ESPACIO DE HOMENAJE Y DIFUSION DEL CINE ITALIANO DE TODOS LOS TIEMPOS



Si alguién piensa o cree que algún material vulnera los derechos de autor y es el propietario o el gestor de esos derechos, póngase en contacto a través del correo electrónico y procederé a su retiro.




sábado, 3 de diciembre de 2011

Incompreso - Luigi Comencini (1966)


TÍTULO Incompreso
AÑO 1966 
IDIOMA Italiano/Español (Dual)
SUBTITULOS Si (Separados)
DURACIÓN 103 min.
DIRECTOR Luigi Comencini
ARGUMENTO Novela de Florence Montgomery
GUIÓN Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Lucia Drudi Demby, Giuseppe Mangione (Novela: Florence Montgomery)
MÚSICA Fiorenzo Carpi
FOTOGRAFÍA Armando Nannuzzi
REPARTO Anthony Quayle, Stefano Colagrande, Simone Gianozzi, John Sharp, Adriana Fachetti, Giorgia Moll, Graziella Granata
PRODUCTORA Rizzoli Film
PREMIOS 1967: Festival de Cannes: Nominada a la Palma de Oro (mejor película)
GÉNERO Drama
 
SINOPSIS Tras una larga enfermedad, una mujer, madre de dos hijos, muere. El padre de los chicos se centrará entonces en su trabajo y en el cuidado de su hijo pequeño, desatendiendo las necesidades afectivas del mayor, un niño muy sensible al que trata como un adulto. (FILMAFFINITY)



Trama del film Incompreso:
Rimasto improvvisamente vedovo, Duncombe, console britannico a Firenze si trova impreparato a risolvere i problemi relativi ai due figli, Milo di quattro anni ed Andrea di otto. A questo stato di cose crede di poter rimediare in qualche modo assumendo un'austera governante, trattando da persona adulta il figlio maggiore, al quale bruscamente comunica la morte della mamma, e vezzeggiando il più piccolo, Andrea, costretto da tale atteggiamento a rinchiudersi in se stesso, mentre sente vivissimo il dolore per la morte della mamma e ne coltiva l'affetto con mille nascoste manifestazioni, si abbandona alle monellerie tipiche della sua età, guadagnandosi una serie di rimbrotti che lo feriscono ancor di più mentre di ogni piccolo incidente il vivace Milo appare sempre come la vittima del fratello. Dell'errato atteggiamento del console si accorge soltanto suo fratello Will, che lo invita a trattare con maggiore benevolenza il figlio maggiore. Ma Duncombe, dopo avere promesso ad Andrea di condurlo con sè a Roma, per un'ennesima incomprensione, lo castiga. Il ragazzo, turbatissimo, ripete un suo abituale gioco pericoloso e si ferisce mortalmente.

CRITICA:
"Il film, che traccia con precisione ed abilità i caratteri dei protagonisti ed i loro contrasti psicologici, volge tuttavia troppo bruscamente alla drammaticità ed in questa si conclude. Ciò nonostante, sono da sottolineare la sicurezza di regia e la accuratezza di diversi elementi linguistici, come la fotografia ed il commento musicale." ('Segnalazioni cinematografiche', vol. 61, 1967)

NOTE:
- PRESENTATO AL XX FESTIVAL DI CANNES 1967.- DAVID DI DONATELLO NEL 1967 PER LA MIGLIOR REGIA A LUIGI COMENCINI, DAVID SPECIALE A SIMONE GIANNOZZI E STEFANO COLAGRANDE.
fonte "RdC - Cinematografo.it"
http://www.comingsoon.it/Film/Scheda/Trama/?key=11666&film=Incompreso

