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sábado, 3 de septiembre de 2011

Il sole negli occhi - Antonio Pietrangeli (1953)


TÍTULO Il sole negli occhi
AÑO 1953 
SUBTITULOS Si (Incrustados)
DURACIÓN 98 min.  
DIRECTOR Antonio Pietrangeli
GUIÓN Antonio Pietrangeli, Suso Cecchi d'Amico, Lucio Battistrada, Ugo Pirro
MÚSICA Franco Mannino 
FOTOGRAFÍA Domenico Scala (B&W)
REPARTO Irène Galter, Gabriele Ferzetti, Paolo Stoppa, Pina Bottin, Maria Pia Trepaoli, Scilla Vannucci, Anna Maria Dossena, Aristide Baghetti
PRODUCTORA Titanus, Films Costellazione
GÉNERO Drama. Romance

SINOPSIS Celestina, una muchacha del campo, deja su tierra para trabajar de criada en la ciudad. En poco tiempo pasa por varias casas y se enamora de un modesto trabajador que la deja embarazada. (FILMAFFINITY)


Sono pochi i film che colpiscono e creano un immaginario che passa attraverso le generazioni, come il primo lungometraggio di Antonio Pietrangeli, Il sole negli occhi del 1953.

Un’opera che ha mantenuto intatta la sua freschezza, la sua durezza, la sua profonda amarezza per una condizione femminile difficile da sostenere, oggi come ieri.
Ma tutto il cinema di Pietrangeli – come molti critici hanno sostenuto – verte sulla necessaria illuminazione di un mondo femminile oscuro, complesso e contraddittorio, troppo spesso stigmatizzato o nel migliore dei casi obliato e cristallizzato nell’abitudine atavica delle tradizioni e del moralismo.
Giustamente Ettore Scola, che ha collaborato come sceneggiatore nei primi film di Pietrangeli, sottolinea che prima dell’avvento di Pietrangeli, i personaggi femminili erano tutti o quasi tutti subalterni, di secondo piano o di rincalzo, non comunque decisivi per le sorti del film.
Con Pietrangeli avviene il miracolo di un racconto centrato sull’esigenze, sui desideri, sull’ansia di riscatto sociale e di riconoscimento umano e politico delle donne.
Ed è altrettanto vero che, come suggerisce la psichiatra Carla Dugo Visco, Pietrangeli coglie e costruisce i suoi personaggi femminili proprio nella delicata fase di passaggio da una condizione all’altra, da un ambiente all’altro, da un umore ad un altro, focalizzando l’attenzione sulla mutazione psicologica prima che antropologica delle donne rappresentate, mettendo in evidenza il loro immane sforzo per uscire finalmente dall’anonimato, per dare voce al proprio diritto alla felicità e al benessere esistenziale prima che prettamente materiale. La donna dunque con Pietrangeli ritorna prepotentemente in sé, ricompone pian piano la propria sfatta esistenza, da senso alle proprie secolari sofferenze ed umiliazioni, lotta per una speranza, un’utopia a cui aggrapparsi per non ricadere nell’oblio, per non scivolare di nuovo nel gorgo indistinto della massa informe che regola e gestisce l’assurdità del vivere giornaliero o nei casi peggiori, schiave del patriarcato contadino o dell’indifferenza mercificante borghese.
Ed è proprio in questo decisivo passaggio epocale tra la cristallizzazione secolare della donna nel patriarcato contadino-clericale e l’imporsi storico del mondo urbano-industriale (che poi darà vita al terziario avanzato in cui viviamo oggi), che Pietrangeli situa e declina le metamorfosi silenziose e dolorose delle sue donne, attraverso un imbuto sociale difficile da assecondare, pieno di insidie e trabocchetti, da cui la donna deve ancora oggi destreggiarsi con grande fatica per uscirne vittoriosa.
Ed è importante sottolineare la dualità essenziale dei suoi personaggi femminili (che ritroviamo anche nel cinema di Scola), oscillanti tra incredibili tenerezze, atteggiamenti ossequiosi, prostranti e furori improvvisi, scontri radicali attraverso cui affrontano e criticano le limitazioni strutturali di una coscienza maschile ancora imprigionata nel mito del suo primato millenario sul femminile.
Il sole negli occhi rappresenta dunque il primo tentativo di interpretare questa radicale trasformazione sociale che in quegli anni trasfigurava il volto stesso dell’Italia post-bellica.
La protagonista è Celestina, una giovane contadina, che fugge dalla miseria e dalla fame di un mondo agricolo ormai in disfacimento nella speranza di un po’ di benessere, tentando la fortuna in una Roma plumbea e sferzante, che prova a ricominciare dopo le tragedie della guerra.
Ad un primo sguardo, la storia può apparire già vista, fin troppo scontata nel suo finale tragico, che ricorda, neanche tanto velatamente, la stasi insopportabile di un destino incontrovertibile, l’inevitabilità di una condizione misera e solitaria tanto cara al Verga, segnata della tragica consapevolezza di non poter uscire da un perenne stato di minorità.
