
ESCENOGRAFIA Carlo Egidi
VESTUARIO Werther
MONTAJE Rolando Benedetti
DIRECTOR DE PRODUCCION Antonio Musu
PRODUCCION Luigi Rovere per la Cines-Lux 
INTERPRETES Y PERSONAJES
Amedeo Nazzari (Giordani capitano dei Bersaglieri)
Cosetta Greco (Zitamaria)
Saro Urzì (il commissario Francesco Siceli)
Fausto Tozzi (il tenente Magistrelli)
Aldo Bufi-Landi (il tenente Righi)
Vincenzo Musolino (Carmine)
Oscar Andriani (il generale)
Alfredo Bini (De Giustino)
Amedeo Trilli (il sergente Trilli)
Natale Cirino (il sindaco Lo Cascio)
Paolo Reale (Ferioli)
Aldo Lorenzon (il medico)

SINOPSIS 1863: i bersaglieri del capitano Giordani devono liberare una zona della Lucania dai briganti di Raffa Raffa, fedeli ai Borboni. Il capitano è per i metodi spicci, il commissario Siceli predilige l'astuzia. Da un racconto di Riccardo Bacchelli, sceneggiato dal regista con F. Fellini, T. Pinelli e F. Tozzi. Moralista influenzato da Ford, Germi ha fatto un western militare di robusto impianto narrativo dove Nazzari campeggia come il monumento di sé stesso. La contrapposizione complementare tra A. Nazzari/soldato blu nordista e il commissario sudista e volpone è da sola una piccola lezione di storia. 


Diretto da Germi nel 1952, Il brigante di Tacca del Lupo è un film storico, moderno come 1860 di Blasetti (1934). Se Blasetti aveva raccontato la liberazione del Sud ad opera dei garibaldini, Germi ne descrive le conseguenze: ossia la guerra civile o "brigantaggio". Nel film si apprezzano il realismo della ricostruzione e delle psicologie, il tentativo di ridurre l'epopea a cronaca storica sulle ambiguità del Risorgimento e della Storia in generale. Sono abbastanza crude ed eloquenti alcune immagini, ad esempio quelle del saccheggio di Melfi, e le sequenze di battaglia in generale. Scene simili si ritroveranno in Senso di Luchino Visconti (1954). Germi come aveva già fatto in “In nome della legge” (1949) gira in pratica un western alla John Ford e racconta tutto questo usando lo stile del cinema d'azione classico, basato essenzialmente sul montaggio accurato e incalzante, e marce nelle terre di nessuno. I primi piani laterali dei trombettieri che suonano la carica, gli interventi sbrigativi e senza anestesia dei medici militari, la missione dell'esercito nei luoghi dove si annidano i nemici, le imboscate, gli attacchi con l'arrivano i nostri finale. Il capitano Giordani (Amedeo Nazzari) invece è un militare alla John Wayne, che deve risolvere con le fucilate ciò che i politici non sanno risolvere con le parole: integerrimo, testardo, instancabile, inflessibile.
La trama -1863. La compagnia bersaglieri del capitano Giordani deve liberare una zona della Basilicata dal bandito Raffa Raffa, fedele ai Borboni. Il capitano è per i metodi spicci; il commissario di polizia, Siceli, ex funzionario borbonico, è per un lavoro più sottile che sfrutti le opposte passioni vive nell'ambiente. Durante un'azione di rastrellamento viene catturata Zitamaria, una giovane donna che ha subito violenza da Raffa Raffa. Ma la donna fugge quasi subito. Con l'aiuto di suo marito, Siceli scopre il rifugio del bandito riducendo a questioni private la giustizia. Accorre Giordani con una pattuglia e ingaggia battaglia. Raffa Raffa viene ucciso a coltellate dal marito offeso. Ci sono di John Ford, i feriti, i morti, le veglie attorno al fuoco, la tristezza delle cose compiute, delle vittorie inutili. Il film si conclude con un presentat'arm, con il conto dei morti e dei feriti, mentre il vento soffia sulle piume dei bersaglieri che ritorneranno a casa e sulle croci di quelli rimasti con una popolazione si spera meno ostile.
http://digilander.libero.it/freetime1836/cinema/cinemagermi.htm