-------------------------

FIRENZE NEL CINEMA: INCOMPRESO

I luoghi che fanno da sfondo al film Incompreso sono quelli di una Firenze che, a più di quaranta anni di distanza, è rimasta intatta. Il Ponte Vecchio, i lungarni, la stazione di Santa Maria Novella sono oggi uguali ad allora, e solo le automobili anni sessanta e gli abiti delle donne ci suggeriscono che siamo nel ’66.
Così è in una delle scene iniziali, quando Andrea esce dalla scuola,con il Ponte Vecchio sullo sfondo, le cinquecento e le seicento che passano, le donne con lo chignon.
E come avrebbe potuto mai cambiare il Ponte Vecchio, il ponte più antico di Firenze, l’unico che i tedeschi non fecero saltare durante l’occupazione?
Oggi come ieri, quando Andrea e Milo scendono a Firenze per comprare un regalo al babbo, il ponte è sempre affollato, pieno di gente che guarda le vetrine dei gioiellieri, di turisti che si fanno una foto ricordo; come il piccolo Milo che sorride al fotografo.
La città che si intravede dai finestrini mentre il console Duncombe guida è riconoscibilissima: qui siamo in piazza del Duomo, in cui all’epoca si poteva transitare in auto e addirittura parcheggiare lungo le fiancate del Duomo e del Battistero!
Chi non sapesse dov’è il Camposanto degli Inglesi rimarrebbe stupito nell’apprendere che si trova in un piazzale proprio all’interno dei viali di circonvallazione, tra le auto che sfrecciano veloci.
Quando si cominciò a costruirlo, il cimitero si trovava fuori delle mura della città, oltre Porta Pinti – che adesso non esiste più. Successivamente, durante i lavori per Firenze capitale, nel 1865, l’architetto Giuseppe Poggi fece demolire le mura e fece costruire un piazzale, al cui centro si ergeva, su una montagnola, il cimitero. Da allora questo si trovò ad essere all’interno della città, che nel frattempo si era allargata, e fu chiuso.
Oggi appare come una piccola oasi di silenzio e di pace oltre la cancellata che lo separa dal traffico dei viali. Ed effettivamente, quando Andrea si aggira mostrando le tombe allo zio Will, sembra di essere in un giardino ombroso e pieno di verde.
La stazione di Santa Maria Novella, da dove parte lo zio Will, rimane ancora una delle più belle stazioni d’Italia: lineare, semplice eppure ricca coi suoi marmi e le sue vetrate, luminosa e chiara.
Ho trovato su Wikipedia alcune notizie che riporto.
Nel 1932 il Comune di Firenze dovette bandire un concorso per la nuova stazione: ne risultò vincitore un gruppo, il cosiddetto Gruppo Toscano, formato da Pier Niccolò Berardi, Nello Baroni, Italo Gamberini, Sarre Guarnieri, Leonardo Lusanna, Giovanni Michelucci, i quali crearono una delle opere più importanti del cosiddetto Razionalismo italiano. Secondo tale stile, teorizzato solo in seguito, la struttura di un’opera doveva riflettere la sua funzione. Essa rappresentò il primo esempio in Italia di stazione eretta secondo una logica di funzionalità moderna. Sebbene l’opera non fosse in linea con le tendenze architettoniche improntate al trionfalismo di stampo fascista, l’opera ricevette il plauso dello stesso Mussolini. Nonostante ciò, la sua realizzazione divise il mondo della cultura fra conservatori insoddisfatti (capitanati da Ugo Ojetti) e modernisti entusiasti, come i giovani intellettuali del Caffè Le Giubbe Rosse di Piazza della Repubblica fra i quali Elio Vittorini, Alessandro Bonsanti e Romano Bilenchi.
Molto accurata e attenta fu la scelta dei materiali: pietra forte e travertino per gli esterni, marmi policromi e rame per i ricchi interni; e poi vetro, per le grandi vetrate della facciata, dette “cascate di vetro”, e per il grandioso soffitto della biglietteria.
Anche se la stazione fu opera collettiva degli architetti del Gruppo Toscano, a Firenze si dice “la stazione di Michelucci”.
Giovanni Michelucci è stato uno dei maggiori architetti del ’900, ed è anche, fra l’altro, l’ideatore di quella cosa straordinaria che è la chiesa di San Giovanni Battista, la famosa “chiesa dell’autostrada”.
Questa costruzione si trova infatti allo svincolo tra la Firenze-Mare e l’Autostrada del Sole, e fu eretta per celebrare i tanti operai morti sul lavoro durante la costruzione della A1.
E’ un’opera ardita, assolutamente originale, che ricorda nelle forme quelle di una enorme tenda: il tetto a vela è fatto di lastre di rame, che col tempo ha assunto quella splendida colorazione verde-azzurro, mentre il corpo portante è costruito da blocchi di pietra rosa e pietra forte, con aperture a feritoia che ricordano quelle delle chiese romaniche.
Nei fervidi e creativi anni Sessanta, quando questa chiesa “rivoluzionaria” fu ideata e costruita, molti furono i critici ed i detrattori, un po’ meno gli estimatori. Si parlava di “architettura delirante”, di sintesi non riuscita tra pietra e metallo, ci sono voluti decenni per accettare definitivamente quest’opera così nuova e particolare.
Personalmente ne rimasi affascinata fin da piccola quando, sulla Fiat 1100 di mio padre, si infilava la Firenze-Mare per andare al Forte dei Marmi. Mi sembrava qualcosa di celestiale, e insieme di assolutamente terreno. Una chiesa diversa e strana, bellissima.
http://www.cancelloedarnonenews.com/2009/06/06/firenze-nel-cinema-incompreso/



