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viernes, 2 de diciembre de 2011

EXTRA: Documental > La Donna Nella Resistenza - Liliana Cavani (1965)


TITULO La donna nella resistenza
AÑO 1965
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 47 min.
DIRECCION Liliana Cavani
GENERO Documental

Enlaces de descarga (Cortados con HJ Split)
http://www11.zippyshare.com/v/22961050/file.html

Questo bellissimo documentario e di grande commozione è stato commissionato alla regista in occasione del ventesimo anniversario della Liberazione. E' composto da una serie di interviste a donne che hanno partecipato alla Resistenza. Bisogna ricordare che in quegli anni la presenza femminile nel movimento di liberazione era ancora ritenuta dagli storici marginale benché molto importante. E' con la Resistenza taciuta di Rachele Farina e di Anna Maria Bruzzone che questa presenza acquista tutta la sua evidenza. Il documentario quindi precede questa scoperta della storiografia. Napoli, Roma, Firenze, Bologna, Modena, Vicenza, Belluno, Bergamo, Brescia, Milano, Novara, Cuneo, Torino: l'inchiesta si propone di puntualizzare , attraverso una serie di interviste, il significato e la portata dell'adesione delle donne italiane alla lotta contro i nazisti e i fascisti, dall'estate 1943 all'aprile 1945. Queste donne sono state staffette, responsabili anche di alto livello, oltre che sorelle, mogli, amiche di caduti e prigionieri. Nel documentario si scopre che la liberazione di Pertini da Regina Coeli è stata organizzata da Marcella Monaco, moglie del medico del carcere. E' altrettanto interessante il modo di raccontare atti che si definirebbero di estremo coraggio, con la semplicità dovuta alla consapevolezza che essi non sono essenziali per la definizione di sè, perchè l'eroismo è la capacità responsabili di agire giorno per giorno per il bene di coloro a cui riconosciamo la nostra stessa umanità. Non è l'atto riconosciuto come eroico che rende eroi, ma l'eroismo quotidiano. Testimonianze di Germana Boldrini ( Bologna), Norma Barbolini (Modena), Adriana Locatelli (Bergamo), Gilda Larocca (Firenze), Tosca Bucarelli (Firenze), Marcella Monaco (Roma), Maria Giraudo, Anna Maria Enriques Agnoletti e sua madre, Suor Gaetana del carcere di Santa Verdiana (Firenze), Maria Montuoro ( Milano)
http://fc.retecivica.milano.it/Rete%20Civica%20di%20Milano/le%20Associazioni/ANPI/Archivio/Archivio/S0616884F?WasRead=1

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«Le donne nella Resistenza» Ecco il film di Liliana Cavani

Storie di donne comuni, protagoniste però della lotta contro i nazisti e i fascisti tra il 1943 e il 1945. Esperienze di vita reale, raccolte, a vent'anni dalla fine della seconda guerra mondiale, dalla regista Liliana Cavani. La celebre artista carpigiana, autrice di film noti al grande pubblico come Il portiere di notte , nel 1965 ha girato un video che raccoglie proprio queste testimonianze. Donne come Germana Boldrini da Bologna, Norma Barbolini da Modena e tante altre, da Roma a Bergamo, hanno raccontato le loro vicissitudini di partigiane, le loro storie, il loro impegno e il loro particolare punto di vista. Ne è risultato un affresco storico che mette in evidenza il ruolo delle donne come protagoniste e non solo come semplici comparse nella battaglia della Resistenza. Il documentario di Liliana Cavani La donna nella Resistenza sarà proiettato domani, alle ore 17,30, nella Sala Truffaut di Modena. L'ingresso è libero e gratuito. Al termine della proiezione, promossa dall'assessorato alle Pari opportunità della Provincia di Modena, in collaborazione con gli organismi di parità, la regista incontrerà il pubblico.

