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viernes, 31 de diciembre de 2010

Parenti serpenti - Mario Monicelli (1992)


TÍTULO Parenti serpenti
AÑO 1992 
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español (Separados)
DURACIÓN 105 min.
DIRECTOR Mario Monicelli
GUIÓN Carmine Amoroso, Suso Cecchi d'Amico, Piero De Bernardi, Mario Monicelli
MÚSICA Rudy De Cesaris
FOTOGRAFÍA Franco Di Giacomo
REPARTO Paolo Panelli, Alessandro Haber, Marina Confalone, Pia Velsi, Monica Scattini, Eugenio Masciari, Tommaso Bianco, Cinzia Leone
PRODUCTORA Clemi Cinematografica
GÉNERO Comedia | Familia. Navidad

SINOPSIS Al llegar la Navidad, y con toda la familia reunida en casa, una pareja de ancianos comunica a sus hijos su deseo de pasar los últimos años de su vida con uno de ellos, al que transmitirían la mayor parte de la herencia. El problema es que ninguno quiere asumir esta responsabilidad. (FILMAFFINITY)

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Si comincia come in Benvenuti in casa Gori. In provincia, fratelli e sorelle, sposati e qualcuno anche con prole, tornano per le feste di Natale nella cittadina in cui sono nati e in cui li aspettano i vecchi genitori. Prima sono tutti buoni, si amano, si scambiano doni, poi, come nel film di Benvenuti, svelano presto i loro lati negativi, soprattutto quando – e qui è la novità – la mamma li mette a parte del suo desiderio di chiuder casa e di andar a vivere, con il papà, insieme con uno di loro, a scelta. Le piccole cattiverie di prima sono niente rispetto a quelle che subito esplodono dopo una simile notizia; anche se la mamma ha promesso di dar parte della pensione al figlio o alla figlia che li accoglieranno, insieme con l’eredità della casa, ecco subito tutti pronti a trovare scuse, a dir di no e a rinfacciarsi reciprocamente un’infinità di torti: spiattellando spesso verità tutt’altro che gradevoli. Si arriverà comunque ad una soluzione, ma sarà addirittura, un... omicidio che, pur paradossale ed implausibile, tinge di nero quella che sembrava solo una commedia: trasformandola in una farsa crudele. Per raccontarcela, Mario Monicelli si è rivolto a un testo di un esordiente abruzzese, Carmine Amoroso, in cui però si è fatto coadiuvare da alcuni dei suoi collaboratori di sempre, Suso Cecchi d’Amico e Piero De Bernardi. Una trovata c’è che, anche all’inizio, trasforma un po’ lo schema di Benvenuti in casa Gori: tutto è spiegato da un bambinetto, figlio di una delle coppie venuta per Natale dai genitori e sia la presentazione dei personaggi, sia, in seguito, certi eventi, svelano spesso, così, dei succhi ironici che nascono proprio dall’ottica di un ragazzino incapace di leggere sotto le apparenze di quella famiglia e sempre perciò in contrasto ameno con quéllo che vede e quello che ci vien rappresentato. E sarà questo bambino, alla fine, continuando ad interpretare i fatti dal proprio punto di vista, a smontare – forse – con la lettura di un suo compito in classe quello che sembrava il “delitto perfetto” dei suoi parenti. Oltre a questo, superate certe stasi nella prima parte, dove la descrizione dello pseudo idillio familiare e natalizio inciampa un po’ nel ripetitivo, senza molti colori, non si può non annotare con attenzione, nonostante l’incresciosità del tema e il cinismo del finale, quel rapido mutare degli atteggiamenti di tutta quella gente una volta ascoltata la proposta della mamma: le battute sapide di dialogo, le psicologie adesso molto ben incise, il crescendo dei ritmi narrativi sempre in giusto equilibrio, grazie all’abile regia di Monicelli, tra l’ironia a freddo, dura fino al sarcasmo, e l’atroce gesto che prima si medita e poi si compie: in cifre che restano leggere anche quando precipitano quasi nell’orrore, con una comicità che non si spegne neanche quando suscita, d’istinto, repulsione. Certo, un film “cattivo” e verso la fine anche sgradevole, ma oltre ai pregi di un black humour all’italiana, lo sostiene quella descrizione della vita di provincia, ambienti, tipi, consuetudini, in cui Monicelli svela uno spirito di osservazione quanto mai caustico e graffiante, adeguando alle cornici uno stile che – grazie anche alle scenografie di Franco Velchi, ai costumi di Lina Taviani e, soprattutto, alla fotografia di Franco Di Giacomo – riesce a ridarci sempre tutti i colori e i sapori della piccola gente: con modi che, specie quando a vedere è l’occhio del bambino, riescono ad avere, nel loro cronachismo, perfino qualche tono favolistico (la processione notturna nella neve, ad esempio). Colorati, solidi, corposi tutti gli interpreti: Pia Velsi, specialmente, una madre quasi contadina che non si rende conto di nulla, Paolo Panelli, un padre ultraottantenne perso nei suoi vaniloqui e, più incisiva di tutti, Marina Gonfalone, nel disegno ora caricaturale ora beffardo di una delle figlie. Dà fastidio, ma non si può non ammirare, quel suo abile trascorrere in cucina dai fornelli al delitto: in climi compunti di funerale.
Gian Luigi Rondi
Da Il Tempo, 27 marzo 1992


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