Ma è non tanto la storia in sé che ci interessa, quanto le modalità tecnico-narrative con cui Pietrangeli la sviluppa. Nessuno prima di lui aveva delineato un personaggio come Celestina così intriso di un accento drammatico carico d’umanità e piena forse di un’illusoria speranza in un cambiamento ancora troppo in là da venire. Celestina rappresenta dunque il primo moto di rivolta – ancora formale e non esplosivo – di un donna che ha bisogno di imporre la propria personalità, di ricercare una felicità autonoma e non dettata dalle necessità, dall’ansia di possesso degli suoi uomini.
La sua sofferente ribellione rispetto ad una vita brutale e servile, così lontana da ogni configurazione sociale e cinematografica dell’epoca, porta Celestina a cambiare vari padroni fino a prestare servizio, tramite la raccomandazione del suo parroco di campagna, in casa di una coppia di anziani siciliani, che trovando in lei una figlia e una cameriera devota, le attestano una parte cospicua della loro eredità, mandando in bestia i parenti legittimi, pronti anche a diseredarli per rientrare del maltolto. Ne approfitta un giovane sovraintendente di polizia, anch’egli siciliano, pronto a tutto pur di mettere le mani sull’eredità, circuendo ed ingannando la povera ed ingenua Celestina, nella speranza di un matrimonio d’interesse.
Appena comprese le intenzioni del siciliano, fugge senza voltarsi indietro, rivendicando una dignità, una integrità e una fierezza – seppur nella miseria – veramente inusitata nel cinema italiano, degna della più famosa Sora Pina di Roma città aperta.
Ma lo sfondo di tutta la narrazione e le peripezie cittadine di Celestina, è l’incontro-scontro perpetuo con un giovane idraulico (Gabriele Ferzetti) conosciuto nella prima casa in cui aveva lavorato.
La scintilla scoppia subito, ma attraverso alterne vicende, ripicche e gelosie, momenti di tenera passione a fasi “rigide” e conflittuali, il giovane preferisce sposare la sorella del suo socio in affari, per assicurarsi un futuro sentimentale e lavorativo sicuro, lontano dalle incertezze dettate dalla triste e solitaria condizione di Celestina.
Forse il vero amore è proprio Celestina, ma gli obblighi, gli impegni sociali, le convenzioni e i ruoli, sono sempre più forti di ogni passione, anche se così travolgente.
Per Celestina, dopo un leggero ottimismo e un’estate passata nell’angoscia di una telefonata che non arriva mai, la scoperta del matrimonio del giovane è un colpo durissimo, da cui non si riprenderà più. Per la disperazione, tenta il suicidio buttandosi sotto un tram, riuscendo comunque a salvarsi, non certo grazie all’aiuto del cinico idraulico, che addirittura non vuole riconoscere la ragazza in fin di vita sul selciato, pur di salvaguardare la propria ipocrita condotta oltre che i piccoli privilegi appena conquistati.
Scoperto che Celestina è incinta, torna piangente al capezzale della ragazza, ormai fuori pericolo, pentito del suo gesto e pronto finalmente a riparare, ad assumersi fino in fondo le proprie responsabilità di padre, prospettandogli addirittura un avvenire insieme.
Il finale non lascia adito a dubbi. Come ribadisce lo stesso Scola, tutte le donne di Pietrangeli sono circondate ed inseguite da uomini miopi, ignari, anonimi, perfettamente incapaci a comprendere la complessità, l’ansia di libertà e di riconoscimento umano e sociale che portano con sé. Ed è questa radicale indifferenza di un potere maschile ormai in rotta, deprivato altresì del suo millenario polso oppressivo, che ne certifica la definitiva sconfitta storica a vantaggio dell’inesorabile avanzata (non sempre per la verità riconosciuta) della donna.
I personaggi femminili di Pietrangeli sono più freschi e convincenti di quelli maschili, non per un bieco calcolo narrativo o squisitamente politico-culturale, ma per la loro straordinaria capacità di lottare per i propri diritti, per la costanza e l’energia che hanno profuso per uscir fuori dalla loro sottomissione, riscattando – nella prassi – le proprie millenarie sofferenze. La loro moderna visibilità passa attraverso lo sforzo immane nel sopportare l’umiliante dolore e uscirne a testa alta, costruendosi un posto dignitoso in società.
Claudio Vettraino
http://www.persinsala.it/web/recensioni-film/recensione-il-sole-negli-occhi-358.html