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------

1863. Dopo l’Unità d’Italia il meridione è agitato da fermenti antigovernativi che sfociano nel brigantaggio: a Melfi, in Basilicata, i briganti guidati da Raffa Raffa mettono a ferro e fuoco il paese per tre giorni, prima di riprendere la via delle montagne con gli ostaggi. Sul posto viene quindi inviato il Capitano Giordani, uomo inflessibile e determinato a sgominare la banda di Raffa Raffa. Inizia così un viaggio lungo gli scenari desertici di un meridione ostile e carico di problemi, costellato di vicende individuali dolorose e di confronti serrati tra posizioni differenti, fino allo scontro finale.
Oggi che la questione meridionale ha trovato un corrispettivo in una questione settentrionale che tiene banco soprattutto nelle sue più beceri manifestazioni separatiste, può essere utile riscoprire questo bel film di Pietro Germi, che nel 1952 traspone il romanzo omonimo di Riccardo Bacchelli, esplorando i difficili retroscena dell’Unità d’Italia. Il tentativo non si innesta nell’ambito del contemporaneo filone neorealista, ma tenta ugualmente di gettare uno sguardo nuovo su una realtà storica dimenticata e marginale, nell’ambito di una pellicola popolare che guarda a modelli altri, con particolare riferimento al western americano. Non solo: Germi rinnova infatti anche la sua passione per i linguaggi e la loro commistione. Il dramma storico sfocia quindi in grandi scene d’azione e non dimentica alcuni passaggi colorati di ironia, dimostrando un gusto spiccato per i volti e per i contrasti dialettali (fra la gente del Nord e quella del Sud Italia). L’intera storia a tratti può sembrare frantumarsi in rivoli isolati, ma infine la sceneggiatura trova la quadratura del cerchio permettendo ai singoli archi narrativi di incastrarsi in una struttura unitaria e coerente.
Ciò che soprattutto colpisce è però la qualità della messinscena, che riesce a elaborare lo spazio lavorando sul contrasto fra la ristrettezza delle vie e delle abitazioni dei paesi lucani, e la vastità degli scenari pietrosi e desertificati. Il sole abbonda e brucia tutto, ma, in ossequio ai magnifici contrasti della terra raffigurata, riesce a ritagliare anche zone d’ombra che la splendida fotografia di Leonida Barboni rende cupe e materiche come i corpi stessi degli attori, capaci di stagliarsi fieri ma anche di portare con sé i segni della miseria e della fatica. Il risultato è un film che, fatti i debiti distinguo, riverbera la fisicità di un De Santis, unita alla composizione pittorica di un Welles e respira pertanto di un afflato universale che non soffre la localizzazione degli eventi.
In questo scenario il film pone in essere un interessante poetica della non appartenenza a un luogo, che permette alla storia di superare i facili manicheismi: il capitano Giordani (un ottimo Amedeo Nazzari) pare essere l’unico personaggio realmente italiano, consapevole cioè di lottare per uno Stato che ora è da intendersi come unitario e si prodiga affinché chiunque intorno a lui capisca che la posta in gioco è il futuro di una nazione. Tutto questo in una realtà che da un lato rivendica appartenenze a un passato cancellato dalla storia (i briganti si propongono come seguaci dell’estinto regno borbonico) e dall’altra non riesce, anche nelle sue autorità, a credere a un’unità soprattutto formale (le stesse autorità di Melfi accolgono i briganti senza colpo ferire).
All’idealismo di Giordani si contrappone quindi il cinismo dei bersaglieri, visti come “stranieri” in una terra che avvertono come ostile nei loro confronti e pronta a offrire complicità ai briganti. Propotenti, spesso scoraggiati ma pronti a urlare di non voler morire su un suolo che ritengono non loro, i soldati diventano la maggiore coscienza critica del film, per la loro capacità di mettere in evidenza i contrasti di una nazione ancora intimamente divisa e la cui unione sembra essere stata decisa a tavolino senza tenere realmente conto delle diverse realtà che compongono la nuova nazione. Questo scenario viene infatti complicato dal complesso reticolo di usanze depositate nella memoria e nelle consuetudini sociali del Sud e trova una sua efficace raffigurazione nel personaggio di Zitamaria, che è stata oggetto di violenza da parte del bandito Raffa Raffa e che perciò dovrà essere vendicata dal marito Carmine, ma nello stesso tempo deve sopportare anche la vergogna di una comunità che non la riconosce più come propria e la ritiene disonorata. In questi momenti il film gioca alcune delle sue carte migliori, dando fondo a una tensione melodrammatica in grado di catturare l’attenzione dello spettatore.
La donna è peraltro fatta oggetto anche delle lascive attenzioni degli stessi bersaglieri, che scardinano in questo modo il facile manicheismo insito nella caratterizzazione del brigante animalesco contrapposto al soldato civile: al contrario la truppa comandata da Giordani è raffigurata come disordinata e male assortita, spesso costretta nel ruolo di carne da macello dallo stesso capitano che, senza molti scrupoli, è disposto a sacrificare uomini e civili pur di raggiungere il suo scopo.
Ciononostante, anche lo stesso Giordani dovrà scendere a compromessi con una realtà complessa, incarnata dal commissario Siceli, fautore di una politica più vicina alle consuetudini della realtà meridionale, spesso preferite alle regole care al governo centrale: il realizzarsi dello scontro finale con Raffa Raffa sarà perciò reso possibile proprio dai contrasti sorti in seno alla comunità lucana, a causa di quei meccanismi millenari dell’onore che vedranno il bandito predone diventare infine vittima della vendetta, prima ancora che della giustizia. La riconciliazione fra Zitamaria e Carmine sancirà proprio la riunificazione di una realtà disgregata e non a caso il finale vedrà anche Giordani tendere una mano a chi in precedenza aveva considerato un nemico. Il viaggio della truppa italiana, dunque, diventa un percorso che permette al film di riverberare una certa modernità nel suo impianto popolare ma dai risvolti, se non propriamente sociologici, quantomeno più acuti di quanto non ci si aspetti da una pellicola del genere. Per poter meglio affrontare le sfide della contemporaneità, insomma, bisogna conoscere i meccanismi portati avanti da una Storia e un tempo che si sono stratificati nella memoria e negli usi comuni. Un film da recuperare.
http://nidodirodan.blogspot.com/2009/09/il-brigante-di-tacca-del-lupo.html