Alla  morte della moglie, Duncombe (Anthony Quale), console britannico a Firenze, deve prendersi cura dei figli Andrea (Stefano Colagrande) di otto e Milo (Simone Giannozzi) di quattro anni. Gli impegni di lavoro lo spingono a stare spesso fuori casa ed i due piccoli sono allevati da una rigida ed odiosa governante. Duncombe non ha occhi che per il piccolo Milo ed Andrea, sentendosi escluso, si rinchiude sempre più in se stesso. Sempre più infelice trascorre le giornate da solo ed un giorno s’inerpica su un ramo, precipita al suolo e, dopo aver riportato una grave lesione alla colonna vertebrale, muore.
Melodramma lacrimevole che ha il pregio di sondare i difficili rapporti tra un padre assente, taciturno ed anaffettivo ed un figlio che cerca, invano, di catturare il suo affetto. Precocemente adultizzato, Andrea è perennemente colpevolizzato e ritenuto responsabile perfino di un banale malanno accorso al pestifero ed indisponente Milo. Soltanto lo zio Will (John Sharp) sembra prendersi cura di lui e cerca (invano) di spingere il padre a mostrarsi più affettuoso ed indulgente nei confronti di Andrea. Nelle ultime battute del film, prima del tragico epilogo, il console tardivamente si pente ed a Will confessa: “Ho sbagliato tutto. Credevo che fosse invulnerabile ed invece era lui il più debole. Ed ora è lui che mi giudica; crede che io non gli abbia mai voluto bene. Non può andarsene così senza che io gli abbia parlato. Ha così pochi momenti di lucidità.”. Prima di esalare l’ultimo respiro, il padre legge ad Andrea un suo tema che il figlio non è riuscito a completare, dal titolo: “Il mio migliore amico” che recita “Il mio miglior amico è mio padre. Oltre che padre e figlio siamo molto amici e la nostra amicizia si basa su tante cose; per esempio giochiamo spesso insieme e tra noi non c’è mai nessun segreto. Se qualche volta io mi sento un po’ triste, lui mi capisce a volo e mi bacia e mi dice…”  E quando gli chiede perché non l’ha finito, con candore, Andrea gli risponde: “Tu non mi dici mai niente”.  Sul finale il regista punta spudoratamente ai fazzoletti e mostra Andrea, ormai paralizzato a letto, sotto una tenda ad ossigeno che cerca un improbabile conforto nel ritratto della madre defunta. Paradossale la scelta di aggiungere “Vita con padre” nel titolo del film. Dal romanzo di Florence Montgomery. David di Donatello nel 1967 per la miglior regia a Luigi Comencini. David speciale a Simone Giannozzi e Stefan Colagrande. Remake dal titolo “Incompreso. L’ultimo sole d’estate”, diretto nel 1984 da Jerry Schatzberg.
http://www.cinemaepsicoanalisi.com/incompreso.htm

4 comentarios:

  1. Respuestas
    1. Los enlaces ya no son vigentes. Ojalá pudieras volver a subir la película. Es una joya y no hay forma de encontrarla.

      Eliminar
  2. Cambiados todos los enlaces. Espero que duren.

    ResponderEliminar
  3. Los enlaces están funcionando ya. Mil gracias, es un aporte extraordinario.

    ResponderEliminar