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Il sole negli occhi è lo splendido titolo dell’opera prima di un grande, grandissimo regista italiano, che operò negli anni 50-60, rimanendo suo malgrado nell’ombra degli altri maggiori e più blasonati registi contemporanei. Un autore moderno, sensibile come pochi, che purtroppo viene scarsamente ricordato ai giorni nostri. Stiamo parlando di Antonio Pietrangeli, critico cinematografico e sceneggiatore di mostri sacri come Visconti e Rossellini, che segna il suo passaggio alla regia nel 1953 con il film in questione.
Questa pellicola d’esordio, come una dichiarazione programmatica, rappresenta già in nuce quella che sarà la sua filmografia futura, quasi interamente dedicata all’analisi psicologica e sociale di ritratti femminili, raccontati nelle loro debolezze, fragilità, nei difficili rapporti con il mondo maschile e la società del tempo. Celestina, la protagonista della storia, è una ragazza di campagna che, rimasta orfana, va a vivere a Roma per lavorare come domestica. Una ragazza semplice, umile, ignorante, che cercherà di sopravvivere alle insidie, alle frenesie e alle ostilità della vita in una grande città. Questo percorso di cambiamento, dovuto alle necessità primarie e all’adeguamento alla nuova situazione, la porterà a girovagare di famiglia in famiglia, tra classi sociali e stili di vita sempre diversi, alla ricerca del suo posto nel mondo. Conoscerà diverse persone nel suo cammino, tutte affidabili in apparenza ma alla fine pronte a voltarle le spalle al primo passo falso. E solo dopo varie vicissitudini, discordie e umiliazioni, si renderà finalmente conto del suo ruolo marginale nella società, capirà quanto sia controproducente la totale fiducia verso il prossimo e guarderà al futuro in maniera diversa, aspettando, con amara speranza, la nuova vita che già cresce dentro di lei.
Un film giocato sui contrasti, soprattutto sociali, come uomo/donna, campagna/città, datore di lavoro/dipendente: tutta una serie di realtà nuove che la protagonista incontrerà nel suo percorso, ma che la porteranno, irrimediabilmente, a uno scontro impari e a un’inevitabile sconfitta. Celestina è una vinta, “verghianamente” parlando, ma solo alla fine della storia comprenderà questa sua condizione. Un finale a dire il vero aperto, che lascia una porta  con proiezione sull’enigmatico futuro. Un futuro, comunque vada, da accettare.
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http://www.cinecircus.it/index.php/2010/06/05/il-sole-negli-occhi/
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La cosa più straordinaria del primo film di Pietrangeli è il modo in cui si relaziona, a posteriori, al suo ultimo Io la conoscevo bene, uscito 12 anni più tardi - che sembrano 120 - di cui questa opera prima sembra quasi un apripista, un primo accenno. E nemmeno poi così timido: la struttura paratattica delle vicende di una giovane ragazza di provincia finita a Roma a far la serva per sopravvivere porta infatti anch'essa, implacabilmente, verso la tragedia - annunciata da principio e ribadita con continui segnali e presagi. E se i tempi forse non sono ancora maturi per la rivoluzione linguistica e la franchezza spietata del film del 1965, Il sole negli occhi è davvero un ritratto di ragazza che ha pochi pari nel cinema dell'epoca, originalissimo e caratterizzato da un gusto tagliente per la satira sociale, Oltre che da molte scene e sequenze immediatamente indimenticabili - come quella ambientata a Ladispoli. Davvero bellissimo.
http://giovanecinefilo.splinder.com/post/20516375/il-sole-negli-occhi-nata-di-marzo-antonio-pietrangeli-19551957

10 comentarios:

  1. 05.09.11

    ''Il sole negli occhi''. Antonio Pietrangeli.1953

    El primer enlace es erróneo.
    Por favor, arréglalo.
    Gracias.
    Saludos,
    monzi.

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  2. el enlace 001 aparece como coomplemento desactualizado por favor si puedes corregirlo se te agradeceria inmensamente. gracias

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  3. Y el tercer enlace se queda congelado a poco de empezar.
    Lo he intentado varias veces,y nada.
    monzi.

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  4. 06.09.11

    El enlace nº. 1, ya funciona.
    El nº.3, no.
    Contesta: ''Error downloading file. Retrying...''.
    ¡Ánimo!

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  5. El tercer enlace dice: complemento desactualizado y no hay manera de descargarlo.
    Muchas gracias por la cantidad de buenas películas que me das a conocer,y por otras que he podido ver en cineclubs hace cantidad de años y ya nunca más había podido verlas.
    Un abrazo.

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  6. Perdón por los problemas pero los servidores...
    Colocados nuevos enlaces.
    Saludos.

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  7. 08.09.11

    He podido bajarla con los nuevos enlaces pero los subtítulos no aparecen incrustados.
    Gracias, Amarcord.
    monzi.

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  8. He descargado hoy (22/09/2011) a las 12m todos los links del primer grupo y funcionan bien. Saludos

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