Como si de repente el proceso de la creación del moderno estado italiano se transformara en un escenario del western, IL BRIGANTE DI TACCA DEL LUPO (1952, Pietro Germi) muy pronto traspasa la sensibilidad del espectador al insertarlo en un escenario auténticamente infernal. Desde el preciso momento en que los rótulos iniciales nos sitúan en el contexto de esa Italia en formación de mitad del siglo XIX, la notable película de Pietro Germi habla bien a las claras de sus auténticas intenciones; las de mostrar un escenario agreste, seco y árido. Todo un auténtico adversario para que en dicho entorno -el de la montaña de Sicilia-, los bandoleros partidarios del Rey de Nápoles ejerzan su vandalismo y el dominio sobre los campesinos del lugar, para luchar con ello contra la autoridad que está intentando marcar los perfiles legítimos del nuevo estado.
Un argumento de raíz historicista basado en la novela de Ricardo Bacchelli, elaborado como guión en su definitiva forma cinematográfica por el propio Germi, Federico Fellini, Tullio Pinelli y Fausto Tosí, que logra combinar esa vertiente descriptiva de la colectividad campesina, caracterizada por la dureza en sus condiciones de vida. Al mismo tiempo, sus gentes quedarán integradas como una prolongación de la propia orografía y aridez que caracterizaba el devenir diario de un colectivo que ha forjado su propia personalidad como pueblo, precisamente a partir de su simbiosis con ese entorno físico revestido de tanta dureza. Será el marco idóneo para que conceptos como el honor sigan teniendo la más alta consideración, y de esta circunstancia se aprovecharán los sicarios del bandido Raffe Raffe, para ofrecerse ante los ingenuos campesinos mediante una actitud intimidatoria –fusilarán a los partidarios del régimen legítimo-, sojuzgando a las pequeñas poblaciones de la montaña siciliana, y forzándolos a violar el estado legítimo. Ya desde los primeros instantes del film de Germi veremos como las fuerzas vivas de una pequeña población, se rendirán literalmente ante estos bandoleros revestidos de dudosa legitimidad. En definitiva, las cosas no resultan fáciles en modo alguno para las autoridades italianas, enviando para ello al reputado Capitán Giordani (impecable Amadeo Nazzari) y una pequeña brigada de cerca de un centenar de soldados con el objetivo –casi imposible de lograr-, de eliminar esos conatos de ejércitos paralelos de bandidos, con los que han logrado sojuzgar e incluso identificar a sus habitantes.
Giordani desde el primer momento apelará a la disciplina de sus hombres, siguiendo el mismo sendero de la ruta que previamente contemplaron los hombres de Raffe Raffe, siendo recibidos con escepticismo por parte de unos lugareños que no se atreverán a abrir la boca, apelando a ese sentido del honor tan ligado a la personalidad siciliana, ni aunque el alto militar haga valer su condición y autoridad, procediendo a ciertos fusilamientos delante del conjunto de la población. Tras esta acometida urbana, el grupo encabezado por Giordani decidirá introducirse en el infernar recorrido por las resecas montañas sicilianas, entre las que se supone se encuentran escondidos el colectivo de bandidos buscado, que portan además tres prisioneros como rehenes. La astucia del mandatario militar le permitirá la división de sus hombres en diversos grupos, para con ello poder rastrear en diferentes zonas, todas ellas caracterizas en ese contexto físico agreste, polvoriento, dominado por resecas montañas, y en el que solo uno de dichos grupos podrá acercarse a una pequeña granja poblada por una