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QUANDO ho fatto il documentario "La donna della Resistenza" (1965) intervistando varie partigiane ho scoperto con sorpresa che avevano combattuto (fisicamente) per un mondo dove la donna avesse avuto emancipazione. Erano contadine, operaie, intellettuali (ricordo Ada Gobetti) e ciascuna con le sue parole mi disse che aveva rischiato la vita per una "palingenesi" sociale (ricordo questa frase) che prevedeva il riconoscimento della parità della donna. Una sopravvissuta a Dachau e un' altra ad Auschwitz mi dissero che durante la guerra erano persuase che il loro sacrificio avrebbe contribuito a dare uno scossone alla vecchia cultura.
E in effetti le donne ottennero nel dopoguerra il diritto al voto (in Svezia lo ottennero 40 anni prima). Ma la vera rivoluzione culturale che le donne antifasciste speravano di ottenere non avvenne mai neanche col Sessantotto anche se di certo aprì molte teste. Del resto la storia della donna Italiana salvo punte rarissime (spesso a merito dei Radicali) è tra le meno emancipate del mondo occidentale.
La cosa che mi stupisce è che questo accada in un Paese che ha un grande e popolare culto di Maria (vergine), una ragazza di duemila anni fa che con il suo FIAT ha affrontato con coraggio l' avventura culturale e spirituale più spericolata che si possa immaginare. Oggi la fonte comunicativa più influente sul costume è quella dei media, specialmente tv e Cinema. Ebbene a mio parere i media oggi propagano (consci o meno) per gran parte il Regresso in atto nel Paese. La famosa frase "la donna sta seduta sulla sua ricchezza" è propalata in tutto il suo significato nei programmi tv e nel Cinema più popolare. Vale a dire che con la testa la donna non ci fa nulla, non va da nessuna parte, in nessun Consiglio di Amministrazione, in nessuna posizione dove sia necessaria preparazione e intelligenza.
Come può accadere tutto questo in un Paese che in percentuale è il più cristiano d' Europa, che non ha mai avuto un governo comunista (vale a dire materialista) ma ha avuto una scuola con le ore di religione? Sta di fatto che accade e fra le cause penso alla cultura-maschia del Ventennio che ha pervaso la generazione dei nostri nonni e si è trasmessa ai nostri padri per cui la donna (se non è tua madre tua figlia o sorella) è in primis oggetto di piacere. Oggetto che si prende o si compra e ci si vanta.
E l' uomo è uomo soprattutto se si fa donne gratis o pagate che sia. E la donna è donna se per cultura e costume considera la seduzione il mezzo più diretto per essere presa in considerazione e per trovare orizzonti di carriera. Questa cultura-maschia di marca fascista connessa alla tradizione paternalistica plurimillenaria è la cultura corrente. E a causa di queste ragioni così radicate non deve stupirci (e infatti molti italiani non si stupiscono) se chi ha la più alta carica del Governo fa i comodi suoi. "Beato lui!" diceva un intervistato dalla tv. Ma l' Italia non è un Paese sperduto oltre le valli del Pamir. Siamo un Paese inserito in un Occidente che dalla rivoluzione francese in poi ha preteso dai suoi rappresentanti o regnanti comportamenti di probità in linea con quello che gli Stati si aspettano dai cittadini. Il rispetto massimo della dignità della donna è tra i requisiti.
Nell'Occidente dove in media la cultura è laica il costume è politica. E cultura laica significa pari diritti uomo e donna. Di conseguenza se non è neanche pensabile avere una specie di harem da cittadino lo è ancora di meno per la più alta carica politica. Il fatto che il consenso al premier a quanto pare sia sempre alto è il sintomo del nostro Regresso con tutte le vecchie porcherie che si porta dietro. È in atto un furto di Progresso. Hanno ragione le donne democratiche che per la prossima manifestazione hanno in mente una maglietta con scritto "Mi riprendo il mio Futuro". Un Futuro che è stato interrotto. -
LILIANA CAVANI
Repubblica, 07 febbraio 2011


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