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viernes, 20 de abril de 2012

La città del Sole - Gianni Amelio (1973)


TITULO ORIGINAL La città del sole
AÑO 1973
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 68 min.
DIRECCION Gianni Amelio
GUION Gianni Amelio (De la obra homónima de Tommaso Campanella)
REPARTO Giulio Brogi, Daniel Sherrill, Bedy Moratti
MUSICA Remigio Ducros
PRODUCCION Airone Cinematográfica
GENERO Histórico

SINOPSIS Gianni Amelio ha realizzato il film raccontando la vita di Tommaso Campanella, soffermandosi sulle sue teorie filosofiche e facendo una profonda riflessione sul rapporto tra realtà e utopia. Il regista cerca di cogliere gli aspetti del pensiero di Campanella che sono ancora attuali. Il concetto di rivoluzione, il ruolo dell'intellettuale nella società sono riesaminati facendo attenzione anche alla composizione figurativa delle immagini, seguendo la traccia della scuola pittorica napoletana del'600.

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“La città del sole”, una rarità
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Questa la trama pubblicata sul sito di Rewind: “Siamo all’inizio del 1600 e il filosofo Tommaso Campanella è imprigionato a Napoli, nel Maschio Angioino, con l’accusa d’aver ispirato con i suoi scritti un tentativo d’insurrezione contro il governo spagnolo in Calabria. Ma la sua figura vive nelle campagne di quella stessa terra grazie al dialogo tra un ragazzino quindicenne e un monaco dall’identità imprecisata incontratisi per caso…”.
Girato in 16 millimetri nel ’73, cioè tre anni prima della trasmissione televisiva, La città del sole è la seconda prova del regista, che aveva iniziato la sua carriera con La fine del gioco (1970) sempre nell’ambito del progetto Rai “Film Sperimentali per la TV”. Ad interpretare il filosofo Campanella è Giulio Brogi, attore d’impostazione teatrale, simbolo forte del cinema impegnato di quegli anni Settanta in cui recita per i fratelli Taviani, Bertolucci, Cavani, Zurlini, Rocha e volto più sfuggente nei decenni successivi, fino ai recenti recuperi di Carlo Mazzacurati, La lingua del santo, e Franco Battiato, Niente è come sembra.
Nonostante non goda della stessa fortuna critica di altri progetti televisivi del cineasta calabrese, La città del sole è un lavoro per certi versi sorprendente che ha già in sé molto dell’Amelio maturo, a partire dall’incontro/scontro tra un adulto e un ragazzo. Il titolo è lo stesso dell’opera maggiore del frate domenicano Tommaso Campanella (1568 – 1639), dove s’immagina di uno stato perfetto, utopico e ideale governato da un principe sacerdote assistito da Potenza, Sapienza e Amore e in cui vige la comunione dei beni e delle donne, secondo il modello platonico.
La struttura del film, basata appunto sul confronto tra il monaco e il giovane, riprende concettualmente quella del testo storico-filosofico, impostato come un dialogo tra l’Ospitalario, cavaliere dell’ordine di Malta, e il Genovese, nocchiero di Colombo che girando il mondo ha scoperto nell’isola di Taprobana una città ideale per leggi e costumi. Per parte della critica troppo calata nel tempo in cui fu pensata, scritta e girata, è un’opera da vedere a prescindere, fosse solo per ricordarci di un mondo di ideali che si allontana sempre di più da noi.
Marco Chiani
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/03/10/%E2%80%9Cla-citta-del-sole%E2%80%9D-di-gianni-amelio-una-rarita/96275/