amable familia, disfrutando con ello de una estancia agradable. Será no obstante un sentimiento de felicidad de efímera duración, ya que cuando otro comando llegue posteriormente a dicho marco, verán con horror como todos los seres que se encontraban en aquella granja –incluidos los soldados que allí descansaban-, aparecerán asesinados en el interior de una cabaña destrozada e incendiada. Ya todo parece preludiar el fracaso de la ambiciosa aventura de Giordani, pero en el último momento se acercará ante él uno de los seguidores de Raffe Raffe, que desea vengarse del bandido al haber abusado este de su esposa, y mostrando al capitán el camino para poder llevarlo hasta la guarida de sus secuaces. Lo hará en un momento en el que Giordani y sus gentes se encuentran exhaustos, aspecto por el cual previamente había concedido unas horas de descanso. Sin embargo, la buena nueva estimulará al propio capitán y unos pocos voluntarios, para acudir al lugar donde se encuentran esos bandidos a los que va a combatir. Poco tiempo después lograrán su objetivo, teniendo que aguardar la llegada del resto de la brigada para poder aniquilarlos sin miramiento alguno. Lamentablemente, el combate empezará bastante antes, repeliendo los hombres de Giordani con garra el asalto –se encuentran ubicados en sitios estratégicos en las montañas, entre los que se encuentra el hasta entonces considerado como ambiguo comisionado Siceli (magnífico Saro Urzi)-. Sin embargo, poco a poco la superioridad de los bandidos pondrá en apuros a los aguerridos soldados, hasta el momento en que llegue el resto del comando, con el que culminarán dicho objetivo.
Como antes señalaba, IL BRIGANTE... lleva el sello personalísimo marcado por un Pietro Germi en aquellos años inclinado a mostrar problemáticas colectivas, insertas en marcos sociales y físicos revestidos de gran dureza –IL CAMMINO DELLA SPERANZA (1950)-. Lo hará con la destreza manifestada a la hora de describir esas poblaciones desarrolladas en la ladera de elevadas montañas, en esas casas envejecidas pero aún llenas de vida, y esos habitantes que parecer surgir de sus casas y calles como parte indisociable de la misma. Ese rasgo de fisicidad absoluta tiene su oportuno complemento con otras situaciones o elementos que logran proporcionar una suplementaria validez a la propuesta. Será lo que manifieste el momento de la llegada de esa joven que retorna a su pueblo habiendo sido deshonrada, la imagen de los tres prisioneros, ondeando en las improvisadas horcas, o el lamento de ese bandido en la ofensiva final, quien a punto de morir no deja de clamar por que sea enterrado de forma separada y no en una fosa, para permitir con ello que su madre pueda visitar su tumba.
Son rasgos y situaciones concretas que consiguen dotar de un interés suplementario una película que tiene como principal personaje ese campo terroso de la Sicilia de mitad del siglo XIX, y del que personalmente, solo podría objetar lo estridente que en muchos momentos resulta la banda sonora compuesta para la película por Carlo Rustichelli, mientras que por el contrario, no sería justo omitir la magnífica aportación de Leonida Barboni como operador de fotografía, otorgando con la fuerza de su iluminación casi directa, proporcionar a la película su más adecuada personalidad.

2 comentarios:

  1. Estimado Amarcord, los links de esta joya de Germi están offline. Una pena

    Gracias por todo, igualmente. Tu magnífico blog ya es pan de cada día para mí

    ResponderEliminar
  2. Cambiados todos los enlaces. Espero que duren.

    ResponderEliminar