Più che alla vita di Tommaso Campanella (1568-1639), monaco domenicano, filosofo, poeta e rivoluzionario calabrese, la vicenda s'ispira alla sua opera maggiore, La città del sole (1603), e al suo tema centrale: il ruolo dell'intellettuale in rapporto al potere, all'azione, all'utopia di uno Stato comunistico e teocratico. T. Campanella vi appare come monaco perseguitato e come un suo doppio che si nega. Più che un personaggio concreto, è un'idea che avanza. Secondo film di G. Amelio (1945), girato in 16 mm per la RAI. (…) Austero e imbarazzante. Gran Premio al Festival di Thonon 1974.
Il Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
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Scegliendo come figura centrale della sua storia il monaco domenicano Tommaso Campanella, filosofo e utopista politico accusato di eresia dalla chiesa di Roma all'alba del XVII secolo, Gianni Amelio ha creato una sorta di film-poema di una grandissima bellezza formale in cui le inquadrature costruite artisticamente non possono che suscitare ammirazione. Gianni Amelio si serve con rispetto di una eredità artistica che molti registi italiani dilapidano senza vergogna nelle loro follie barocche. Egli è come un pittore felice di ricreare un'atmosfera di serenità o di inquietudine; si sofferma forse troppo spesso a rifinire qualche natura morta, si inebria forse un po' troppo di interminabili e voluttuose carrellate destinate a captare la magia di una scena, ma non sapremmo accusarlo di dare prova di una smisurata ambizione. Si pensa, e più di una volta, ai maestri della pittura spagnola (verso i quali i suoi monaci e i suoi martiri lo spingono
immancabilmente), non è per obbedienza a questo accademismo ridicolo che vuole che il cinema si nobiliti copiando i capolavori della pittura,è perché Amelio vede in questo il mezzo più sicuro per conferire alle sue immagini quella potenza poetica di cui intende liberare le forze. (...) Instancabile, ebbra per il suo stesso movimento, la macchina da presa sembra ostinarsi a forzare le porte del mondo visibile, a smascherare le realtà nascoste che formano il decoro ingannatore della nostra vita, mentre le voci degli attori recitano i testi del monaco ispirati come una sorta di cantilena.
Allora il grande sogno dell'età dell'oro riemerge dal profondo dei tempi, mescolato al rumore del mare, vicino a noi tanto da poterlo toccare, tangibile, e noi vi ritroviamo le nostre odierne aspirazioni. La città del sole è come una festa spirituale, dove il piacere dei sensi e la contemplazione della bellezza ci permettono di accedere a ciò che noi riteniamo inconoscibile o mitico. Se ne esce con gli occhi abbagliati e nello stesso tempo con il cuore colmo di consolazione.
Michel Perez
Le Quotidien de Paris (cit. in Gianni Amelio, D. Audino Ed.) 9/12/1974
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Era pazzo davvero fra Tommaso?" chiede un personaggio del film. Il monaco racconta che tanto tempo fa, in un paese lontano, alcuni astrologi scoprirono la venuta di una costellazione che avrebbe reso pazza tutta l'umanità. Decisero di proteggere almeno se stessi da quella calamità, per poi cercare di far rinsavire gli altri. Ma quando, nel mondo impazzito, si misero a insegnare agli uomini le antiche verità, si accorsero di correre pericolo di morte. In un mondo in cui la pazzia era diventata un costume di tutti, l'unico modo per sopravvivere era di fingersi pazzi, e così fecero quegli astrologi.
Con la sua finta follia il Campanella mima la follia vera dei suoi persecutori. Il significato del film scaturisce dalla netta contrapposizione dei ruoli: autorità e ribellione, coercizione fisica e indipendenza spirituale. Le impennate liriche che pervadono la prosa del filosofo sono assecondate nella rappresentazione per immagini, fino al limite dello sdoppiamento di personalità. II sogno domina la realtà e la fa lievitare. Amelio non ha voluto soffermarsi sulle sfaccettature biografiche, per altro assai complesse, del Campanella, ma ha inteso affermare un discorso filmico sulla base di concetti ed emozioni.
Dotato di un preziosismo figurative che seduce a prima vista, sobrio e austero nel concatenarsi dei lenti movimenti della macchina da presa (quasi un interminabile piano-sequenza), toccato dal segno del furore allucinatorie e pervaso da una profonda esigenza di razionalità, La città del sole è uno dei risultati più convincenti conseguiti dal giovane cinema italiano.
Virgilio Fantuzzi
Rivista del cinematografo (n.10 1975)
http://www.comune.re.it/cinema/catfilm.nsf/PES_PerTitolo/8DBE5B8454D7E02EC1256FD9003EB6AF?opendocument

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